Falsificazione della firma e clausola di non trasferibilità dell’assegno

In tema di falsità in scrittura privata, la falsità commessa sull’assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità configura la fattispecie di reato di cui all’art. 485 c.p

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 6535/19, depositata l’11 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Palermo, in riforma della pronuncia di primo grado, assolveva l’imputato dai reati di falsità in scrittura privata ed uso di atto falso perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Il Procuratore Generale della Repubblica propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado sostenendo che il comportamento dell’imputato integra il reato di cui all’art. 491 c.p. poiché questi non solo ha falsificato la firma per l’incasso ma ha anche modificato il nome del beneficiario. Falsificazione della firma del titolo di credito. Per il Supremo Collegio tale circostanza sopra detta rilevata dal ricorrente non ha alcuna importanza, poiché la clausola di non trasferibilità, immobilizzando il titolo di credito nelle mani del prenditore, esclude la trasmissibilità per girata dello stesso. Infatti la clausola di non trasferibilità modifica concretamente il regime di circolazione del titolo di credito e così facendo viene meno il requisito di maggiore esposizione al pericolo che giustifica la tutela penale. Per tali ragioni, la Suprema Corte dichiara il ricorso del PM inammissibile perché infondato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 dicembre 2018 – 11 febbraio 2019, n. 6535 Presidente Sabeone – Relatore Fidanzia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 16 ottobre 2017 la Corte d’Appello di Palermo, in riforma della sentenza di primo grado, ha assolto B.B. dai delitti di falsità in scrittura privata ed uso di atto falso ai danni di C.A. perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato. 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica di Palermo affidandolo ad un unico motivo. Deduce il ricorrente la violazione di legge con riferimento agli artt. 491 e 485 c.p Sostiene che la condotta tenuta dall’imputato, diversamente da quanto afferma il giudice d’appello, integra il reato di cui all’art. 491 c.p. in quanto costui non solo ha falsificato la firma ai fini dell’incasso, ma ha anche modificato il nome del beneficiario. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato. Va osservato che recentemente il Supremo Collegio di questa Corte, ponendo fine ad un contrasto sorto tra sezioni semplici, ha statuito che, in tema di falso in scrittura privata, la falsità commessa su un assegno bancario munito della clausola di non trasferibilità configura la fattispecie di cui all’art. 485 c.p., abrogato dal D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, art. 1, comma 1, lett. a e trasformato in illecito civile S.U. n. 40256 del 19.07.2018 . Né la circostanza evidenziata dal Procuratore ricorrente che, nel caso di specie, la falsificazione dell’assegno ha riguardato non solo la firma, ma anche il nome del beneficiato può avere alcuna rilevanza ai fini della valutazione della natura penale o meno della condotta posta in essere da colui che pone all’incasso il titolo non hanno alcuna importanza le concrete modalità di falsificazione realizzate, quanto l’apposizione sullo stesso titolo della clausola di non trasferibilità. Le Sezioni Unite hanno recentemente ribadito quanto statuito nella risalente sentenza del Supremo Collegio Guarracino, ovvero che la clausola di non trasferibilità, immobilizzando il titolo nelle mani del prenditore, ne esclude la trasmissibilità per girata, tale non potendo considerarsi la girata ad un banchiere per l’incasso, che non a caso definita impropria ha natura di mandato a riscuotere ed è priva di effetti traslativi del diritto inerente al titolo. La clausola di non trasferibilità, in sostanza, modifica in concreto il regime di circolazione del titolo, così facendo venire meno il requisito di maggiore esposizione al pericolo che giustifica la più rigorosa tutela penale. Nulla per le spese, essendo il ricorrente parte pubblica. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del PM.