Rigettata l’opposizione alla confisca della casa familiare: non basta la detenzione qualificata dei figli

La convivenza familiare determina sull’immobile un potere di fatto dei figli conviventi che assume i connotati di una detenzione qualificata , la quale, tuttavia, è opponibile ai terzi fintantoché perduri la convivenza con il familiare titolare del diritto reale o personale di godimento sull’immobile stesso.

Sul tema il Supremo Collegio con la sentenza n. 5866/19, depositata il 6 febbraio. Confisca della casa familiare. La Corte d’Appello di Firenze dichiarava inammissibili gli appelli proposti dai ricorrenti avversi il decreto del Tribunale con cui era stata disposta la confisca di prevenzione di diversi beni mobili e dell’immobile costituito in residenza del nucleo familiare di proprietà e disponibilità della persona proposta, quale genitore dei ricorrenti. Oltre alla tardività del gravame, secondo i Giudici del riesame era irrilevante che la notifica del provvedimento di confisca non fosse stata effettuata nei confronti dei ricorrenti che, nonostante la loro menzione nel decreto di applicazione della misura, erano privi della legittimazione ad impugnare non essendo titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni confiscati . I ricorrenti propongono ricorso in Cassazione. Detenzione qualificata. I figli vantano nei confronti dei genitori il diritto di essere mantenuti e da tale diritto, secondo gli Ermellini, consegue un diritto personale di godimento sul bene immobile costituito in residenza del nucleo familiare , diritto assimilabile a quello del comodatario poiché realizza una forma di detenzione qualificata e non per mere ragioni di ospitalità . Infatti, è oramai consolidato nella giurisprudenza di legittimità che il familiare convivente è detentore qualificato della casa famiglia in proprietà esclusiva del convivente e vi esercita un diritto di godimento assimilabile a quello del comodatario . Sulla casa familiare, dunque, si determina un potere di fatto incentrato su un interesse proprio del convivente tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare . La S.C. precisa che il diritto del convivente rappresenta un diritto di godimento atipico, meramente derivativo e dunque, il suo esercizio presuppone la persistenza del potere sulla cosa che compete al familiare titolare del diritto reale o personale di godimento sull’immobile ed è insuscettibile di essere fatto valere a prescindere da questo e pertanto inidoneo a radicare una autonoma legittimazione ad impugnare il provvedimento di confisca . Ebbene, la detenzione del convivente non proprietario ovvero non possessore, è esercitabile, e quindi anche opponibile ai terzi, finché perduri la convivenza con il titolare del diritto reale invero, una volta venuta mento la convivenza, tale diritto del convivente si estingue. Per tali ragioni, nella pronuncia della Corte d’Appello non è riscontrabile alcuna erroneità essendo gli appellanti privi di legittimazione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 4 dicembre 2018 – 6 febbraio 2019, numero 5866 Presidente Vessichelli – Relatore Giuseppe Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Firenze con ordinanza del 20/2-14/3/2018 ha dichiarato inammissibili gli appelli proposti da L.C. , L.M. e L.T. avverso il decreto del Tribunale di Firenze del 23/3-27/4/2016, con cui era stata disposta la confisca di prevenzione di svariati beni mobili e immobili, di proprietà o nella disponibilità della persona proposta Z.X. . Gli appelli in questione erano stati proposti da L.C. , M. e T. , auto-qualificandosi terzi interessati, con atti del 9/6/2017 trasmessi in data 16/6/2017, assumendo la mancata notifica nei loro confronti del provvedimento di confisca, notificato solo alla proposta Z.X. e a suo marito L.F. . Erano stati proposti inoltre quattro ulteriori atti di appello con raccomandate spedite l’8 e il 9/11/2017 nell’interesse di Z.X. , L.F. , L.C. , e di Z.X. e L.F. , quali genitori esercenti la potestà sul minore L.T. . Secondo la Corte territoriale, L.C. , M. e T. non avevano legittimazione ad impugnare, perché non erano titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni confiscati, essendo irrilevante l’impropria loro menzione nella prima pagina del decreto di applicazione della misura. Quanto a Z.X. e al marito L.F. , la loro impugnazione è stata ritenuta tardiva anche considerando la data della seconda notifica del decreto eseguita nei loro confronti, avvenuta il 24/10/2017, dopo la prima eseguita il 6/5/2016, poiché i dieci giorni previsti dal D.Lgs. numero 159 del 2011, art. 10, erano scaduti il 3/11/2017. 2. Hanno proposto ricorso l’avv. Tiziano Veltri, non cassazionista, e l’avv. Sabrina Del Fio, cassazionista, difensori di fiducia di Z.X. , quale genitore esercente la potestà sul minore L.T. , e di L.C. , impugnando l’ordinanza nella parte in cui aveva escluso la legittimazione ad impugnare di L.C. e di T. e nella parte in cui la misura era stata applicata sulla base della pericolosità generica e di quella specifica della prevenuta, svolgendo due motivi. 2.1. Con il primo motivo, proposto ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , i ricorrenti lamentano violazione della legge penale in relazione al D.Lgs. numero 159 del 2011, artt. 10 e 27, nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. La Corte territoriale aveva affermato che i figli della persona proposta, indicati nella prima pagina del decreto, non possedevano diritti reali o personali sui beni, ignorando il fatto che il Presidente del Tribunale aveva negato il carattere di definitività del decreto proprio perché esso non era stato notificato ai terzi sequestratari, ossia ai tre figli della proposta L.C. , M. , T. , disponendo nuove notifiche nei loro confronti. Inoltre il T.A.R. Lazio con sentenza 11657/2017 aveva annullato l’ordinanza di sgombero emanata ai sensi della L. numero 575 del 1965, art. 2 decies, comma 2, poiché il provvedimento di confisca non poteva dirsi definitivo perché non notificato ai terzi sequestratari. Essi erano titolari di un interesse a proporre impugnazione quali titolari di un diritto personale atipico di abitazione sull’immobile, costituito in casa familiare e loro residenza anagrafica. 2.2. Con il secondo motivo, proposto ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , i ricorrenti lamentano violazione della legge penale, nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. La Corte di appello aveva omesso di pronunciarsi con riferimento a tutti i motivi di impugnazione, che attenevano sia alla carenza di pericolosità generica di cui al D.Lgs. numero 159 del 2011, art. 1, richiamato dall’art. 4, comma 1, lett. c , e dall’art. 16 dello stesso decreto, sia alla carenza di pericolosità specifica, perché il decreto di rinvio a giudizio del 17/2/2017 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze aveva escluso l’aggravante di cui alla L. numero 203 del 1991, art. 7. 3. Il Procuratore generale ha chiesto annullarsi il provvedimento nella sola parte relativa ai beni immobili, con ogni conseguente statuizione. Considerato in diritto 1. Il decreto 23/-27/4/2016 del Tribunale di Firenze ha disposto la confisca di tre automezzi due autovetture Mercedes E 280 e Classe B2 00, e un autocarro Renault Master Van e di un appartamento e relativa pertinenza sito in omissis , di proprietà o nella disponibilità della persona proposta Z.X. . Il provvedimento in questione è stato impugnato con appelli proposti dai figli della persona proposta L.C. , L.M. e L.T. , auto-qualificandosi come terzi interessati, con atti trasmessi in data 16/6/2017, sul presupposto che il decreto di confisca era stato notificato solo alla proposta Z.X. e a suo marito L.F. e non a loro. In data 24/10/2017 era stata disposta una nuova notifica con provvedimento del Presidente del Tribunale - Sezione Misure di Prevenzione di Firenze, anche nei confronti dei figli in conseguenza erano stati proposti inoltre quattro ulteriori atti di appello con raccomandate spedite l’8 e il 9/11/2017 ne l’interesse di Z.X. , L.F. , e per quanto qui rileva, anche di L.C. , e di Z.X. e L.F. , quali genitori esercenti la potestà sul minore L.T. . La Corte territoriale ha ritenuto intempestiva l’impugnazione proposta dai due soggetti nei cui confronti si era svolto il procedimento di prevenzione in primo grado, ossia Z.X. e L.F. , considerando tanto la prima, quanto la seconda notifica e ha ritenuto invece che i tre figli, due solo dei quali C. e L.T. ricorrono ora per cassazione, fossero invece privi di legittimazione perché non erano titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni confiscati, reputando irrilevante la loro menzione reputata impropria nella prima pagina del decreto di applicazione della misura. 2. Il ricorso appare inammissibile per tardività. Il provvedimento impugnato è stato infatti notificato in data 20/3/2018 e l’impugnazione reca impresso il timbro della Corte di appello di Firenze del 4/4/2018, dopo quindi il decorso del termine di dieci giorni previsto dalla legge D.Lgs. numero 159 del 2011, art. 27, comma 2, e art. 10, comma 3 , senza che consti ex actis una spedizione del ricorso in data anteriore. Il termine scadeva pertanto sabato 31 marzo 2018 e non rileva quindi la festività dei giorni 1 e 2 aprile Pasqua e Lunedì dell’Angelo , anche a prescindere dall’ulteriore intervallo del giorno feriale del 3 aprile 2018. In materia di termini processuali, è prorogato per legge unicamente il termine stabilito a giorni che scade il giorno festivo, da individuarsi tra quelli indicati nominativamente come festivi dalla legge e tra cui non è menzionato il sabato è, dunque, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 172 c.p.p., in relazione alla diversa disciplina dettata dall’art. 155 c.p.c. - in base alla quale il termine stabilito a giorni, che scade il sabato, è prorogato al primo giorno non festivo - essendo rimessa alla discrezionalità del legislatore ogni valutazione in ordine alla necessità di una disciplina processuale dei termini differenziata, in considerazione dei beni e degli interessi in rilievo nel processo penale, primo tra tutti quello della libertà personale. Sez. 2, numero 13505 del 31/01/2018, Novak, Rv. 272469 Sez. 4, numero 36046 del 09/07/2015, Agasi, Rv. 264413 . 3. In ogni caso, l’impugnazione proposta dai ricorrenti, oltre che tardiva appare anche oggettivamente inammissibile. 4. Il D.Lgs. numero 159 del 2011, art. 23, comma 2, prevede l’apertura del contraddittorio nel procedimento di prevenzione nei confronti dei terzi che risultino proprietari o comproprietari dei beni sequestrati il successivo comma 4 estende la regola anche nei confronti dei terzi che vantano diritti reali o personali di godimento nonché diritti reali di garanzia sui beni in sequestro. 5. La giurisprudenza civile citata dai ricorrenti non concerne la fattispecie a giudizio perché riguarda il diritto di abitazione della casa familiare, costituito in sede di separazione personale fra i coniugi o in sede di divorzio, configurandolo non come diritto reale, ma come atipico diritto personale di godimento previsto nell’esclusivo interesse dei figli e non nell’interesse del coniuge affidatario, che viene meno con l’assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, non avendo più ragione di esistere Cassazione civile, sez. 2, 09/09/2016, numero 17843. Del pari non pertinente appare la giurisprudenza penale richiamata dai ricorrenti, che concerne la diversa fattispecie della legittimazione dell’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare purché vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro. Sez. 2, numero 50315 del 16/09/2015, Mokchane, Rv. 265463 Sez. 5, numero 20118 del 20/04/2015, Marenco, Rv. 263799 . 6. È pur vero che i figli, tanto più se minori, vantano nei confronti dei genitori il diritto ad essere mantenuti, istruiti ed educati ex artt. 147 e 148 c.c., e di conseguenza un diritto personale di godimento sul bene immobile costituito in residenza del nucleo familiare. Tale diritto ha natura atipica ed è assimilabile a quello del comodatario, realizzando una forma di detenzione qualificata e non per mere ragioni di ospitalità art. 1168 c.c., comma 2 . Nella giurisprudenza civilistica si è andato infatti affermando l’orientamento secondo il quale il familiare convivente è detentore qualificato della casa familiare in proprietà esclusiva del convivente e vi esercita un diritto di godimento assimilabile a quello del comodatario in tal modo si determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare Cassazione civile, sez. 1^, 11/09/2015, numero 17971 sez. 2^, 02/01/2014, numero 7 . Si tratta peraltro di un diritto di godimento atipico, meramente derivativo, che presuppone per il suo esercizio la persistenza del potere sulla cosa che compete al familiare titolare del diritto reale o personale di godimento sull’immobile ed è insuscettibile di essere fatto valere a prescindere da questo e pertanto inidoneo a radicare una autonoma legittimazione ad impugnare il provvedimento di confisca. La giurisprudenza civilistica ha infatti osservato, in modo illuminante, che la convivenza familiare, quale formazione sociale che dà vita ad un autentico consorzio familiare, determina, sulla casa di abitazione ove si svolge il programma di vita in comune, un potere di fatto del convivente tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, avente titolo in un negozio giuridico di tipo familiare questa però non incide, salvo diversa disposizione di legge, sul legittimo esercizio dei diritti spettanti ai terzi sull’immobile, sicché tale detenzione del convivente non proprietario, né possessore, è esercitabile ed opponibile ai terzi fin quando perduri la convivenza, mentre, una volta venuta meno la stessa, si estingue anche il relativo diritto tanto che il soggetto che legittimamente intende rientrare nel possesso del bene ha solamente il dovere di concedere al familiare convivente un termine congruo per la ricerca di una nuova sistemazione abitativa, in virtù dei principi di buona fede e correttezza. Cassazione civile, sez. III, 27/04/2017, numero 10377 . Diversamente opinando si finirebbe con lo sconvolgere l’intero sistema di tutela dei diritti, creando una anomala forma di litisconsorzio necessario per tutte le azioni reali immobiliari e personali nei confronti dei componenti del nucleo familiare del contraddittore. 7. La sentenza 11657 del 2017 del TAR Lazio, invocata ma non prodotta dai ricorrenti, consultabile on line attraverso la banca dati della giustizia amministrativa, è fondata non già sulla valutazione del diritto spettante ai figli della persona proposta ma semplicemente sull’esistenza obiettiva del provvedimento 24/10/2017 del Presidente del Tribunale - Sezione Misure di Prevenzione di Firenze, che aveva disposto una nuova notifica anche nei confronti dei figli. 8. I ricorsi vanno quindi dichiarati inammissibili ne consegue la condanna dei ricorrenti ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere il ricorrente in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte cost. 13/6/2000 numero 186 . La condanna va emessa anche nei confronti della genitrice esercente la legale potestà che ha agito in rappresentanza del figlio minore infatti la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, proposto dagli esercenti la potestà genitoriale del minore imputato D.P.R. 22 settembre 1988, numero 448, art. 34 , comporta la condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali ed alla sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende Sez. 5, numero 8379 del 02/11/2016 - dep. 2017, N e altro, Rv. 269446 . 9. La presenza di un minore impone di ordinare, in caso di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, art. 52. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti Z.X. e L.C. al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, art. 52, in quanto disposto d’ufficio.