Hashish, marijuana e metilamfetamina detenute a fini di spaccio: il fatto è di lieve entità

In presenza di diverse specie di sostanze stupefacenti non è di per sé preclusa la configurabilità del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, essendo necessario procedere ad una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie.

È il principio affermato dalla Corte di legittimità con la sentenza n. 5444/19, depositata il 4 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Roma confermava la condanna di prime cure per il reato di illecita detenzione di stupefacenti a fine di spaccio, con riduzione della pena a seguito di riqualificazione del fatto nella ipotesi di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990. Avverso tale pronuncia ricorre il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello deducendo erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla riqualificazione del fatto. Sottolinea il ricorso che la droga rinvenuta nell’abitazione dell’imputato non era di modesta entità 40 dosi di hashish e marijuana e 17 dosi di metilamfetamina , precisando che in caso di sostanze di diversa specie non è configurabile un fatto lieve. Fatto di lieve entità. La sentenza in commento richiama la pronuncia n. 51063/18 con la quale le Sezioni Unite si sono pronunciate sulla questione relativa alla configurabilità dell’ipotesi di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, sottolineando la necessità di una valutazione complessiva e globale degli elementi fattuali selezionati dalla norma come indici di lieve entità escludendo che una singola circostanza possa assumere a priori ed in astratto il carattere ostativo alla qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5 . Giungono dunque gli Ermellini all’affermazione per cui la diversità di sostanze stupefacenti oggetto della condotta non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, in quanto è necessario procedere ad una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla suddetta disposizione al fine di determinare la lieve entità del fatto . In virtù di tale affermazione, la motivazione offerta dalla sentenza impugnata risulta immune da censure avendo dato conto di tutti gli elementi rivelatori dell’attività di spaccio, riqualificando la condotta come spaccio domestico condotto con modalità non professionali. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 gennaio – 4 febbraio 2019, numero 5444 Presidente Fumu – Relatore Menichetti Ritenuto in fatto 1. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza in data 30 maggio 2017, confermava la condanna resa dal Tribunale cittadino nei confronti di G.R.P. per illecita detenzione a fine di spaccio di sostanze stupefacenti, operando però una riduzione della pena a seguito della riqualificazione del fatto nella ipotesi di lieve entità di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, art. 73, comma 5. 2. La condotta contestata al G. ha ad oggetto gr.2,4 lordi di metanfetamina, compresa nella tab.1 prevista dall’art. 14 del citato D.P.R., nonché 17,35 lordi circa di marijuana e gr.0,40 di hashish, sostanze ricomprese nella tab.2. Il Tribunale riteneva non applicabile l’ipotesi dell’art. 73, comma 5, richiamando giurisprudenza di legittimità secondo cui tale fattispecie non è configurabile nel caso di detenzione di sostanze di differente patologia, a prescindere dal dato quantitativo, trattandosi di condotta indicativa della capacità dell’agente di procurarsi sostanze tra loro eterogenee e, per ciò stesso, di rifornire assuntori di stupefacenti di diversa natura, così da recare un danno non tenue al bene della salute pubblica tutelato dalla norma incriminatrice Sez. 3, numero 47671/2014 . Osservava ancora che l’imputato aveva detenuto diversi quantitativi, non di modesta entità, ed era stato trovato nella disponibilità di materiale di confezionamento e di una agenda, sintomatica di un’organizzata attività di spaccio finalizzata ad un numero indiscriminato di assuntori, circostanza che l’andirivieni osservato dalla Polizia Giudiziaria aveva sicuramente confermato. 3. La Corte d’Appello condivideva invece quella parte della giurisprudenza di legittimità che esclude che la diversa tipologia delle sostanze possa di per sé costituire ragione sufficiente ad escludere l’ipotesi di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, potendo accadere che le peculiarità del caso concreto siano indicative di una complessiva minore portata dell’azione dello spacciatore Rv. 268218 Rv. 269457 . Riteneva che nella specie il dato ponderale e le modalità esecutive del fatto descrivessero un’ipotesi di reato di minore entità, trattandosi di spaccio domestico attuato con modalità non professionali. 4. Ha proposto ricorso il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma per erronea applicazione della legge penale e manifesta illogicità della motivazione in relazione al riconoscimento dell’ipotesi di lieve entità contemplata nel D.P.R. numero 309 del 1990, art. 73, comma 5. Rileva che la droga rinvenuta nell’abitazione dell’imputato non era di modesta entità 40 singole dosi di hashish e marijuana e 17 dosi di metilamfetamina che in caso di detenzione di sostanze di specie diversa non è configurabile un fatto lieve che l’attrezzatura per il confezionamento delle dosi, l’andirivieni di acquirenti, il ritrovamento di un’agendina con nomi e cifre, il possesso di 7.795,00 Euro in banconote di piccolo taglio occultate nell’armadio della camera da letto, denotavano un’attività di spaccio ben avviata. Dunque, anche a voler accederè al diverso indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che consente di configurare l’ipotesi lieve anche in caso di detenzione di sostanze stupefacenti di differente tipologia Sez. 4, numero 48850/2016, Barba Sez. 6, numero 14882/2017, Fonzo , nella specie vi siano altri elementi che riconducano a qualificare la condotta nell’ambito dell’art. 73, comma 1. La difesa ha depositato memoria ex art. 611 c.p.p., nella quale ha chiesto il rigetto del ricorso. 5. All’udienza del 20 luglio 2019 questa Corte ha disposto il rinvio della discussione in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite in tema. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. 2. Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza numero 51063 del 27/09/2018 dep. il 9/11/2018 si sono pronunciate sulla questione di diritto Se la diversità di sostanze stupefacenti, a prescindere dal dato quantitativo, osti alla configurabilità dell’ipotesi di lieve entità di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, art. 73, comma 5, e, in caso negativo, se tale reato possa concorrere con le fattispecie previste ai commi 1 e 4 del medesimo art. 73 D.P.R. cit. . Dopo aver illustrato le vicende normative che hanno interessato l’art. 73 ed i vari orientamenti che si sono formati all’interno della giurisprudenza di legittimità e che hanno portato al quesito sollevato nell’ordinanza di rimessione, le Sezioni unite hanno esaminato la lettera e la ratio dell’art. 73, comma 5, T.U. stup. e ritenuto che, nella trasformazione da attenuante ad effetto speciale a titolo autonomo di reato, la fattispecie di cui si tratta abbia conservato la sua funzione di individuare quei fatti che si caratterizzano per una ridotta offensività, allo scopo di sottrarli al severo regime sanzionatorio previsto dalle altre norme incriminatrici contenute nell’art. 73 T.U. stup. - al cui ambito applicativo, altrimenti, gli stessi fatti sarebbero riconducibili - nella prospettiva di rendere il sistema repressivo in materia di stupefacenti maggiormente rispondente ai principi sanciti dall’art. 27 Cost Quindi, in adesione ai principi tramandati da precedenti arresti del Supremo Collegio S.U., numero 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv.247911 e S.U. numero 17 del 21/06/200, Primavera, Rv.216668 , hanno rimarcato la necessità di una valutazione complessiva, globale, degli elementi fattuali selezionati dalla norma quali indici qualificanti la lieve entità ed escluso, di conseguenza, che una singola circostanza possa assumere a priori ed in astratto il carattere ostativo alla qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5. In particolare, le Sezioni Unite, nella sentenza in disamina, non hanno condiviso quanto sostenuto nelle decisioni che avevano dato vita a quell’orientamento circa la rilevanza ostativa della detenzione di sostanze eterogenee in un contesto unitario, nella misura in cui, appunto, a tale circostanza veniva attribuito un aprioristico significato negativo assorbente sull’assunto che la suddetta detenzione - attinente alle modalità dell’azione - sarebbe espressione di un più significativo inserimento dell’agente nell’ambiente criminale dedito al traffico di stupefacenti ed esporrebbe l’interesse tutelato ad un più accentuato pericolo di lesione tra le più recenti, Sez. 4, numero 6624 del 15/12/2016, Rv.269130 Sez. 3, numero 26205 del 05/06/2015, Rv. 264065 Sez. 3, numero 47671 del 09/10/2014, Rv. 261161 , ed hanno considerato, di contro, fin troppo agevole trarre dall’esperienza giudiziaria casi in cui il possesso contestuale di differenti tipi di stupefacente è aspetto sostanzialmente neutro, come, ad esempio, quando i quantitativi detenuti risultino essere assai modesti ovvero la condotta dell’agente risulti per altro verso meramente occasionale. Ciò non significa - proseguono le Sezioni Unite - che il dato fattuale in questione non possa assumere una valenza negativa e che la stessa non possa essere dunque ritenuta ostativa alla configurabilità dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5 ma tali conclusioni devono, per l’appunto, rappresentare l’esito di una valutazione complessiva del fatto in concreto manifestatosi, da svolgere in relazione a tutti gli indici sintomatici enucleati dalla norma incriminatrice. Conclusivamente limitando l’esame della recente pronuncia a quella parte che interessa il caso a giudizio La diversità di sostanze stupefacenti oggetto della condotta non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, art. 73, comma 5, in quanto è necessario procedere ad una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla suddetta disposizione al fine di determinare la lieve entità del fatto . 3. Alla luce di tale principio di diritto deve essere esaminata la doglianza del Procuratore Generale ricorrente e la correttezza della motivazione della sentenza impugnata. La Corte territoriale ha dato conto di tutti gli elementi rivelatori dell’attività di spaccio la detenzione da parte del G. di sostanze di diversa tipologia, il rinvenimento di strumenti utili al confezionamento delle singole dosi, di un’agenda contenete nomi e cifre ed ancora di banconote di piccolo taglio, il sospetto andirivieni di persone nell’abitazione dell’imputato osservato dalle forze dell’ordine ha però riqualificato il reato nella fattispecie di lieve entità, definendolo spaccio domestico condotto con modalità non professionali . La motivazione non si presta a censure. Anche se il ricorrente, a sostegno dell’atto di impugnazione, ha in effetti valorizzato non soltanto la diversità dello stupefacente sequestrato, ma anche tutto quanto rinvenuto all’esito di perquisizione, osserva il Collegio che la decisione della Corte di merito è sorretta da un’analisi appropriata della fattispecie, tenuto ovviamente conto del quantitativo delle sostanze detenute, che nell’ottica di quella valutazione complessiva imposta dalla legge, come interpretata dal recentissimo ed autorevole arresto giurisprudenziale, milita nel senso di una rilevanza penale della condotta ridimensionata rispetto alla originaria contestazione dell’art. 73, comma 1, T.U. stup., cui va proporzionata la risposta repressiva. 4. Ne consegue il rigetto del ricorso. P.Q.M. Rigetta il ricorso.