Configurabilità dell’elemento soggettivo nel reato di omicidio preterintenzionale

Gli Ermellini ribadiscono che la fattispecie dell’omicidio preterintenzionale è configurabile laddove l’evento morte abbia costituito il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal reo con la condotta intenzionale volta a ledere o percuotere una persona.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5515/19, depositata il 4 febbraio. Il caso. Una guardia giurata veniva condannata, in primo e secondo grado, per omicidio preterintenzionale per aver cagionato la morte di un uomo con un colpo partito dalla sua pistola, usata per percuotere al capo la vittima. Avverso la sentenza d’appello, propone ricorso per cassazione la difesa deducendo violazione di legge in relazione all’art. 584 c.p. in relazione alla definizione degli atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli artt. 581 e 582 c.p. . L’omicidio preterintenzionale. Il Collegio ricorda che, ai fini della configurabilità dell’omicidio preterintenzionale, è necessario che l’autore dell’aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o a ledere, essendo inoltre indispensabile una rapporto di causa effetto tra tali atti e l’evento morte senza necessità che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto dall’agente . Come infatti precisa la Corte, la norma citata ha caratteri peculiari sia quanto all’elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale che per quanto attiene all’elemento oggettivo. Viene dunque ribadito il principio secondo cui nell’omicidio preterintenzionale, l’evento morte deve costituire il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal reo con la condotta intenzionale volta a ledere o percuotere una persona, con la conseguenza che se la morte della vittima è del tutto estranea all’area di rischio attivato con la condotta iniziale, intenzionalmente diretta a percuotere o provocare lesioni, ed è, invece, conseguenza di un comportamento successivo, l’evento mortale non può essere imputato a titolo preterintenzionale, ma deve essere punito a titolo di colpa, in quanto effetto di una serie causale diversa da quella avente origine dall’evento di percorre o lesioni dolose . Applicando al caso di specie tale insegnamento, la Corte sottolinea che non vi è dubbio sul fatto che l’evento letale si sia verificato per la serie causale avviata dalle percosse inflitte dal ricorrente. È dunque corretta la conclusione a cui sono giunti i giudici di merito nel condannare l’uomo per omicidio preterintenzionale. Il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 gennaio – 4 febbraio 2019, n. 5515 Presidente Palla – Relatore Scordamaglia Ritenuto in fatto 1. B.G. , riconosciuto colpevole all’esito di entrambi i gradi del giudizio di merito del delitto di omicidio preterintenzionale, commesso in pregiudizio di G.B.G. , colpito a morte dall’esplosione di un colpo partito dalla pistola in sua dotazione, quale guardia giurata, che egli aveva utilizzato come strumento per percuotere al capo la vittima, ricorre avverso la sentenza della Corte di assise di appello di Napoli del 19 ottobre 2017. 2. Con l’unico motivo cui è affidato il ricorso per cassazione deduce il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 584 cod. pen Contesta la lettura estensiva del sintagma normativo Con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli artt. 581 e 582 cod. pen. offerta dai giudici di merito, nel senso che tale dizione si presterebbe a identificare come antecedenti causali della morte anche condotte diverse dalle percosse e dalle lesioni, purché a queste strettamente connesse, celandosi dietro la stessa la sostanziale legittimazione di un’ipotesi di responsabilità oggettiva. Suggerisce, pertanto, come più in linea con le istanze della responsabilità per il fatto proprio colpevole, l’interpretazione che circoscrive l’ambito applicativo del delitto di cui all’art. 584 cod. pen. al riscontro di un nesso di derivazione diretta della morte dalle percosse o dalle lesioni, venendo in rilievo, altrimenti, un’ipotesi di omicidio colposo, in cui l’evento è da addebitarsi al soggetto agente per averlo determinato a causa di un comportamento, negligente, imprudente o imperito. Donde, nel caso al vaglio, essendosi la morte del G.B. verificata non per i colpi infertigli al capo dal B. con il calcio della pistola in sua dotazione, ma da questa essendo accidentalmente partito un colpo nel corso della colluttazione insorta tra i due, il fatto doveva essere qualificato come omicidio colposo, potendosi solo muovere al B. un rimprovero per non avere adottato tutte le cautele dovute per espletare in sicurezza i compiti di vigilanza affidatigli. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Deve, invero, darsi atto che la Corte territoriale ha fatto buon governo delle regulae iuris, ormai acquisite al patrimonio del diritto vivente, secondo le quali, ai fini dell’integrazione dell’omicidio preterintenzionale, è necessario che l’autore dell’aggressione abbia commesso atti diretti a percuotere o a ledere e che esista un rapporto di causa ed effetto tra gli atti predetti e l’evento letale, senza necessità che la serie causale che ha prodotto la morte rappresenti lo sviluppo dello stesso evento di percosse o di lesioni voluto dall’agente Sez. 5, n. 41017 del 12/07/2012, S. e altri, Rv. 253744 Sez. 1, n. 1008 del 03/10/1986 - dep. 30/01/1987, Smorgon e altri, Rv. 174956 . A sostegno di tali affermazioni si è argomentato nel senso che l’incriminazione di cui all’art. 584 c.p.p. presenta caratteri distintivi che definiscono non solo la configurazione dell’elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale, ma, altresì, quella dell’elemento oggettivo, avendo il legislatore inteso presidiare con una sanzione specifica e particolarmente severa quelle fattispecie aggravate dall’evento morte che si caratterizzino per la commissione di atti di diretta aggressione all’integrità fisica del soggetto passivo vale a dire per la commissione di condotte che, per loro intrinseca natura, esprimono più di ogni altra il pericolo che vengano innescati processi causali in grado di degenerare nell’uccisione di colui che le subisce Sez. 5, n. 35015 del 03/05/2016, Baciu, Rv. 267549 . Da ciò deriva che occorre ribadire il principio di diritto secondo il quale, nell’omicidio preterintenzionale, l’evento morte deve costituire il prodotto della specifica situazione di pericolo generata dal reo con la condotta intenzionale volta a ledere o percuotere una persona, con la conseguenza che se la morte della vittima è del tutto estranea all’area di rischio attivato con la condotta iniziale, intenzionalmente diretta a percuotere o provocare lesioni, ed è, invece, conseguenza di un comportamento successivo, l’evento mortale non può essere imputato a titolo preterintenzionale, ma deve essere punito a titolo di colpa, in quanto effetto di una serie causale diversa da quella avente origine dall’evento di percosse o lesioni dolose Sez. 5, n. 3946 del 03/12/2002 - dep. 28/01/2003, Belquacem, Rv. 224903 . 2. Al lume di tali criteri direttivi, va riconosciuto che, siccome la morte del G.B. si è verificata per l’esplosione di un colpo partito dall’arma, che il B. aveva utilizzato - ancorché fosse consapevole che questa fosse caricata per lo sparo - per percuotere alla testa il soggetto sorpreso ad aggirarsi nel luogo ove egli fungeva da vigilante e nel contesto della colluttazione ingaggiata con questi, non può dirsi che l’evento letale si sia verificato per una serie causale diversa da quella avente origine dall’evento percosse e che, quindi, sia del tutto estraneo all’area di rischio attivato con la condotta di percosse inflitte nell’ambito della colluttazione. Donde corretta è stata la sussunzione del fatto nello schema del delitto di omicidio preterintenzionale, la quale lambisce, a ben vedere, lo schema dell’omicidio volontario animato da dolo eventuale, non essendo inverosimile che l’imputato, utilizzato come strumento per percuotere l’avversario un’arma con il colpo in canna, possa aver accettato il rischio che questo potesse partire durante la colluttazione. 3. Il ricorso va, pertanto, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.