L’espletamento del lavoro di pubblica utilità e la salvaguardia dell’iter formativo del condannato

L’art. 54 d.lgs. n. 274/2000 dispone che il lavoro di pubblica utilità deve essere svolto con modalità tali da non pregiudicare le esigenze di studio dell’interessato. Questo vale anche se il condannato debba partecipare al progetto Erasmus?

Il tema viene affrontato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 4660/19, depositata il 30 gennaio. La vicenda. Il condannato ricorre per cassazione avverso il provvedimento con cui era stata rigettata l’istanza di differimento dell’inizio dell’esecuzione del lavoro di pubblica utilità. Tale provvedimento sembra porsi in contrasto con l’art. 54 d.lgs. n. 274/2000, secondo cui il lavoro di pubblica utilità deve essere svolto con modalità tali da non pregiudicare le esigenze di studio dell’interessato, il quale aveva comunicato all’ente interessato i propri impegni di studio all’estero, nell’ambito del progetto Erasmus e aveva ricevuto la convocazione quando si trovava a tal fine all’estero. La tutela del percorso formativo dell’interessato. La norma sopra citata fa riferimento alla necessità di evitare che l’espletamento del lavoro di pubblica utilità possa pregiudicare l’ter formativo del condannato, non salvaguardando l’interesse di quest’ultimo nel campo degli studi. Ciò però non vale per il caso in cui, come nella fattispecie trattata in questa sede dalla Suprema Corte, il soggetto condannato debba partecipare ad un progetto Erasmus dato che questo, nonostante la sua intrinseca validità culturale, non pregiudica il percorso formativo dell’interessato, che può continuare regolarmente a svolgersi nell’ambito dell’Università di appartenenza. Tale interesse, dunque, in mancanza di un concreto pregiudizio al regolare espletamento degli studi universitari, non può essere tutelato dalla legge e per tale ragione il ricorso va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 9 novembre 2018 – 30 gennaio 2019, n. 4660 Presidente Ciampi – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. M.E. ricorre per cassazione avverso il provvedimento in epigrafe indicato, con cui è stata rigettata l’istanza di differimento dell’inizio dell’esecuzione del lavoro di pubblica utilità. 2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché erroneamente l’istanza è stata dichiarata parzialmente inammissibile, in quanto fondata su atti redatti in lingua straniera e privi di traduzione. La richiesta è infatti unica, onde non è giuridicamente possibile una declaratoria di inammissibilità parziale né altra differenziazione decisoria relativamente ad essa. 2.1. Il provvedimento si pone poi in contrasto con il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 54, a norma del quale il lavoro di pubblica utilità deve essere svolto con modalità tali da non pregiudicare le esigenze di studio dell’interessato, che, nel caso in esame, aveva comunicato all’Ente competente i propri impegni di studio all’estero, nell’ambito del progetto Erasmus, e ha ricevuto la convocazione quando si trovava, a tal fine, nei Paesi Bassi già da nove giorni. Considerato in diritto 1.La doglianza formulata con il primo motivo di ricorso è priva di fondamento. Il giudice a quo, infatti, pur qualificando l’istanza come parzialmente inammissibile , è entrato nel merito delle ragioni addotte in quest’ultima e ha esaminato la problematica inerente alle esigenze di studio all’estero dedotte dall’istante a fondamento della richiesta di differimento dell’inizio dell’esecuzione del lavoro di pubblica utilità, dando conto in motivazione, sia pure in modo sintetico, della disamina espletata al riguardo e così, nella sostanza, mostrando, al di là delle espressioni utilizzate, di ritenere l’istanza ammissibile, anche se non accoglibile. 2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato. L’art. 186 C.d.S., comma 9 bis, prevede la sostituzione della pena con quella del lavoro di pubblica utilità di cui al D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 54, da espletarsi secondo le modalità ivi previste. Quest’ultima norma, a sua volta, stabilisce, al comma 3, che l’attività deve essere svolta con modalità e tempi che non pregiudichino, per quanto interessa in questa sede, le esigenze di studio del condannato. La norma fa dunque riferimento alla necessità di evitare che l’espletamento del lavoro di pubblica utilità possa arrecare un pregiudizio all’iter formativo del condannato e non alla salvaguardia di qualunque interesse che quest’ultimo possa nutrire nel campo degli studi. La ratio della norma è infatti quella di consentire al condannato di continuare a seguire regolarmente il proprio percorso di formazione e non quella di tutelare qualsiasi interesse culturale del condannato. La legge mira, infatti, a contemperare le esigenze di studio di quest’ultimo con la necessità di dare pronta esecuzione alla sentenza di condanna. Nel caso di specie, viene dedotto l’interesse a recarsi, per un periodo, per motivi di studio, presso una Università olandese, nel quadro del progetto Erasmus . È però noto che la mancata partecipazione a tale progetto, nonostante la sua intrinseca validità culturale, non pregiudica in nulla il percorso formativo dell’interessato, che può continuare a svolgersi regolarmente, nell’ambito dell’Università alla quale egli è iscritto. Ciò che il ricorrente lamenta non è dunque un pregiudizio alle proprie esigenze di studio ma la mancata possibilità di coltivare il proprio interesse all’esperienza di studio all’estero in questione. Ma tale interesse, in mancanza di un effettivo e concreto pregiudizio al regolare espletamento degli studi universitari, che non è dedotto neanche dal ricorrente, non può considerarsi tutelato dalla legge. 3. Il ricorso va dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.