Decorrenza della prescrizione in caso di reato omissivo permanente

Nei reati omissivi consistenti nell’inosservanza del dovere giuridico di porre in essere un certo comportamento attivo entro un termine prestabilito, la scadenza infruttuosa di tale termine concretizza l’inadempimento e fa assumere rilevanza penale alla condotta omissiva che persiste per tutto il tempo in cui permane l’inosservanza dell’obbligo.

Mancata risposta all’Ispettorato del lavoro. Con la sentenza n. 4221/19, depositata il 29 gennaio, la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’impugnazione della sentenza con cui il Tribunale di Siena aveva condannato la ricorrente all’ammenda di 300 euro per il reato di cui all’art. 4, comma 7, l. n. 628/1961 per non aver fornito alla Direzione Provinciale del Lavoro le notizie richieste. La ricorrente deduce la natura istantanea del reato che si perfezionerebbe con la scadenza del termine di presentazione della documentazione ed eccepisce dunque la prescrizione del reato. Prescrizione del reato. Secondo la consolidata giurisprudenza, il reato in parola ha natura permanente e cessa con l’osservazione della disposizione o con il decreto penale di condanna o con la sentenza di prime cure. La scadenza del termine non preclude infatti al soggetto obbligato la possibilità di mettere in essere il comportamento prescritto, eliminando la situazione antigiuridica, essendo contemporaneamente il momento iniziale di consumazione del reato. La consumazione si protrae poi per tutto il tempo in cui permane l’inosservanza dell’obbligo. Il Collegio ritiene che il motivo di ricorso vorrebbe premiato” il comportamento commissivo punito in forma alternativa di chi fornisce informazioni scientemente errate o incomplete, perché si gioverebbe di un termine iniziale la cui decorrenza immediata sortirebbe effetti più favorevoli, non considera affatto che la cessazione della permanenza nel reato omissivo proprio dipende esclusivamente dall’autore della condotta che, persistendo nell’omissione ovvero facendola cessare, dimostra di avere sul fatto la stessa signoria di chi, invece, adempie fraudolentemente alla richiesta . Aggiunge infine la Corte che il termine di prescrizione rimane sospeso alla data dell’iscrizione della notizia di reato fino al momento in cui il PM riceve la comunicazione dell’inadempimento alla prescrizione di cui all’art. 20 d.lgs. n. 758/1994. Per questi motivi, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 giugno 2018 – 29 gennaio 2019, n. 4221 Presidente Lapalorcia – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1.La sig.ra S.M.G. ricorre per l’annullamento della sentenza dell’11/12/2015 del Tribunale di Siena che l’ha condannata alla pena di 300 Euro di ammenda per il reato di cui alla L. n. 628 del 1961, art. 4, comma 7, perché non aveva fornito alla Direzione Provinciale del Lavoro di Siena le notizie richieste con verbale del 25/02/2010 e con successiva prescrizione del 29/06/2010. 1.1.Con unico motivo, deducendo la natura istantanea del reato che si perfeziona all’inutile scadenza del termine di presentazione della documentazione richiesta nel caso di specie il 18/03/2010 , eccepisce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b , la prescrizione del reato e la conseguente erronea applicazione o inosservanza degli artt. 157 e 158 cod. pen Considerato in diritto 2.Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato. 3.Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, il reato di omessa risposta alla richiesta d’informazioni dell’Ispettorato del Lavoro, prevista dalla L. 22 luglio 1961, n. 628, art. 4, ha natura permanente che cessa o con l’osservanza della disposizione o con il decreto penale di condanna o con la sentenza di primo grado Sez. 3, n. 753 del 21/02/1997, Saracino, Rv. 207639, secondo cui quando la richiesta di informazione preveda un termine, il reato si perfeziona alla scadenza del termine previsto e si protrae per tutto il tempo in cui il destinatario omette volontariamente di adempiere nello stesso senso, Sez. 3, n. 13406 dell’11/10/2000, Dami, Rv. 219090 applicano lo stesso principio, Sez. 3, n. 18430 del 12/04/2012, Cavagnuolo, n.m. Sez. 3, n. 12923 del 20/02/2008, Terranova, n.m. Sez. 3, n. 28701 del 25/05/2004, D’Ambra, n.m. Sez. 3, n. 19574 del 26/04/2004, Strazzeri, n.m. . 3.1.Si tratta di principio che costituisce declinazione di quello più generale secondo il quale nei reati omissivi consistenti nella inosservanza del dovere giuridico di porre in essere un determinato comportamento attivo entro un prestabilito termine è proprio con la scadenza infruttuosa del termine che, concretandosi l’inadempimento, la condotta omissiva viene ad avere rilevanza penale. La scadenza del termine, che non preclude al soggetto obbligato la possibilità di eliminare la situazione antigiuridica mediante l’attuazione del comportamento prescritto, segna il momento iniziale di consumazione del reato, che si protrae per tutto il tempo in cui permane l’inosservanza dell’obbligo e, conseguentemente, la condotta antigiuridica sanzionata penalmente Sez. 3, n. 1084 del 04/04/1966, Menassero, Rv. 101766 cfr., altresì, Sez. 3, n. 8518 del 20/10/1973, Cavoni, Rv. 128526, in tema inosservanza da parte del datore di lavoro dell’Obbligo di curare l’accertamento dell’idoneità dei dipendenti fanciulli ed adolescenti attraverso visite mediche periodiche Sez. 3, n. 13719 del 18/10/1999, Cacchiarelli, Rv. 214820, in tema di omessa valutazione del rischio provocato dall’esposizione dei lavoratori dipendenti ai rumori dannosi Sez. 3, n. 43292 del 22/06/2001, Costigliola, Rv. 220623, in tema di omessa collocazione di dispositivi idonei ad evitare che le mani o altre parti del corpo del lavoratore entrino in contatto con le parti mobili dei detti macchinari Sez. 4, n. 16715 del 14/11/2018, Cirocco, Rv. 273098, in tema di omissione di cautele contro infortuni sul lavoro . 3.2.La deduzione difensiva che, così ragionando, verrebbe premiato il comportamento commissivo punito in forma alternativa di chi fornisce informazioni scientemente errate o incomplete, perché si gioverebbe di un termine iniziale la cui decorrenza immediata sortirebbe effetti più favorevoli, non considera affatto che la cessazione della permanenza nel reato omissivo proprio dipende esclusivamente dall’autore della condotta che, persistendo nell’omissione ovvero facendola cessare, dimostra di avere sul fatto la stessa signoria di chi, invece, adempie fraudolentemente alla richiesta. 3.3.Non è pertanto condivisibile, ed è in contrasto con i principi sin qui esposti, l’isolata pronuncia Sez. 3, n. 4687 del 10/12/2002, dep. 2003, Parmegiani, Rv. 227175, che ha indicato nella data della denuncia il termine di cessazione della permanenza del reato di cui alla L. n. 628 del 1961, art. 4. 3.4.La ricorrente, inoltre, non considera che il termine della prescrizione rimane sospeso dalla data dell’iscrizione della notizia di reato fino al momento in cui il pubblico ministero riceve la comunicazione dell’inadempimento alla prescrizione impartita ai sensi del D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 20, art. 23, stesso decreto . Nel caso di specie è certo che il termine dell’adempimento era fissato al 27/07/2010, sicché, in ogni caso, anche a voler accedere alla tesi difensiva, la prescrizione sarebbe maturata successivamente all’udienza dell’11/05/2015, allorquando il difensore aveva aderito all’astensione dalle udienza proclamata dagli organismi di categoria chiedendo ed ottenendo il rinvio alla successiva udienza di discussione e pubblicazione della sentenza impugnata. 4.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186 , l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.