Prima l’abuso sessuale, poi le lesioni al fratello della vittima: riconosciuta l’aggravante del nesso teleologico

Sussiste la circostanza aggravante del c.d. nesso teleologico laddove l’agente, dopo aver commesso il delitto di violenza sessuale, con l’intento di procurarsi l’impunità del reato, provochi lesioni personali in danno a chi intervenga in difesa della vittima di violenza.

Così gli Ermellini con la sentenza n. 3973/19, depositata il 28 gennaio. Le lesioni e la violenza. Un individuo commetteva un abuso sessuale e successivamente minacciava e infieriva una manata sul volto del fratello della vittima intervenuto in difesa della sorella. Sia il Tribunale di Palermo che la Corte d’Appello condannavano l’imputato al delitto di cui agli artt. 609 -bis c.p. Violenza sessuale , 61 n. 2 c.p. Circostanze aggravanti comuni, nesso teleologico e all’art. 582 c.p. Lesioni personali . Il condannato ricorre in Cassazione deducendo che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere sussistente l’aggravante del c.d. nesso teleologico di cui all’art. 61 cit. contestata al delitto di lesioni dolose, non essendo effettivamente comprensibile come le lesioni commesse in danno al fratello della vittima sarebbero state il mezzo con cui realizzare l’abuso sessuale precedentemente consumato. La materialità fattuale dell’aggravante. Gli Ermellini precisano che sussiste la circostanza aggravante del nesso teleologico art. 61, comma 1, n. 2 c.p. nel caso in cui l’agente, subito dopo aver commesso il delitto di cui all’art. 609 -bis c.p., per procurarsi l’impunità provochi lesioni personali in danno di chi sia intervenuto in difesa della vittima della violenza sessuale . La S.C. ritiene che nei confronti della sentenza impugnata non può riscontrarsi alcuna erroneità. Infatti, nel caso di specie era evidente che la condotta dell’imputato in danno al fratello della vittima sia stata successiva rispetto alla violenza sessuale, ed era volta non già a realizzare l’abuso – già consumato - ma ad assicurarsi l’impunità del reato. Per tali ragioni, la S.C. rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 novembre 2018 – 28 gennaio 2019, n. 3973 Presidente Lapalorcia – Relatore Corbetta Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Palermo confermava la pronuncia resa dal Tribunale di Palermo all’esito del giudizio abbreviato e appellata dall’imputato, che, applicata la circostanza attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3, e ritenuta la continuazione, aveva condannato V.A. alla pena di giustizia perché ritenuto responsabile dei delitti di cui all’art. 609 bis c.p. capo A , artt. 582 e 585 c.p. e art. 61 c.p., n. 2 capo C commessi in danno di R.G. , e artt. 582, 585 e 612 c.p. e art. 61 c.p., n. 2 capo B commessi in danno di R.F. . 2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo, con cui deduce violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d ed e in relazione all’art. 61 c.p., n. 2 di cui al capo B . Assume il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe ravvisato la sussistenza dell’aggravante del cd nesso teleologico , contestata al delitto di lesioni dolose di cui al capo B , nonostante l’assenza dei suoi presupposti applicativi. Secondo la prospettazione difensiva, sulla base delle dichiarazioni della persona offesa del reato di lesioni personali dolose, R.F. , stimate attendibili dalla Corte territoriale, l’imputato dapprima avrebbe commesso i reati di cui ai capi A e B in danno di R.G. , e successivamente, per contrastare la reazione del fratello di costei, R.F. , avrebbe realizzato il fatto di lesioni in danno di quest’ultimo di conseguenza, non sarebbe dato comprendere come le lesioni commesse in danno di R.F. possano essere state il mezzo attraverso cui realizzare l’abuso sessuale in danno di R.G. , precedentemente consumatosi. 3. Il ricorso è infondato. 4. Va osservato che la Corte territoriale, con riferimento al delitto di lesioni personali dolose di cui al capo B , ha ravvisato la sussistenza dell’aggravante all’art. 61 c.p., n. 2 in relazione al delitto ex art. 609 bis c.p., atteso che la volontà dell’imputato era diretta alla commissione del reato di violenza sessuale e che, a tale scopo, egli si sia servito del reato-mezzo di cui all’art. 582 c.p Dal capo di imputazione emerge, peraltro, che l’imputato minacciò e diede una manata sul volto di R.F. , il quale era intervenuto in difesa della sorella, che aveva appena subito un abuso sessuale da parte del V. . È perciò evidente che l’azione in danno di R.F. sia stata, anche se di poco, successiva rispetto all’abuso commesso in danno di R.G. , allo scopo non già di realizzare la violenza sessuale, che si era già consumata, ma di assicurarsi l’impunità da detto reato, situazione parimenti contemplata dall’art. 61 c.p., n. 2 e in fatto contestata nel caso in esame, in cui, appunto, si evidenzia - come emerge dal capo B - che le lesioni furono provocate dall’imputato in danno del R.F. , intervenuto in difesa della donna di conseguenza, l’aggravante, nella sua materialità fattuale, era stata contestata all’imputato, il quale ha avuto la possibilità di esercitare i diritti difensivi. Deve perciò affermarsi il principio, e in tal senso va corretta la motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 611 c.p.p., comma 1, secondo cui sussiste la circostanza aggravante del nesso teleologico art. 61 c.p., comma 1, n. 2 nel caso in cui l’agente, subito dopo aver commesso il delitto di cui all’art. 609 bis c.p., per procurarsi l’impunità provochi lesioni personali in danno di chi sia intervenuto in difesa della vittima della violenza sessuale. 5. Il ricorso, pertanto, è infondato e va conseguentemente rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.