Ai fini dell’aggravante della minorata difesa, l’aver commesso il fatto di notte non è decisivo

Per la configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 5 c.p. il fatto che la condotta sia stata realizzata in orario notturno non è di per sé elemento sufficiente, essendo necessari altri dati da cui dedurre una concreta limitazione della capacità di difesa sia pubblica che privata.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 733/19, depositata il 9 gennaio. Il fatto. La Corte d’Appello di Milano riformava parzialmente la sentenza di prime cure riducendo la pena inflitta all’imputato per il reato di atti sessuali con minorenne previo riconoscimento della circostanza di cui all’art. 609- bis , comma 3, c.p. e delle circostanze aggravanti generiche e dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5, c.p. per essersi approfittato dell’orario notturno e del contesto di coabitazione con la persona offesa, nonché dell’assenza di altre persone al momento del fatto. Avverso la pronuncia ricorre per cassazione la difesa. Minorata difesa. In merito al vizio circa motivazione sull’attendibilità della persona offesa, la Corte condivide le argomentazioni fornite dal giudice di merito precisando che il vizio di motivazione è deducibile in Cassazione nei limiti in cui riveli un’incoerenza della sentenza impugnata rispetto a sé stessa che ne comprometta la tenuta complessiva. Il ricorrente si duole inoltre del riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5. Secondo la giurisprudenza, ai fini della configurabilità della circostanza in parola, l’elemento dell’orario notturno non è di per sé sufficiente dovendo concorrere altre condizioni che consentano di ritenere in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata, non essendo necessario che tale difesa si presenti impossibile ed essendo sufficiente che essa sia stata soltanto ostacolata . Condividendo tale posizione, precisano gli Ermellini che la valutazione della sussistenza dell’aggravante va operata dal giudice, caso per caso, valorizzando situazioni che abbiano ridotto o comunque ostacolato, cioè reso più difficile, la difesa del soggetto passivo, pur senza renderla del tutto o quasi impossibile, agevolando in concreto la commissione del reato . Per questi motivi, la Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente al riconoscimento della circostanza aggravante di cui sopra e rinvia alla Corte territoriale per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 ottobre 2018 – 9 gennaio 2019, numero 733 Presidente Lapalorcia – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 28 febbraio 2018, la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della medesima città, ha ridotto la pena inflitta a K.D. , ad anni uno e mesi quattro di reclusione, in relazione al reato di cui all’art. 61 c.p., nnumero 5 e 11 e art. 609 bis c.p., con il riconoscimento della circostanza di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3 e delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente alle contestate aggravanti. Con la medesima sentenza ha concesso il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, oltre al già concesso beneficio della sospensione condizionale della pena. L’imputato è stato ritenuto responsabile del reato di violenza sessuale, per avere, approfittando dell’assenza degli altri coinquilini, costretto L.G. , con violenza, consistita nell’afferrarla per le braccia e nel seguirla fino in camera da letto, nel sollevarla di peso nel buttarla sul letto, a subire atti sessuali consistiti in baci sulle guance, in quanto la persona offesa muoveva il collo per evitare di essere baciata, sulle labbra, in toccamenti delle natiche e delle parti intime dall’esterno degli indumenti. Con l’aggravante di aver commesso il fatto approfittando di circostanze di tempo sera e il luogo assenza dei coinquilini dell’appartamento tali da ostacolare la privata difesa e con abuso di coabitazione. 1.1. Alla conferma della sentenza di primo grado, il giudice d’appello è pervenuto condividendo la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove del Tribunale, ed ha confermato la solidità del compendio probatorio posto a base della sentenza appellata costituito, in primis, dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa nel corso del dibattimento e da quelle rese nel corso delle sommarie informazioni testimoniali, in data 24/06/2013 e 01/08/2013, acquisite su accordo delle parti, acquisizione che si era resa necessaria durante l’esame testimoniale reso difficoltoso a causa della forte emotività della stessa, e che avevano trovato riscontro in altre fonti testimoniali coinquilini dell’appartamento abitato da entrambi . Evidenziava, in particolare, la Corte d’appello che le censure mosse sulla credibilità della donna che si era limitata, nel corso dell’esame dibattimentale, a confermare quanto in precedenza dichiarato, non mettevano in dubbio la sua attendibilità la mera conferma delle precedenti dichiarazioni non assumeva rilievo tale da inficiare il positivo giudizio di attendibilità della persona offesa in quanto costei aveva raccontato l’episodio di violenza sessuale occorsole alla coinquilina, che, a sua volta, aveva confermato il racconto. Ulteriore conferma dell’attendibilità si traeva, secondo i giudici del merito, da un elemento di carattere logico ovvero dalla circostanza che la persona offesa aveva lasciato per sempre l’appartamento condiviso con gli altri studenti. In accoglimento del motivo sul trattamento sanzionatorio, la Corte d’appello ha rideterminato in melius la pena ed ha concesso il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. 2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 c.p.p., comma 1. 2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e in relazione all’illogicità della motivazione sulla credibilità della persona offesa e il travisamento della prova. Sostiene il ricorrente l’illogicità della motivazione perché contrastante con le risultanze istruttorie e segnatamente con l’amnesia dichiarativa della persona offesa. Secondo il ricorrente l’affermazione della responsabilità poggerebbe sulle dichiarazioni della persona offesa il cui positivo giudizio di attendibilità sarebbe stato motivato in contrasto con il dato probatorio risultante dalla trascrizione delle dichiarazioni. In realtà l’esame della persona offesa si era sostanziato in silenzi e lettura integrale delle precedenti dichiarazioni, sicché illogica sarebbe la motivazione sulla linearità delle dichiarazioni e, più in generale, sulla credibilità della persona offesa. In definitiva la sentenza sarebbe sorretta da motivazione non corrispondente al compendio probatorio formatosi in dibattimento ed assente con riguardo alle censure devolute nei motivi di appello. 2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e in relazione alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., numero 5 e omessa risposta alla censura devoluta nei motivi di appello. 3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Considerato in diritto 4. Il ricorso appare, quanto al merito della affermazione della responsabilità penale, inammissibile perché propone censure, in parte, meramente ripetitive di quelle già devolute e disattese dai giudici dell’impugnazione e, in parte, manifestamente infondate. Il secondo motivo di ricorso è fondato nei termini che seguono. 5.- Il primo motivo di ricorso con cui il ricorrente denuncia il vizio di motivazione in relazione al positivo giudizio dell’attendibilità della persona offesa, ripetitivo di quello già devoluto davanti ai giudici d’appello e da quei giudici ritenuto privo di specificità pag. 4 , è manifestamente infondato. Va premesso che il vizio motivazionale, per avere rilievo nel giudizio di legittimità, deve risultare dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificatamente indicati. Inoltre, il vizio di motivazione, che risulti dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati, in tanto sussiste se ed in quanto si dimostri che il testo del provvedimento sia manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non invece quando si opponga alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica Sez. U, numero 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205621 . Infatti, come più volte affermato da questa Corte, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato al giudice di legittimità essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, esulando dai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali Sez. U, numero 6402 del 30/04/1997, Dessimone ed altri, Rv. 207944 . Non c’è, in altri termini, come richiesto nel presente ricorso, la possibilità di andare a verificare se la motivazione corrisponda alle acquisizioni processuali. Infatti, il giudice di legittimità non può procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Dunque, il ricorrente non può richiedere la verifica della congruità della motivazione rispetto alle acquisizioni probatorie sotto il profilo della corrispondenza delle ragioni della decisione al corrispondente compendio probatorio formatosi in dibattimento, di cui chiede la lettura. In altri termini, il ricorrente non può censurare la motivazione sull’attendibilità della persona offesa chiedendo alla corte di legittimità di andare a verificare il contenuto dell’atto probatorio, senza denunciare il travisamento dello stesso, rispetto al quale, peraltro, la censura appare anche generica, non contenendo alcun riferimento alla parte del contenuto travisata. La sentenza deve essere logica rispetto a sé stessa , cioè rispetto agli atti processuali citati. In tal senso la novellata previsione secondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che dal testo del provvedimento impugnato, anche da altri atti del processo , purché specificamente indicati nei motivi di gravame, non ha infatti trasformato il ruolo e i compiti di questa Corte, che rimane giudice della motivazione, senza essersi trasformato in un ennesimo giudice del fatto. Così circoscritto il sindacato della corte di legittimità sul vizio della motivazione, la censura sollevata che il ricorrente rivolge al provvedimento impugnato si palesa manifestamente infondata, non apprezzandosi nella motivazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano alcuna illogicità che ne vulneri la tenuta complessiva vedi supra par. 1.1. del ritenuto in fatto . 6. È fondato il secondo motivo di ricorso con cui il ricorrente denuncia la violazione di legge in relazione alla ritenuta aggravante di cui all’art. 61 c.p., numero 5. La Corte d’appello ha confermato la sussistenza della menzionata aggravante, come contestata e come ritenuta nella sentenza di primo grado, essendosi i fatti svolti in orario notturno e in un contesto di coabitazione che ha agevolato la realizzazione della condotta di reato cfr. pag. 8 sentenza del Tribunale . Secondo i più recenti approdi della giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della minorata difesa, il tempo di notte, di per sé solo, non realizza automaticamente tale aggravante, dovendo con esso concorrere altre condizioni che consentono, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata, non essendo necessario che tale difesa si presenti impossibile ed essendo sufficiente che essa sia stata soltanto ostacolata. In particolare, tale indirizzo ermeneutico formatosi principalmente in tema di reato di furto in tempo di notte, che ha rivisitato un risalente orientamento secondo cui la circostanza aggravante dell’aver profittato di circostanze tali da ostacolare la pubblica o privata difesa art. 61 c.p., numero 5 era integrata per il sol fatto, oggettivamente considerato, della ricorrenza di condizioni utili a facilitare il compimento dell’azione criminosa, a nulla rilevando che dette condizioni siano maturate occasionalmente o indipendentemente dall’azione del reo Sez. 1, numero 13387 del 16/05/2013, Rossi, Rv. 259729 Sez. 2, numero 44624 del 08/07/2004, Alcamo, Rv. 230244 , si fonda sulla ritenuta necessità di una valutazione in concreto delle condizioni che hanno consentito di facilitare l’azione criminosa non rilevando l’idoneità astratta di una situazione, quale il tempo di notte. Il tempo di notte avrà rilievo, secondo questa impostazione interpretativa, qualora concorrano ulteriori condizioni che abbiano effettivamente annullato o sminuito i poteri di difesa pubblica o privata Sez. 4, numero 15214 del 06/03/2018, Ghezzi, Rv. 273725 Sez.5. numero 1917 del 18/10/2017, Bux, numero m. Sez. 4, numero 53570 del 05/10/2017, Torre, Rv. 271259 Sez. 4, numero 53343 del 30/11/2016, Mihai, Rv. 26869701 Sez. 2, numero 3598 del 18/01/2011, Salvatore, Rv. 24927001 Sez. 1, numero 10268 del 09/10/1996, Bertotti, Rv. 206117 . Nella condivisione di tale indirizzo interpretativo, osserva, il Collegio, che il fondamento dell’aggravante in esame risiede nella considerazione in termini di maggior disvalore della condotta allorché l’agente approfitti delle condizioni di tempo per la facilitazione dell’azione delittuosa nel particolare contesto in cui l’azione verrà a svolgersi, cosicché la valutazione della sussistenza dell’aggravante va operata dal giudice, caso per caso, valorizzando situazioni che abbiano ridotto o comunque ostacolato, cioè reso più difficile, la difesa del soggetto passivo, pur senza renderla del tutto o quasi impossibile, agevolando in concreto la commissione del reato . È, dunque, necessario accertare in concreto, piuttosto che sulla base di una condizione astrattamente considerata, se le circostanze in cui si è verificato il fatto abbiano effettivamente favorito la commissione del reato, per cui è necessario individuare ed indicare in motivazione tutte quelle ragioni che consentano di ritenere che in una determinata situazione si sia in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata. In tale ottica, solo un accertamento in concreto, caso per caso, delle condizioni che consentano, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere effettivamente realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata è idoneo ad assicurare la coerenza dell’applicazione della circostanza aggravante con il suo fondamento giustificativo, ossia con il maggior disvalore della condotta derivante dall’approfittamento delle possibilità di facilitazione dell’azione delittuosa offerte dal particolare contesto in cui l’azione verrà a svolgersi Sez. U, numero 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, in motivazione . 7. Tali principi devono valere anche nel caso in scrutinio laddove la circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., numero 5 è stata contestata, unitamente all’aggravante di cui all’art. 61 c.p., numero 11, al reato di violenza sessuale. Nel caso concreto la Corte territoriale, in continuità con il Tribunale di Milano, ha ritenuto che, essendosi i fatti svolti in orario notturno e in un contesto di coabitazione, fosse ostacolata la privata difesa cfr. pag. 8 sentenza del Tribunale . Se si esclude la coabitazione, che costituisce il presupposto della circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., numero 11, resta unicamente da valutare, secondo quanto ritenuto dai giudici del merito, se l’essere stata commessa la violenza sessuale in ora notturna tarda sera in un contesto di coabitazione della vittima e dell’imputato studenti universitari che vivevano con altri nello stesso appartamento integri la menzionata aggravante per la diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata. La risposta è negativa. In assenza di altre circostanze dell’azione, da valutare in uno con il contesto temporale quali, a titolo esemplificativo, misure poste in essere dall’imputato per impedire l’ingresso degli altri occupanti nell’appartamento, la disattivazione di telefoni cellulari , la mera circostanza di tempo tarda sera non consente, da sola, di ritenere sussistente la circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., numero 5, circostanza aggravante che deve, pertanto, essere esclusa. 8. La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al riconoscimento della circostanza aggravante prevista dall’art. 61 c.p., numero 5, circostanza che deve essere esclusa, e con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Milano per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Nel resto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al riconoscimento della circostanza aggravante prevista dall’art. 61 c.p., numero 5 che esclude, e rinvia ad altra Sezione della Corte d’appello di Milano per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.