La dichiarazione modello 770 non prova il rilascio al sostituto della certificazione attestante le ritenute

In tema di omesso versamento delle ritenute, la mancanza di prova diretta del rilascio ai sostituti d’imposta della certificazione delle ritenute non può essere surrogata con la mera dichiarazione di cui al modello 770.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 394/19, depositata l’8 gennaio. La vicenda. Il legale rappresentante di una s.r.l. propone ricorso avverso la sentenza di secondo grado che lo condannava per aver omesso il versamento delle ritenute operate come sostituto d’imposta per il periodo di imposta 2011 entro il termine previsto per la dichiarazione annuale. Il versamento delle ritenute. Con il motivo di ricorso l’imputato lamenta che nelle sentenze di merito non si faceva riferimento alla certificazione unica modello 770 rilasciata dalla s.r.l. ai sostituti che potrebbe costituire un indizio sufficiente dell’avvenuto versamento delle retribuzioni ma non anche provare il tempestivo rilascio delle certificazioni attestanti le ritenute operate ai sostituti, poiché tale modello non conterrebbe nessuna dichiarazione in tal senso. In tal senso, è necessario sottolineare che la mancanza di prova diretta del rilascio ai sostituti d’imposta della certificazione delle ritenute non può essere surrogata con la mera dichiarazione di cui al modello 770. Ebbene, nel caso di specie, né la sentenza di primo grado né quella di secondo grado si sono soffermate sul profilo probatorio dell’elemento oggettivo del reato rappresentato dal rilascio delle certificazioni cosicché la circostanza che la prova dello stesso sarebbe stata rappresentata dalla sola dichiarazione modello 770 è frutto di una mera enunciazione del ricorrente. Sulla base di quanto detto, la Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 settembre 2018 – 8 gennaio 2019, n. 394 Presidente Lapalorcia – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. G.P. ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia in data 21/03/2017 di parziale riforma, in punto di trattamento sanzionatorio, della sentenza del Tribunale di Bergamo di condanna per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 bis perché, in qualità di legale rappresentante della GI. ESSE. INVESTIMENTI s.r.l., non effettuava il versamento delle ritenute operate come sostituto d’imposta per i periodi di imposta 2011 entro il termine previsto per la dichiarazione annuale, omettendo in tal modo di versare la somma complessiva di Euro 322.855,00. 2. Con un primo motivo di ricorso lamenta mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nonché insufficiente e/o omessa valutazione delle prove e degli elementi di fatto emersi. Lamenta che nelle sentenze di merito si sarebbe fatto riferimento alla certificazione unica modello 770 rilasciata dalla società Gi. Esse Investimenti ai sostituti che potrebbe sì costituire un indizio sufficiente dell’avvenuto versamento delle retribuzioni e dell’effettuazione delle ritenute ma non anche provare il tempestivo rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate, in quanto tale modello non conterrebbe alcuna dichiarazione in tal senso. La tipicità dell’art. 10 bis D.Lgs. cit. atterrebbe, per quella che era la formulazione nel periodo in contestazione, unicamente alle ritenute certificate e non invece all’omesso versamento delle ritenute esclusivamente indicate nella dichiarazione modello 770, per le quali varrebbe il regime di illecito amministrativo. Richiama a conforto il più recente orientamento giurisprudenziale di legittimità formatosi sul punto nonché il novum normativo introdotto dal D.Lgs. n. 158 del 2015, art. 7, che costituirebbe una chiave ermeneutica onde far ritenere che la mancanza di prova diretta del rilascio della certificazione delle ritenute ai sostituti non possa essere surrogata con la mera dichiarazione di cui al modello 770. 3. Con un secondo motivo lamenta inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 43 cod. pen. per avere la Corte di Appello violato il principio cardine di colpevolezza, ritenendo sussistente l’elemento soggettivo del dolo. Lamenta che la Corte territoriale avrebbe ritenuto irrilevante, onde escludere il dolo del reato contestato, la scarsa disponibilità di liquidità, così applicando erroneamente la legge penale vigente e, in particolare, la norma che disciplina l’elemento soggettivo del reato nella specie, alcuna responsabilità sarebbe da attribuirsi al ricorrente, attesa la irreversibile crisi risultante dai dati di bilancio cui avrebbe fatto seguito il fallimento della società. In ragione di ciò il ricorrente non avrebbe potuto far fronte alle incombenze fiscali poiché la scarsa liquidità dell’impresa avrebbe consentito esclusivamente di far fronte alle spese di mantenimento dell’attività scolastica. Nella specie, deduce che la società Gi.Esse Investimenti s.r.l. avrebbe gestito diversi istituti scolastici parificati, garantendo un servizio che, per la sua natura, non avrebbe potuto essere interrotto ovvero sospeso. Pertanto, l’imputato avrebbe corrisposto i pagamenti degli stipendi degli insegnanti e del personale non docente ed avrebbe altresì provveduto all’approvvigionamento del materiale necessario alle attività scolastiche trovandosi poi nell’impossibilità materiale di provvedere al versamento delle ritenute, la cui omissione sarebbe riconducibile ad un vero e proprio evento di forza maggiore, tanto più in quanto, ove avesse sospeso il pagamento delle retribuzioni degli insegnanti, egli avrebbe determinato un’interruzione di pubblico servizio. Aggiunge di avere posto in essere tutte le condotte possibili al fine di ottenere le risorse necessarie onde far fronte alla scarsa liquidità ed al puntuale e corretto adempimento delle obbligazioni contributive mentre la Corte di Appello avrebbe ritenuto sussistente, in capo al ricorrente, una inammissibile responsabilità di natura oggettiva. 4. Con un terzo motivo, lamenta mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nonché insufficiente e/o omessa valutazione di tutte le prove e degli elementi di fatto emersi nel corso dell’istruttoria dibattimentale. Nella specie, la Corte di Appello di Brescia non avrebbe considerato che l’assenza di disponibilità sarebbe derivata dal fatto che il signor G. aveva dovuto garantire la continuazione del servizio scolastico, corrispondendo le retribuzioni agli insegnanti e provvedendo all’acquisto del materiale necessario, evitando così la sospensione del servizio scolastico e che il ricorrente aveva cercato di sopperire alla carenza di liquidità, rivolgendosi ad istituti bancari e società finanziarie la Corte avrebbe infine dato rilievo alla sola carenza di liquidità, senza tuttavia considerare il carattere irreversibile della stessa, sfociata nella sentenza di fallimento del 22/11/2012. 5. Il primo motivo è inammissibile essendo stata lamentata la mancata risposta in ordine a questione segnatamente l’idoneità della dichiarazione modello 770 a provare l’intervenuto rilascio delle certificazioni non posta con l’atto di appello che, infatti, aveva unicamente dedotto la mancanza dell’elemento soggettivo del reato sul presupposto della impossibilità del versamento a causa di una non reversibile crisi di liquidità. Né in senso contrario potrebbe argomentarsi facendo riferimento alla possibilità, per la Corte, di rilevare pur sempre, come insito nella disposizione dell’art. 609 c.p.p., comma 2, la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’art. 129 c.p.p. va infatti precisato che in tanto una siffatta situazione è rilevabile in quanto la Corte disponga di elementi, emergenti dalla sentenza impugnata, che depongano con evidenza in tal senso vedi, sia pure con affermazione non recente, Sez. 2, n. 109 del 22/01/1968, Margaglia, Rv. 108484 , essendo una tale condizione necessaria espressione dei limiti di cognizione del giudizio di legittimità. Nella specie, se pure è vero che, per recente dettato delle Sezioni Unite di questa Corte che hanno posto fine al contrasto in precedenza insorto , per i fatti precedenti alla modifica dell’art. 10 bis cit. operata dal D.Lgs. n. 158 del 2015, ai fini della prova del rilascio al sostituito delle certificazioni attestanti le ritenute operate non è sufficiente la sola acquisizione della dichiarazione mod. 770 Sez. U., n. 24782 del 22/03/2018, Macerata, Rv. 272801 , è dato incontestabile che né la sentenza di primo grado né quella di appello si sono minimamente soffermate sul profilo probatorio dell’elemento oggettivo del reato rappresentato appunto dal rilascio delle certificazioni sì che la circostanza che la prova dello stesso sarebbe stata rappresentata nella specie, ed in contrasto con l’indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, dalla sola dichiarazione modello 770, è frutto, in realtà, di mera enunciazione del ricorrente. 6. Anche il secondo e terzo motivo di ricorso, entrambi aventi ad oggetto il medesimo aspetto di diritto, sia pure riguardato attraverso il prisma, rispettivamente, della violazione di legge e del difetto di motivazione, sono inammissibili anzitutto per genericità. La sentenza impugnata, dopo avere rammentato l’obbligo dell’imprenditore - sostituto di imposta di trattenere, all’atto stesso della corresponsione delle retribuzioni, una quota delle stesse onde poi versarla a titolo di Irpef, ha correttamente enunciato come, qualora tale trattenuta non sia eseguita, l’imprenditore assuma il rischio consapevole che vicende successive possano impedire il versamento dovuto per legge con conseguente non invocabilità, se non negli stretti termini già enunciati nelle decisioni di questa Corte, della crisi economica di liquidità quale motivo di insussistenza del dolo ovvero quale evento inquadrabile tra le cause di forza maggiore. E, nella specie, sempre la sentenza ha affermato come proprio all’obbligo di accantonamento l’imprenditore sia venuto meno senza che dunque, possa essere invocato alcun evento di improvvisa crisi di liquidità quale causa ostativa del versamento delle ritenute. Ora, a fronte di ciò, le doglianze del ricorrente, pur incentrate, in astratto, sulla crisi di liquidità quale causa incolpevolmente impeditiva del mancato versamento di legge, si sono mantenute su un piano del tutto generico oltre che inconferente non essendo state specificate né le ragioni di tale illiquidità, che solo ove improvvisa e imprevedibile potrebbe fondare la dedotta mancanza dell’elemento soggettivo, né l’impossibilità di fare comunque fronte al versamento mediante il ricorso ad altre risorse anche personali vedi, in ordine a tali parametri tra le altre, Sez. 3, n. 5467 del 05/12/2013, Mercutello, Rv. 258055 . Il ricorrente ha infatti unicamente dedotto l’impossibilità di omettere i versamenti delle retribuzioni agli insegnanti e di interrompere l’approvvigionamento del materiale necessario alle attività scolastiche, in tal modo allegando una sorta di carattere preferenziale di tali obbligazioni rispetto a quelle erariali e senza che da ciò, dunque, possa in alcun modo derivare in via logica la sussistenza di quelle circostanze che, appunto, sole, consentirebbero, secondo l’indirizzo appena rammentato, di escludere l’addebitabilità dell’omesso versamento. Né la circostanza dell’intervenuto fallimento in data 22/11/2012, successivamente, peraltro, alla scadenza dell’obbligo di versamento de quo, può di per sé esprimere la sussistenza degli elementi già ricordati come espressivi di mancanza dell’elemento soggettivo. 7. In definitiva, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della cassa delle ammende.