Prescrizione dell'azione risarcitoria nel processo penale: quali regole si applicano?

Le regole per il calcolo della prescrizione dell'azione civile esercitata nel processo penale sono quelle tipiche della prescrizione del reato conseguentemente, nel calcolo del termine quinquennale previsto per l'illecito civile, deve tenersi conto anche degli eventi interruttivi e sospensivi previsti dalla legge penale.

Così ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quinta Penale, con la sentenza n. 46/19, depositata il 2 gennaio. L'azione civile ospite del processo penale. Apriamo le danze del 2019 con un argomento di rilevanza tutt'altro che secondaria entro quanto tempo occorre esercitare l'azione risarcitoria nel processo penale per non incappare nella tagliola della prescrizione? La vicenda concreta nasce nell'ambito di un processo per lesioni personali. Il troppo tempo trascorso impone alla Corte di appello di riformare la pronuncia di condanna già pronunciata in primo grado, dichiarando la prescrizione del reato, pur mantenendo ferme le statuizioni civili precedentemente adottate a tutela delle ragioni del danneggiato dal reato. Il difensore dell'imputato non si accontenta del colpo di spugna sulla responsabilità penale e propone ricorso affidando la doglianza sulla tardività dell'esperimento dell'azione risarcitoria ad un richiamo giurisprudenziale. Le regole del processo civile Queste impongono che l'azione di risarcimento del danno debba essere inderogabilmente esercitata entro cinque anni dal verificarsi del fatto illecito. Un precedente della quinta sezione penale della Cassazione sembra dare ragione a questo assunto, tanto che si affermò – la pronuncia è del 2011 – che la tempestività dell'azione civile nel processo penale va riguardata secondo le regole del processo civile, mentre soggiacerebbe alle regole del processo penale soltanto se è stata esercitata tempestivamente in base, ancora una volta, alle regole civilistiche. Nel caso che ci occupa, evidentemente, questo termine non era stato rispettato. e quelle del processo penale. Niente da fare gli Ermellini non accolgono la censura, e nel farlo si riportano ad una propria decisione, successiva a quella citata dal ricorrente. Una decisione del 2017, sempre della quinta sezione penale, afferma infatti il diverso principio secondo cui l'azione civile esercitata nel processo penale soggiace in pieno alle regole proprie del processo penale ciò significa, in primo luogo, che il termine di prescrizione, sempre che sia più lungo di quello civilistico, è quello previsto per l'estinzione del reato, con la conseguenza che, nel calcolarlo, bisognerà tenere conto anche delle sospensioni e delle interruzioni nei casi contemplati dal codice penale. Il danneggiato dal reato un ospite davvero indesiderato? S'è sempre detto che il principio che ha animato il codice del 1988 è quello della separazione delle giurisdizioni civili e penali. Da un lato, come nel passato ancora più remoto, si consente la costituzione di parte civile del danneggiato nel processo penale. Dall'altro lato, con tutta una serie di meccanismi deterrenti è il caso dell'efficacia extrapenale, a certe condizioni, della sentenza assolutoria e di preclusioni si consiglia” chi ha subito un danno da reato di avvalersi della giustizia civile non facendo ingresso in quella penale. Se dobbiamo, però, guardare a questa pronuncia ci sembra di poter affermare che la sensibilità per la tutela del danneggiato – forse in uno con la rinnovata attenzione anche sovranazionale alla vittima dei fatti delittuosi – è cresciuta. E non di poco.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 24 settembre 2018 – 2 gennaio 2019, n. 46 Presidente Sabeone – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa il 07/04/2017 la Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bologna che aveva condannato D.M.C. per il reato di lesioni personali ai danni di F.C. , ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, confermando l’affermazione di responsabilità, ai soli fini civili, dell’imputato. 2. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore di D.M.C. , Avv. Luca Monti, deducendo i seguenti motivi. 2.1. Violazione di legge in relazione alla notificazione del decreto di citazione a giudizio sostiene che, essendo il fatto risalente al 18.11.2005, la notifica del decreto di citazione in data 25.1.2011 e all’imputato il 5.4.2011 sarebbe stata eseguita successivamente al decorso del termine di prescrizione del reato, all’epoca di 5 anni al riguardo, la decisione delle Sez. U, n. 13390 del 28/10/1998, Boschetti, Rv. 211904 dovrebbe ritenersi superata da un’interpretazione convenzionalmente orientata, in quanto l’art. 6, comma 3, lett. a CEDU sancisce il diritto di ogni accusato di essere informato in modo dettagliato dell’accusa formulate a suo carico. 2.2. Violazione di legge in relazione alla prescrizione dell’azione di risarcimento del danno l’azione civile è stata esercitata con il deposito dell’atto di costituzione di parte civile all’udienza del 4.7.2011, dopo 5 anni e 7 mesi dal fatto illecito richiama, al riguardo, la giurisprudenza di legittimità in particolare, Sez. 5, n. 14460 del 02/02/2011, Nanni, Rv. 249846 , secondo cui ai fini della tempestività dell’esercizio dell’azione civile nel processo penale occorre fare riferimento alle regole del processo civile, con la conseguenza che essa deve essere proposta nel termine di cinque anni dal giorno in cui il fatto illecito si sia verificato sicché l’azione civile inserita nel processo penale soggiace alle regole cella prescrizione penale e delle relative cause di interruzione e di sospensione soltanto allorquando sia tempestivamente esercitata e, dunque, nei imiti temporali di cui all’art. 2947 c.c Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Il primo motivo, con cui si deduce la prescrizione del reato sarebbe intervenuta prima della notifica del decreto di citazione a giudizio, è manifestamente infondato. Secondo il principio affermalo dalle Sezioni Unite di questa Corte, e non contraddetto da pronunce difformi, il decreto di citazione a giudizio interrompe la prescrizione della data della sua emissione - che deve individuarsi in quella in cui l’atto si è perfezionato con la sottoscrizione del pubblico ministero e dell’ausiliario che lo assiste, secondo quanto prevede l’art. 555, comma 1, lett. h del codice di rito - e non già dalla data della sua notificazione Sez. U, n. 13390 del 28/10/1998, Boschetti, Rv. 211904 successivamente, Sez. 1, n. 135A del 26/02/2009, Mihaiu, Rv. 243137 . Né, del resto, viene in rilievo l’art. 6, comma 3, lett. a , CEDU, pure invocato dal ricorrente, che concerne il differente profilo della chiarezza e precisione dell’imputazione e del diritto ad essere informato nel più breve tempo possibile dell’accusa, senza in alcun modo incidere sulla disciplina delle cause di interruzione della prescrizione peraltro riservata al legislatore nazionale, riguardando i profili sostanziali del reato Corte cost. 31 maggio 2018, n. 115, a proposito della sentenza Taricco della Corte di Giustizia UE, 8 settembre 2015, richiamata nel ricorso . Nel caso in esame, il decreto di citazione a giudizio è stato emesso il 30.7.2010, prima del decorso del termine di prescrizione. 3. Il secondo motivo è infondato. Il ricorso richiama il principini di diritto affermato da Sez. 5, n. 14460 del 02/02/2011, Nanni, Rv. 249.926, secondo cui, ai fini della tempestività dell’esercizio dell’azione civile né processo penale occorre fare riferimento alle regole del processo civile art. 7947 c.c., comma 1 , con la conseguenza che essa deve essere proposta nel termine di cinque anni dal giorno in cui il fatto illecito si sia verificato, in quanto a parte civile, come gli altri soggetti indicati nell’art. 100 c.p.p., si muove nel processo penale nell’ambito, diretto o indiretto di un contenzioso di natura civilistica. Ne deriva che, l’azione civile inserita nel processo penale soggiace alle regole della prescrizione penale e delle relative cause di interruzione e di sospensione soltanto allorquando sia tempestivamente esercitata e, dunque, nei limiti temporali di cui al succitato art. art. 2947 c.c Pertanto, pur in pendenza di giudizio penale il mancato esercizio dell’azione civile nei termini di prescrizione della naturale risarcitoria, ex art. 2943 c.c., determina il venir meno del diritto alla tutela giurisdizionale. Tuttavia, la successiva giurisprudenza di legittimità si è consolidata nel senso di affermare il principio - che questo Collegio condivide e intende ribadire, in assenza di un contrasto interpretativo attuale -, secondo cui l’azione civile esercitata nel processo penale soggiace alle regole proprie della prescrizione penale, di guisa che il termine per il suo esercizio, ai sensi dell’art. 2947 c.c., comma 3, è quello previsto per la estinzione del reato, qualora più lungo, e lo stesso non è solo interrotto dalle vicende di cui agli artt. 2943 e 2944 c.c., ma anche dal compimento degli atti di cui all’art. 160 c.p. Sez. 5, n. 28598 del 07/04/2017, Filippini, Rv. 270243 Sez. 5, n. 12587 de 26/02/2013, Di Iesi, Rv. 254643 L’azione civile esercitata nel processo penale soggiace alle regole proprie della prescrizione penale, di guisa che ed esso sono applicabili anche gli istituti della sospensione e della interruzione di cui agli artt. 159 e 160 c.p., con la conseguenza che fruisce non solo de termine di prescrizione quinquennale o superiore se per il reato è previsto un più lungo termine , ma anche del prolungamento dei conseguenti ad eventi interruttivi e sospensivi della prescrizione penale Sez. 5, n. 11961 Del 21/06/2012, dep. 2013, Carino, Rv. 256281 Sez. 4, n. 32773 del 12/07/2011, Fantozzi, Rv. 251432 . 4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.