La rilevanza della ludopatia ai fini della continuazione tra reati

Nel caso in cui l’imputato sia affetto da ludopatia, spetta al giudice valutare se tale condizione soggettiva, oltre a predisporre il reo alla commissione di particolari reati, possa aver inciso in concreto sulla insorgenza di una determinazione originaria a commettere tutti o parte dei singoli reati, per i quali si chiede l’applicazione della disciplina della continuazione .

Sul tema si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 56704/18, depositata il 17 dicembre a fronte del ricorso presentato dall’imputato al quale era stata rigettata, dal Tribunale territoriale, l’istanza di applicazione della disciplina della continuazione del reato. In particolare, il ricorrente lamenta che l’ordinanza impugnata presenterebbe una motivazione apparente delle ragioni che hanno condotto al rigetto dell’istanza di applicazione della disciplina del reato continuato la perizia in atti circa lo stato di ludopatia di cui è affetto il ricorrente sosterrebbe in concreto, come la realizzazione del programma delittuoso in considerazione facesse parte di un unico disegno criminoso. La continuazione del reato. La S.C. sottolinea in primo luogo che la continuazione di reato presuppone l’anticipata e unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti nella mente del reo nella loro specificità . La prova di detta fattispecie investe l’analisi dell’interiorità psichica dell’agente e deve quindi essere condotta attraverso precisi indici che, come esplicato dalla medesima Corte, hanno un carattere sintomatico e non direttamente dimostrativo . La valutazione della ludopatia. La ludopatia, pur essendo un disturbo della psiche che crea dipendenza, e affondando le proprie radici nella psiche dell’agente, non è stata assimilata dal legislatore alla condizione di tossicodipendenza, né consente il ricorso all’analogia con le disposizioni ex d.l. n. 158/2012 Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute . Pertanto, la S.C. precisa che spetta però al giudice che è chiamato a valutare la sussistenza di un medesimo disegno criminoso per i reati commessi da un soggetto affetto da ludopatia, valutare se tale situazione concreta, oltre a predisporre il reo alla commissione di particolari reati, possa aver inciso in concreto sulla insorgenza di una determinazione originaria a commettere tutti o parte dei singoli reati, per i quali si chiede l’applicazione della disciplina della continuazione . Per tali ragioni, il caso concreto richiede un adeguato approfondimento da parte del Giudice dell’esecuzione, Giudice al quale è stata presentata una particolare situazione di debolezza del reo risultante altresì da una perizia già agli atti pertanto la S.C. accoglie il ricorso, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale poiché dia applicazione al seguente principio la valutazione del giudice, [], deve svolgersi necessariamente sulla base dei dati emergenti dalle plurime sentenze di condanna, raffrontando i singoli fatti concreti nel periodo in cui sono stati commessi con il periodo di persistenza della situazione di ludopatia, anche alla luce dell’avvenuta cura successiva di tale stato .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 giugno – 17 dicembre 2018, n. 56704 Presidente Tardio – Relatore Fiordalisi Ritenuto in fatto 1. F.S. ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia del 15 dicembre 2017 con la quale è stata rigettata l’istanza di applicazione della disciplina della continuazione tra il reato di cui all’articolo 641 cod. pen. commesso il omissis a omissis , giudicato dal Tribunale di Reggio Emilia con sentenza del 10 febbraio 2011 e - il reato di cui all’articolo 640 codice penale commesso in epoca successiva e prossima al 30 aprile 2009 a omissis , giudicato con sentenza del 16 luglio 2011 del Tribunale di Parma - il reato di cui agli all’articolo 640 codice penale, commesso a gennaio 2010 a omissis , all’articolo 641 codice penale, commesso il 27 gennaio 2010 a , all’articolo 641 codice penale commesso il 3 febbraio 2010 a , all’articolo 641 codice penale, commesso il 4 febbraio 2010 a omissis , all’articolo 641 codice penale, commesso l’8 febbraio 2010 a omissis , all’articolo 641 codice penale, commesso l’8 febbraio 2010 a omissis , reati tutti giudicati con sentenza del 3 febbraio 2012 emessa dal Tribunale di Parma. - il reato di cui all’articolo 641, commesso il 1 aprile 2009 al, Langhirano, giudicato con sentenza del Tribunale di Parma del 25 febbraio 2012 - il reato di cui all’articolo 641 codice penale, commesso il 12 febbraio 2010 a , giudicato con sentenza del Tribunale di Parma il 14 dicembre 2012 - il reato di cui all’articolo 641 codice penale, commesso il 26 novembre 2009 a , giudicato con sentenza del 23 giugno 2013 del Tribunale di Parma - il reato di cui all’articolo 483 codice penale, commesso il 4 novembre 2008 a omissis , giudicato con sentenza del 3 maggio 2013 del Tribunale di Parma - il reato di cui all’articolo 624 codice penale,commesso il 2 ottobre 2009 a omissis , giudicato con sentenza del 9 novembre 2013 del Tribunale di Reggio Emilia - il reato di cui agli artt. 482-476 e 640 comma 2 cod. pen., commessi fino al 17 febbraio 2007 a , giudicato dal Tribunale di Parma con sentenza del 4 novembre 2014 - il reato di cui all’articolo 641 codice penale, commesso in omissis il 5 settembre e il 17 agosto 2009 - il reato di cui all’articolo 640 cod. pen.,commesso il 3 giugno 2009 in , giudicato con sentenza del 9 ottobre 2015 dal Tribunale di Parma - il reato di cui all’articolo 624 e 625 numero 4 cod. pen., commesso il 16 gennaio 2013 a omissis , giudicato con sentenza del 20 febbraio 2016 del Tribunale di Parma - il reato di cui all’articolo 641 codice penale, commesso in data successiva e prossima al 9 dicembre 2009, giudicato con sentenza del 3 luglio 2016 del Tribunale di Parma - infine, il reato di cui agli artt. 641 codice penale, 2 decreto legislativo del 6 settembre 2011 n. 159 commesso in Sant’Ilario d’Enza dal 13 giugno 2014 al 13 agosto 2014, giudicato con sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 20 settembre 2016, ultima sentenza divenuta definitiva. 2. Denuncia la ricorrente che l’ordinanza impugnata presenta una motivazione solo apparente delle ragioni che hanno determinato la decisione di rigetto dell’istanza di applicazione della disciplina del reato continuato, stante il fatto che il giudice non specifica le ragioni per le quali, in relazione alle circostanze concrete dell’azione quali l’omogenea tipologia dei reati, la parziale identità dei beni sottratti, nonché il non eccessivo intervallo di tempo tra i vari episodi, non possa riconoscersi il vincolo della continuazione tra i vari titoli di condanna. Al contrario tali elementi per la ricorrente si presentano in concreto come realizzazione di un programma delineato sia pure per grandi linee ab inizio nella sua mente, nel senso che le singole manifestazioni della volontà di violare le norme penali esprimono attuazione, sia pure dilazionata nel tempo, di un unico intellettivo disegno criminoso. Considerato in diritto 1. Giova prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte Sez. 1 n. 35797 del 12/05/2006, Sez. 1 n. 34259 del 18/06/2015 secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata e unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo la violazione della stessa specie o da un programma generico di attività delittuosa da eseguire nel tempo, secondo contingenti opportunità anche se dovuta a una determinata scelta di vita cfr. per tutte sez. 2 07/04/2004, Tuzzeo Sez. 1 15/11/2000, Barresi . La prova di detta congiunta previsione ritenuta meritevole di più benevolo trattamento sanzionatorio, attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere illeciti in forza di un singolo impulso, anziché con spinte criminose indipendenti e reiterate - investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative elencazioni fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e le abitudini programmate di vita , hanno normalmente un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo sicché l’accertamento, pur officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni v. Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, Lombardo, Rv. 242098 Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 Sez. 1, n. 35639 del 02/07/2013, Piras, Rv. 256307, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950, Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, Di Maria, Rv. 243632, Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, Bonasera, Rv. 246838 . L’applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva impone, pertanto, una riconsiderazione dei singoli fatti giudicati, volta alla specifica verifica della prospettata unitarietà progettuale degli illeciti, che è indispensabile requisito per il riconoscimento del rapporto descritto nell’art. 81 cod. pen Detto accertamento affidato all’apprezzamento del giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità, quando la decisione del giudice sia sorretta da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti tra le altre, Sez. 4, n. 25094 del 13/06/2007, Coluccia, Rv. 237014 Sez. 6, n. 49969 del 21/09/2012, Pappalardo, Rv. 254006 . A tal fine, la cognizione dei dati sostanziali di possibile collegamento tra i vari reati va eseguita dal giudice dell’esecuzione in base al contenuto decisorio delle sentenze di condanna, conseguite alle azioni o omissioni che si assumono essere legate dal vincolo della continuazione e, attraverso il loro raffronto, alla luce delle ragioni enunciate dall’istante. Sul condannato che fa richiesta ex art. 671 cod. proc. pen., infatti, grava non un onere probatorio, ma l’onere di allegare, e cioè di prospettare e indicare elementi specifici e concreti a sostegno dell’istanza tra le altre, Sez. 7, n. 5305 del 16/12/2008, dep. 2009, D’Amato, Rv. 242476 Sez. 1, n. 2298 del 25/11/2009, dep. 2010, Marianera, Rv. 245970 Sez. 1, n. 21326 del 06/05/2010, Faneli, Rv. 247356 , incombendo, invece, all’autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti, ai sensi dell’art. 666, comma 5, cod. proc. pen., che disciplina in genere l’attività probatoria in sede esecutiva e, ai sensi dell’art. 186 disp. att. cod. proc. pen., che riguarda specificamente l’applicazione della disciplina del reato continuato, tra le altre, Sez. 1, n. 4469 del 11/11/2009, Nazar, Rv. 245512 Sez. 1, n. 34987 del 22/09/2010, Di Sabatino, Rv. 248276 . 2. Nel caso di specie, il provvedimento impugnato, come ha osservato la ricorrente, è incorso non denunciati vizi, non evincendosi dalla sintetica motivazione, un giudizio in punto di fatto in ordine ai reati per i quali è intervenuta condanna con una verifica rigorosa in ordine agli elementi allegati ritenuti sintomatici di una unitaria determinazione criminosa, presupposto dell’invocato istituto, stantii pochi mesi che distanziano un fatto dall’altro e l’omogeneità degli stessi. Proprio la perizia in atti sullo stato di ludopatia di cui la ricorrente è stata affetta può concorrere alla valutazione in punto di fatto della sussistenza del medesimo disegno criminoso originario relativo ad una parte o a tutti i reati commessi. Certamente il legislatore non ha equiparato lo stato di ludopatia alle tossicodipendenze, come già rimarcato dalla giurisprudenza di legittimità Sez. 1, n. 866 del 20/04/2017, dep. 2018, Fiore. , assumendo che anche se l’art. 5 del decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, coordinato con la legge di conversione 8 novembre 2012, n. 189 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale 10 novembre 2012 n. 263, ha introdotto un programma di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenzà con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia, intesa come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dalla Organizzazione mondiale della sanità G.A.P. , la ludopatia, pur potendo avere in comune con la tossicodipendenza e la dipendenza dal gioco d’azzardo, non diversamente peraltro da altre situazioni che creano dipendenza come il tabagismo, l’alcolismo e la cleptomania, affonda le proprie radici in profili della psiche del soggetto e non presenta, al momento attuale, quegli aspetti di danno, che l’esperienza ha dimostrato essere alla base dei comportamenti devianti cui, nell’ambito della discrezionalità legislativa, la modifica normativa sopra indicata ha inteso porre un rimedio , e pervenendosi al rilievo conclusivo che in definitiva, l’estensione dei livelli di assistenza alle persone affette da ludopatia non ne ha comportato l’assimilazione alla tossicodipendenza, né consente, per la differenza che si riscontra tra le situazioni di base, il ricorso all’analogia Sez. 1, n. 18162 del 16/12/2015, dep. 2016, Bruno, n.m. . Spetta però al giudice che è chiamato a valutare la sussistenza di un medesimo disegno criminoso per i reati commessi da un soggetto affetto da ludopatia, valutare se tale situazione concreta, oltre a predisporre il reo alla commissione di particolari reati, possa aver inciso in concreto sulla insorgenza di una determinazione originaria a commettere tutti o parte dei singoli reati, per i quali si chiede l’applicazione della disciplina della continuazione. Tale valutazione non è necessariamente legata alla maggiore o minore pericolosità del reo o alla situazione di abitualità che deriva dalle situazioni di dipendenza, come fa il provvedimento impugnato. Le plurime determinazioni e i singoli momenti di attuazione di tale eventuale programma unitario potrebbero essere compatibili con uno stato di dipendenza dal gioco, che abbia inciso sulla formazione del programma unitario, al quale le singole deliberazioni di volta in volta si innestano, trovando una spiegazione in tale momento genetico sulla base di dati oggettivi e un limite concreto nella volontà effettiva del soggetto di concepire un disegno criminoso siffatto, secondo aspetti che potrebbero emergere dalle sentenze o già esaminati dai periti. I caratteri specifici della terapia alla quale il soggetto in concreto è stato proficuamente avviato - sulla base dei riferimenti forniti dalla perizia del dr. B. richiamati in ricorso - potrebbero offrire un riscontro oggettivo della preesistenza effettiva del programma unitario suindicato. Su tali punti, indicati dalla ricorrente sulla base di una perizia già agli atti, è necessario allora un adeguato approfondimento da parte del giudice dell’esecuzione, al quale è stata prospettata una situazione di particolare debolezza del reo e, di fatto, di minore pericolosità effettiva, perché le azioni truffaldine sarebbero state talmente riconoscibili che non avevano alcuna possibilità di restare inosservate e impunite . La valutazione del giudice, di conseguenza, deve svolgersi necessariamente sulla base dei dati emergenti dalle plurime sentenze di condanna, raffrontando i singoli fatti concreti nel periodo in cui sono stati commessi con il periodo di persistenza della situazione di ludopatia, anche alla luce dell’avvenuta cura successiva di tale stato. 3. Ne discende che l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Reggio Emilia che terrà conto del suddetto principio di diritto e di quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 183 del 03/07/2013, sulla diversa composizione del giudice di rinvio, in caso di annullamento di ordinanze. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Emilia.