Non è sanabile la tardività dell’appello avvalendosi della tempestiva impugnazione del coimputato

L’estensione degli effetti dell’impugnazione tempestivamente proposta da un coimputato non si applica se il coimputato che voglia avvalersi dell’effetto estensivo dell’impugnazione proposta da un altro imputato miri in tal modo a recuperare gli effetti di una impugnazione da lui tardivamente introdotta .

Così ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 52684/18, depositata il 22 novembre. Coimputati, molteplici impugnazioni. Il Tribunale di Messina condannava i coimputati per i reati di lesioni aggravate, resistenza a pubblico ufficiale e di danneggiamento aggravato. Uno dei molteplici imputari impugnava detta decisione dinanzi alla Corte d’Appello, la quale aveva dichiarato l’inammissibilità per tardività dell’appello proposto, senza dare rilevanza al tempestivo ricorso in appello avanzato dal coimputato. L’imputato che ha assistito all’inammissibilità del gravame proposto, ricorre dunque il Cassazione, deducendo la violazione dell’art. 587, comma 3, c.p.p. Estensione dell’impugnazione per non avere la Corte del riesame assunto gli effetti del ricorso – tempestivamente proposto – dal coimputato. Limiti all’estensione. Il principio dettato dall’art. 587 c.p.p. riguarda l’estensione, all’imputato non impugnante sul punto, degli effetti favorevoli derivanti dall’accoglimento del motivo di natura oggettiva dedotto dal coimputato, ma non implica l’estensione da un coimputato all’altro dei motivi di impugnazione dovendo il Giudice procedere a un esame di questi ultimi. Tale principio non può essere ricondotto al caso di specie l’imputato mirava a recuperare gli effetti dell’impugnazione da lui tardivamente introdotta tramite l’atto processuale – autonomo e tempestivamente presentato - avanzato dal coimputato. Così la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 ottobre – 22 novembre 2018, n. 52684 Presidente Di Stefano – Relatore Scalia Ritenuto in fatto 1. Ricorre in cassazione nell’interesse dell’imputato, R.E.S. , il difensore di fiducia avverso la sentenza della Corte di appello di Messina in epigrafe indicata che ha dichiarato l’inammissibilità per tardività dell’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza del Tribunale di Messina che aveva condannato il primo, in concorso con altri, per i reati, in continuazione ritenuti, di lesioni aggravate, resistenza a pubblico ufficiale e di danneggiamento aggravato maturati nell’ambito di un’aggressione verificatasi ai danni di un terzo all’interno di un esercizio commerciale aperto al pubblico. La Corte di appello in erronea applicazione della norma processuale di cui all’art. 587, comma 3, cod. proc. pen., e dell’effetto estensivo dell’impugnazione ivi sancito, non aveva rilevato che il prevenuto a fronte di tempestivo ricorso in appello del coimputato, facendone propri i motivi aveva depositato il 5 aprile 2017 un ulteriore atto di impugnazione con motivi aggiunti art. 585, comma 4, cod. proc. pen. . Considerato in diritto 1. Il principio previsto dall’art. 587 cod. proc. pen. riguarda l’estensione, all’imputato non impugnante sul punto, degli effetti favorevoli derivanti dall’accoglimento del motivo di natura oggettiva dedotto dal coimputato, ma non implica l’estensione da un coimputato all’altro dei motivi di impugnazione, con conseguente dovere da parte del giudice di esaminarli ex multis Sez. 6, n. 21739 del 29/01/2016, Tarantini, Rv. 266917 . Nell’indicata premessa l’ipotesi in esame non risulta in alcun modo riconducibile al principio. Il principio previsto dall’art. 587 cod. proc. pen. non è destinato ad operare là dove il coimputato che voglia avvalersi dell’effetto estensivo dell’impugnazione proposta da altro imputato miri in tal modo a recuperare gli effetti di una impugnazione da lui tardivamente introdotta. 2. Il ricorso nella manifesta infondatezza della questione dedotta è inammissibile. 3. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.