Motivi aspecifici ed inammissibilità dell'appello: quali conseguenze sulla declaratoria di eventuali cause di non punibilità?

L’inammissibilità dell’appello dovuta alla mancanza di specificità dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p

Sul punto la Corte di Cassazione con sentenza n. 52145/18, depositata il 20 novembre. Il caso. Il Tribunale di Cagliari aveva affermato la penale responsabilità di T.A. e lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 44, lett. b , d.P.R. n. 380/2001, avendo lo stesso realizzato un fabbricato in assenza di permesso di costruire. La Corte di Appello di Cagliari aveva, successivamente, dichiarato inammissibile l’atto di appello proposto dall’imputato avverso la statuizione di condanna di primo grado avendone ritenuto aspecifici i relativi motivi di impugnazione. Contro la declaratoria di inammissibilità della Corte territoriale T.A. aveva proposto ricorso per Cassazione, deducendo plurimi motivi di gravame. In primis , violazione di legge ex art. 125, comma 3, c.p.p., nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione, con precipuo riferimento alla dichiarazione di inammissibilità dell’appello in secundis , mancato riconoscimento della scriminante dello stato di necessità di cui all’art. 54 c.p. in relazione al pericolo di restare senza abitazione infine, intervenuta prescrizione del reato. L’inammissibilità dell’impugnazione per difetto di specificità dei motivi. Per giurisprudenza di legittimità pacifica l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quanto non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato. Ora, a differenza del ricorso per Cassazione che costituisce un mezzo di impugnazione a critica vincolata, essendo inammissibile se proposto per motivi diversi da quelli tassativamente stabiliti dall’art. 606 c.p.p., l’appello costituisce invece una impugnazione a critica libera, non essendo tipizzate dal legislatore le categorie dei motivi di censura che possono essere formulati, ed attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti. Donde, è per tale ragione che i motivi dell’atto di appello, per indirizzare realmente la decisione di riforma, devono contenere, seppure nelle linee essenziali, ragioni idonee a confutare e sovvertire, sul piano strutturale e logico, le valutazioni del primo giudice solo attribuendo tali connotazioni al requisito di specificità dei motivi di appello, in definitiva, il giudice dell’impugnazione può dirsi efficacemente investito dei poteri decisori afferenti la cognizione di seconde cure, nonché legittimato a verificare tutte le risultanze processuali ed a riconsiderare anche i punti della sentenza di primo grado che non abbiano formato oggetto di specifica critica, senza essere vincolato alle alternative decisorie prospettate nei motivi di appello. Reati edilizi e stato di necessità. In tema di abusivismo edilizio, chiarisce la Corte di Cassazione, non è configurabile l’esimente dello stato di necessità di cui all’art. 54 c.p. in quanto, pur essendo ipotizzabile un danno grave alla persona in cui rientri anche il danno al diritto all’abitazione, difetta in ogni caso il requisito dell’inevitabilità del pericolo, dovendo questo essere, oltre che attuale, anche non altrimenti evitabile attraverso i meccanismi del mercato e dell’assistenza sociale. Inoltre, la totalmente mancata rappresentazioni di possibili questioni personali e familiari potenzialmente incidenti sulla problematica de qua, non consentono neppure di valutare la eventuale incidenza, nel caso di specie, della sentenza della CEDU – 21/4/2016, Ivanova-Cherkezov/Bulgaria, n. ricorso 46577/15 – in relazione alla possibile violazione dell’art. 8 della Convenzione Europea sotto il profilo della proporzionalità tra l’abuso – sempre se di dimensioni tali da farlo ritenere di necessità – e gli interessi generali della comunità al rispetto delle norme. Inammissibilità dell’impugnazione e prescrizione. L’inammissibilità del ricorso in appello e di quello per cassazione esclude la valutazione della prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata in altri e più generali termini, l’inammissibilità dovuta alla mancanza di specificità dei motivi d’appello, al pari della inammissibilità del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 giugno – 20 novembre 2018, n. 52145 Presidente Cavallo – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Cagliari con sentenza del 27 novembre 2017 ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da T.A.S. contro la sentenza del Tribunale di Cagliari, del 12 dicembre 2016, che lo aveva condannato alla pena di mesi 3 di arresto ed Euro 8.000,00 di ammenda relativamente al reato di cui all’art. 44, lettera B, d.P.R. 380/2001, per avere, in qualità di esecutore materiale, realizzato, in assenza di permesso di costruire, un fabbricato nel terreno distinto in catasto al foglio 12, p. 189 con muri portanti in blocchi di conglomerato cementizio, mattoni e legno, della superficie di circa 50 m.q., parzialmente coperto con struttura metallica, di altezza minima di metri 2,30 e massima di metri 2,80, su basamento in calcestruzzo e tramezzato al suo interno. Accertato il omissis . 2. T.A.S. ha proposto ricorso per cassazione, tramite difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. motivi sostanzialmente comuni . 2. 1. Violazione di legge, art. 125, comma 3, cod. proc. pen. Mancanza e contraddittorietà della motivazione. La sentenza impugnata ha ingiustamente dichiarato inammissibile l’appello, con una motivazione generica e comunque assolutamente insufficiente a giustificare tale radicale decisione. In particolare, si fa riferimento ai passaggi in cui, da un lato si è sostenuto che i motivi sarebbero aspecifici e, dall’altro, si sono dedicate un numero di pagine pari a quelle dell’appello per confutare punto per punto i motivi di impugnazione. Relativamente alla sostenuta sussistenza dello stato di necessità per la costruzione dell’immobile, la sentenza rileva che ci si è rifugiati in mere affermazioni di stile senza alcun riferimento alle risultanze probatorie, e nemmeno alle dichiarazioni dell’imputato. Così non è, in quanto nell’atto di appello ci si è riferiti specificamente alle dichiarazioni dell’imputato, che aveva rappresentato la sua necessità di munirsi di un tetto, del suo bisogno di un’abitazione. La sentenza poi ritiene che sia stata citata in maniera ingannevole, nell’atto di appello, la giurisprudenza relativa alla scriminante di cui all’articolo 54, cod. pen. relativa all’occupazione abusiva così non è, in quanto sia per la costruzione e sia per l’occupazione abusiva, possono applicarsi gli stessi principi giurisprudenziali, poiché entrambe cercano di porre rimedio al diritto all’abitazione. Medesimo ragionamento può farsi sull’esistenza di un ragionevole dubbio ex articolo 530, comma 2, cod. proc. pen 2. 2. Anche relativamente all’eccepita prescrizione del reato, la sentenza impugnata ritiene che, l’appello, non ha contestato in modo specifico la datazione dell’abuso edilizio fatta dal Tribunale. Anche per questa questione basta fare riferimento al contenuto letterale dell’atto di appello, per avvedersi dell’assoluta scorrettezza di tale affermazione. La datazione dell’abuso edilizio è stata effettuata, da parte del Tribunale, solo ed esclusivamente sulle parole dell’unico teste, agente di P.M. C. . È lo stesso teste, invece, a riferire che non era in grado di essere certo sulla data di effettiva realizzazione dei lavori. Infatti egli riferisce che le fotografie aeree erano di bassa risoluzione, e pertanto inutili allo scopo di identificare la cessazione dei lavori. Inoltre l’imputato aveva riferito di aver cessato i lavori nel 2008, e che solo dopo tanti anni si erano presentati gli agenti della P.M Conseguentemente, è evidente che risulta erroneo e palesemente scorretto, affermare che l’appello non contesta in modo specifico la datazione dell’abuso edilizio fatta dal Tribunale. Inoltre la cessazione spontanea dei lavori configura una causa di cessazione della permanenza del reato pari alla ultimazione dei lavori per completamento dell’immobile con inizio della decorrenza del termine di prescrizione, come già ritenuto dalla stessa Corte di appello di Cagliari in altre ipotesi sent. n. 460 del 134 aprile 2014 . Infatti lo stesso Procuratore generale, presso la Corte di appello di Cagliari, in udienza, ha concluso per il riconoscimento della prescrizione. Il reato infatti prescritto al 19 gennaio 2017. 2. 3. Violazione di legge, art. 581 e 591, cod. proc. pen. e art. 24 e 111, della Costituzione. La questione della inammissibilità dell’atto di appello è stata affrontata con la recente sentenza delle Sezioni Unite, n. 8825/2017, ma nel caso in odierno giudizio la situazione non è assimilabile a quella affrontata dalle Sezioni Unite, in quanto nell’atto di appello, presentato dal ricorrente, erano stati puntualmente individuati i punti della sentenza sottoposti a censura, ovvero il mancato riconoscimento della scriminante di cui all’articolo 54, cod. pen., e l’erronea datazione dei fatti, ai fini della prescrizione. Ha chiesto pertanto l’annullamento della decisione impugnata. 3. La Procura Generale della Suprema Corte di Cassazione, Sostituto Procuratore Generale Mariella DE MASELLIS, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione. Considerato in diritto 4. Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, e per genericità. L’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato. Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 - dep. 22/02/2017, Galtelli, Rv. 26882201 vedi anche Sez. 2, n. 53482 del 15/11/2017 - dep. 24/11/2017, Barbato, Rv. 27137301 e Sez. 3, n. 38683 del 26/04/2017 - dep. 03/08/2017, Criscuolo, Rv. 27079901 . Nel caso in giudizio la Corte di appello ha rilevato l’inammissibilità dell’appello in quanto, come adeguatamente motivato, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità, l’atto di appello non enunciava rilievi critici alla decisione impugnata. La sentenza di condanna, infatti, aveva ritenuto inesistente qualsiasi elemento per la sussistenza della scriminate dello stato di necessità art. 54, cod. pen. , rilevando che, in materia edilizia, il pericolo di restare senza abitazione è concretamente evitabile attraverso i meccanismi del mercato e dell’assistenza sociale e che l’imputato si era limitato ad indicare non meglio precisati problemi, senza neppure spiegare perché stesse costruendo su un terreno altrui e investendo risorse economiche nella realizzazione dell’opera. Relativamente alla prescrizione la sentenza del Tribunale aveva rilevato come al momento del sopralluogo e del sequestro la costruzione era in corso, non ancora ultimata, come si evinceva chiaramente dalla presenza di parecchi attrezzi e materiale da cantiere e dai blocchetti di cemento sistemati da poco, ed inoltre da cumuli di sabbia recenti, in quanto se depositata da tempo sarebbe sparsa nel terreno. In sostanza il ricorrente con l’appello ha chiesto un nuovo giudizio, senza specificamente contestare le argomentazioni della decisione impugnata sul piano logico e nei contenuti. 4.1. L’inammissibilità dell’impugnazione riguarda il principio dispositivo delle parti, nel senso che è nella facoltà delle parti dare ingresso, attraverso un atto conforme ai requisiti di legge richiesti, al procedimento di impugnazione e delimitare i punti del provvedimento da sottoporre al controllo dell’organo giurisdizionale del grado successivo. Ne consegue che il momento di operatività dell’effetto devolutivo ope legis non può che coincidere con la proposizione di una valida impugnazione, che investa l’organo giudicante della cognizione della res iudicanda, con riferimento sia ai motivi di doglianza articolati dalle parti sia a quelli che, inerendo a questioni rilevabili d’ufficio, si affiancano per legge ai primi. Esistono all’interno dell’ordinamento fondamentali esigenze di funzionalità e di efficienza del processo, che devono garantire - nel rispetto delle regole normativamente previste e in tempi ragionevoli - l’effettivo esercizio della giurisdizione e che non possono soccombere di fronte ad un uso non corretto, spesso strumentale e pretestuoso, dell’impugnazione Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep.2016, Ricci, Rv. 266818 . 4.2. L’ appello costituisce un’impugnazione a critica libera , non essendo tipizzate dal legislatore le categorie dei motivi di censura che possono essere formulati, ed attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti art. 597, comma 1, cod. proc. pen. . Invece, il ricorso per cassazione costituisce un mezzo di impugnazione a critica vincolata essendo inammissibile se proposto per motivi diversi da quelli stabiliti dalla legge, ai sensi dell’art. 606, commi 1 e 3, cod. proc. pen. , che, di regola, attribuisce alla Corte di Cassazione la cognizione del procedimento limitatamente ai motivi proposti art. 609, comma 1, cod. proc. pen. . Dagli artt. 581, comma 1, lettera c , 591, comma 1, lettera c , e 597, comma 1, cod. proc. pen., emerge che non può essere ritenuto sufficiente, ai fini dell’ammissibilità dell’appello, che i motivi si riferiscano semplicemente a punti della decisione . Infatti l’espressione si riferiscono , contenuta nella disposizione, deve essere riempita di contenuto proprio sulla base dell’art. 581, comma 1, lettera c con la conseguenza che essa non può che significare indicano specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta . In altri termini, le due norme richiamate delineano una prima fase, necessaria, di delibazione dell’ammissibilità, che ha per oggetto tutte le verifiche richieste dal comma 1 dell’art. 591, compresa quella sulla specificità estrinseca dei motivi una seconda fase, successiva ed eventuale, di valutazione del merito. Dunque, alla circostanza che la valutazione del merito nel giudizio di appello sia riferita ai punti e non ai motivi e che all’esito di tale valutazione il giudice di appello possa giungere anche a ricostruzioni di fatto o di diritto diverse da quelle prospettate dall’appellante non consegue che il giudice d’appello possa accedere alla valutazione del merito a fronte di motivi che non rispettino il requisito della specificità. In altri termini, la piena cognitio che caratterizza i poteri del giudice d’appello - privo di vincoli rispetto sia al contenuto dei motivi di ricorso, sia alle argomentazioni svolte dal primo giudice - viene in rilievo solo se e nei limiti in cui questo sia stato legittimamente investito di quei poteri ciò che può avvenire solo a seguito di un’impugnazione che risulti rispettosa anche delle previsioni di cui all’art. 581 cod. proc. pen., funzionali alla tutela di esigenze sistematiche che assumono rilievo costituzionale. A tale conclusione non si può opporre il principio del favor impugnationis - richiamato nel ricorso introduttivo del presente giudizio - perché tale principio non può che operare nell’ambito dei rigorosi limiti rappresentati dalla natura intrinseca del mezzo di impugnazione, che è delineata non solo dall’art. 597, comma 1, ma anche dall’art. 581, comma 1, lettera c . In altri termini, la necessità di valutare con minore rigore la specificità dei motivi di appello, rispetto a quelli di ricorso per cassazione, non può comportare la sostanziale elisione di tale requisito, con la sua riduzione alla sola specificità intrinseca. E non si tratta, come pure affermato in giurisprudenza, di una indebita utilizzazione della lettera c del comma 1 dell’art. 581, quale strumento di fatto per una generalizzata deflazione dei carichi di lavoro , perché la valorizzazione del requisito della specificità estrinseca dei motivi di appello consente, invece, una selezione razionale delle impugnazioni, escludendo la trattazione nel merito per quelle che non contengono sufficienti riferimenti ai punti della decisione , che delimitano la cognizione del giudice d’appello. Sul piano sistematico, la necessità della specificità estrinseca dei motivi di appello trova fondamento nella considerazione che essi non sono diretti all’introduzione di un nuovo giudizio, del tutto sganciato da quello di primo grado, ma sono, invece, diretti ad attivare uno strumento di controllo, su specifici punti e per specifiche ragioni, della decisione impugnata. E in un processo accusatorio, basato sulla centralità del dibattimento di primo grado e sull’esigenza di un diretto apprezzamento della prova da parte del giudice nel momento della sua formazione, il giudizio di appello non può e non deve essere inteso come un giudizio a tutto campo con la conseguenza che le proposizioni argomentative sottoposte a censura devono essere, in relazione al punto richiesto, enucleate dalla decisione impugnata. L’impugnazione deve, in altri termini, esplicarsi attraverso una critica specifica, mirata e necessariamente puntuale della decisione impugnata e da essa deve trarre gli spazi argomentativi della domanda di una decisione corretta in diritto ed in fatto. Le esigenze di specificità dei motivi non sono, dunque, attenuate in appello, pur essendo l’oggetto del giudizio esteso alla rivalutazione del fatto. Poiché l’appello è un’impugnazione devolutiva, tale rivalutazione può e deve avvenire nei rigorosi limiti di quanto la parte appellante ha legittimamente sottoposto al giudice d’appello con i motivi d’impugnazione, che servono sia a circoscrivere l’ambito dei poteri del giudice stesso sia a evitare le iniziative meramente dilatorie che pregiudicano il corretto utilizzo delle risorse giudiziarie, e la realizzazione del principio della ragionevole durata del processo, sancito dall’art. 111, secondo comma, Cost Né può essere invocata la necessità di presidiare il diritto di difesa in considerazione del fatto che il giudizio d’appello configurerebbe l’ultima possibilità di rivalutazione del merito della vicenda processuale, poiché il giudizio di appello non è configurato come pura e semplice revisio prioris instantiae mentre, nel sistema delineato dagli artt. 581, 591, 597, comma 1, cod. proc. pen., si ravvisa l’esigenza di delimitare e circoscrivere i poteri del giudice di appello, in modo da rendere effettivo il diritto di difesa nel processo, inteso come sequenza logico-cronologica coordinata di atti, rispondente al valore costituzionale della ragionevole durata Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, Battistella . Ed è per questo che i motivi, per indirizzare realmente la decisione di riforma, devono contenere, seppure nelle linee essenziali, ragioni idonee a confutare e sovvertire, sul piano strutturale e logico, le valutazioni del primo giudice. Solo attribuendo tali connotazioni al requisito di specificità dei motivi di appello, in definitiva, il giudice dell’impugnazione può dirsi efficacemente investito dei poteri decisori di cui all’art. 597, comma 2, lettera b , cod. proc. pen., nonché legittimato a verificare tutte le risultanze processuali e a riconsiderare anche i punti della sentenza di primo grado che non abbiano formato oggetto di specifica critica, senza essere vincolato alle alternative decisorie prospettate nei motivi di appello vedi Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 - dep. 22/02/2017, Galtelli, Rv. 26882201 . 4.3. Nel nostro caso, in applicazione corretta di questi principi emergenti dalla citata sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, la Corte di appello ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello, in quanto l’atto di impugnazione si limitava a richiedere un nuovo giudizio sugli stessi punti già ampiamente analizzati dal Tribunale, e senza nessuna critica specifica alle argomentazioni della sentenza impugnata. Lo stato di necessità prospettato dal ricorso, anche in sede di legittimità, risulta assolutamente generico e non documentato, ed escluso dalla stessa natura dell’opera abusiva, peraltro non ancora terminata dal 2008 al 2012 In materia di abusivismo edilizio, non è configurabile l’esimente dello stato di necessità in quanto, pur essendo ipotizzabile un danno grave alla persona in cui rientri anche il danno al diritto all’abitazione, difetta in ogni caso il requisito dell’inevitabilità del pericolo. In motivazione la Corte ha precisato che la realizzazione della costruzione abusiva non può essere giustificata dalla mera necessità di evitare un danno alle cose Sez. 3, n. 2280 del 24/11/2017 - dep. 19/01/2018, Lo Buono, Rv. 27176901 vedi anche Sez. 3, n. 19811 del 26/01/2006 - dep. 09/06/2006, Passamonti e altro, Rv. 23431601 . Il pericolo del resto deve essere attuale e non altrimenti evitabile, e quindi non può ritenersi attuale un pericolo per una costruzione iniziata nel 2008 e non finita ancora nel 2012, peraltro su terreno altrui, in violazione del diritto di proprietà, oltre che del diritto urbanistico. 5. Inoltre, le questioni personali e familiari del ricorrente non sono rappresentate a questa Corte di Cassazione come non rappresentate anche al Tribunale e alla Corte di appello , che pertanto non può verificare in linea del tutto teorica, stante l’inammissibilità del ricorso, per mancanza di motivi specifici - autosufficienza - l’incidenza sul caso della recente sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo del 21 aprile 2016, Ivanova e Cherkezov V/Bulgaria, ricorso 46577/15. La violazione o meno, nella fattispecie concreta, dell’art. 8 della convenzione Europea, sotto il profilo della proporzionalità, tra l’abuso - se di dimensioni tali da farlo ritenere di necessità, se abitato - e gli interessi generali della comunità al rispetto delle norme. 6. Del pari la Corte di appello ha giustamente ritenuto aspecifico il motivo di ricorso relativo alla prescrizione, in quanto la sentenza del Tribunale evidenziava la costruzione in corso, non ultimata, come emergeva chiaramente da una serie di elementi tutti convergenti l’atto di appello invece senza critiche specifiche alla decisione riproponeva sempre la stessa tesi della fine dei lavori nel 2008. 7. Il termine massimo di prescrizione, ex art. 157 e 161, cod. pen. di anni 5, come ritenuto dalla sentenza impugnata si determina al 19 gennaio 2017, data successiva a quella della decisione del Tribunale. L’inammissibilità del ricorso in appello e di quello per cassazione, esclude la valutazione della prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata per l’appello vedi Sez. 3, n. 43431 del 17/06/2014 - dep. 17/10/2014, Fonti, Rv. 26097601, e Sez. 3, n. 2448 del 18/01/2000 - dep. 28/02/2000, Levatino, Rv. 21541901 . Per il ricorso per cassazione L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 - dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266 . Può conseguentemente affermarsi il seguente principio di diritto L’inammissibilità dell’appello dovuta alla mancanza di specificità dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con l’appello, ma prima della sentenza di appello . Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di Euro 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex art. 616 cod. proc. pen P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.