Il diritto di nomina del difensore di fiducia deve essere effettivo

In tema di diritto di difesa, e segnatamente di garanzia della difesa tecnica, il termine ultimo di deducibilità della nullità a regime intermedio, derivante dall'omessa notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale di appello ad uno dei due difensori dell'imputato, è quello della deliberazione della sentenza nello stesso grado, anche in caso di assenza in udienza sia dell'imputato che dell'altro difensore, ritualmente avvisati.

Lo ha stabilito la Quarta Sezione della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 51539/18, depositata il 15 novembre. Il rapporto fiduciario fra imputato e difensore. La pronuncia de qua pone l’accento sull’indispensabile carattere di stabilità del rapporto fra l’imputato ed il proprio difensore di fiducia, necessario al fine di garantire l’assunzione di adeguate iniziative a tutela della posizione dell’accusato. Fra gli aspetti più rilevanti della difesa tecnica fiduciaria rientra sicuramente la conoscenza di atti del procedimento da parte dell’imputato. Tale conoscenza può essere dedotta - da un lato - dall’obbligo deontologico del difensore di portare a conoscenza degli atti il proprio assistito cfr. art. 40 codice deontologico forense dall’altro, dall’obbligo speculare dell’imputato di mantenere i contatti con il proprio difensore cfr., nella giurisprudenza di legittimità, Cass. pen., Sez. I, 16 gennaio 2008, Cierlantini . Peraltro, anche nel caso in cui la notifica dell’atto all’imputato sia effettuata presso il domicilio eletto nello studio del difensore d’ufficio, essa deve ritenersi idonea a determinare la conoscenza effettiva al destinatario. Ciò in quanto il difensore di ufficio originariamente nominato, ancorchè sostituito da altro difensore per la mancata comparizione all’udienza, resta titolare della difesa ed è pertanto l’unico legittimato a ricevere la notifica di atti destinati al difensore dell’imputato nella fattispecie estratto contumaciale di sentenza soggetta ad impugnazione Cass. pen., sez. I, n. 49244/04 . A ciò va aggiunto che l’elezione di domicilio è una dichiarazione di volontà dell’indagato/imputato, consistente nella scelta di una persona nell’esempio fatto prima, del difensore di ufficio investita del potere di ricevere la notificazione degli atti del procedimento, in un luogo diverso dalla casa di abitazione o dal luogo in cui l’imputato esercita abitualmente l’attività lavorativa cioè lo studio del difensore cfr. Cass. pen., sez. I, n. 10297/06 Cass. pen., sez. II, n. 15903/06 . Le garanzie difensive previste dall’art. 6 Cedu. La sentenza in commento richiama in motivazione l’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti Umani e delle libertà fondamentali Cedu” . Tale norma prevede una serie di garanzie difensive fondamentali in favore tanto dell’indagato quanto dell’imputato, le quali sono state successivamente mutuate nella Carta Costituzionale italiana, all’interno del più volte criticato art. 111. Nel quadro delle guarentigie difensive, assume particolare rilievo il diritto dell’accusato di difendersi con l’assistenza di un difensore di propria scelta . Stando al dictum dei Giudici della Seconda Sezione del Supremo Collegio, proprio tale diritto è stato negato all’imputato, non avendo questi potuto procedere alla nomina di un difensore di fiducia, ed essendosi perciò visto nominare, di volta in volta in ciascuna udienza, un diverso difensore di ufficio. La valenza giuridica della Cedu rispetto al diritto interno. Stando alla giurisprudenza amministrativa per tutte, Consiglio di Stato, sezione IV, 2 marzo 2010, n. 1220 , le norme della Cedu non costituiscono più soltanto norme internazionali e parametro interposto di legittimità costituzionale di norme domestiche, come previsto dall’articolo 117, primo 1, della Costituzione, bensì norme comunitarie fatte proprie con l’art. 6 del Trattato di Lisbona sull’Unione Europea le quali, in virtù del primato del diritto comunitario, legittimano alla non applicazione di norme interne con esse contrastanti. Secondo parte della dottrina, siffatta visione dell’efficacia della Cedu, rispetto al diritto interno degli Stati aderenti alla Convenzione, contrasta con il dato per cui l’”accoglimento”, quali principi generali, delle norme Cedu attiene al soggetto internazionale Unione Europea”, e non ai singoli Stati membri dell’Unione. Ne consegue che non si può rinvenire una limitazione di sovranità di tali Stati, poiché appare problematico rinvenire in capo ad essi una volontà idonea ad autorizzare” siffatte limitazioni. Sempre secondo tale dottrina, diverso sarebbe stato se fosse stata prevista espressamente, nel Tratto di Lisbona sull’Unione Europea, l’equiparazione del valore giuridico tra le norme comunitarie e quelle della Cedu, così come già avvenuto per le disposizioni della Carta di Nizza del 2000. Ed infatti, in relazione a tale Carta, l’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea recita espressamente che L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 18 ottobre – 15 novembre 2018, n. 51539 Presidente Piccialli – Relatore Cenci Ritenuto in fatto 1. I difensori e procuratori speciali di S.G. e di S.C. , avvocati Giovanni Aricò, del Foro di Roma, e M.V. , del Foro di Firenze, propongono ricorso straordinario, depositato il 5 giugno 2018, per errore materiale o di fatto ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen. avverso la sentenza della S.C., Sez. 3, n. 19158-18 del 13/12/2017, depositata il 04/05/2018, con cui sono stati dichiarati inammissibili i ricorsi che erano stati proposti da S.G. e S.C. oltre che da H.B. , imputati in relazione ad ipotesi di abuso edilizio, per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Firenze del 24 febbraio 2017, resa in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Firenze del 22 ottobre 2015. 2. I ricorrenti si affidano ad un unico motivo con il quale denunziano p. 1 errore materiale di fatto per mancata verifica della ritualità della notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza di trattazione del ricorso a tutti i difensori , in quanto il difensore di S.G. , di S.C. e di H.B. nel ricorso definito il 13 dicembre 2017 dalla S.C., avv. Giovanni Aricò, non è stato mai avvisato dell’udienza, avendo la Cancelleria, invece, dato comunicazione all’avv. Marco Aricò del Foro di Palermo. Si allega al ricorso fotocopia dell’avviso dato alle parti nel processo definito il 13 dicembre 2017, Richiamata giurisprudenza di legittimità ritenuta pertinente, si chiede la revoca della sentenza impugnata, l’adozione delle conseguenti statuizioni ai fini della fissazione della nuova udienza pubblica per la trattazione dei ricorsi degli imputati avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 24 febbraio 2017 e la sospensione, con ordinanza, degli effetti della decisione della S.C Considerato in diritto 1. Il ricorso non può trovare accoglimento, per le seguenti ragioni. 1.1. Va premesso che il ricorso è tempestivo, non essendo trascorso, alla data della proposizione dello stesso il 5 giugno 2018 , il termine perentorio Sez. 5, n. 18998 del 22/02/2017, Pitino, Rv. 269901 Sez. 2, n. 29050 del 27/06/2014, Parnasso, Rv. 260264 Sez. 4, n. 15717 del 07/03/2008, Spagnuolo, Rv. 239813 di centottanta giorni dal deposito del provvedimento pubblicazione del dispositivo il 13 dicembre 2017, deposito della motivazione il 4 maggio 2018 di cui all’art. 625-bis, comma 2, cod. proc. pen 1.2. Tanto premesso, il Collegio, atteso il tipo di vizio - procedurale denunziato, avuto accesso diretto agli atti richiamato il fascicolo dalla Corte di appello di Firenze , ha constatato che dell’udienza fissata innanzi alla Sez. 3 per l’udienza del 13 dicembre 2017, in effetti, fu dato avviso, tramite posta elettronica certificata, per gli imputati S.G. , S.C. e H.B. , all’avvocato Marco Aricò, del Foro di Palermo, anzichè all’avvocato Giovanni Aricò del Foro di Roma, difensore di fiducia degli imputati e che il difensore avv. Giovanni Aricò non partecipò all’udienza. Si rileva anche che fu dato regolare avviso all’avvocato M.V. , cassazionista, co-difensore di S.G. , di S.C. e di H.B. e che l’avv. M. non partecipò all’udienza del 13 dicembre 2017. 1.3. Ciò posto, si prende atto che si è, in effetti, verificata una nullità, essendo stata la comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza del 13 dicembre 2017 per la trattazione del ricorso per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Firenze del 24 febbraio 2017 effettuata nei confronti di uno soltanto dei due difensori dei ricorrenti. 1.4. Nondimeno, il - pur sussistente - vizio deve ritenersi sanato a seguito della mancata comparizione all’udienza pubblica del 13 dicembre 23017 innanzi alla Sez. 3 della S.C. del codifensore, avv. M. , che era stato regolarmente avvisato. Si è già, infatti, recentemente precisato che . la comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza per la trattazione del ricorso di legittimità in esame è stata effettuata nei confronti di uno soltanto dei due difensori del ricorrente. Tuttavia, il vizio procedurale de quo deve ritenersi sanato, a seguito della mancata comparizione in udienza dei difensori stessi. A questa conclusione - di recente ribadita, sia pure con riferimento all’udienza camerale, da Sez. 2, n. 21631 del 04/02/2015, Esposito, Rv. 263778 -, si addiviene rilevando, innanzittutto, che l’omissione della comunicazione anzidetta, in ossequio ad una consolidata giurisprudenza di legittimità, non dà luogo ad una nullità assoluta, ai sensi dell’art. 179 cod. proc. pen., ma ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 180 del codice di rito Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, Scibè, Rv. 249651 . Da tale osservazione discende che alla nullità in discorso è applicabile la sanatoria prevista dall’art. 184, comma 1, cod. proc. pen., dovendosi cogliere nella mancata comparizione del difensore regolarmente avvisato e del difensore al quale l’avviso non è stato comunicato una rinuncia per facta concludentia la cui configurabilità emerge dal raffronto dell’art. 184 cod. proc. pen. con la diversa formulazione l’art. 183, lett. a, del codice di rito della parte da questi ultimi rappresentata a comparire all’udienza camerale così nella motivazione, punto n. 1 del considerato in diritto di Sez. 5, n. 12756 del 14/10/2016, dep. 2017, V., Rv. 269703, la cui massima ufficiale recita In tema di comunicazioni al difensore, l’omessa notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza pubblica nel giudizio di legittimità ad uno dei due difensori dell’imputato non dà luogo ad una nullità assoluta, ex art. 179 cod. proc. pen., bensì a regime intermedio, ai sensi dell’art. 180 del codice di rito, con la conseguenza che tale vizio è da ritenersi sanato, ex art. 184, comma primo, cod. proc. pen., nel caso di mancata comparizione di entrambi i difensori all’udienza, implicando tale condotta la volontaria e consapevole rinuncia della difesa e della parte, globalmente considerata, a far rilevare l’omessa comunicazione ad uno dei difensori . 1.5. La riferita conclusione, che, ad una prima lettura, potrebbe apparire ingiusta poiché eccessivamente gravosa per il diritto di difesa, che innegabilmente ha avuto un obiettivo vulnus, per effetto della comunicazione della data dell’udienza ad uno solo tra i due difensori nominati dall’imputato, è, a ben vedere, del tutto in linea con il sistema delle garanzie approntate a tutela del diritto di difesa, delle nullità e dei mezzi di impugnazione. Si impongono al riguardo le seguenti osservazioni. Occorre prendere le mosse dalla qualificazione, non seriamente contestabile, della nullità derivante dall’omesso avviso dell’udienza ad uno dei due difensori di fiducia come nullità di ordine generale a regime intermedio ai sensi dell’art. 180 cod. proc. pen. e non già assoluta ex art. 179 cod. proc. pen. v. Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, Scibè, Rv. 249651, punto n. 6 del considerato in diritto . Ciò posto, dalla ampia e persuasiva struttura motivazionale della richiamata sentenza Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, Scibè, Rv. 249651, cit., spec. punti nn. 7-8 del considerato in diritto , si trae, tra l’altro, il condivisibile - principio che sul difensore regolarmente avvisato dell’udienza in appello incombe, alla stregua di plurimi principi puntualmente richiamati nella parte motiva, l’onere di accertare l’eventuale sussistenza di nullità a regime intermedio e che tale onere non muta a seconda che il difensore a conoscenza della data di udienza scelga di comparire oppure di non comparire alla stessa, esclusa in ogni caso l’interpretazione che consenta alla difesa di riservare l’eccezione di nullità al grado successivo. Ebbene, trasferito il ragionamento ivi svolto al caso in esame, naturalmente mutatis mutandis, attese le peculiarità del giudizio di legittimità rispetto a quello di merito, tenuto conto che la nullità - in effetti - verificatasi nel caso di specie ha ad oggetto l’avviso di fissazione dell’udienza innanzi alla S.C., non portato a conoscenza di uno tra i due difensori di fiducia degli imputati, deve ritenersi che in tale ipotesi sia onere del difensore che è effettivamente a conoscenza della data dell’udienza innanzi alla S.C. di esaminare in Cancelleria gli atti onde verificare la sussistenza di un’eventuale nullità di carattere intermedio e, nel caso di emersione della omissione dell’avviso al co-difensore, di far rilevare tale nullità, comparendo ovvero, ove scelga di non comparire, mediante il deposito di tempestiva memoria ai sensi dell’art. 121 cod. proc. pen., non potendo, in ogni caso, la difesa, atteso il regime intermedio della nullità in questione e la circostanza che essa riguarda l’avviso di fissazione dell’udienza nel giudizio di legittimità, confidare in possibili recuperi in inesistenti gradi successivi. Confermata, dunque, la bontà della interpretazione offerta dalla richiamata decisione di Sez. 5, n. 12756 del 14/10/2016, dep. 2017, V., Rv. 269703, discende il rigetto del ricorso in esame. 1.5. Appare opportuno precisare, per completezza ricostruttiva, che a differente conclusione si deve giungere ove si sia verificata la nullità assoluta derivante dal mancato avviso della data dell’udienza di legittimità all’unico difensore, indifferentemente di fiducia o di ufficio ipotesi cui va equiparata quella della omissione di avviso ad entrambi i difensori di fiducia, implicante una totale mancanza di informazione alla difesa . Se, infatti, nel giudizio di merito l’omissione dell’avviso all’unico difensore dell’imputato è certamente causativa di nullità insanabile non essendovi ragione di discostarsi dal tradizionale insegnamento secondo cui la mancata comunicazione della data del dibattimento al difensore costituisce causa di nullità insanabile quando si tratti di unico difensore di fiducia ovvero di difensore di ufficio cfr. Sez. 3, n. 8945 del 31/05/1983, Sapienza, Rv. 160885 , quanto al mancato avviso della data di udienza pubblica in cassazione all’unico difensore, non essendovi grado ulteriore di giudizio, alla grave lesione del diritto di difesa può porsi rimedio soltanto mediante il ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. onde far rilevare non già, a ben vedere, la originaria nullità, ma l’effetto derivante dalla mancata rilevazione di essa cioè la svista in cui è incorsa la Corte di cassazione, consistita nel non avere rilevato l’omessa notificazione dell’avviso di udienza al difensore che ne aveva diritto. In più occasioni, infatti, si è ritenuto deducibile attraverso lo strumento del ricorso straordinario l’errore di fatto consistito nella mancata notifica all’interessato dell’avviso di fissazione dell’udienza davanti alla Corte di cassazione, cui abbia comunque fatto seguito la decisione sull’impugnazione anziché, come doveroso, il rinnovo della notifica v. Sez. 3, n. 38143 del 14/06/2016, Apicella, non mass., sub punto n. 7 del considerato in diritto Sez. 5, n. 40275 del 16/05/2014, Raimo, Rv. 262548 Sez. 3, n. 5039 del 20/01/2010, Sidibe, Rv. 245916 Sez. 6, n. 45902 del 03/11/2009, Schiavone, Rv. 245337 Sez. 1, n. 40611 del 13/10/2009, Boccioni Rv. 245596 . 2. Va, in definitiva, rigettato il ricorso, con condanna dei ricorrenti, per legge art. 616 cod. proc. pen. , al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.