Scontro tra detenuto e agente penitenziario: è delitto di resistenza a pubblico ufficiale

Rientra nell’esercizio di un atto di ufficio la reazione dell’agente penitenziario volta a fronteggiare l’aggressività di un detenuto, essendo inoltre irrilevanti le ragioni estemporanee che hanno determinato l’intervento del pubblico ufficiale.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 51364/18, depositata il 12 novembre. Un detenuto violento. Un detenuto veniva ricoverato presso l’ospedale civile di Padova per motivi di salute. Durante la degenza un’infermiera aveva negato al detenuto di fumare una sigaretta data la sua precaria condizione fisica decisione non condivisa dal degente che in un momento di irascibilità inveiva contro l’operatrice sanitaria la quale però veniva protetta dall’agente penitenziario che, per bloccare la condotta del detenuto, reagiva anch’esso colpendolo. La reazione eccessiva del carcerato giungeva all’esame della Corte d’Appello territoriale la quale tuttavia, concludeva con l’assoluzione dell’imputato dal delitto ex art. 337 c.p. Resistenza a pubblico ufficiale ritenendo inoltre che la condotta dell’agente penitenziario, determinata da ragioni personali, era estranea ai doveri di ufficio. Il Procuratore Generale propone ricorso in Cassazione deducendo la violazione in cui sarebbe incorsa la Corte del riesame. La reazione, legittima, dell’agente penitenziario. La Corte di legittimità sottolinea che integra il delitto di resistenza a pubblico ufficiale qualsiasi condotta attiva od omissiva che si traduca in un atteggiamento volto ad impedire, intralciare o compromettere, anche solo parzialmente e temporaneamente, la regolarità del compimento dell’atto di ufficio o di servizio da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio . L’assistente di polizia giudiziaria aveva il compito di piantonare il detenuto durante la permanenza all’ospedale, al fine di reprimere ogni condotta potenzialmente lesiva incarico che giustifica la reazione irruente dell’agente penitenziario nei confronti del detenuto, essendo inoltre irrilevanti le ragioni estemporanee. Pertanto nel caso concreto, l’imputato tramite la sua condotta aggressiva impediva al pubblico ufficiale il compimento di atti delegati dalla rispettiva professione. Gli Ermellini annullano la sentenza impugnata e rinviano alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 ottobre– 12 novembre 2018, n. 51364 Presidente Di Stefano – Relatore Scalia Ritenuto in fatto 1. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia ricorre per saltum in cassazione avverso la sentenza del 19 settembre 2017 con cui il Tribunale di Padova ha assolto l’imputato, H.B. , dal reato di cui all’art. 337 cod. pen. al medesimo ascritto perché egli, detenuto presso la casa circondariale di Padova ed in degenza per motivi di salute presso l’ospedale civile della medesima città, reagiva, colpendolo con dei pugni al volto, all’indirizzo dell’assistente capo di polizia penitenziaria che era intervenuto per calmare l’imputato che inveiva nei confronti di una infermiera del nosocomio che gli aveva negato la possibilità di fumare una sigaretta. 2. Con unico motivo di ricorso il P.g. fa valere la violazione di legge in cui sarebbe incorso il tribunale nel ritenere l’intervento dell’assistente di p.g. determinato da ragioni personali, estranee ai doveri di ufficio, là dove invece il sevizio di piantonamento dal primo reso presso il nosocomio in cui era ricoverato il prevenuto sarebbe pienamente rientrato negli obblighi di ufficio, integrando l’ascritto reato. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Venezia è fondato. 2. Per granitica giurisprudenza di questa Corte di legittimità, integra il delitto di resistenza a pubblico ufficiale art. 337 cod. pen. qualsiasi condotta attiva od omissiva che si traduca in un atteggiamento volto ad impedire, intralciare o compromettere, anche solo parzialmente e temporaneamente, la regolarità del compimento dell’atto di ufficio o di servizio da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio ex multis Sez. 6, n. 5147 del 16/01/2014, Picco, Rv. 258631 . L’assistente di polizia giudiziaria persona offesa nel contestato reato, attinto dal pugno sferratogli dall’imputato era impegnato in un servizio di istituto provvedendo a piantonare il prevenuto che, detenuto presso la casa circondariale di Padova, era ricoverato per ragioni di salute presso l’ospedale civile di Padova. Le ragioni estemporanee che hanno determinato l’intervento del pubblico ufficiale e l’impegno da quest’ultimo dispiegato per sedare sul nascere il contrasto insorto tra il detenuto ed una infermiera sono irrilevanti e non consentono di relegare l’attività del pubblico ufficiale, impegnato nell’indicato servizio, a finalità destinate a porsi al di fuori del servizio medesimo. 3. La sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte di appello di Venezia, trattandosi di ricorso immediato, che provvederà al giudizio in applicazione dell’indicato principio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio alla Corte di appello di Venezia.