La tutela dell’acquirente del bene (velatamente) in buona fede prevale sulla confisca penale

Al terzo avente diritto non può essere opposta la generica conoscibilità del sequestro penale vertente sul bene poi oggetto di definitiva confisca, purché risulti a suo favore precedentemente trascritto nei registri immobiliari il diritto reale di garanzia/pignoramento immobiliare, ai sensi dell’art. 2915 c.c

Così la Cassazione, sez. III penale, sentenza n. 51043/18, depositata il 9 novembre. La vicenda processuale. A seguito di condanna definitiva per fatti di frode fiscale e di ricettazione, veniva disposta confisca ad oggetto un bene immobile costituente prezzo o profitto del reato, poi trascritta nei registri immobiliari successivamente alla trascrizione dell’ipoteca vertente sul medesimo bene ma precedentemente alla trascrizione del decreto di attribuzione del bene disposto a seguito della conclusione del procedimento civile d’espropriazione forzata sull’immobile - conclusosi con vendita all’asta del bene -, sorto contestualmente al processo penale e da questi indipendente. I terzi acquirenti opponevano al giudice dell’esecuzione - competente per la risoluzione delle questioni inerenti al titolo esecutivo penale, ai sensi degli artt. 665 e ss. c.p.p. - la buona fede dell’acquisto, di cui tenere necessariamente contezza ai sensi dell’art. 240, commi 3 e 4, c.p., che salva i diritti acquisiti del terzo proprietario del bene oggetto di confisca. Il giudice rilevava la prevalenza della confisca, per ragioni di anteriorità della trascrizione del provvedimento ablativo definitivo al decreto di attribuzione del bene ed escludendo la buona fede dei terzi, di fatto sancendo la prevalenza delle ragioni penali. I terzi acquirenti ricorrevano in Cassazione avverso l’ordinanza emessa, ai sensi dell’art. 111 Cost La Cassazione annulla. Premessa confisca penale e tutela del terzo avente diritto. In caso di confisca di mafia, ai sensi dell’art. 52, comma 1, lett. b, d.lgs. n. 159/2011 – come modificato dalla l. n. 161/2017 – il terzo avente diritto sui beni confiscati deve dimostrare l’assenza di strumentalità del bene al reato, l’incolpevole affidamento e la propria buona fede, purché almeno la garanzia reale nel caso, l’ipoteca risulti iscritta precedentemente al sequestro/provvedimento ablativo. La giurisprudenza ne ha di fatto esteso l’applicazione anche ai casi di confisca ex art. 12- sexies d.lgs. n. 306/1992 – per i delitti contro la pubblica amministrazione – mentre, più generalmente e negli altri casi, ha subordinato la tutela dei diritti del terzo proprietario/estraneo al reato sul bene oggetto di confisca alla verifica della buona fede – con onere probatorio a carico del terzo proponente - ai sensi dell’art. 240, commi 3 e 4, c.p. – come interpretato dalla Corte Costituzionale su sollecito ermeneutico della CEDU -. La disciplina civilistica. Invece l’art. 2915 c.c. – invocato dai ricorrenti – adotta un criterio più squisitamente cronologico per la risoluzione di controversie inerenti la titolarità dei diritti sul bene, salvando le trascrizioni anteriori – nel caso, anche l’ipoteca - rispetto alle successive – nel caso, la confisca penale –. La soluzione della Cassazione ai sensi dell’art. 240 c.p. la verifica della buona fede del terzo acquirente non è esclusa dalla astratta conoscenza di un sequestro penale vertente sul bene. Appurata comunque l’anteriorità delle trascrizioni cit. ex art. 2915 c.c., l’insistenza di un sequestro penale sul bene era descritta nel bando di vendita a monte della procedura di espropriazione forzata in via non specifica e risalendo a norme di legge scorrette, in forme per gli Ermellini non idonee ad escludere la buona fede del terzo incolpevole acquirente.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 3 ottobre – 9 novembre 2018, n. 51043 Presidente Sarno – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Livorno, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 5/3/2018 ha respinto le istanze formulate da D.F. , R.C. , F.M.G. e Sviluppo Immobiliare di C.D. & amp C. SAS ed ha accolto l’istanza del Pubblico Ministero ordinando, per l’effetto, al Conservatore dei Registri Immobiliari di procedere alla cancellazione della trascrizione con esclusione del diritto di uso trentennale goduto dalla Sviluppo Immobiliare SAS disposta dalla Corte d’Appello di Firenze in relazione ad alcuni immobili. Con le istanze suddette i ricorrenti chiedevano emettersi diversi provvedimenti in relazione alle disposizioni sulla confisca adottata, con sentenza ormai definitiva, in un procedimento penale nei confronti di C.C. ed altri per violazioni tributarie, falso e ricettazione. Avverso tale pronuncia i predetti propongono separati ricorsi per cassazione tramite i rispettivi difensori di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen 2. D.F. deduce, con un primo motivo di ricorso, la violazione dell’articolo 2915 cod. civ., osservando che soltanto il codice delle leggi antimafia prevede, con norma avente chiaro carattere eccezionale, che il sequestro preventivo determini la sospensione dei procedimenti di esecuzione forzata già pendenti sul medesimo bene e che, nel caso in cui successivamente intervenga la confisca definitiva, il procedimento di esecuzione forzata si estingua. Osserva che, conseguentemente, l’assenza di analoga previsione con riferimento alle ipotesi di confisca ai sensi dell’articolo 240 cod. pen. o di confisca per equivalente ai sensi dell’articolo 322- ter cod. pen. dovrebbe intendersi come scelta del legislatore di ritenere compatibili vincoli di indisponibilità penali e civili. Aggiunge che, conseguentemente, eventuali conflitti andrebbero necessariamente risolti secondo il sistema della priorità delle trascrizioni. Ciò posto, osserva che il giudice dell’esecuzione penale avrebbe erroneamente individuato le disposizioni applicabili, ravvisando la prevalenza della misura ablatoria sul decreto di trasferimento emesso dal giudice dell’esecuzione civile. Con un secondo motivo di ricorso deduce la violazione degli articoli 2665 e 2644 cod. civ., osservando che, nella nota di trascrizione relativa ai sequestro preventivo disposto nel procedimento penale, sarebbero stati erroneamente individuati i dati catastali degli immobili di proprietà del ricorrente, venendo quindi meno un requisito fondamentale della nota di trascrizione la quale, pertanto, non sarebbe valida, con conseguente inopponibilità del vincolo di indisponibilità. Assume che, anche in questo caso, il giudice dell’esecuzione avrebbe errato nel considerare rilevante l’erronea trascrizione del sequestro preventivo ai fini di confisca. Con un terzo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, osservando che, in ogni caso, risulterebbe determinante la sua posizione di terzo estraneo al reato ed acquirente in buona fede dei bene. Osserva, a tale proposito, di essere persona completamente estranea al reato, di essere proprietario effettivo dei beni confiscati e rileva come, nell’avviso pubblico che rendeva nota la fissazione delle operazioni di vendita senza incanto, fosse soltanto genericamente indicato che l’immobile era gravato da sequestro preventivo penale, con specificazione di disposizioni del codice di rito in un caso inconferenti e, nell’altro, riferite indistintamente a diverse tipologie di sequestro, con la conseguenza che tale situazione non consentirebbe di escludere, diversamente da quanto ritenuto dal giudice dell’esecuzione, il suo affidamento incolpevole. Aggiunge che il giudice dell’esecuzione penale, pur essendosi discostato da quanto stabilito dal giudice dell’esecuzione civile, avrebbe comunque trascurato di valutare, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, l’indubbia incidenza dell’operato del tribunale civile, che avrebbe rafforzato la sua buona fede attraverso il rigetto di un’istanza con la quale egli aveva chiesto di valutare se l’eventuale futura confisca fosse idonea a travolgere il suo acquisto, con interpretazione conforme i principi della convenzione EDU. Conclude, pertanto, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato e la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite di questa Corte, in considerazione della particolarità della questione trattata e della possibile sussistenza di un futuro contrasto di giurisprudenza. 3. R.C. , aggiudicataria di altro immobile acquistato nell’ambito di una procedura esecutiva immobiliare iscritta presso il Tribunale di Livorno, rileva preliminarmente che l’acquisto dell’immobile era avvenuto nelle more del procedimento penale in relazione al quale era stato trascritto il sequestro preventivo, successivamente all’ipoteca gravante sull’immobile ed anteriormente al pignoramento. Deduce, con un primo motivo di ricorso, che nell’ordinanza impugnata si sarebbe erroneamente affermata la competenza del giudice dell’esecuzione penale a decidere sulla confisca e su tutte le questioni ad essa relative, ritenendo, altrettanto erroneamente, che la procedura esecutiva in sede civile non avrebbe dovuto proseguire, dovendo essere necessariamente sospesa una volta disposto e trascritto il sequestro funzionale ad un’eventuale confisca. Osserva, tale proposito, che diversi giudici civili avevano disposto che la procedura avesse comunque il suo corso senza essere sospesa fino alla sua naturale conclusione con l’aggiudicazione del bene pignorato e che nessuna disposizione, ad eccezione di quelle relative ai processi contro la criminalità organizzata, dispone diversamente. Con un secondo motivo di ricorso lamenta la mancata considerazione della buona fede nell’acquisto del bene, desumibile dalla sua estraneità al processo e dalla irrilevanza della conoscenza del sequestro penale gravante sul bene, in quanto, nel corso del giudizio civile di esecuzione, la questione dell’opponibilità dei sequestro penale alla procedura stessa ed alla vendita del bene pignorato era stata più volte sollevata e più giudici avevano espressamente ritenuto che il sequestro penale non ostava alla vendita del bene. Con un terzo motivo di ricorso osserva che l’interpretazione adottata dal giudice dell’esecuzione non sarebbe conforme ai principi espressi dalla corte EDU sulla compatibilità della confisca con la previsione dell’articolo 1 del primo protocollo addizionale CEDU, che ritiene pur sempre fondamentale il bilanciamento della gravità della sanzione, anche se in sé per sé legittima, con i diritti fondamentali del terzo innocente. 4. F.M.G. , quale erede della madre, C.D. , legale rappresentante della Sviluppo Immobiliare di C.D. & amp c. SAS e la società medesima rilevano che, ancor prima che la sentenza penale con la quale veniva disposta la confisca dei beni divenisse definitiva, venivano proposti due autonomi ricorsi alla Corte d’Appello di Firenze, all’epoca ancora competente, chiedendo la restituzione, alla società ed a C.D. , di alcuni immobili compresi tra quelli poi confiscati. La Corte d’Appello, con due diverse ordinanze, accoglieva in sede di esecuzione la domanda proposta dalla società, stabilendo che la confisca definitivamente disposta sui beni immobili fosse trascritta alla Conservatoria dei Registri Immobiliari con esclusione, però, del diritto di uso trentennale goduto dalla società e statuendo, nei confronti di C.D. , che la confisca definitivamente disposta sugli immobili venisse trascritta con esclusione del diritto di usufrutto goduto dalla stessa nella misura per ciascun immobile indicata. Aggiungono che tali ordinanze non erano oggetto di impugnazione da parte del pubblico ministero o altri soggetti, con la conseguenza che, al fine di concretizzare gli effetti di tali provvedimenti, le originali istanti proponevano ricorso per incidente di esecuzione affinché venisse ordinato al custode giudiziario dei compendi immobiliari, già oggetto di sequestro e poi di confisca, la restituzione alle istanti della quota dei frutti somme incassate per effetto della locazione degli immobili , prodotti dai compendi stessi nella misura corrispondente al titolo di ciascuna delle due istanti, con tutti gli accessori di legge. Fatta tale premessa, lamentano, con un unico motivo di ricorso, la violazione di legge, sostenendo che il giudice dell’esecuzione sarebbe incorso in un macroscopico errore nella individuazione dell’oggetto degli incidenti proposti congiuntamente dalle ricorrenti chiedendo, sostanzialmente, di ordinare al custode giudiziario di attivarsi per l’individuazione dei frutti poi da trasferire agli aventi diritto. Aggiungono che il giudice, verosimilmente fuorviato dalla richiesta del Pubblico Ministero, avrebbe considerato sostanzialmente irrilevanti i provvedimenti della Corte territoriale, ordinando al conservatore dei Registri Immobiliari di procedere alla cancellazione della trascrizione con esclusione del diritto di uso trentennale goduto dalla SAS Sviluppo Immobiliare disposta dalla Corte d’Appello di Firenze riguardo agli immobili indicati nell’ordinanza, con la conseguenza che il medesimo provvedimento non avrebbe ordinato anche la cancellazione dei diritti reali minori gravati sui beni confiscati goduti dalla D. in proprio, sicché sarebbe stato cancellato qualsiasi diritto reale minore della SAS sugli immobili confiscati, mentre non lo sarebbero quelli della D. che continuerebbero, quindi, a sussistere. Sarebbe però negata ad entrambe le ricorrenti, su basi evidentemente diverse tra loro, la restituzione dei frutti prodotti dai medesimi diritti sugli immobili. Tutti insistono, pertanto, per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono fondati nei termini di seguito specificati. 2. Va premesso che la ricostruzione della vicenda che si ricava dall’ordinanza impugnata è la seguente. Con due differenti decreti, del 5 marzo 2010 e del 12 marzo 2010, veniva disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, di numerosi beni immobili nell’ambito del procedimento penale che vedeva imputati C.C. e F.M.G. per violazioni tributarie, falso e ricettazione. Stralciata la posizione della F. , il C. veniva condannato in primo grado con sentenza del 19 novembre 2013 emessa a seguito di giudizio abbreviato. La sentenza veniva poi confermata dalla Corte d’Appello di Firenze il 9 Aprile 2015 e diveniva definitiva a seguito del rigetto del ricorso per cassazione con sentenza 35853 dell’11 maggio 2016. Ricorda l’ordinanza impugnata che già con la sentenza di primo grado era stata disposta la confisca degli immobili in sequestro e, sebbene il provvedimento ablativo fosse stato in primo grado disposto per equivalente, nel giudizio di appello lo stesso veniva espressamente qualificato come confisca diretta del profitto del reato, qualificazione poi confermata da questa Corte. Contestualmente al processo penale veniva attivata anche un’azione di espropriazione forzata, avente ad oggetto una parte dei beni immobili sequestrati su richiesta di alcuni creditori muniti di garanzia ipotecaria sui medesimi, trascritta in epoca precedente alla trascrizione dei sequestri preventivi disposti in sede penale. La procedura esecutiva civile terminava con la vendita all’asta degli immobili e con decreto di trasferimento trascritto in epoca successiva alla trascrizione del sequestro preventivo, ma prima della definitività della confisca. Con provvedimento del 7 giugno 2017 il GIP del Tribunale di Livorno, su richiesta dell’amministratore giudiziario dei beni sequestrati e confiscati, disponeva procedersi alla trascrizione della confisca, ritenendo la prevalenza di quest’ultima sulle azioni esecutive civili. Veniva conseguentemente proposto l’incidente di esecuzione definito con l’ordinanza oggi impugnata. 3. Così delineato lo sviluppo dei dati fattuali ritenuti rilevanti, osserva il Collegio che devono ritenersi pienamente condivise le argomentazioni sviluppate dal Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta, laddove rileva che, in tema di rapporto tra sequestro e confisca in sede penale e procedimento immobiliare in sede civile con riferimento alla posizione dei terzi acquirenti, difettando specifiche disposizioni che lo disciplinino, deve ritenersi che il legislatore abbia considerato ed ammesso la possibilità di una contemporanea pendenza di due procedimenti, cui consegue la possibilità di rinvenire un punto di coordinamento nel principio secondo il quale la confisca diretta del profitto, che nel caso in esame è individuato negli immobili con riferimento al reato di cui all’art. 11 d.lgs. 74/2000, non può attingere beni appartenenti a persone estranee al reato. 4. Fatta tale premessa, deve rilevarsi che l’ordinanza impugnata, dopo aver illustrato i fatti e argomentato sulla natura della confisca e dell’acquisto ad essa conseguente, nonché della risoluzione dei conflitti tra Stato e terzi, nell’esaminare la posizione del D. e della R. ha, dapprima, preso in considerazione le doglianze degli stessi relative alla dedotta buon fede circa la conoscenza del sequestro penale, ritenuto da costoro solo sommariamente segnalato con l’avviso di vendita, concludendo per la piena consapevolezza in capo ai predetti dell’esistenza del vincolo penale e disponendo la conferma della trascrizione della confisca. Va poi rilevato, tenuto conto anche del disposto dell’art. 2915 cod. civ., che l’opponibilità del vincolo penale al terzo acquirente in sede esecutiva dipende dalla trascrizione del sequestro ex art. 104 disp. att. cod. proc. pen. , che deve essere antecedente a quella del pignoramento immobiliare, venendo così a rappresentare il presupposto per la confisca anche successivamente all’acquisto. Diversamente, se la trascrizione del sequestro è successiva, il bene deve ritenersi appartenente al terzo pieno iure con conseguente impossibilità della confisca posteriore all’acquisto. A tale evenienza non può sopperire, tuttavia, la mera indicazione della trascrizione del sequestro ne bando di vendita, che non è elemento idoneo ad escludere la buona fede e consentire conseguentemente la confisca, poiché, come pure osservato dal Procuratore Generale, l’estraneità e, quindi, la buona fede, deve essere valutata rispetto al reato e non alle vicende del processo. 5. Venendo alle posizioni dei ricorrenti D. e R. va osservato che, pur essendo la confisca successiva all’acquisto immobiliare da parte di entrambi, per il D. la trascrizione del sequestro è successiva al pignoramento, mentre quella della R. è precedente, sebbene vada considerata anche, rispetto a quest’ultima, l’eventuale incidenza di quanto verificatosi nel giudizio civile e specificato nel secondo motivo di ricorso. Quanto ai ricorsi di F.M.G. e Sviluppo Immobiliare di C.D. & amp c. SAS il Collegio concorda, ancora una volta, con le osservazioni del PG, rilevando che il provvedimento impugnato, nell’escludere i diritti reali di godimento riconosciuti ai ricorrenti dalla Corte di appello di Firenze non si è posto la questione della competenza nei rapporti con la Corte medesima, non ha chiarito quale fosse il novum che gli avrebbe potuto consentire di modificare le precedenti statuizioni e non ha provveduto sulla domanda relativa i frutti. 6. Quanto sopra evidenziato comporta, pertanto, l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Livorno Ufficio GIP.