Il miraggio del “quinto comma”: alcuni criteri per valutare l'offensività dello spaccio di stupefacenti

La normativa in tema di stupefacenti tende a reprimere il mercato illegale della droga. Tale essendo il bene giuridico tutelato dalla fattispecie che punisce la cessione di stupefacenti, ne consegue che la tutela della vita o dell'incolumità personale del soggetto assuntore rappresenta uno scopo ulteriore della norma incriminatrice anzidetta. Da ciò ne discende ulteriormente che, per valutare il grado di offensività della condotta di spaccio, potrà tenersi conto anche di indici rivelatori dell'incidenza della condotta sulla capacità autodeterminativa dell'assuntore.

Così ha stabilito la Corte Suprema di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 50305/18 depositata il 7 novembre. MDMA la droga dello stupro. È questo il sinistro nome che è stato attribuito alla sostanza stupefacente denominata MDMA allenta i freni inibitori, genera affidamento nell'altro e, in definitiva, predispone chi la assume ad assecondarne le voglie sessuali. Nel – brutto – caso che ci occupa siamo di fronte ad una sequenza di reati uno più agghiacciante dell'altro un soggetto induce una giovane ad assumere quella terribile droga e ne abusa sessualmente. Già ce ne sarebbe quanto basta per accumulare numerosi anni di carcere, ma non è finita qui l'assunzione di quella sostanza in concentrazioni elevate provoca la morte della povera ragazza il cui cadavere viene infine occultato. Insomma, una storia tremenda, nella quale il valore della vita umana è stato svilito oltre ogni possibile immaginazione. Giudicato con il rito abbreviato, l'autore dell'efferata sequenza criminale viene condannato in primo e secondo grado a sei anni ed otto mesi di reclusione. Con il ricorso per cassazione, interposto dalla difesa, si mira a ottenere il riconoscimento dell'attenuante del fatto di lieve entità relativamente alla contestazione di acquisto ai fini di cessione dell'MDMA. Il quinto comma” la soluzione difensiva più ambita. Chi ha dimestichezza – professionale s'intende – con il reato di detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti sa benissimo che, a fronte di un fatto storico incontestabilmente accertato, l'unica soluzione per limitare il più possibile il trattamento sanzionatorio è quella di ottenere la qualificazione dei fatti ai sensi del c.d. quinto comma” della norma che incrimina la cessione di droga. Dopo gli interventi di riforma del 2013-2014 questa valvola di sicurezza ha assunto le fattezze della fattispecie autonoma di reato, riferita alle condotte di detenzione e cessione di droghe di minor offensività” - come dicono gli Ermellini nella decisione in commento – anziché quelle della circostanza attenuante che non sarebbe sfuggita al gioco del bilanciamento con eventuali aggravanti . La natura giuridica della previsione attenuata è ormai indubbia prova ne sia che essa è insensibile alla tipologia della sostanza stupefacente volta per volta considerata – la famosa distinzione tra droghe pesanti e leggere – e che, invece, influisce pesantemente sul trattamento sanzionatorio per le ipotesi di reato non lievi. Lo scopo della norma, come fra l'altro ha osservato la giurisprudenza di legittimità fino al 2014, è quello di svalutare la qualità” della droga per dare maggiore risalto ad altri parametri, tali da rivelarne la concreta e obiettiva ridotta portata offensiva”. Per esemplificare, si dovrà tenere conto delle circostanze di tempo e di luogo in cui è maturata l'azione, il contesto generale di riferimento, i mezzi impiegati per compiere l'azione, eccetera. Il bene giuridico deve guidare l'interprete per individuare il grado di offensività delle singole fattispecie. Gli Ermellini parlano chiaro il bene giuridico tutelato dalla norma in tema di cessione di stupefacenti non è – quantomeno in primo luogo – la salute collettiva o individuale degli assuntori. È, invece, l'interesse dello Stato a reprimere il traffico di droga. Però, aggiungono i Supremi Giudici, nel novero dei criteri da tenere in considerazione per decidere se una fattispecie è attenuata o meno, sicuramente ha un ruolo importante l'idoneità dello stupefacente a coartare la capacità di autodeterminazione dell'assuntore. Al maggior effetto drogante, quindi, corrisponde maggiore offensività della condotta. L'assunto è certamente condivisibile, non foss'altro perché la tutela della vita umana – che non era evidentemente nelle prime intenzioni di chi elaborò la disciplina in tema di stupefacenti – rientra a pieno titolo tra gli scopi protettivi delle fattispecie che ne incriminano, come nel caso di specie, la cessione.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 20 luglio – 7 novembre 2018, numero 50305 Presidente Izzo – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Perugia, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa all’esito di rito abbreviato dal Tribunale di Perugia ritenuti i delitti di cui ai capi A e C in concorso formale ed unificati sotto il vincolo della continuazione con il reato sub B, pena base per il reato di cui al capo A anni sei di reclusione ed Euro 27.000,00 di multa, aumentata ex articolo 81 cod. penumero ad anni dieci di reclusione ed Euro 45.000,00 di multa, ridotta per il rito ad anni sei e mesi otto di reclusione ed Euro 30.000,00 di multa, oltre alla pena di mesi due di reclusione per il reato di cui al capo D ed alla condanna al risarcimento del danno nei confronti delle costituite parti civili nei confronti di P.L. , imputato a del reato di cui agli articolo 61 numero 2 cod. penumero , 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 per aver acquistato un quantitativo imprecisato di sostanza stupefacente del tipo MDMA c.d. droga dello stupro al fine di cederlo a S.C. e per averlo successivamente ceduto alla stessa, già sciolto in una bottiglietta da mezzo litro, in concentrazioni tali da ingenerare intossicazione acuta mortale. Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di indurla a subire, in condizioni di inferiorità fisica e psichica, energiche penetrazioni vaginali e anali b del reato di cui agli articolo 609 bis, comma 2 numero 1, 609 ter, comma 1 numero 2, 609 septies, comma 4 numero 4, cod. penumero per aver indotto S.C. a compiere e subire atti sessuali consistenti in energiche penetrazioni vaginali e anali abusando delle sue condizioni di inferiorità fisica e psichica cagionate dall’assunzione di un quantitativo notevole di sostanza stupefacente del tipo MDMA c.d. droga dello stupro sciolta in una bottiglietta d’acqua da mezzo litro, quantitativo rinvenuto in concentrazioni ematiche pari a 8,930 microgrammi/ml, tale da ingenerare intossicazione acuta mortale c del reato di cui all’articolo 586 cod. penumero in relazione ai delitti di cui agli articolo 73 T.U. Stup. e 609 bis, comma 2 numero 1, 609 ter, comma 1 numero 2 per aver ceduto a S.C. la sostanza stupefacente del tipo MDMA nei quantitativi mortali di cui al capo A e per aver commesso in suo danno la violenza sessuale di cui al capo B, condotte dalle quali derivava, quale conseguenza non voluta dal colpevole ma comunque ipotizzabile in base ai comuni parametri della scienza medica e delle conoscenze medie in materia di sostenibilità di sostanze stupefacenti da parte della ragazza, diciannovenne e non abituata all’uso sistematico e in quantità considerevoli di sostanze stupefacenti, la morte della stessa S.C. , per miocardio-tossicità acuta da assunzione di MDMA in dose letale aggravata dall’incremento della produzione di catecolamine derivante dall’attività sessuale indotta di cui al capo B d del reato di cui all’articolo 412 cod. penumero per avere occultato il cadavere di S.C. nel sottobosco prospiciente il parcheggio della spiaggia , lungo la s.p. , altezza km 8+700, a seguito del decesso della medesima, avvenuto con le modalità di cui ai capi che precedono. In omissis . 2. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione Lorenzo Perrone per i seguenti motivi a erronea applicazione dell’articolo 73 T.U. Stup. perché il fatto avrebbe dovuto essere qualificato ai sensi dell’articolo 73, comma 5, T.U. Stup. i parametri utilizzati dalla Corte territoriale, ossia la qualità pesante della droga, il quantitativo superiore alla dose singola, l’assunzione mediante sorseggiamento, le finalità illecite dell’agente, non hanno messo in evidenza la particolare offensività della cessione con riguardo al bene tutelato dalla norma, concretato dalla salute pubblica e messo a rischio dalla diffusività della sostanza nella collettività b assenza di motivazione con riguardo alle doglianze mosse dalla difesa nei motivi di appello a proposito dell’assenza di prove in relazione al reato di violenza sessuale la Corte territoriale non ha replicato agli argomenti con i quali la difesa aveva evidenziato che fosse rimasto del tutto indimostrato che fra l’imputato e la vittima fosse intercorso un rapporto sessuale o che tale rapporto fosse stato consumato successivamente all’assunzione dello stupefacente, segnatamente l’ubicazione dell’autovettura in zona frequentata da bagnanti, la circostanza che la ragazza fosse stata ritrovata completamente vestita, la presenza di tracce di MDMA nei capelli della vittima, la compatibilità delle ecchimosi con la mobilizzazione del cadavere, il fatto che la sostanza MDMA non altera il comportamento e preserva le capacità volitive, a differenza del GhB nota come droga dello stupro , l’impossibilità di collocare esattamente nel tempo i rapporti sessuali e di stabilire se siano stati consumati prima o dopo l’assunzione della sostanza stupefacente, la circostanza che secondo i consulenti tecnici non vi sia stato un collegamento diretto tra l’attività sessuale che determina un aumento di catecolamine ed il decesso, l’impossibilità di affermare che il consenso prestato fosse viziato c manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui si è affermato che la vittima fosse consapevole e volesse assumere MDMA e, tuttavia, si è confermata la circostanza aggravante prevista dall’articolo 609 ter, comma 1 numero 2, cod. penumero , che presuppone che l’assunzione della sostanza stupefacente da parte della vittima non sia volontaria d erronea applicazione dell’articolo 62 bis cod. penumero perché il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato giustificato ricalcando gli elementi costitutivi dei reati contestati ovvero dati che ne costituiscono elemento intrinseco, quali la criminosa indifferenza verso la vita e la sofferenza, oltre che la libertà sessuale della vittima, la gravità dei fatti, l’età della vittima, il carattere insidioso delle condotte. 3. All’odierna udienza le parti civili S.L. e T.X.L. hanno concluso per l’inammissibilità o per il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Occorre premettere che la condotta di cessione di sostanza stupefacente del tipo MDMA autonomamente contestata al ricorrente è stata inquadrata dai giudici di merito, peraltro in linea con l’ipotesi accusatoria, nel più ampio contesto criminoso in cui si è svolta l’azione che ha condotto alla morte della giovane S.C. , ponendo in rilievo le modalità di tale condotta per come descritte dallo stesso imputato in particolare, i giudici di merito hanno basato il loro giudizio circa l’offensività del fatto sulla qualità della sostanza, droga pesante che produce effetti psico-stimolanti di sovraeccitazione e di affidamento nell’altro, con perdita di controllo, nonché una innaturale sensazione di benessere che sovrasta anche la percezione di sintomatologie dolorose, sulla quantità della sostanza, somministrata in misura nove/dieci volte superiore al quantitativo contenuto in una pasticca, sulle modalità di assunzione, dilazionata in sorsi equivalenti a più dosi in un tempo ravvicinato, sulle finalità illecite del cedente, che ha agito con l’obiettivo di ridurre le difese psico-fisiche della ragazza si è attribuito rilievo anche alla circostanza che il P. avesse preparato, prima di incontrare la ragazza, la bottiglia d’acqua nella quale aveva versato la sostanza stupefacente, di fatto impedendo in tal modo alla vittima di verificare il quantitativo che andava ad assumere. 1.1. Con il primo motivo di ricorso si è posta la questione dei parametri di giudizio ai quali i giudici si sarebbero dovuti attenere per valutare il grado di offensività della condotta applicando correttamente la legge penale, contestandosi il riferimento alla qualità della sostanza, alla quantità, alle insidiose modalità di assunzione, alle finalità illecite dell’agente, in quanto si tratterebbe di parametri non sintomatici di maggiore offensività della condotta in rapporto al bene tutelato dalla norma, ossia il pericolo di diffusione della sostanza nella collettività. 1.2. Giova ricordare che l’attuale disciplina normativa del fatto di lieve entità in materia di sostanze stupefacenti è il risultato di una prima modifica ad opera del decreto-legge 23 dicembre 2013, numero 146 conv. dalla legge 21 febbraio 2014, numero 10 e, successivamente, una volta intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale numero 32 del 2014 che avvertiva dell’irrilevanza del suo decisum rispetto alla disciplina del fatto di lieve entità, di un secondo intervento del legislatore con decreto-legge 20 marzo 2014, numero 36 conv. dalla legge 16 maggio 2014, numero 79 dopo questi interventi modificativi, l’interprete deve, oggi, confrontarsi con una previsione di reato autonoma riferita alle condotte di detenzione e cessione di droghe di minor offensività, connotata da elementi distonici rispetto alle fattispecie delittuose disciplinate dall’articolo 73, comma 1, T.U. Stup. e non più valutabile secondo il metro dell’ipotesi attenuata rispetto a queste ultime. È sufficiente sottolineare, a conferma della disomogeneità di tali ipotesi di reato, l’identità di regime sanzionatorio riconosciuta a tutte le fattispecie che siano da considerare lievi, indipendentemente dal tipo di sostanza cd. pesante o leggera che, invece, condiziona decisamente il diverso trattamento sanzionatorio delle ipotesi ordinarie . Il rilievo della natura della sostanza stupefacente è stato, in altre parole, non irragionevolmente Sez. 4, numero 10514 del 28/02/2014, Verderamo, Rv. 25936001 , svalutato a fronte di specifiche modalità del fatto criminoso, tali da rivelarne la concreta e obiettiva ridotta portata offensiva, suggerendo all’interprete di prestare attenzione, oltre che a singoli indici quali la quantità e la qualità della sostanza ceduta, anche alla complessiva portata della condotta nel contesto in cui si è svolta. Più in generale, la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che la fattispecie prevista dall’articolo 73, comma 5, T.U. Stup. continua, anche dopo le modifiche normative, a regolare ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione mezzi, modalità, circostanze dell’azione Sez. U, numero 35737 del 24/6/2010, Rico, Rv. 24791101 Sez. 3, numero 23945 del 29/04/2015, Xhihani, Rv. 26365101 Sez. 3, numero 27064 del 19/03/2014, Fontana, Rv. 25966401 . 1.3. Con la conseguenza che, ove le specifiche modalità del fatto non siano in concreto rivelatrici di tale, ridotta, portata offensiva, il differente rilievo attribuito dal legislatore alla natura della sostanza per quanto concerne il trattamento sanzionatorio delle ipotesi di reato non lievi impone, in primo luogo, di chiarire che la distinzione tra droghe c.d. leggere e droghe c.d. pesanti mantiene ancora oggi la sua autonoma incidenza rispetto ad altri elementi del fatto, quale parametro di offensività della condotta. Si tratta di indice rivelatore dell’obiettivo di sanzionare più severamente la condotta diffusiva di droghe che generano dipendenza e, nel tempo, comportano effetti dannosi stabili sul sistema nervoso. Tale rilievo è conforme a quanto sottolineato in una recente pronuncia del giudice delle leggi Corte Cost. numero 179 del 13 luglio 2017 , in cui si legge che Le due ipotesi di reato delineate rispettivamente dal comma 1 e dal comma 5 dell’articolo 73 sono due fattispecie autonome omissis . Deve rilevarsi però che, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di Rovereto, non si tratta di due fattispecie del tutto omogenee. Benché nelle due disposizioni le condotte siano descritte in termini analoghi e l’oggetto materiale sia parzialmente sovrapponibile, nondimeno merita di essere rimarcato che il fatto di non lieve entità di cui al comma 1 del citato articolo 73 riguarda le sole droghe pesanti , mentre il fatto di lieve entità di cui al comma 5 dello stesso articolo 73 si caratterizza per l’indistinzione tra i diversi tipi di droghe . Va tenuto presente, sotto altro profilo, che l’articolo 80 T.U. Stup. prevede un cospicuo aumento di pena quando le sostanze stupefacenti siano consegnate o destinate a minori, o siano adulterate o commiste ad altre in modo che ne risulti accentuata la potenzialità lesiva, se l’offerta o la cessione sia finalizzata ad ottenere prestazioni sessuali da parte di persona tossicodipendente o se la cessione sia effettuata all’interno o in prossimità di scuole, comunità giovanili, strutture per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti, se la cessione riguardi quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope. Si tratta di aggravamenti di pena indicativi del maggior disvalore, dunque della maggiore offensività, che il legislatore connette a condotte che si dirigano verso categorie la cui capacità di autodeterminazione sia più agevolmente aggredibile. 1.4. Il principio di offensività, che deve guidare l’interprete nell’individuazione del fatto tipico sanzionato dal legislatore penale, regola altresì il significato da attribuire ad espressioni lessicali vaghe come la lieve entità , cosicché si possa cogliere nel lessico legale una portata che esprima fenomenologie significative Sez. U, numero 40354 del 18/07/2013, Sciuscio, in motivazione , che giustifichino la diversa qualificazione del fatto. Qui l’interpretazione della norma sconta la modifica strutturale di una circostanza attenuante in fattispecie autonoma di reato, giacché alla complessiva portata del fatto in tutti i suoi elementi circostanziali rivelatori di minima offensività fa da contraltare la rilevanza attribuita al singolo indice, qualitativo o quantitativo o inerente alle modalità dell’azione, ritenuto sufficiente a far sussumere il fatto nell’ipotesi ordinaria . 1.5. Ma è, in definitiva, la corretta individuazione del bene giuridico tutelato dalla norma, su questo si concorda con l’impostazione difensiva, a costituire il faro per sceverare le condotte minimamente offensive da quelle che tali non sono. Secondo tale prospettazione, sulla premessa che il bene tutelato dalle norme che sanzionano penalmente la cessione delle sostanze stupefacenti sia l’interesse sociale ad evitare ogni diffusione delle sostanze droganti, né la qualità né la quantità e, ancor meno, le modalità di assunzione dello stupefacente o le finalità dell’agente costituirebbero, nel caso concreto, validi parametri di offensività del fatto in relazione al bene della salute pubblica. Ed, invero, la Corte di Cassazione, anche a Sezioni Unite Sez. U, numero 22676 del 22/01/2009, Ronci, Rv. 24338101 , ha più volte precisato che l’oggettività giuridica del delitto di cessione di sostanza stupefacente non è la tutela della vita o dell’incolumità fisica dell’assuntore, anche in ossequio a quanto affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza numero 333 del 10 luglio 1991, e che lo scopo immediato e diretto della legislazione in materia di stupefacenti è costituito dalla repressione del mercato illegale della droga. La legislazione in materia di sostanze stupefacenti non svolge, dunque, in via diretta un ruolo di prevenzione delle offese alla integrità fisica dei cittadini soltanto come scopo ulteriore, collocato sullo sfondo, è ravvisabile la tutela della salute pubblica, accanto alla tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico. D’altro canto, la natura astrattamente e genericamente pericolosa dell’attività è legislativamente segnalata dall’articolo 81 T.U. Stup., il quale prevede la possibilità che l’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope possa cagionare la morte o lesioni personali dell’assuntore e che in tal caso possano essere configurabili i reati di cui agli articolo 586, 589 o 590 cod. penumero per chi abbia determinato o agevolato tale uso, disponendo altresì una notevole riduzione delle pene previste dalle norme sugli stupefacenti se il colpevole presti assistenza alla persona offesa ed informi tempestivamente l’autorità sanitaria o di polizia. 1.6. Nondimeno, si deve ritenere indicativo di maggiore capacità diffusiva dello spaccio anche quel parametro che, indipendentemente dal grado di pericolosità per la salute del singolo, riveli l’idoneità della condotta a coartare la capacità di autodeterminazione dell’assuntore. A tale conclusione conduce il rilievo per cui tratto tipico della fattispecie è la concreta attitudine della sostanza ceduta ad influenzare in qualche misura l’attività neuropsichica del consumatore, in assenza della quale non vi è rilevanza penale del fatto per difetto di offensività Sez. U, numero 28605 del 24/04/2008, Di Salvia, Rv. 23992101 Sez. 6, numero 6928 del 13/12/2011, dep. 2012, Choukrallah, Rv. 25203601 Sez. 4, numero 21814 del 12/05/2010, Renna, Rv. 24747801 , così escludendo, alla luce del principio di offensività, la rilevanza penale di condotte di spaccio di dosi contenenti un principio attivo inferiore alla soglia drogante Sez. U, numero 9973 del 24/06/1998, Kremi, Rv. 21107301 . 1.7. Si può, conseguentemente, affermare, in linea con i citati principi interpretativi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, che per valutare l’offensività della condotta di spaccio si possa tenere conto anche di indici rivelatori del grado d’incidenza della condotta sulla capacità di autodeterminazione dell’assuntore. Per tale ragione risulta insindacabile il ragionamento della Corte di Appello, laddove ha valutato l’offensività in concreto della condotta, ponendo l’accento sulla qualità della sostanza e sul quantitativo destinati alla vittima, oltre che sulle modalità insidiose della cessione posta in essere dal P. , in quanto sintomatiche di una condotta pienamente idonea ad incidere significativamente sulla capacità di autodeterminazione della vittima, segnatamente sulla sua libertà sessuale. 2. Il secondo motivo è infondato. 2.1. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare le doglianze difensive concernenti la mancanza di prove relative alla consumazione del reato di cui al capo B . Nessuna replica sarebbe rinvenibile in merito ai seguenti argomenti difensivi - non è stato provato che vi sia stato rapporto sessuale tra l’imputato e la vittima o che il rapporto sessuale sia stato consumato successivamente all’assunzione dello stupefacente - è poco verosimile che un rapporto sessuale sia stato consumato all’interno di un’auto in orario tardo pomeridiano in un parcheggio prossimo alla spiaggia, frequentato da bagnanti numerose persone si sarebbero avvedute della consumazione di rapporti sessuali nel pomeriggio in un parcheggio dello stabilimento balneare della OMISSIS in altra ipotesi, la ragazza non sarebbe stata in grado, date le sue condizioni, di percorrere lunghe distanze a piedi - la ragazza fu rinvenuta completamente vestita e con i pantacollant correttamente infilati nel brevissimo lasso di tempo intercorso tra gli atti sessuali ed il decesso, così come affermato nella sentenza di primo grado, la vittima non avrebbe avuto modo di ricomporsi accuratamente - la presenza di tracce di MDMA nei capelli della giovane deponeva per l’assunzione di tale sostanza in altre occasioni, dunque, volontariamente - le ecchimosi riscontrate sul corpo della ragazza erano compatibili anche con la mobilizzazione del cadavere - la sostanza stupefacente non era GhB, nota anche come droga dello stupro ma MDMA, che ha la caratteristica di non alterare il comportamento e di preservare le capacità volitive - i consulenti del p.m. non hanno saputo collocare esattamente nel tempo i rapporti sessuali, che potrebbero essere avvenuti con persona diversa dall’imputato, ed hanno dichiarato che non vi fosse un collegamento diretto tra l’attività sessuale ed il decesso. 2.2. È ripetutamente affermato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione che, nella motivazione della sentenza, il giudice del gravame di merito non sia tenuto a compiere un’esplicita analisi di tutte le deduzioni delle parti né a fornire espressa spiegazione in merito al valore probatorio di tutte le emergenze istruttorie, essendo necessario e sufficiente che spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dalle quali si dovranno ritenere implicitamente disattese le opposte deduzioni difensive ancorché non apertamente confutate. In altre parole, non rappresenta vizio censurabile l’omesso esame critico di ogni questione sottoposta all’attenzione del giudice di merito qualora dal complessivo contesto argomentativo sia desumibile che alcune questioni siano state implicitamente rigettate o ritenute non decisive, essendo a tal fine sufficiente che la pronuncia enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono ritenuti determinanti per la formazione del convincimento del giudice Sez. 1, numero 46566 del 21/02/2017, M., Rv. 27122701 Sez.6, numero 49970 del 19/10/2012, Muià, Rv.25410701 Sez.4, numero 34747 del 17/05/2012, Parisi, Rv.25351201 . 2.3. Il ricorso in cui ci si dolga dell’omessa valutazione di taluni, dirimenti, elementi istruttori deve, inoltre, riprodurre integralmente l’atto asseritamente trascurato nel testo del ricorso, ovvero allegarne copia, ovvero individuare con precisione l’atto nel fascicolo processuale di merito, purché detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di Cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilità del ricorso, in base al combinato disposto degli articolo 581, comma 1, lett. c , e 591 cod. proc. penumero Sez. 3, numero 43322 del 02/07/2014, Sisti, Rv. 26099401 . 2.4. Tanto premesso in linea di principio, si osserva in primo luogo che il ricorrente ha formulato alcune critiche alla ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito richiamando, genericamente, talune valutazioni dei consulenti tecnici ci si riferisce agli effetti del MDMA sulla psiche e sul comportamento dell’assuntore, all’impossibilità di collocare nel tempo i rapporti sessuali, alla compatibilità delle ecchimosi con la mobilizzazione del cadavere, all’assenza di collegamento diretto tra l’attività sessuale ed il decesso ed elementi di fatto presenza nel parcheggio di molti bagnanti, permanenza dell’auto nel parcheggio fino al momento del decesso della ragazza senza specifica, indicazione dell’atto del processo nel quale essi fossero rinvenibili. 2.5. In ogni caso, dalla lettura integrata delle sentenze conformi di primo e di secondo grado, con le quali il ricorso omette di confrontarsi con la dovuta specificità, è agevolmente rinvenibile espressa o implicita smentita degli argomenti difensivi sopra elencati. Si tratta, in particolare, dei seguenti passaggi - P.L. aveva ammesso di essersi recato all’appuntamento con la ragazza, alle ore 10,30 del mattino, portando con sé una bottiglia da mezzo litro d’acqua nella quale aveva sciolto circa un grammo di MDMA e di aver sorseggiato con lei la mistura intorno alle 14,30-15, mentre passeggiavano sul lungolago - dalle ore 15,30 fino alle ore 17,30 la ragazza era stata vista da una testimone mentre era distesa supina sul sedile dell’auto dal lato passeggero, come se dormisse, per cui era da escludere che fino a quell’ora avesse ingerito la sostanza in quantità rilevanti, non essendo tale atteggiamento compatibile con gli effetti di sovraeccitazione provocati dall’assunzione della quantità rilevata nel corpo - la ragazza era deceduta tra le ore 19,00 e le ore 20,00 per intossicazione acuta mortale overdose , avendo assunto un quantitativo di sostanza stupefacente superiore di nove/dieci volte al quantitativo contenuto in una pasticca - l’esame autoptico aveva rivelato nel corpo della vittima sia la presenza di MDMA e di MDA, ecstasy , in concentrazioni ematiche pari a 8,930 microgrammi/ml, sia la presenza di lesioni in corrispondenza delle aree genitali, in regione vestibolare e perianali che avevano lasciato tracce ematiche sullo slip, compatibili con un’attività sessuale energica e con lo stato di eccitazione indotto dallo stupefacente - la presenza di ecchimosi anche estese, alcune delle quali di configurazione digitata, in regione glutea e lombare e sulle cosce, era coerente con afferramenti attuati nel corso delle diverse fasi dell’attività sessuale ed espressione della concitazione di essa - l’attività sessuale era stata praticata nelle ore immediatamente precedenti la morte, dovendo certamente inquadrarsi nell’arco della giornata del 13 luglio in quanto vi erano aspetti emorragici in atto al momento del decesso, ed aveva incrementato la produzione di catecolamine, che avevano accelerato l’evoluzione del quadro organico verso l’esito letale - la giovane età e l’inesperienza della ragazza, a fronte dell’età e dell’esperienza dell’imputato, anche in materia di droghe, rendevano del tutto inverosimile che la vittima avesse liberamente e consapevolmente scelto di assumere la sostanza con l’obiettivo di abbandonarsi senza freni inibitori ad un’esperienza forte - la predisposizione della bottiglia contenente la droga prima dell’incontro aveva, di fatto, impedito alla ragazza di verificare il quantitativo che stava assumendo e, per contro, costituiva prova dell’intento dell’imputato di ridurre la vittima in condizioni di inferiorità psichica e di sovraeccitarne i sensi, considerato che la MDMA è sostanza che provoca effetti psico-stimolanti di sovraeccitazione e di affidamento nell’altro con perdita di controllo nonché una innaturale sensazione di benessere che sovrasta anche la percezione di sintomatologie dolorose. 2.6. Valutato in aderenza ai dati istruttori sopra indicati, il giudizio di colpevolezza dell’imputato in relazione al reato di cui al capo B risulta sostenuto da motivazione completa e coerente, in alcun modo scardinata da asserite criticità su elementi circostanziali, quali il luogo in cui si sarebbe consumato il rapporto sessuale ovvero le ragioni per le quali la ragazza fosse vestita al momento del rinvenimento, laddove ogni altra argomentazione ha offerto ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo. 3. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato. 3.1. La Corte di Appello ha, infatti, precisato che sebbene la vittima avesse volontariamente assunto MDMA, la predisposizione della mistura prima dell’appuntamento non le aveva consentito di conoscere l’esatto quantitativo che il P. le avrebbe fatto assumere ed ha desunto, dalle insidiose modalità di somministrazione della sostanza, la sussistenza dello sfruttamento della conseguente condizione di inferiorità della ragazza. 3.2. Giova precisare che il delitto di violenza sessuale aggravato dall’abuso delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto si connota per il maggior disvalore attribuito alla condotta subdola di colui che abbia indotto o sfruttato situazioni che rendono la persona offesa particolarmente vulnerabile Sez. 3, numero 38787 del 23/06/2015, P, Rv. 26469801 tale fattispecie aggravata non presuppone, pertanto, che l’ingestione di alcolici o l’assunzione di sostanze stupefacenti siano involontarie, cosicché non è rinvenibile alcuna contraddizione nell’escludere ogni automatismo tra la volontaria assunzione di stupefacenti ed il consenso all’atto sessuale Sez. 3, numero 38059 del 11/07/2013, C, Rv. 25737401 per l’ipotesi di violenza sessuale compiuta ai danni di una persona addormentatasi a seguito dell’abuso di alcolici, Sez. 3, numero 1183 del 23/11/2011, dep.2012, E., Rv. 25180301 . 4. Il quarto motivo è manifestamente infondato. 4.1. Il Tribunale ha, infatti, fornito spiegazione del ragionamento posto a base del diniego delle circostanze attenuanti generiche, evidenziando la gravità dei fatti, la giovane età della vittima ed il carattere insidioso della condotta dell’imputato né il giudice del gravame è tenuto ad esaminare espressamente tutti gli argomenti difensivi, che possono ritenersi implicitamente rigettati ove incompatibili con le opposte ragioni valorizzate dal giudice. La Corte territoriale ha, peraltro, espressamente valutato le allegazioni difensive inerenti alla valenza positiva della condotta ammissiva dell’imputato ritenendola, a fronte della criminosa indifferenza verso la vita e la sofferenza oltre che la libertà sessuale della vittima manifestata dal P. , inidonea a giustificare un giudizio favorevole, perché intervenuta allorquando la polizia giudiziaria lo aveva già individuato ed identificato. A ciò deve aggiungersi che la valutazione degli elementi sui quali si fondano la concessione o il diniego delle attenuanti generiche, ovvero il giudizio di comparazione delle circostanze, nonché in generale la determinazione della pena, rientrano nei poteri discrezionali del giudice di merito, il cui esercizio, se effettuato nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’articolo 133 cod. penumero , è censurabile in Cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico. 4.2. Quanto al rilievo secondo cui il giudice di merito non avrebbe potuto prendere in considerazione gli elementi costitutivi dei reati contestati, né elementi intrinseci alle fattispecie criminose accertate, segnatamente la criminosa indifferenza verso la vita e la sofferenza oltre che la libertà sessuale della vittima , la gravità dei fatti, il carattere insidioso delle condotte, giova ricordare che per fondare un giudizio negativo è sufficiente anche un solo elemento rivelatore della personalità del colpevole o delle modalità esecutive del reato o dei reati, tanto più ove si tratti di un elemento che, permeando un contesto caratterizzato da più delitti posti in essere con un’unica azione, inevitabilmente travalichi l’ambito descrittivo della singola fattispecie criminosa. 5. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese in favore delle parti civili S.L. e T.X.L. , liquidate come in dispositivo. Ricorrono i presupposti di cui all’articolo 52, comma 2, d.lgs. 30 giugno 2003, numero 196, per cui va disposta, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettrica, l’omissione delle indicazioni delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese in favore delle parti civili S.L. , e T.X.L. , che liquida in complessivi Euro tremila oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’articolo 52 d. lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.