La motivazione richiesta al Tribunale di sorveglianza in caso di concessione della detenzione domiciliare

In tema di detenzione domiciliare, l’art. 47- ter , comma 1 -ter , l. n. 354/1975 dispone che quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 c.p., il Tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, può disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che può essere prorogato .

Sulla questione la Corte di Cassazione con sentenza n. 49972/18 depositata il 5 novembre. Il caso. Il Tribunale di sorveglianza disponeva la proroga del differimento dell’esecuzione della pena per motivi di salute nelle forme di detenzione domiciliare, nei confronti del detenuto, autorizzando il trasferimento di questi presso una struttura sanitaria assistita, per assicurare garanzie di maggiore idoneità a soddisfare le esigenze di salute del detenuto stesso. Non sarebbe apparso opportuno, sempre per il Tribunale di sorveglianza, il rientro del detenuto nella casa familiare, ossia nell’ambiente in cui erano maturati i reati. Avverso tale decisione del Tribunale, il detenuto, tramite difensore, propone ricorso in Cassazione, lamentando vizio di motivazione dell’organo giudicante. La misura alternativa. Per la Suprema Corte il ricorso appare fondato a tal proposito, sottolinea che la misura alternativa, di cui all’art. 47- ter , comma 1 -ter , l. n. 354/1975, può essere concessa nelle ipotesi in cui opererebbe il rinvio obbligatorio o facoltativo dell’esecuzione, ex artt. 146 e 147 c.p., anche al di fuori dei limiti edittali di pena previsti nel caso di detenzione domiciliare cosiddetta ordinaria. Infatti si tratta di una misura che mira al bilanciamento del diritto alla salute con le esigenze di difesa sociale e su tale misura il Tribunale di sorveglianza ha l’obbligo specifico di motivazione. Ma ciò non è avvenuto nel caso di specie, poiché il Tribunale ha adottato una motivazione carente sia sul fatto di non permettere al detenuto il rientro a casa, in funzione della salvaguardia del rischio di recidiva, sia per quanto riguarda la maggiore garanzia di tutela delle stesse esigenze di salute del detenuto. Per queste ragioni, la Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 18 luglio – 5 novembre 2018, n. 49972 Presidente Di Tomassi - Relatore Cairo Ritenuto in fatto e in diritto Il Tribunale di sorveglianza di Cagliari con l’ordinanza in epigrafe, in data 19 settembre 2017 disposto la proroga del differimento dell’esecuzione della pena per motivi di salute nelle forme della detenzione domiciliare, nei confronti di S.A. , confermando le prescrizioni in atto, proroga già concessa con ordinanza dell’11 giugno 2013, autorizzando il trasferimento presso una struttura sanitaria assistita. Contestualmente risulta respinta la richiesta di modifica del luogo della detenzione domiciliare escludendosi una sistemazione di tipo familiare. Ciò perché, da un lato, non sarebbe apparso opportuno il rientro del detenuto nell’ambiente in cui erano maturati i reati e, dall’altro, poiché la permanenza nella struttura sanitaria avrebbe assicurato garanzie di maggiore idoneità a soddisfare le esigenze di salute del detenuto. Il ricorso per cassazione nell’interesse di S.A. , a mezzo del difensore di fiducia, lamenta il vizio di motivazione e afferma, da un lato, l’insussistenza dei richiamati profili di inopportunità, atteso il lungo tempo trascorso dai reati e, dall’altro, il vizio di motivazione apparente sulla più efficace tutela della salute in una residenza assistita. Ancora si duole del mancato esame della relazione UEPE e della circostanza che la terapia in emodialisi era, comunque, svolta presso una struttura ospedaliera, con cadenza trisettimanale. Il ricorso è fondato per quanto si passa ad esporre. L’istituto di cui all’art. 47-ter comma 1-ter legge 26 luglio 1975, n. 354 è ispirato a finalità umanitarie e assistenziali. La misura alternativa può essere concessa nei casi in cui opererebbe il rinvio obbligatorio o facoltativo dell’esecuzione, ai sensi degli artt. 146 e 147 cod. pen., anche al di fuori dei limiti edittali di pena previsti per la detenzione domiciliare cd. ordinaria. Si tratta di uno strumento che bilancia il diritto alla salute e le esigenze di difesa sociale, misura su cui il tribunale di sorveglianza ha un onere specifico di motivazione. Nel caso di specie la motivazione adottata è effettivamente carente, sia dal punto di vista della ritenuta opportunità di non permettere il ritorno presso l’abitazione familiare, in funzione della salvaguardia del rischio di recidiva sia per quanto riguarda la maggiore garanzia di tutela delle stesse esigenze di salute del detenuto, nel contesto di un regime di RSA. Per il primo aspetto è corretta l’affermazione secondo cui il provvedimento impugnato non si confronta con i temi, pur positivi, messi in luce nella relazione UEPE. Si enuclea, poi, un rischio di recidiva, meramente astratto, senza indicare su quali basi fattuali e argomentative esso si fondi ed evocando la pura gravità dei fatti. La decisione non si confronta, tuttavia, con l’epoca di consumazione di essi e con il percorso trattamentale, comunque, svolto. Né basta il mero richiamo alla negazione di colpevolezza per ritenere concreta e attuale l’indicata condizione di pericolosità. Si deve osservare che il giudizio da esprimere, in funzione di un accertamento siffatto, assume carattere necessariamente concreto e composito. Il giudice, per assolvere all’onere di motivazione, non può limitarsi al mero richiamo della gravità del reato, senza prendere in considerazione il periodo trascorso in detenzione, l’epoca di consumazione e senza spiegare, soprattutto, la ragione per la quale, a fronte dei parametri anzidetti, il ritorno in un contesto familiare funzionale alla tutela delle esigenze di cura e salute potrebbe accentuare il ritenuto pericolo di recidiva. Corretti risultano, anche, i rilievi sulla omessa spiegazione delle ragioni per cui la residenza in contesto sanitario assistito risulterebbe maggiormente efficace per le esigenze di cura e salute del detenuto. Infatti, posta anche la natura umanitaria-assistenziale della misura, non si spiega perché sia preferibile una detenzione protratta presso la RSA, in luogo del privato domicilio. L’affermazione operata nell’impugnata ordinanza risulta apodittica. L’assistenza fisioterapica potrebbe essere eseguita parimenti presso l’abitazione privata e l’emodialisi è, in ogni caso, già assicurata presso un luogo esterno di cura ospedale . Alla luce di quanto premesso il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Cagliari per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Cagliari.