La nullità a regime intermedio nel caso di sostituzione “di fatto” del difensore d’ufficio già nominato

Secondo un principio enunciato più volte in passato dalla Suprema Corte di Cassazione, la sostituzione di fatto” del difensore d’ufficio già nominato, in assenza di nuova e formale nomina e della revoca del sostituto, determina una nullità a regime intermedio, la quale è sanata se non eccepita nei termini di cui all’art. 182, comma 2, c.p.p., immediatamente dopo il suo prodursi .

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 49855/18 depositata il 31 ottobre, chiamata a pronunciarsi su un ricorso promosso da due difensori di fiducia avverso l’ordinanza con cui il Tribunale confermava il provvedimento del GIP di rigetto dell’istanza finalizzata alla declaratoria di inefficacia della misura custodiale in atto a carico dell’imputato, per omesso avviso al difensore d’ufficio nominato al momento dell’adozione del titolo, risalente al 2017. La sostituzione del difensore. Innanzitutto occorre richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte secondo cui, l’omesso avviso dell’udienza al difensore di fiducia nominato tempestivamente dall’imputato o dal condannato comporta una nullità assoluta, ex artt. 178, comma 1, lett. c e 179, coma 1, c.p.p., nel caso in cui ne è obbligatoria la presenza, senza rilevare il fatto che la notifica sia stata effettuata al difensore d’ufficio e che in udienza sia stato presente un sostituto nominato ai sensi dell’art. 97, comma 4, c.p.p Nella fattispecie in esame, però, si è in presenza di una nullità a regime intermedio, così come correttamente individuato dal Tribunale, rifacendosi al principio di diritto secondo cui la sostituzione di fatto” del difensore d’ufficio già nominato, in assenza di nuova e formale nomina e della revoca del sostituto, determina una nullità a regime intermedio, la quale è sanata se non eccepita nei termini di cui all’art. 182, comma 2, c.p.p., immediatamente dopo il suo prodursi . Per questi motivi, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 settembre – 31 ottobre 2018, n. 49855 Presidente Fidelbo – Relatore Tronci Ritenuto in fatto 1. Con un unico atto a firma congiunta, i difensori di fiducia di P.C.C.E. ricorrono per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con cui il Tribunale di Palermo, adito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., ha confermato il provvedimento del g.i.p. dello stesso Tribunale, di rigetto dell’istanza finalizzata alla declaratoria d’inefficacia della misura custodiale in atto a carico del prevenuto, per omesso avviso al difensore d’ufficio nominato al momento dell’adozione del titolo genetico, risalente al 07.07.2017. 2. In primo luogo, assumono i legali ricorrenti che l’ordinanza impugnata, là dove attribuisce alla nomina del secondo difensore d’ufficio, ovvero dell’avv. Irene D’Angeli del Foro di Roma, effettuata peraltro dalla Polizia di Frontiera Area di Fiumicino successivamente al momento in cui veniva emessa la misura cautelare massimamente afflittiva in funzione dell’espletamento dell’interrogatorio di garanzia, delegato al g.i.p. del Tribunale di Roma , il significato di una implicita revoca della nomina precedente, a discapito del primo difensore d’ufficio , sarebbe incorsa nella violazione degli artt. 97 e 294 cod. proc. pen., rilevante ai sensi dell’art. 606 lett. b e c dello stesso codice di rito, atteso che la nomina del difensore d’ufficio risulta sottostare ai c.d. principio dell’immutabilità, in virtù del quale qualsiasi sostituzione del difensore che venga disposta senza alcun giustificato motivo si palesa, inevitabilmente, come illegittima e lesiva del diritto di difesa tutelato, peraltro, anche dall’art. 24 della Carta Costituzionale . Di qui l’assenza dei presupposti perché il g.i.p. delegato procedesse alla nomina , ovvero, per meglio dire, alla sostituzione di detto secondo difensore d’ufficio con altro, prontamente reperibile. Con l’ulteriore puntualizzazione che, all’atto della ricordata nomina dell’avv. D’Angeli, avvenuta il 21.02.2018 ad opera della p.g., in concomitanza con l’arresto dell’odierno ricorrente, l’avv. Avarello, inizialmente designato come legale d’ufficio, aveva concretamente espletato il proprio mandato, avendo regolarmente presenziato alle due udienze camerali celebratesi innanzi al g.u.p. di Palermo, rispettivamente il 13.02.2018 ed il 20.02.2018, ovvero quelle precedenti l’interrogatorio di garanzia, svoltosi, per l’appunto, a Roma il 26.02.2018 . Con un secondo motivo, i difensori ricorrenti - sempre a mente dell’art. 606, co. 1 lett. b e c , cod. proc. pen. - denunciano l’ulteriore profilo d’illegittimità dell’ordinanza in esame, per aver comunque ritenuto sanata la nullità di cui trattasi, ritenuta a regime intermedio, alla luce della mancata eccezione formulata in proposito da parte del difensore d’ufficio presente in sede d’interrogatorio e/o dallo stesso indagato. A tale riguardo si eccepisce che il detto difensore non avrebbe potuto eccepire alcunché, in quanto lo stesso non avrebbe potuto essere a conoscenza di tutti i passaggi pregressi che avevano caratterizzato fino a quel momento il complesso iter procedimentale di cui discutiamo , essendosi perciò al cospetto di un approdo interpretativo in contrasto con il diritto ad una difesa d’ufficio che possa dirsi effettiva . Di più ed a monte, si assume comunque che l’omissione dell’avviso dell’interrogatorio di garanzia integra una nullità di carattere assoluto e, pertanto, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento , in conformità all’insegnamento della più recente giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, a detto fine richiamata. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto non merita accoglimento e va pertanto disatteso, con le connesse statuizioni di cui in dispositivo. 2. È di tutta evidenza che, nella ricostruzione difensiva dei vari passaggi che hanno scandito la vicenda procedimentale oggi sottoposta all’attenzione del Collegio, risulta indebitamente svilito il dato centrale, ancorché opportunamente valorizzato dal Tribunale palermitano nell’ordinanza qui impugnata ossia che all’esito della comunicazione del formale arresto del P.C. , avvenuto nello scalo di Fiumicino, con contestuale designazione ad opera della p.g., in assenza di difensore di fiducia, di un legale d’ufficio disponibile, in persona dell’avv. Irene D’Angeli - il prevenuto, per come emerge dagli stessi atti allegati al ricorso, era stato tratto in arresto dalle Autorità portoghesi, in quanto colpito da m.a.e. emesso dall’A.G. di Palermo, ed era quindi giunto a Roma con volo della TAP, accompagnato da personale della Interpol - il g.i.p. del Tribunale di Palermo, con atto del 22.02.2018, delegò il proprio omologo del Tribunale di Roma all’espletamento dell’interrogatorio di garanzia dell’odierno ricorrente, significando che quest’ultimo era assistito d’ufficio dalla predetta avv. D’Angeli, in tal modo formalmente designata in luogo del precedente difensore d’ufficio, avv. Avarello. Tanto premesso, l’insistenza difensiva sulla violazione, in tal modo posta in essere, dell’art. 97 co. 5 cod. proc. pen., che subordina la possibilità di designazione di un nuovo difensore d’ufficio all’esistenza di un giustificato motivo - avendo peraltro l’avv. AVERELLO già dato corso al mandato a suo tempo conferitogli, a dimostrazione della concretezza della lesione del diritto di difesa cfr. Sez. 3, sent. n. 3837 dell’08.01.2009, Rv. 242668, nonché Sez. 4, sent. n. 1245 del 23.11.2017 - dep. 2018, Rv. 271937 - nulla toglie all’esistenza di un atto giuridico avente tale chiaro significato, ancorché affetto da nullità, che non può essere però ricondotta al paradigma dell’art. 179 del codice di rito, non essendo pertanto pertinente il richiamo all’autorevole e condiviso insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, di cui alla sentenza n. 24630 del 26.03.2015, Rv. 263598, a mente della quale L’omesso avviso dell’udienza al difensore di fiducia tempestivamente nominato dall’imputato o dal condannato, integra una nullità assoluta ai sensi degli artt. 178, comma primo lett. c e 179, comma primo cod.proc.pen., quando di esso è obbligatoria la presenza, a nulla rilevando che la notifica sia stata effettuata al difensore d’ufficio e che in udienza sia stato presente un sostituto nominato ex art. 97, comma quarto, cod.proc.pen. . Nella fattispecie, per contro, si è al cospetto di una nullità a regime intermedio, così come correttamente opinato dal Tribunale di Palermo, che ha a tal fine citato il principio, esattamente in termini, enunciato da Sez. 5, sent. n. 38381 del 10.02.2017, Rv. 271116, secondo cui, appunto, La sostituzione di fatto del difensore d’ufficio già nominato, in assenza di nuova e formale nomina e della revoca del sostituito, determina una nullità a regime intermedio, la quale è sanata se non eccepita nei termini di cui all’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., immediatamente dopo il suo prodursi . È invero evidente la radicale diversità delle fattispecie oggetto delle due sentenze testé richiamate, atteso che, nell’un caso, in nessun modo è consentito al giudice di derogare alla nomina esistente del difensore di fiducia da parte dell’imputato/indagato, mentre, nell’altro, la designazione di altro legale d’ufficio in luogo di quello precedentemente nominato è consentita dalla legge, ancorché subordinatamente alla presenza di validi motivi, la cui mancata allegazione rende l’atto invalido, ma non certamente tamquam non esset. Tanto premesso, non è discutibile che si sia prodotto l’effetto sanante previsto dall’art. 182 cod. proc. pen. il P.C. - così come l’ordinanza del Tribunale distrettuale della cautela non ha mancato di sottolineare - era perfettamente avvertito della iniziale nomina dell’avv. Averello quale difensore d’ufficio, onde ben avrebbe potuto eccepire la circostanza mentre, per altro verso, nulla impediva al difensore, designato quale sostituto processuale dell’avv. D’Angeli, di richiedere in visione gli atti trasmessi ed acquisire così cognizione dell’esistenza dell’iniziale nomina di cui si è detto. 3. Alla stregua delle esposte ragioni, il ricorso va quindi rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen