Il concomitante impegno dell’avvocato può non costituire legittimo impedimento

Quando un difensore deve comparire presso diverse sedi giudiziarie può sollevare l’istanza di differimento di un’udienza tramite una doppia allegazione della possibile designazione di un sostituto processuale e della richiesta di variazione d’orario, così da configurare un legittimo impedimento.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 49898/18, depositata il 2 novembre. Un sovrapporsi di impegni. All’imputato viene riconosciuta la penale responsabilità in relazione al delitto di furto aggravato di energia elettrica, fattispecie accertata sia in primo che in secondo grado. Nel primo grado l’imputato deduceva istanza di differimento dell’udienza dato l’imminente impegno professionale del proprio avvocato, impegno che avrebbe ostacolato la comparsa di quest’ultimo giudizio. Nel caso di specie, l’avvocato doveva comparire, a difesa di differenti imputati, presso una sede giudiziaria vicina. La richiesta attorea veniva rigettata sia in primo grado che in secondo grado secondo gli organi giudicanti infatti, l’impegno professionale del difensore non costituiva un legittimo impedimento. L’imputato ricorre quindi in Cassazione lamentato la violazione di legge in relazione al rigetto dell’istanza di differimento avanzata nei gradi di giudizio precedenti. Due allegazioni. La Suprema Corte ha sottolineato come l’impossibilità dell’avvocato di assumere la difesa per via di impegni, seppur di rappresentanza legale, fissati per la medesima data, non può confluire nel legittimo impedimento se sia del tutto aspecifica, ossia non fornisca elementi realmente ostanti alla partecipazione . Gli stessi Giudici di legittimità osservano che il legittimo impedimento del difensore atto a integrare una necessaria causa di rinvio dell’udienza, deve sottintendere un’assoluta impossibilità di comparire nello specifico, quando l’impedimento si configuri in un impegno professionale concomitate presso una sede giudiziaria diversa ma non lontana da quella in considerazione , è necessario che all’istanza di differimento dell’udienza venga allegata la verifica sia della possibile designazione di un sostituto processuale che quella della possibile variazione d’orario dell’udienza. Gli Ermellini rigettano quindi il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 18 ottobre – 2 novembre 2018, n. 49898 Presidente Piccialli – Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. F.V. , per il tramite del suo difensore di fiducia, ricorre avverso la sentenza con la quale, in data 2 novembre 2016, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la condanna emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Nola il 2 ottobre 2015 in relazione a delitto di furto aggravato di energia elettrica, accertato il omissis . Il ricorso consta di due motivi. 2. Con il primo l’esponente lamenta violazione di legge in relazione al rigetto, da parte della Corte di merito, della richiesta di annullamento dell’ordinanza di rigetto di istanza di differimento avanzata in primo grado, in occasione dell’udienza del 2 ottobre 2015. Deduce l’esponente che la motivazione resa sul punto dalla Corte distrettuale, a fronte di istanza fondata su un impegno professionale previsto in pari data, non teneva conto della complessità dell’impegno concomitante, costituito da un procedimento con rito direttissimo e per una grave imputazione rissa ex art. 588 cod.pen. in relazione alla quale lo stesso difensore assisteva due dei tre imputati. 3. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione in relazione alle prove fornite dall’imputato a sua discolpa non risponde a verità che non sia stata fornita idonea prova documentale dell’entità dei consumi nel periodo di cui al capo di accusa, atteso che nei mesi precedenti e successivi al giugno i consumi non erano inferiori dell’80%, ma erano invece corrispondenti a quelli dovuti, e che di tanto era stata fornita prova, mediante la produzione delle bollette. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, perché affetto da genericità e manifestamente infondato in ambo i motivi. 2. Quanto al primo, l’indicazione del ricorrente circa l’impossibilità, da parte del difensore, di assumere la difesa in occasione dell’udienza del 2 ottobre 2015 è del tutto aspecifica e non fornisce, al di là di un generico riferimento alla tipologia di reato, al rito direttissimo e al patrocinio di due coimputati, elementi realmente ostativi alla partecipazione, oltretutto presso lo stesso Tribunale di Nola, anche all’udienza celebrata in primo grado nell’ambito del presente giudizio. Sul punto, il richiamo della sentenza impugnata alle ragioni per le quali l’istanza di differimento era stata disattesa risulta affatto pertinente e corretto. Si ricorda che, per risalente ma mai disattesa giurisprudenza, perfino la concomitanza di impegno professionale in sede diversa ma vicina dev’essere valutata con particolare rigore si è ad esempio affermato che il legittimo impedimento del difensore, per integrare una causa necessaria di rinvio dell’udienza, deve implicare una assoluta impossibilità a comparire, cosicché, quando l’impedimento allegato consista in un impegno professionale concomitante presso una sede giudiziaria diversa ma non lontana da quella in considerazione, alla verifica della possibile designazione di un sostituto processuale deve aggiungersi quella di una possibile variazione d’orario dell’udienza, utile a consentire la partecipazione dell’interessato ad entrambi gli adempimenti cui è chiamato Sez. 5, n. 35469 del 04/06/2003, Daccò, Rv. 228325 . All’evidenza, tale rigore valutativo deve ritenersi ancor più accentuato allorché il concomitante impegno professionale sia nell’ambito dello stesso ufficio giudiziario. 3. Quanto al secondo motivo di ricorso, esso da un lato non si confronta con la constatazione dell’abusività dell’allaccio e dell’esorbitanza dei consumi che lo stesso ricorrente peraltro ammette per quanto concerne il mese di giugno e dall’altro si risolve nella sollecitazione a rivalutare il materiale probatorio raccolto nel giudizio di merito, in termini non compatibili con il presente giudizio di legittimità. 4. Ne deriva l’inammissibilità del ricorso, che priva di rilievo la questione del decorso del termine di prescrizione, peraltro ad oggi non intervenuto a cagione dei fatti sospensivi dello stesso. 5. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 2000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.