Le affermazioni meramente pregiudiziali del giudice non costituiscono causa di ricusazione

Il giudice che manifesta il proprio convincimento, esponendo un’anticipazione delle valutazioni sul merito della res iudicanda, ovvero inerente alla colpevolezza od innocenza dell’imputato parte del medesimo o di un diverso procedimento, afferma un’indebita manifestazione tale da costituire una legittima causa di ricusazione.

In tema di ricusazione del giudice, è rilevante l’esternazione del giudice espressiva di un convincimento privo di necessità funzionale e al di fuori di ogni collegamento con l’esercizio delle funzioni esercitate nella specifica fase procedimentale . Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 49580/18, depositata il 29 ottobre. Due procedimenti, una dichiarazione ambigua del giudice. Due soggetti organizzato la rapina di alcuni gioielli. L’esito di tale attività criminosa non è quella attesa dai rapinatori una convocazione a giudizio. Nondimeno un terzo soggetto, veniva considerato come probabile complice di suddetta fattispecie criminale, tale da condurlo ad essere l’imputato di un procedimento di prevenzione, giudizio tuttavia che ha affermato l’esclusione della consapevolezza dell’origine illecita dei gioielli trasportati dall’imputato stesso. In corso di quest’ultimo giudizio l’organo decidente era giunto all’assoluzione dell’imputato sollevando al contempo affermazioni inerenti ai soggetti pianificatori della rapina, fattispecie criminosa pendente in separato giudizio. Il difensore degli organizzatori - parti processuali del giudizio ancora pendente - davanti alle affermazioni esposte dal giudice del procedimento di prevenzioni, a seguito del rigetto della Corte d’Appello, ricorre in Cassazione continuando a sostenere la sussistenza di un’espressione pregiudicante, derivante dal giudice del procedimento di prevenzione. Irrilevanza dell’espressione. La questione che i Giudici di legittimità devono esaminare è se l’affermazione espressa nei confronti di imputati, parti processuali di un diverso procedimento al momento pendente davanti a un diverso organo giudiziario, possa costituire causa di ricusazione del giudice che ha rilasciato detta dichiarazione. La Suprema Corte ha sottolineato che l’esclusione della causa di ricusazione è legittima nel caso in cui il giudice che rilascia l’affermazione e chiamato a decidere della misura interiettiva nei conforti di un imputato del medesimo o differente procedimento, abbia espresso considerazioni sul contesto organizzativo e decisionale prive di effetti pregiudicanti tali da non incidere sull’imparzialità del giudicante di un autonomo procedimento pendente. Nel caso di specie, le affermazioni espresse nel giudizio di prevenzione erano volte ad apprezzare la possibile pericolosità sociale dell’imputato senza esplicare alcun vincolo nei confronti degli organizzatori della rapina. Gli Ermellini pertanto rigettano il ricorso e riconoscono come legittima l’esclusione della causa di ricusazione per il giudice del procedimento di prevenzione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 – 29 ottobre 2018, n. 49580 Presidente Villoni – Relatore Corbo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 30 novembre 2017 e depositata il 5 dicembre 2017, la Corte d’appello di Milano ha rigettato la dichiarazione di ricusazione proposta dal difensore di G.G. e S.P. nei confronti del dott. S.d.B.B. , componente del Collegio giudicante d’appello nel processo penale n. 5848/2016 a loro carico, ritenendo che non fosse ravvisabile, come invece dedotto dagli istanti, un’attività pregiudicante determinata dall’adozione di un provvedimento nell’ambito di un procedimento di prevenzione nei confronti di M.A. . 2. Ha presentato ricorso avverso l’ordinanza indicata in epigrafe l’avvocato Antonio Ranieli, quale difensore di G.G. e S.P. , formulando un unico motivo, con il quale si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., avendo riguardo alla motivazione concernente l’insussistenza di un’attività pregiudicante costituente causa di ricusazione. Si deduce che il dott. S.d.B.B. , nel provvedimento di prevenzione a carico di M.A. , ha riferito testualmente di gioielli provento di rapina, e ricettati da G.G. , nonché di dialoghi intercettati tra questi e la fidanzata S. per far portare i preziosi da tale N. al fine di trarne un guadagno, ed ha indicato queste come circostanze senz’altro incontestabili . Si aggiunge che l’affermazione è direttamente connessa all’oggetto dello specifico esame affrontato nel procedimento di prevenzione, ovvero il concorso del M. con il G. e la S. nel reato di ricettazione , procedimento poi concluso con l’affermazione della mancanza della consapevolezza del primo in ordine alla provenienza illecita dei gioielli. Si osserva, quindi, che le argomentazioni del provvedimento impugnato non risolvono il problema delle affermazioni contenute nel provvedimento di prevenzione nei confronti di G.G. e S.P. , ma attengono, di fatto, a quanto osservato nel medesimo decreto in relazione alla diversa posizione di M.A. . Considerato in diritto 1. I ricorsi sono manifestamente infondati per le ragioni di seguito precisate. 2. La questione da esaminare è se costituisce causa di ricusazione del giudice chiamato a decidere sulla responsabilità penale di un imputato l’affermazione espressa in relazione al medesimo nell’ambito di un diverso procedimento pendente nei confronti di altri soggetti. 2.1. La sentenza della Corte costituzionale n. 283 del 2000 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sulla responsabilità di un imputato, abbia espresso in altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto . Nella medesima sentenza, tuttavia, la Corte costituzionale ha, in chiusura, sottolineato La funzione pregiudicata va a sua volta individuata in una decisione attinente alla responsabilità penale, essendo necessario, perché si verifichi un pregiudizio per l’imparzialità, che il giudice sia chiamato ad esprimere una valutazione di merito collegata alla decisione finale della causa. Si deve comunque precisare che, alla stregua dei rapporti sistematici tra incompatibilità e cause di astensione-ricusazione, queste ultime, ove si sostanzino nella manifestazione di un convincimento espresso in un diverso procedimento, sono caratterizzate dalla loro non idoneità ad essere tipicizzate preventivamente dal legislatore, in quanto la loro stessa natura impone che sia il giudice, nell’ambito della cornice generale delineata dalla legge, ad accertare in concreto e caso per caso l’effetto pregiudicante per l’imparzialità. Sarà dunque l’elaborazione giurisprudenziale, così come è avvenuto per le cause di astensione e di ricusazione già previste nel codice, a definire i vari casi di applicazione di questa causa di ricusazione . 2.2. Proprio sviluppando queste indicazioni, successivamente, le Sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio di diritto costituisce indebita manifestazione del proprio convincimento da parte del giudice, prevista come causa di ricusazione dall’art. 37, comma 1, lett. b c.p.p., l’anticipazione di valutazioni sul merito della res iudicanda, ovvero sulla colpevolezza od innocenza dell’imputato in ordine ai fatti oggetto del processo, compiuta sia all’interno del medesimo procedimento che in un procedimento diverso senza che tali valutazioni siano imposte o giustificate dalle sequenze procedimentali previste dalla legge od allorché esse invadano senza necessità e senza nesso funzionale con l’atto da compiere l’ambito della decisione finale di merito, anticipandone in tutto od in parte gli esiti così Sez. U, n. 41263 del 27/09/2005, Falzone, Rv. 232067 . La successiva elaborazione giurisprudenziale si è mossa sulla falsariga dell’indicato principio. Da un lato, infatti, si è ripetutamente sottolineato che le norme che prevedono le cause di ricusazione sono norme eccezionali e, come tali, di stretta interpretazione, sia perché determinano limiti all’esercizio del potere giurisdizionale ed alla capacità del giudice, sia perché consentono un’ingerenza delle parti nella materia dell’ordinamento giudiziario, che attiene al rapporto di diritto pubblico fra Stato e giudice cfr., tra le tante, Sez. 5, n. 11980 del 07/12/2017, dep. 2018, Di Marco, Rv. 272845, e Sez. 6, n. 14 del 18/09/2013, dep. 2014, Mancuso, Rv. 258449 . Dall’altro, poi, si è evidenziato che il carattere indebito della manifestazione del convincimento del giudice sui fatti oggetto dell’imputazione richiede che l’esternazione venga espressa senza alcuna necessità funzionale e al di fuori di ogni collegamento con l’esercizio delle funzioni esercitate nella specifica fase procedimentale v., tra le altre, Sez. 5, n. 3033 del 30/11/2017, dep. 2018, Romeo Gestioni s.p.a., Rv. 272274, e Sez. 3, n. 17868 del 17/03/2009, Nicolasi, Rv. 243713 . In questo ordine di idee, si è ritenuto che è legittima l’esclusione della causa di ricusazione nel caso in cui lo stesso giudice per le indagini preliminari, chiamato a decidere della misura interdittiva nei confronti dell’ente, nell’ambito del medesimo procedimento, aveva espresso considerazioni sul contesto organizzativo e decisionale della società in un precedente provvedimento cautelare nei confronti dell’indagato, persona fisica e socio dell’ente così esattamente Sez. 5, n. 3033 del 2018, Romeo Gestioni s.p.a., cit. . 2.3. La complessiva elaborazione della giurisprudenza, ordinaria e costituzionale, quindi, impone di accertare se la precedente valutazione sia avvenuta indebitamente e, comunque, se abbia prodotto un effetto pregiudicante per l’imparzialità del giudice chiamato a decidere, da accertare caso per caso. Muovendo da questa premessa, però, sembra ragionevole ritenere che un concreto pregiudizio non può essere desunto da un’affermazione legittimamente compiuta nell’ambito di un procedimento a carico di terzi, quando l’enunciato abbia avuto un carattere meramente pregiudiziale rispetto al giudizio nei confronti del terzo, ed in una prospettiva strettamente funzionale a questo giudizio. Invero, la pronuncia dell’affermazione contestata nel giudizio relativo a terzi non solo non esplica alcuna efficacia vincolante nei confronti della persona che si assume pregiudicata, ma è avvenuta al di fuori del contraddittorio con la stessa, sicché il giudice chiamato ad emettere la nuova decisione valuterà la questione in una dimensione completamente diversa è solo nel nuovo procedimento che la persona asseritamente pregiudicata potrà esporre le proprie ragioni ed il giudice potrà valutare gli elementi ed argomenti dalla medesima dedotti. 3. In applicazione degli indicati principi, le affermazioni richiamate dalla difesa sulla ricettazione di gioielli attribuibile a G.G. e a S.P. non sono idonee a costituire causa di ricusazione. Ed infatti, le richiamate affermazioni sono state pronunciate in un procedimento di prevenzione a carico di un terzo, M.A. , ed erano funzionali a consentire di apprezzare se a quest’ultimo fossero riferibili fatti illeciti su cui fondare un giudizio prognostico di pericolosità sociale. Di conseguenza, le stesse non esplicano alcun vincolo nei confronti di G.G. e S.P. , ed il giudice, nel processo ora pendente, dovrà esaminare la questione in una prospettiva completamente diversa, innanzitutto perché in contraddittorio con questi imputati. Si può aggiungere, per completezza, che, siccome la proposta di applicazione della misura di prevenzione nei confronti di M. è stata respinta, ed è stata anche esclusa l’ipotizzabilità a suo carico di una ricettazione dei gioielli ricevuti da G. e S. , l’affermazione asseritamente pregiudicante non ha prodotto alcuna conseguenza giuridicamente apprezzabile nemmeno nel procedimento originario. 4. Alla dichiarazione di inammissibilità delle impugnazioni segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché di ciascuno di essi singolarmente - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro duemila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, al versamento della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.