Palpeggiamenti in metropolitana: condannato per violenza sessuale

Sono 42 i mesi di reclusione per il maniaco che ha prima toccato le natiche di una ragazzina di 14 anni e poi le si è appoggiato addosso. Ricostruito l’episodio, per i Giudici è evidente la gravità delle condotte tenute dall’uomo.

Prima l’ha seguita nei locali della metropolitana di Napoli, poi l’ha raggiunta e le ha palpeggiato le natiche, e infine le si è appoggiato addosso. Vittima una ragazzina di 14 anni, che ha vissuto momenti da incubo a causa di un maniaco di circa 30 anni. Per quest’ultimo inevitabile è arrivata la condanna per violenza sessuale”, con pena fissata in 3 anni e 6 mesi di reclusione Corte di Cassazione, sentenza n. 49182/18, sez. III Penale, depositata oggi . Violenza. Ricostruito nei dettagli il bruttissimo episodio verificatosi nella metropolitana di Napoli, il GUP del Tribunale prima e i giudici della Corte d’Appello poi considerando indiscutibile la colpevolezza dell’uomo identificato dalla vittima – una ragazza di appena 14 anni – come il maniaco che l’ha molestata. Per i Giudici, però, le condotte compiute dall’uomo, cioè il palpeggiare le natiche della ragazza e l’appoggiarsi con violenza sul corpo di lei con il membro in erezione , sono catalogabili come violenza sessuale consumata . Ecco spiegata la pena fissata in 42 mesi di reclusione. A chiudere il cerchio provvede ora la Cassazione, confermando la condanna emessa in Appello. Nessun dubbio sull’episodio. A certificarlo non solo i racconti della ragazza quattordicenne, ma anche le parole del maniaco, il quale con una frase circa il luogo dell’aggressione – Questa ragazza dice che l’ho toccata sotto la metropolitana” – si è dichiarato implicitamente colpevole, poiché se innocente, non avrebbe potuto riconoscere detto luogo come quello dell’aggressione e fornire, spontaneamente e precisamente, dette circostanze . Nessuna discussione, infine, sulla catalogazione dei comportamenti dell’uomo. A questo proposito, i Giudici della Cassazione ribadiscono che si deve parlare di violenza sessuale consumata quando ci si trova di fronte a toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime della vittima, o, comunque, su zone erogene suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale, anche in modo non completo o di breve durata , essendo irrilevante il conseguimento della soddisfazione erotica .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 maggio – 29 ottobre 2018, n. 49182 Presidente Cavallo – Relatore Ciriello Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 05.07.2017 la Corte di appello di Napoli, per quanto qui rileva, ha confermato la sentenza emessa dal G.U.P. presso il Tribunale di Napoli con la quale Fa. Ca., a seguito di giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione, oltre spese processuali e pene accessorie, in ordine al reato di cui all'art. 609 bis c.p., ritenuta l'attenuante di cui al comma 3 della disposizione e applicato l'aumento per la recidiva, perché, con violenza consistita nel sorprendere la minore Mo. Cl. all'interno dei locali della metropolitana, costringeva quest'ultima a subire atti sessuali consistiti nel palpeggiarla sulle natiche prima di appoggiarsi con violenza sul suo corpo con il membro in erezione. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato, a mezzo di difensore di fiducia, chiedendone l'annullamento. 2.1. Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto il vizio di violazione di legge in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata in relazione agli att. 195 cod. proc.pen. e 120 cod. pen, in quanto avrebbe fondato l'affermazione della responsabilità dell'imputato sulla querela, atto privo di rilievo probatorio in quanto proposto non dalla minore, persona offesa, bensì dal padre della stessa, terzo dichiarante de relato. In particolare, nella prospettazione difensiva, l'atto di querela non sarebbe stato utilizzabile perché non sottoscritto dalla minore, alla quale è riconosciuto diritto di querela ai sensi dell'art. 120 co. 3 c.p. in quanto ultraquattordicenne, risultando insufficienti, ai fini della condanna le dichiarazioni rese dalla persona offesa, che non avrebbe confermato precisamente il contenuto della querela parlando genericamente di un'aggressione. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha dedotto il vizio di violazione di legge in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata con riguardo agli artt. 361, 364 e 370 c.p.p., nel combinato disposto con gli artt. 213 e 214 c.p.p., in relazione all'art. 179 c.p.p. in quanto erroneamente il giudice aveva ritenuto che al momento della ricognizione personale, l'imputato non fosse stato ancora iscritto nel registro degli indagati. Ed infatti essendo egli iscritto in tale registro ed avendo egli già assunto la qualifica di indagato, l'atto di ricognizione sarebbe dovuto avvenire alla necessaria presenza del suo difensore di fiducia. 2.3. Con il terzo motivo, collegato al precedente, il difensore ha sollevato una questione di legittimità costituzionale degli artt. 361, 364 e 370 c.p.p. in relazione agli artt. 179 c.p.p., 24 Cost. e 6 C.E.D.U, in quanto le norme suddette, ove interpretate nel senso ritenuto dal giudice di merito, sarebbero violative del diritto di difesa di cui all'art. 24 Cost. e 6 C.E.D.U nella parte in cui non prevedono la necessaria presenza del difensore all'atto di ricognizione personale quando il soggetto risulti iscritto nel registro degli indagati . Considerato in diritto 3. Il ricorso è inammissibile. 3.1. Il ricorrente si è sottoposto al giudizio abbreviato, che, come è noto, costituisce un procedimento a prova contratta , alla cui base è identificabile un patteggiamento negoziale sul rito, a mezzo del quale le parti accettano che la res judicanda sia definita all'udienza preliminare alla stregua degli atti di indagine già acquisiti e rinunciano a chiedere ulteriori mezzi di prova, così consentendo di attribuire agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari quel valore probatorio di cui essi sono normalmente sprovvisti nel giudizio che si svolge invece nelle forme ordinarie del dibattimento . S.U. Sentenza n. 16 del 21/06/2000 Ud. Dep. 30/06/2000 Rv. 216246 cd. S.U. Tammaro . In tale contesto è stato ulteriormente chiarito che la querela può essere utilizzata come mezzo di prova anche in relazione al suo contenuto, in quanto la scelta dell'imputato di procedere con tale rito alternativo rende utilizzabili tutti gli atti, legalmente compiuti o formati, che siano stati acquisiti al fascicolo del pubblico ministero Cass. Sez. 5, Sen n. 46473 del 22/04/2014 Ud. dep 11/11/2014 Rv. 261006 . 3.2. Alla luce di ciò risulta inammissibile il motivo con il quale il ricorrente si duole di come, nel caso di specie, il contenuto della querela sottoscritta solo dal genitore della minore che ha compiuto i sedici anni di età sia stata utilizzata come prova ai fini della ricostruzione del fatto, con conseguente violazione di legge come in fatto indicato. Tale doglianza, invero risulta carente del requisito di specificità ex art 581 lett. c cod. proc. pen., non confrontandosi con le statuizioni della sentenza, che pervenendo con doppia conforme all'affermazione della responsabilità del ricorrente, evidenzia come le rilevate discrasie in ordine al luogo dell'aggressione, tra quanto narrato in sede di denuncia da parte del padre della minore e le statuizioni della sentenza di primo grado, siano del tutto irrilevanti rispetto al fatto oggetto di imputazione, non riguardando le stesse il nucleo centrale dei fatti oggetto di imputazione, ossia gli avvenuti palpeggiamenti e toccamenti posti in essere all'interno della Stazione Metropolitana, cui è seguita la fuga della persona offesa che, essendo inseguita, si è rifugiata nell'ascensore della stessa stazione ove non sono avvenute ulteriori aggressioni risultando irrilevanti i rilievi difensivi riguardo ai fatti narrati relativi a tale momento . 4.2. Né risulta che la decisione della sentenza sia fondata esclusivamente sul contenuto della denuncia, in quanto in ordine alla responsabilità del ricorrente va rilevato che la p.o. ha da prima operato un riconoscimento fotografico il primo avvenuto tra n. 47 foto mostrate avendo precisamente descritto l'abbigliamento dallo stesso tenuto e riconosciuto anche il tipo di scarpa Nike sequestrato all'imputato a seguito di perquisizione domiciliare. 4.3. Correttamente la sentenza impugnata ha poi valorizzato anche una frase pronunciata dall'imputato, circa il luogo dell'aggressione indicato dalla p.o. questa ragazza dice che l'ho toccata sotto la metropolitana - ma non quindi nel vagone o in ascensore, aggressione non riuscita e che non è stata ritenuta rilevante - che ha confermato secondo i giudici di appello la fondatezza dell'accusa, non potendo il ricorrente, se innocente, riconoscere detto luogo come quello dell'aggressione e fornire, spontaneamente e precisamente, dette circostanze del quale egli non era stato edotto. 4.4. Con motivazione adeguata, in conclusione, la Corte territoriale ha confermato la responsabilità, rispetto al nucleo centrale dei fatti palpeggiamenti e toccamenti avvenuti all'interno della Stazione, come emerge dal racconto della p.o, dalla denuncia del padre, nonché, infine, dalle dichiarazioni dello stesso imputato , neppure potendo dubitarsi della correttezza della qualificazione dei fatti ex art 609 bis, cod. pen. come interpretato dalla giurisprudenza di questa sezione, secondo cui integra la fattispecie criminosa di violenza sessuale nella forma consumata, e non tentata, la condotta che si estrinsechi in toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime della vittima, o, comunque, su zone erogene suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale, anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo a tal fine irrilevante che il soggetto attivo consegua la soddisfazione erotica Cass. Sez. 3 sentenza. N. 12506 del 23/02/2011 Ud. dep. 28/03/2011 Rv. 249758 . 5. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile, con assorbimento per irrilevanza del terzo motivo. 5.1. Questa corte, infatti, ha avuto modo di chiarire che il giudice dell'impugnazione non è tenuto a dichiarare preventivamente l'inutilizzabilità della prova contestata qualora ritenga di poterne prescindere per la decisione, ricorrendo al cosiddetto criterio di resistenza , applicabile anche nel giudizio di legittimità. Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'imputato che si doleva della mancata dichiarazione di inutilizzabilità delle dichiarazioni da lui rese in assenza di difensore in flagranza di arresto, poiché non esistevano elementi che facessero ritenere che, senza tali dichiarazioni, il giudizio conclusivo sarebbe stato diverso . Sez. 2, Sentenza n. 30271 del 11/05/2017 Ud. dep. 16/06/2017 Rv. 270303, nonché cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3207 del 02/10/2014 Ud. dep. 23/01/2015 Rv. 262011 . 5.2.- Nel caso di specie, in particolare, pur ricorrendo la dedotta violazione di legge giacché la delega del PM riguardante la ricognizione di persona avvenne senza la presenza del difensore -come emerge dalle produzioni documentali allegate dal ricorrente - quando il ricorrente era già iscritto nel registro degli indagati, in violazione del diritto del difensore ad essere avvisato degli atti cd garantiti, ai sensi dell'art. 364 cod. proc. pen. , la stessa non è rilevante ai fini della dedotta nullità. Ed infatti, anche con l'espunzione della prova illegittimamente acquisita, non risulterebbe sovvertita l'affermazione di responsabilità fondata dal giudice di merito, come visto, sul restante materiale probatorio non superandosi, quindi, quella prova di resistenza come sopra richiamata ed affermata dalla costante giurisprudenza di questa Corte . Eliminando, dunque, la ricognizione del 13.06.2016, residuano a carico dell'imputato, come evidenziato in sede di esame del primo motivo di ricorso, il riconoscimento fotografico, avvenuto nonostante siano state mostrate un numero considerevole di foto, il rinvenimento di scarpe corrispondenti quanto alla marca a quelle che l'imputato indossava il giorno dell'aggressione, le ammissioni da parte dello stesso imputato, che mostrava di conoscere particolari inerenti al fatto toccamenti e al luogo sotto la metropolitana dei quali non poteva essere a conoscenza se fosse stato estraneo ai fatti. 6. Da ciò discende l'inammissibilità del ricorso, con assorbimento del terzo motivo riguardante la questione di legittimità costituzionale relativa all'interpretazione data dalla Corte territoriale della ricognizione e dell'omesso avviso al difensore della stessa, non rilevante, nello specifico, come chiarito . Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.