Problemi di salute per il presunto ‘ndranghetista: confermata la custodia in carcere

Il detenuto è accusato di avere fatto parte di un’associazione mafiosa. Consequenziale l’applicazione della custodia in carcere. Irrilevante il richiamo difensivo alla patologia tumorale che lo ha colpito e lo ha obbligato a subire un’invasiva operazione chirurgica. Respinta perciò l’ipotesi della concessione degli arresti domiciliari.

Sotto accusa per la – presunta – appartenenza a una cosca della ‘ndrangheta. Consequenziale per i Giudici l’applicazione della custodia cautelare in carcere. E questa misura viene ritenuta legittima anche dalla Cassazione, nonostante le precarie condizioni di salute della persona costretta dietro le sbarre e sottoposta a un invasivo intervento di chirurgia per far fronte a una seria patologia tumorale Cassazione, sentenza n. 48619/18, sez. V Penale, depositata oggi . Carcere. Prima il GIP e poi il Tribunale respingono la richiesta avanzata dal presunto ‘ndranghetista e finalizzata ad ottenere la sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura meno afflittiva degli arresti domiciliari . Inutile il richiamo difensivo alle condizioni di salute dell’uomo, affetto da patologia tumorale e sottoposto a un importante intervento chirurgico . Per i giudici, difatti, non si può ignorare la relazione del perito, che ha concluso che la restrizione carceraria non è incompatibile con le cure , e di conseguenza si può affermare che è possibile anche in ambiente carcerario approntare quei monitoraggi e quelle eventuali cure necessarie a seguito dell’operazione di chirurgia subita dall’uomo. Peraltro, viene osservato, proprio il Tribunale ha ordinato alla direzione del carcere di provvedere a tutti quei presidi sanitari imposti dal decorso operatorio . Condizioni di salute. Il legale della persona sotto accusa ribadisce però le rimostranze del proprio cliente, proponendo ricorso in Cassazione e ponendone in evidenza le gravi problematiche di salute – frutto anche di un intervento chirurgico demolitivo addominale –, problematiche affrontabili, a suo dire solo in un Centro oncologico . Le obiezioni non convincono però i Giudici del Palazzaccio, i quali, come già fatto dal Tribunale, ritengono evidente la mancanza dei presupposti per ipotizzare un giudizio di incompatibilità delle condizioni di salute dell’uomo con l’ambiente carcerario . Decisivo, come detto, il richiamo alla relazione del perito, che ha ritenuto compatibili i problemi di salute dell’uomo con la restrizione in carcere . Irrilevante, invece, l’ulteriore sua considerazione sul fatto che determinati accertamenti avrebbero potuto essere eseguiti in ambiente esterno . Tutti questi elementi spingono a confermare la custodia cautelare in carcere nei confronti dell’uomo accusato di avere fatto parte di un’associazione mafiosa . E, peraltro, aggiungono i giudici della Cassazione, in caso di emergenza, si può provvedere al momentaneo ricovero in strutture ospedaliere civili .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 settembre – 24 ottobre 2018, n. 48619 Presidente Palla – Relatore Stanislao Ritenuto in fatto 1 - Con ordinanza del 5 febbraio 2018, il Tribunale di Reggio Calabria, sezione per il riesame, confermava l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale che aveva rigettato l'istanza avanzata nell'interesse di Ro. Da. di sostituzione della misura cautelare personale in atto, della custodia in carcere, con quella meno afflittiva degli arresti domiciliari. L'istanza era fondata sulle condizioni di salute del prevenuto, indagato per il delitto previsto dall'art. 416 bis cod. pen., affetto da patologia tumorale a seguito della quale aveva subito un importante intervento chirurgico. Il Tribunale - premesso che il perito aveva concluso che la restrizione carceraria non era incompatibile con le cure di cui Da. necessitava seppure le stesse avrebbero potuto essere più adeguatamente somministrate in ambiente diverso - aveva ritenuto che anche in ambiente carcerario fosse possibile approntare quei monitoraggi e quelle eventuali cure necessarie al Da. a seguito del patito intervento chirurgico. E lo stesso Tribunale aveva ordinato alla direzione del carcere di provvedere a tutte quei presidi sanitari che il decorso operatorio imponeva o suggeriva. 2 - Propone ricorso l'imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con l'unico motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione in riferimento al mancato accoglimento dell'istanza di sostituzione della misura custodiale massima. Il Tribunale aveva contraddittoriamente affermato che le condizioni di salute del Da. non erano incompatibili con il regime carcerario salvo poi disporre che lo stesso fosse sottoposto a complesse procedure diagnostiche. Così anche implicitamente riconoscendo la fondatezza delle ragioni dell'istanza in cui si era lamentato che, in carcere, Da. non fosse stato sottoposto ad un adeguato programma di cura e verifica. Del resto il perito dell'ufficio aveva osservato come solo un centro oncologico specializzato avrebbe consentito di fronteggiare adeguatamente le gravi problematiche di salute dell'istante che aveva subito un intervento chirurgico demolitivo addominale . Trovando conferma nelle conclusioni del consulente del Da. stesso. Il Tribunale poi non aveva adeguatamente valutato se sussistessero, e fossero attuali, quelle esigenze di cautela di particolare rilevanza che sono le sole che autorizzano il permanere della misura massima a preferenza degli arresti in apposito centro di cura Cass. n. 12754/2017 e 25706/2011 , limitandosi ad annotare che Da. era accusato di avere fatto parte della cosca Pi Considerato in diritto Il ricorso proposto nell'interesse del prevenuto è infondato e va pertanto rigettato. 1 - Occorre, innanzitutto, chiarire che la prevalenza del divieto di custodia in carcere per i soggetti portatori di gravi malattie, quale previsto dal comma quarto-bis dell'art. 275 cod. proc. pen., rispetto alla presunzione d'adeguatezza esclusiva della custodia in carcere, nei casi di cui al precedente terzo comma dello stesso articolo, opera solo a condizione che risulti accertato il presupposto costituito dall'incompatibilità delle condizioni di salute del soggetto con lo stato di detenzione, intendendosi per tale anche quello attuabile presso taluna delle idonee strutture sanitarie penitenziarie di cui è menzione nel comma quarto-ter del citato art. 275 cod. proc. pen. Sez. 5, n. 22977 del 13/05/2008, Buononato, Rv. 240488 . Deve pertanto prima verificarsi se le condizioni di salute del detenuto siano incompatibili con il regime carcerario, ai sensi e per gli effetti previsti dal comma 4 bis dell'art. 275, e, solo se queste non lo siano, cade la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere in capo ai soggetti indagati per la violazione dell'art. 416 bis cod. pen E, sempre solo in tale ipotesi, si può procedere all'accertamento della sussistenza delle esigenze cautelari di eccezionale rilevanza che giustifichino l'applicazione della misura gradata degli arresti domiciliari presso un luogo di cura. 2 - Nell'odierno caso concreto è proprio il giudizio di incompatibilità delle condizioni di salute del detenuto con l'ambiente carcerario che manca. Il perito dell'ufficio, infatti, dopo avere affermato che le condizioni di salute del prevenuto non erano incompatibili con la restrizione in carcere, si era limitato ad aggiungere che, a suo giudizio, gli accertamenti di cui lo stesso necessitava meglio avrebbero potuto essere eseguiti in ambiente esterno, così, con tale specificazione, non formulando un giudizio sulle condizioni di salute del prevenuto ma sulla idoneità complessiva delle struttura mediche carcerarie di cui non è peraltro noto quale parte sia di sua diretta conoscenza . Al Tribunale non restava pertanto che prendere atto dell'affermata compatibilità delle condizioni del Da. con la misura, un giudizio che non gli consentiva di superare la presunzione di adeguatezza della misura nei confronti di chi era imputato di avere fatto parte di un'associazione mafiosa. Per l'oggettiva delicatezza della situazione, aveva aggiunto disposizioni affinchè l'amministrazione penitenziaria tenesse presente le particolari condizioni di salute del Da. sulle quali non vi è stato alcun aggiornamento da parte della difesa, nel senso che la perdurante restrizione ne abbia impedito l'adeguato monitoraggio . Peraltro, qualora se ne fosse presentata la necessità, si sarebbe potuto provvedere anche al momentaneo ricovero del medesimo in strutture ospedaliere civili, come previsto dall'art. 11 dell'ordinamento penitenziario L. 26 luglio 1975 n. 354 . 3 - Tutto ciò considerato in tema di compatibilità delle condizioni di salute del Da. con il carcere, diventa del tutto ultroneo valutare la sussistenza delle esigenze di eccezionale rilevanza, potendo queste, come si è detto, solo giustificare il permanere di una misura restrittiva gli arresti domiciliari in luogo di cura del soggetto le cui condizioni di salute sono state positivamente giudicate incompatibili con la cautela maggiore. 4 - Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 20 settembre 2018.