Assistenza a un anziano in cambio di vitto e alloggio: niente uscita dal carcere

Respinta definitivamente la richiesta presentata da un condannato, e finalizzata a ottenere o l’affidamento in prova ai servizi sociali o la detenzione domiciliare. Evidente, secondo i Giudici, la sua pericolosità sociale, con annesso rischio di recidiva. Significativa anche la mancanza di lecite fonti di reddito.

Condannato per droga, gravato da numerosi precedenti e poco propenso a censurare il proprio passato. Respinta, di conseguenza, l’ipotesi dell’affidamento in prova ai servizi sociali e, in alternativa, della detenzione domiciliare. Decisiva, secondo i Giudici del Palazzaccio, anche la constatazione della mancanza di lecite fonti di reddito e della sostanziale carenza di risorse esterne Cassazione, sentenza numero 48040/18, sezione prima penale, depositata il 22 ottobre . Pericolosità. Posizione netta, quella assunta dai Giudici del Tribunale di sorveglianza respinta sia la richiesta di concessione dell’ affidamento in prova ai Servizi sociali che quella finalizzata all’ottenimento della detenzione domiciliare . Centrale è ritenuta la valutazione della pericolosità assai elevata, concreta e attuale del condannato in carcere a testimoniarla, secondo i Giudici, i numerosi e gravi precedenti la mancanza di revisione critica l’inutilità dei precedenti benefici e della precedente carcerazione la mancanza di lecite fonti di reddito e la sostanziale carenza di risorse esterne . Senza dimenticare, poi, la lontananza dei familiari e la scarsa lucidità dell’ anziano soggetto che dovrebbe ospitare il condannato. Irrilevante è poi ritenuto il richiamo alla patologia psichiatrica lamentata da quest’ultimo. Su questo fronte, difatti, i Giudici ritengono che essa non è incompatibile con la carcerazione, che non pregiudicherebbe il percorso psico-terapeutico in corso . Reddito. Stessa linea di pensiero anche la Cassazione, che respinge le ulteriori obiezioni proposte dal legale del condannato. Così come osservato dal Tribunale di sorveglianza, difatti, i Giudici del Palazzaccio ritengono evidente la pericolosità sociale – con annesso pericolo di recidiva – del soggetto, che non solo ha numerosi e gravi precedenti alle spalle ma ha anche manifestato una totale assenza di revisione critica del proprio passato criminale . A sostegno di questa valutazione, poi, la perdurante recidiva , a dimostrazione del fatto che i benefici in precedenza concessi – sospensione condizionale della pena e indulto – non hanno sortito gli effetti sperati . Per quanto concerne poi la sua posizione economica, una volta fuori dal carcere, i Giudici sottolineano che l’uomo è privo di lecite fonti di reddito , e questo dato non è scalfito dal richiamo difensivo alla attività di piccola assistenza prestata a un anziano – poco lucido, peraltro, che lo ospita nella propria abitazione – in cambio dei giornalieri mezzi di sussistenza . Per chiudere il cerchio, infine, dalla Cassazione ribadiscono che il trattamento terapeutico per la patologia psichiatrica dell’uomo può essere eseguito in regime intramurario , poiché esso si sostanzia in colloqui e somministrazione di farmaci antidepressivi ed ansiolitici .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 9 – 22 ottobre 2018, n. 48040 Presidente Rocchi – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di sorveglianza di Torino ha rigettato la richiesta, proposta nell’interesse di P.P.F. , di concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale ex articolo 47 ord. pen. e di quella subordinata di detenzione domiciliare ex articolo 47-ter ord. pen P.P.F. , raggiunto da un ordine di esecuzione, sospeso, per l’espiazione della pena residua di anni uno, mesi due e giorni sedici di reclusione per delitti concernenti sostanze stupefacenti, ha pericolosità assai elevata, concreta e attuale, come si desume da numerosi e gravi precedenti, dalla mancanza di revisione critica, dell’inutilità dei precedenti benefici e della precedente carcerazione, dalla mancanza di lecite fonti di reddito, dalla sostanziale carenza di risorse esterne, dato che la madre e il fratello vivono in altro Comune e l’anziano soggetto che dovrebbe ospitare il ricorrente è apparso al personale UEPE non molto lucido . In ordine poi alla dedotta patologia psichiatrica, la stessa non appare incompatibile con la carcerazione, che peraltro non pregiudicherebbe il percorso psicoterapeutico in corso. È in ogni caso necessaria l’osservazione intramuraria, per accertare se la pericolosità sociale sia o meno connessa alle problematiche psichiatriche e, quindi, per individuare un percorso terapeutico-riabilitativo idoneo. 2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di P.P.F. , che ha articolato più motivi. Con il primo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge in merito al rigetto della domanda di concessione della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale ex articolo 47 ord. pen Il Tribunale ha svilito il dato relativo alla prestazione di attività di volontariato da parte del ricorrente, che non è riuscito a trovare una stabile attività lavorativa. Non risponde al vero che egli sia gravato da numerosi e gravi precedenti penali, sicché è ingiustificata l’affermazione che sia oggetto dalla pericolosità assai elevata. Circa la mancanza di lecite fonti di reddito, il Tribunale non ha considerato che il ricorrente dimora nell’abitazione del sig. C.N. , in omissis , a cui favore, in cambio dei beni necessari al sostentamento giornaliero, presta aiuto domestico e piccola assistenza inoltre, il ricorrente fruisce al sostegno economico della madre. Con il secondo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge in merito al rigetto della domanda di concessione della detenzione domiciliare. La documentazione prodotta attesta che il ricorrente versa in condizioni di salute tali da richiedere costanti contatti con le strutture sanitarie. Ove fosse eseguita la pena detentiva, il ricorrente non potrebbe continuare il percorso già intrapreso presso il Centro di salute mentale di Novi Ligure. Il Tribunale non ha considerato che il ricorrente ha trascorso già un periodo di restrizione domiciliare, dimostrando serietà, correttezza e rispetto degli obblighi impostigli. 3. Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso non merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte. 1.1. Il Tribunale di sorveglianza ha fondato il diniego delle richieste misure alternative anzitutto sulla riscontrata attualità della pericolosità sociale. In questa direzione ha valorizzato l’esistenza di numerosi e gravi precedenti, costituiti, contrariamente a quanto affermato in ricorso, da condanne per plurimi episodi criminosi, dallo spaccio di sostanze stupefacenti ben sette episodi a fatti di furto, di estorsione, di sequestro di persona, di rapina aggravata, anche in forma tentata, e di violenza privata. Ha poi preso atto che dalla relazione dell’U.E.P.E. si trae l’assenza di revisione critica del passato criminale, ha constatato come le perdurante recidiva abbia dimostrato che i benefici in precedenza concessi - sospensione condizionale della pena e indulto - non hanno sortito gli effetti sperati. Ha quindi proseguito asserendo che il ricorrente è privo di lecite fonti di reddito l’assunto peraltro non trova smentita nelle deduzioni di ricorso circa sia l’attività di piccola assistenza prestata, in cambio dei giornalieri mezzi di sussistenza, a tal C.N. , che lo ospita nella sua abitazione, sia gli aiuti economici offerti al ricorrente dalla madre. Su tale ultimo punto il Tribunale ha specificato che in passato la presenza della madre e del fratello, che vivono in altro Comune, non ha arginato la pericolosità sociale del ricorrente, e che l’anziana persona che lo ospita o lo dovrebbe ospitare, non è apparso molto lucido al personale dell’U.E.P.E., il che logicamente induce a ritenere assai incerta la disponibilità di un valido domicilio. 1.2. Su queste premesse ha quindi coerentemente motivato in ordine all’impossibilità di formulare un giudizio prognostico di non recidiva, presupposto necessario per poter concedere la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale o quella della detenzione domiciliare. 1.3. Circa poi la dedotta patologia psichiatrica, che secondo la prospettiva di ricorso avrebbe dovuto legittimare la concessione della detenzione domiciliare in forza della previsione di cui all’articolo 47-ter, comma 1, lett. c , ord. pen., il Tribunale di sorveglianza ha coerentemente concluso che il trattamento terapeutico che essa implica ben può essere eseguito in regime intramurario, dal momento che si sostanzia in colloqui e somministrazione di farmaci antidepressivi ed ansiolitici. Non ricorrono pertanto le condizioni richieste dalla legge per la detenzione domiciliare, non potendosi ravvisare nella prosecuzione dell’esecuzione penitenziaria un serio ostacolo alla prestazione delle necessarie terapie. 2. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.