La forma della nomina del difensore di fiducia

In tema di nomina del difensore di fiducia, l’art. 96 c.p.p., per la sua natura intrinseca e per la finalità perseguita, viene considerata norma derogabile, suscettibile di interpretazione elastica, essendo l’atto di nomina previsto esclusivamente ad probationem .

Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE /* Style Definitions */ table.MsoNormalTable {mso-style-name Tabella normale mso-tstyle-rowband-size 0 mso-tstyle-colband-size 0 mso-style-noshow yes mso-style-priority 99 mso-style-parent mso-padding-alt 0cm 5.4pt 0cm 5.4pt mso-para-margin 0cm mso-para-margin-bottom .0001pt text-align justify mso-pagination widow-orphan font-size 10.5pt mso-bidi-font-size 11.0pt font-family Verdana , sans-serif mso-fareast-language EN-US } Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 47133/18, depositata il 17 ottobre. La vicenda. La Corte d’Appello de L’Aquila dichiarava inammissibile, per tardività, l’appello avente ad oggetto la sentenza con cui il giudice di prime cure aveva condannato l’imputato alla pena di 6 mesi di reclusione per il reato di omesso versamento dell’acconto IVA relativo al periodo di imposta successivo. Avverso la sentenza ricorre in Cassazione dolendosi, per quanto qui d’interesse, del fatto che l’atto di nomina del difensore di fiducia in primo grado, pur essendo stato inviato alla Procura della Repubblica, non era poi stato trasmesso al Tribunale. Doveva dunque ritenersi illegittima la nomina del difensore d’ufficio. Nomina del difensore di fiducia. Ai sensi dell’art. 96, comma 2, c.p.p. la nomina del difensore di fiducia dell’imputato può essere eseguita con dichiarazione resa all’autorità procedente oppure consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata. Le eventuali diverse modalità con cui sia stata effettuata la nomina del difensore di fiducia, sono oggetto di orientamenti giurisprudenziali non uniformi. Se infatti inizialmente la giurisprudenza ha ritenuto che le formalità previste dall’art. 96 cit. non ammettono equipollenti, successivamente è stato affermato il contrario ammettendo che la nomina del difensore di fiducia possa avvenire anche per comportamento concludente idonei a documentare la riferibilità della nomina al rapporto fiduciario intercorrente tra avvocato e imputato. Tra i due orientamenti, vi è un’impostazione intermedia che distingue tra la prospettazione pubblica della nomina in termini cioè relativi agli oneri che incombono sul giudice e sull’ufficio giudiziario ai fini dell’individuazione del soggetto titolare del diritto di intervento del processo , per la quale l’art. 96 cit. richiederebbe una forma tipica ad substantiam , ed una dimensione privata attinente al rapporto di patrocinio per la quale la forma della nomina è richiesta ad probationem tantum . Nel caso di specie, il Collegio aderisce al secondo orientamento citato ritenendo che l’art. 96 c.p.p. sia per sua natura intrinseca e per la finalità perseguita, norma derogabile, suscettibile di interpretazione elastica, essendo l’atto di nomina previsto esclusivamente ad probationem . Dalla ricostruzione della vicenda processuale emerge che il ricorrente aveva provveduto alla nomina del suo avvocato di fiducia con atto inoltrato alla Procura della Repubblica e non al giudice procedente, che effettivamente non ne venne a conoscenza -. Durante la prima udienza, alla quale il difensore di fiducia non aveva potuto partecipare per legittimo impedimento, veniva nominato un difensore d’ufficio che successivamente si presentava come avvocata di fiducia con conseguente cessazione delle sue funzioni di difensore d’ufficio. Avendo il ricorrente pacificamente ammesso tale ricostruzione, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 aprile 17 ottobre 2018, n. 47133 Presidente Cavallo Relatore Di Nicola Ritenuto in fatto 1. È impugnata la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello dell’Aquila ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dal ricorrente avverso la sentenza emessa in data 27 maggio 2014 dal tribunale di Lanciano che aveva condannato O.N. alla pena di mesi sei di reclusione per il reato previsto dall’articolo 10-ter in relazione all’articolo 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 per aver omesso di versare, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore alla soglia di punibilità per ciascun periodo di imposta e pari ad Euro 548.275,00. Nel pervenire a tale conclusione, la Corte d’appello ha osservato che l’impugnazione proposta dall’interessato era intempestiva, sul rilievo che il primo giudice aveva depositato la sentenza entro i quindici giorni dalla lettura del dispositivo, non avendo indicato un termine diverso. L’estratto contumaciale di tale sentenza era stato notificato all’imputato il 20 giugno 2014, con la conseguenza che il dies a quo per proporre appello andava individuato nel 21 giugno 2014 e il termine di trenta giorni, per la tempestiva proposizione del gravame, scadeva in data 20 luglio 2014. Siccome l’atto di appello era stato presentato il 5 agosto 2014, l’impugnazione doveva ritenersi tardiva, con conseguente sua inammissibilità. 2. Per l’annullamento dell’impugnata sentenza il ricorrente articola un unico, complesso, motivo di impugnazione, qui enunciato, ai sensi dell’articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Con esso deduce l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di decadenza in relazione articolo 585 del codice di procedura penale e mancanza della motivazione articolo 606, comma 1, lettere c ed e , del codice di procedura penale . Rileva che la Corte d’appello dell’Aquila ha totalmente omesso di prendere in considerazione il motivo di impugnazione afferente la mancata partecipazione al giudizio dell’unico difensore dell’imputato legittimato a svolgere il proprio ministero e ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello sulla scorta di un’errata interpretazione dell’articolo 585 del codice di procedura penale. Ricorda che, nell’atto di appello, infatti, l’imputato aveva espressamente censurato la decisione di primo grado sotto il profilo della nullità del giudizio e della sentenza ex articolo 178, lettera c , del codice di procedura penale illustrandone le ragioni, nel senso che egli era assistito dal difensore d’ufficio avv. Paola Zulli del Foro di Lanciano e, in data 26 febbraio 2013, sottoscrisse una dichiarazione di nomina del difensore di fiducia in favore dell’avv. Tommaso Di Nella. Nonostante fosse già stata dichiarata l’apertura del dibattimento, sin dall’11 ottobre 2012, l’atto di nomina, intestato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lanciano, venne depositato nella segreteria della Procura in data 20 marzo 2013 e non fu mai trasmesso o comunicato al Tribunale. La nomina del difensore di fiducia, Avv. Tommaso Di Nella, non poteva pertanto ritenersi valida ed efficace, sul rilievo che, ai sensi dell’articolo 96, comma 2, del codice di procedura penale, una volta incardinato il giudizio, la nomina del difensore di fiducia doveva essere depositata innanzi al giudice procedente e non già al pubblico ministero, che, tra l’altro, si era spogliato del procedimento. Ciononostante, dalle trascrizioni della registrazione effettuata all’udienza del 27 maggio 2014, è risultato che il dibattimento fu celebrato e concluso alla presenza del solo avv. Tommaso Di Nella e non dell’Avv. Paola Zulli, unico difensore legittimato ad assistere l’imputato. Non v’è dubbio, pertanto, che all’udienza del 27 maggio 2014 non fosse presente l’unico difensore legittimato a partecipare al procedimento e ad assistere e rappresentare l’imputato, il quale, nel caso di specie, era rimasto contumace per cui neppure poteva ritenersi che l’incarico conferito all’avv. Tommaso Di Nella fosse stato implicitamente ratificato. La condanna dell’imputato è stata quindi pronunciata in assenza del difensore d’ufficio o di un suo sostituto con conseguente nullità, ex articolo 178, lettera c , del codice di procedura penale, del giudizio di primo grado e degli atti conseguenti, ivi inclusa la sentenza impugnata. La Corte d’appello non ha però tenuto conto di tali censure, rilevando l’asserita scadenza del termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’imputato destinatario della notifica dell’estratto contumaciale ritenendo, implicitamente quanto erroneamente, che anche il termine previsto per il difensore computato dalla scadenza del termine per il deposito della motivazione fosse decorso. Tuttavia, per quanto attiene alla legittimazione del difensore ad impugnare, non v’è dubbio che la previsione di cui all’articolo 585, lettera c , del codice di procedura penale postuli la partecipazione al giudizio del soggetto nei cui confronti tale dies a quo è destinato ad operare. In altri termini, non sarebbe concepibile la decorrenza del termine per proporre impugnazione nei confronti di chi non era stato posto effettivamente in grado di partecipare al giudizio né era stato ritualmente avvisato del deposito della sentenza. Siccome quando la decorrenza è diversa per l’imputato e per il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade per ultimo articolo 585, comma 3, del codice di procedura penale , una interpretazione costituzionalmente orientata degli articoli 548 e 585 del codice di procedura penale doveva indurre a ritenere ammissibile e tempestivo l’appello proposto dall’imputato e conseguentemente ad annullare la decisione impugnata, versandosi in una situazione del tutto corrispondente all’ipotesi di ricorso per cassazione avverso il decreto di archiviazione emesso in mancanza di avviso della relativa richiesta alla persona offesa in tale caso, infatti, il soggetto legittimato non ha notizia legale del deposito del provvedimento e può quindi impugnarlo solo dopo averne avuta notizia effettiva, senza che gli possa essere opposta la decorrenza di alcun termine. Secondo consolidati orientamenti giurisprudenziali, infatti, in simili ipotesi la proposizione dell’impugnazione deve reputarsi svincolata dai termini di cui all’articolo 585 del codice di procedura penale, con la conseguenza che essi decorrono alla data di effettiva conoscenza dell’atto da impugnare. Sotto altro profilo, osserva il ricorrente che la decisione impugnata appare censurabile anche per non aver tenuto in debita considerazione la palese sussistenza dei presupposti per disporre la restituzione nel termine per impugnare, provvedimento che non postula certo la proposizione di richieste con formule sacramentali e che ben avrebbe potuto evitare il grave vulnus al diritto di difesa dell’imputato. In mancanza di accoglimento anche di tale richiesta, il ricorrente ritiene sussistano i presupposti perché la Corte sollevi la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 585 del codice di procedura penale nella parte in cui prevede che in caso di mancata partecipazione del difensore al giudizio dovuta a nullità assoluta, il termine per proporre impugnazione decorra dalla scadenza del termine per il deposito della motivazione piuttosto che dall’effettiva conoscenza del provvedimento. Infatti, l’interpretazione dell’articolo 585 del codice di procedura penale, implicitamente accolta nella decisione impugnata, contrasterebbe macroscopicamente con il diritto di difesa garantito dall’articolo 24 cost., con quello di uguaglianza di cui all’articolo 3 cost. e con il principio di parità delle parti sancito dall’articolo 111 cost., specie avuto riguardo alla diversa disciplina prevista dal combinato disposto degli articoli 548, comma 3, e 585 del codice di procedura penale in materia di decorrenza del termine per l’impugnazione del Procuratore generale presso la Corte d’appello. 3. Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, sul rilievo che, da lettura degli atti processuali, emerge chiaramente che, all’imputato, era stato nominato dalla Procura della Repubblica l’avvocato Zulli, di ufficio, che aveva ricevuto regolare notifica del decreto di citazione a giudizio. Nel corso della prima udienza l’avv. Zulli era assente senza addurre legittimo impedimento e fu pertanto nominato, ai sensi dell’articolo 97, quarto comma, del codice di procedura penale, l’avvocato Fattore. Per l’udienza successiva, che cadeva in una giornata in cui era stata dichiarata dalle associazioni di categoria l’astensione dalle udienze, il Tribunale ricevette ben due note di difensori, dichiaratisi di fiducia, che parteciparono la loro adesione all’astensione, che fu accolta con conseguente rinvio del processo. All’udienza del 27 maggio 2014, presente effettivamente l’avv. Di Nella, già dichiaratosi di fiducia, il giudice decise la causa con la sentenza impugnata attraverso l’atto di appello. L’imputato, dal canto suo, aveva ricevuto la notifica dell’estratto contumaciale. Da questi dati processuali, il Procuratore Generale ha tratto argomento per sostenere che non poteva, pertanto, assumersi che l’avvocato Zulli avesse diritto alla notifica dei rinvii o del deposito della sentenza, avendo ricevuto regolare notifica e non essendosi mai presentata in udienza senza addurre motivi legittimi. Di conseguenza, l’imputato è sempre stato assistito, seppur contumace, da avvocati e, seppure la nomina dell’avv. Di Nella era stata depositata presso la Procura della Repubblica, il difensore aveva depositato in data 16 settembre 2014 istanza quale difensore di fiducia per l’adesione all’astensione ed era presente all’udienza del 27 maggio 2014, cosicché alcuna lesione del diritto di difesa può il ricorrente lamentare. Conclusivamente, essendo presente in udienza l’avvocato Di Nella e come affermato dalla difesa presente perché regolarmente nominato dall’imputato come da deposito del 20 marzo 2014 , l’assunto difensivo deve ritenersi, secondo il Procuratore Generale, palesemente erroneo. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. 2. È vero che, ai sensi dell’articolo 96, comma 2, del codice di procedura penale, la nomina del difensore di fiducia da parte dell’imputato è fatta con le dichiarazione resa all’autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata . Va anche precisato che, in relazione alle prescrizioni dell’articolo 96 del codice di procedura penale ed alla problematica concernente la nomina del difensore con modalità non coincidenti con quelle indicate nella predetta disposizione dal codice di rito, la Corte, in numerose pronunce, non ha assunto un orientamento costante. 2.1. Secondo un primo indirizzo, si afferma che le formalità previste dall’articolo 96 del codice di procedura penale per la nomina del difensore di fiducia, tenuto conto della quantità e della rilevanza dei diritti e delle facoltà derivanti per legge dal mandato difensivo, nonché dell’incidenza che il loro esercizio ha sullo svolgimento dell’intero procedimento, non ammettono equipollenti Sez. 5, n. 4874 del 14/11/2016, dep. 2017, D’Amico, Rv. 269493 Sez. 5, n. 24053 del 27/04/2016, Grigore, Rv. 267321 Sez. 1, n. 35127 del 19/04/2011, Esposito, Rv. 250783 Sez. 3, n. 21391 del 03/03/2010, M., Rv. 247598 Sez. 1, n. 11268 del 02/03/2007, Cravotto, Rv. 236162 Sez. 1, n. 17879 del 18/02/2004, Cortese, Rv. 228281 Sez. 1, n. 3771 del 31/05/1996, Chianese, Rv. 205371 . Si sostiene che, nel nostro ordinamento processuale, la nomina del difensore di fiducia richiede una formale manifestazione di volontà, sicché non è neppure prospettabile una prova presuntiva del conferimento dell’incarico desunta da comportamenti taciti delle parti Sez. 5, n. 8700 del 17/06/1992, Vitolo, Rv. 191619 e, per questa via, si è giunti ad affermare che l’atto formale di nomina del difensore, richiesto dalla legge come fonte di rappresentanza processuale dell’imputato, non può essere surrogato dalla mera dichiarazione del legale di agire come difensore del medesimo Sez. 3, n. 3447 del 04/03/1993, Polidori, Rv. 193860 , desumendosi pertanto da ciò l’invalidità di una nomina tacita ricollegabile alla mera dichiarazione del legale di agire come difensore dell’imputato. 2.2. Un opposto indirizzo afferma che, in tema di formalità per la nomina del difensore, i comportamenti concludenti idonei a documentare la riferibilità della nomina all’imputato costituiscono elementi sintomatici dell’esistenza di un rapporto fiduciario tra lo stesso imputato e colui il quale ha svolto di fatto le funzioni di difensore, in quanto la norma di cui all’articolo 96 del codice di procedura penale non è una norma inderogabile ma tipicamente ordinatoria e regolamentare, suscettibile, quindi, di una interpretazione ampia ed elastica in bonam partem Sez. 6, n. 54041 del 07/11/2017 G., Rv. 271715 Sez. 5, n. 36885 del 03/02/2017 Verucchi, Rv. 271270 Sez. 4, n. 34514 del 08/06/2016 Saadaoui, Rv. 267879 Sez. 2,n. 31193 del 17/04/2015 Mennini, Rv. 264465 Sez. 1, n. 39235 del 14/03/2014 Sehapi, Rv. 260513 Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014 Bruno, Rv. 259931 Sez. 6, n. 16114 del 20/04/2012 Briganti, Rv. 252575 Sez. 2, n. 15740 del 22/02/2011 Donato, Rv. 249938 Sez. 3, n. 22940 del 27/03/2003, Giambruno, Rv. 225528 . Nel solco di questa impostazione, può farsi rientrare l’indirizzo secondo il quale la non tassatività delle forme indicate dall’articolo 96, comma 2, del codice di procedura penale, convalida la precedente conclusione quando, al cospetto di fatti o comportamenti concludenti, questi siano idonei a documentare la provenienza dell’atto di nomina dall’imputato, tanto da far rientrare nella libertà delle forme il relativo negozio Sez. 3, n. 523 del 10/12/1992, dep. 1993, Della Bona, Rv. 192742 . 2.3. Un terzo orientamento, di tipo intermedio, parte dal presupposto che il legislatore richiede una forma determinata per la nomina e la sostituzione del difensore per assicurare, in concreto, l’assistenza difensiva, indefettibile nel processo dialogico come corollario del principio del contraddittorio e espressione del più generale diritto costituzionale alla inviolabilità della difesa, giungendo ad affermare che la norma contiene una duplice prospettazione una pubblica ed una privata. Una, cioè, relativa agli oneri ed obblighi che incidono sul giudice e sull’ufficio giudiziario e che sono strumentali alla determinazione del soggetto titolare del diritto all’intervento nel processo attraverso gli avvisi e le notifiche. L’altra che attiene al patrocinio in sé, alla parte che ha diritto di intervenire e difendersi. Nella prima prospettazione, la forma è richiesta dalla norma ad substantiam , nel senso che non sorge mai l’obbligo di notifica e di avviso nei confronti del difensore nominato senza il rispetto delle forme prescritte. La parte, infatti, non potrà mai eccepire la nullità, per violazione del diritto di difesa, per il mancato avviso, propedeutico all’intervento del difensore, a soggetto designato con forme diverse da quelle imposte dalla legge. Sotto tale profilo ed in tale ambito, l’atto prescritto non ammette equipollenti. Nella seconda prospettazione, invece, la forma è richiesta ad probationem tantum e l’atto di nomina e sostituzione può essere desunto, per facta concludentia , in quanto viene in considerazione, non l’obbligo di notifica e di avviso gravante sull’ufficio, ma il diritto soggettivo alla difesa. In questo ambito, la sostanza prevale sulla forma per il favor defensionis che ispira tutta l’organica normativa relativa alla difesa sia dell’imputato sia delle altre parti private. In conseguenza, se è vero che la forma prescritta per la nomina del difensore e per la designazione del sostituto è volta a garantire la provenienza dell’atto dall’interessato, è anche vero che, per la finalità perseguita, la provenienza può essere desunta da dati concludenti che individuano il soggetto legittimato ad intervenire nel processo Sez. 5, n. 9429 del 17/05/1996, Lo Piano, Rv. 205919 . 3. Il Collegio aderisce, con le precisazioni che seguono, all’orientamento espresso dalla sentenza Giambruno Sez. 3, n. 22940 del 27/03/2003, cit., in motiv. secondo cui l’articolo 96 del codice di procedura penale è, per la sua intrinseca natura e per la finalità perseguita, una norma non inderogabile, che non produce effetti costitutivi, ma tipicamente ordinatoria e regolamentare, suscettibile come tale di interpretazione ampia ed elastica, essendo l’atto di nomina previsto esclusivamente ad probationem. Peraltro, l’articolo 177 del codice di procedura penale commina la nullità soltanto per gli atti del procedimento individuati dalla legge - tra cui non rientrano le irregolarità concernenti la nomina del difensore - mentre l’articolo 178 del codice di procedura penale prescrive, a pena di nullità, l’osservanza delle norme a tutela dell’intervento, dell’assistenza e della rappresentanza dell’imputato, significando che la sanzione processuale è applicata non al mancato rispetto delle forme di nomina, ma alla mancata assistenza difensiva nullità assoluta di ordine generale insanabile o alla mancanza di intervento o di rappresentanza nullità di ordine generale a regime intermedio . È poi utile considerare che il secondo comma dell’articolo 96 del codice di procedura penale non prevede alcuna sanzione nel caso di violazione della disposizione e l’inosservanza della forma non è censurata neppure con l’inefficacia dell’atto così come, invece, espressamente previsto dal secondo comma dell’articolo 107 del codice di procedura penale per la non accettazione della nomina da parte del difensore e ciò vale a confermare il principio secondo il quale l’atto di nomina può essere desunto per facta concludentia , prevalendo, per il favor defensionis , la sostanza sulla forma. Diversamente argomentando, si finirebbe per privare l’imputato, sulla base di un rilievo meramente formale, di essere difeso, rappresentato ed assistito dal difensore fiduciario. Tuttavia, dovendo esistere un atto sia pur irregolare e quantunque ricavabile per facta concludentia di nomina, la questione, circa la sua esistenza, verte su un fatto processuale che è oggetto di prova, perché da esso dipende l’applicazione di norme processuali articolo 187, comma 2, codice di procedura penale , fermo restando che l’interessato, se del caso, può rivendicare diritti processuali negati non in considerazione della violazione della disposizione di cui al secondo comma dell’articolo 96, bensì sulla base della disposizione generale di cui all’articolo 178, comma 1, lettera c , del codice di procedura penale, tutte le volte in cui sia stato concretamente leso il diritto di difesa. 4. Nel caso in esame, come lo stesso ricorrente ammette, egli nominò come suo difensore di fiducia l’avvocato Di Nella, che intervenne nel processo, assistendolo e rappresentandolo, ma l’atto di nomina venne inoltrato non al giudice procedente ma alla Procura della Repubblica, che non lo trasmise al giudice del dibattimento. Nel corso della prima udienza l’avvocato di ufficio, Zulli, era risultato assente senza aver addotto, come anche nelle successive udienze, legittimo impedimento . Per l’udienza successiva, che cadeva in una giornata in cui era stata dichiarata dalle associazioni di categoria l’astensione dalle udienze, il Tribunale ricevette due note di difensori, dichiaratisi di fiducia, che parteciparono la loro adesione all’astensione e la cui richiesta di differimento fu accolta. Alla successiva udienza del 27 maggio 2014, presente effettivamente l’avvocato Di Nella, già dichiaratosi di fiducia, il giudice decise la causa. Di conseguenza, è risultato che l’imputato è stato assistito dall’avvocato Di Nella nominato dall’imputato stesso suo difensore di fiducia e quest’ultimo, in data 16 settembre 2014, presentò, nella qualità, istanza per aderire all’astensione e, successivamente, difese, nel merito, l’imputato all’udienza del 27 maggio 2014. Dall’assenza del precedente difensore d’ufficio, dalla mancata allegazione di un legittimo impedimento a comparire da parte di quest’ultimo e dalla dichiarazione rivelatasi pienamente veritiera dell’avvocato Di Nella di essere il difensore di fiducia dell’imputato, circostanza che aveva pertanto determinato la cessazione delle funzioni del difensore di ufficio ex articolo 97, comma 6, del codice di procedura penale , i Giudici del merito hanno tratto l’esatto convincimento che quest’ultimo fosse, pur in mancanza agli atti del dibattimento di una regolare nomina, il difensore dell’imputato e che a quest’ultimo, e non al precedente difensore d’ufficio, spettassero diritti e facoltà. È risultato ampiamente provato che l’avvocato Di Nella fu nominato dall’imputato come suo difensore di fiducia. 5. Tali circostanze non sono state smentite neppure dal tenore del ricorso dell’O. , avendole, quest’ultimo, pacificamente ammesse. Ne deriva che il ricorso va pertanto respinto, restando assorbito il rilievo circa la mancata restituzione del termine e risultando, per le ragioni in precedenza esposte, priva di rilevanza e manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale che il ricorrente chiede alla Corte di sollevare, non essendovi dubbio che il termine per impugnare decorre, per le parti non presenti, dalla data della notifica dell’avviso, se dovuto, di deposito della sentenza, ma alcun avviso spettava, nel caso in esame, al difensore di ufficio in presenza di una nomina del difensore di fiducia, il quale pertanto poteva esercitare, al pari dell’imputato, regolarmente avvisato, tutte le facoltà processuali di competenza. Né il Collegio ravvisa, in considerazione della soluzione adottata, ragioni per investire della questione le Sezioni Unite. 5. Il ricorso è pertanto infondato, conseguendo da ciò la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.