Possesso occulto di armi: DASPO per un gruppo di tifosi

La condotta di gruppo, caratterizzata dall’evidente adesione morale e materiale al possesso di armamentari atti a turbare una manifestazione sportiva, integra il reato ex art. 6-ter l. n. 401/1989 anche se detti oggetti vengano occultati.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 46981/18, depositata il 16 ottobre. La vicenda. Un gruppo di giovani, a bordo di un furgone sito nelle vicinanze di uno stadio, viene fermato dai carabinieri. A seguito di una perquisizione del mezzo di trasporto sono stati trovati oggetti contundenti, armi e vario materiale atto a offendere e turbare l’evento sportivo tali da portare le Autorità a emettere un provvedimento limitativo della libertà personale dei soggetti perquisiti provvedimento non convalidato dal GIP in sede di giudizio. Il Procuratore della Repubblica ricorre in Cassazione sostenendo una falsa applicazione dell’art. 6- ter l. n. 401/1989 Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive con il fine di conseguire la convalida del provvedimento. La consapevolezza e l’effettiva disponibilità delle armi. La Suprema Corte ha rilevato che il concetto di possesso di oggetti ex art. 6- ter Possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive della legge suddetta, deve riguardare una concreta ed effettiva consapevolezza e disponibilità materiale dell’agente degli oggetti indicati dalla norma. Tuttalpiù, la misura del DASPO predispone l’analisi di tutti gli elementi, presenti nel caso concreto, idonei a dimostrare l’intento dell’agente, presente anche in una realtà di gruppo, situazione atta a concretizzare un concorso di persone nel reato. Come nel caso in esame, gli Ermellini hanno sottolineano che è necessario, se non essenziale, considerare che il gruppo di soggetti è un elemento rafforzativo della fattispecie in quanto dalla medesima aggregazione posso discendere incoraggiamenti reciproci per la commissione del reato. Inoltre, l’occultamento di suddetti oggetti non è rilevante dato che le dimensioni e la quantità degli arnesi detenuti costituiscono elementi idonei per ritenere sussistente il fumus del reato in esame, dato che manifestano maggiormente la consapevolezza degli indagati di avere a loro disposizione oggetti atti a turbare in modo violento la manifestazione sportiva. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso avanzato, ritenendo sufficiente l’evidente adesione morale e materiale degli stessi soggetti al possesso dell’armamentario rivenuto per integrare il reato ex art. 6- ter l. n. 401/1989 e rinvia al Tribunale di merito per il riesame.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 maggio – 16 ottobre 2018, n. 46981 Presidente Savani – Relatore Maria Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 8 febbraio 2018, il Gip del Tribunale di Venezia non ha convalidato il provvedimento del Questore di Venezia DASPO n. 23 del 2018, emesso il 1 febbraio 2018, perché, dalla lettura dell’annotazione del commissariato P.S. e della stazione dei carabinieri di Portogruaro del 28 gennaio 2018 - sulla base della quale era stato emesso il provvedimento del Questore - non sarebbe emerso alcun accertamento in merito all’attribuibilità al prevenuto del possesso del materiale atto ad offendere, rinvenuto sul furgone da lui occupato insieme ad altri soggetti. 2. - Avverso l’ordinanza, ha presentato ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia. 2.1. - Data per ammissibile la proponibilità del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di diniego della convalida del provvedimento del questore, in quanto rientrante nella categoria dei provvedimenti che incidono sulla libertà personale, con un primo motivo di doglianza, si lamenta l’erronea applicazione dell’art. 6-ter della legge n. 401 del 1989, che sanziona chiunque venga trovato in possesso di bastoni, mazze, oggetti contundenti o, comunque, atti ad offendere, in prossimità, sia di luogo sia di tempo, di manifestazioni sportive. Si rileva che, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, il concetto di possesso di tali oggetti debba riferirsi ad una situazione di effettiva e concreta disponibilità materiale, da parte dell’agente, di uno degli oggetti indicati dalla norma. Secondo l’argomentazione del ricorrente, pertanto, non sarebbe necessario l’accertamento di alcun nesso ulteriore, né di una più stretta contiguità fra l’oggetto contundente e la persona, nonché una sua titolarità civilistica. Si osserva, inoltre, che nel caso di specie, il destinatario della misura odierno ricorrente sarebbe stato fermato insieme ad altre otto persone a bordo di un veicolo, all’interno del quale erano stati collocati ben sette bastoni e un sasso, un numero di oggetti tale da consentire a ciascun soggetto di poter avere a disposizione un’arma, non rilevando affatto il loro occultamento al di sotto dei sedili. 2.2. - In secondo luogo, si contesta la mancata applicazione dell’art. 110 cod. pen., dal momento che il GIP si sarebbe rapportato alla fattispecie in una prospettiva meramente individualistica, limitandosi all’individuazione di un collegamento tra ciascun oggetto contundente e i singoli soggetti fermati, senza valutare la possibilità della sussistenza del concorso di persone nel reato. Si rileva, a tal proposito, che il prevenuto si trovava in compagnia di altre otto persone, a bordo di un veicolo noleggiato appositamente per recarsi all’incontro calcistico, in cui erano presenti oggetti contundenti, quali bastoni, mazze e un sasso visibili elementi idonei a dimostrare - secondo il ricorrente - una comune ed evidente adesione di tutti i componenti del gruppo di tifosi a prospettive di violenza, con il reciproco rafforzamento delle rispettive posizioni individuali. 2.3. - Con un terzo motivo di ricorso, si contesta l’erronea applicazione dell’art. 6 della legge n. 401 del 1989, che presuppone, ai fini del provvedimento questorile, la sufficienza indiziaria del fumus del reato per cui è intervenuta la denuncia. Contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, secondo il ricorrente, le emergenze acquisite risulterebbero ampiamente sufficienti ad integrare tale requisito. 3. - A fronte del ricorso presentato dal pubblico ministero, il destinatario della misura ha presentato, tramite il difensore, una memoria con cui rileva la correttezza dell’affermazione del Gip, secondo cui la personale presenza, all’interno della vettura, di un gruppo di tifosi, non è sufficiente ad attribuire al resistente un concreto e specifico fatto che si estrinsechi in un comportamento, anche solo potenzialmente, turbativo della sicurezza pubblica. Secondo la difesa, l’autorità amministrativa avrebbe dovuto spiegare se, nel posto occupato dal resistente, fosse possibile intravedere gli oggetti occultati sotto i sedili se, quindi, fosse consapevole della loro presenza, anche attraverso l’osservazione di sue reazioni particolari durante la perquisizione. Si richiama, a tale proposito, la sentenza Sez. 3, n. 22266 del 2016, che si sarebbe espressa in relazione ad un caso analogo a quello di specie. Considerato in diritto 3. - Il ricorso è fondato. Dagli elementi emersi risulta pacifico che tutti i soggetti presenti sul furgone fermato dalle forze dell’ordine avevano effettiva disponibilità del materiale contundente sequestrato, collocato sotto ogni sedile e quindi immediatamente utilizabile da parte di ciascun passeggero. Infatti, come correttamente prospettato dal ricorrente, gli spazi ridotti del mezzo, nonché le rilevanti dimensioni e la quantità dei bastoni e delle mazze in essa rinvenute dimostrano che ciascun passeggero aveva consapevolezza dell’esistenza delle armi e ne condivideva la presenza. Infatti, se è vero che la giurisprudenza di questa Corte, al fine di garantire il rispetto del principio della personalità della responsabilità penale, richiede una valutazione individualizzata in ordine all’effettiva disponibilità e contiguità del materiale contundente rispetto al singolo destinatario del provvedimento di DASPO ex multis Sez. 3, n. 22266 del 03/02/2016 , è altrettanto vero che un tale giudizio individualizzato non si rende necessario nel caso in cui tutti i soggetti coinvolti nell’episodio di riferimento abbiano la disponibilità dello stesso e possano dunque pacificamente utilizzarlo per porre in essere le azioni dannose e pericolose che il provvedimento intende neutralizzare, essendo, in tal caso, assolutamente superflua e non rilevante l’effettiva titolarità a titolo individuale dei singoli arnesi. Deve rilevarsi, infatti, che il concetto di possesso utilizzato nell’art. 6-ter della l. n. 401 del 1989 non richiede un quid pluris rispetto alla mera disponibilità dell’oggetto pericoloso, intesa come possibilità di sua apprensione e conseguente utilizzo. A ciò si aggiunga, come correttamente evidenziato dal ricorrente, che il provvedimento impugnato ha omesso ogni valutazione in ordine alla possibilità di qualificare le condotte dei partecipanti al gruppo come concorrenti ex art. 110 cod. pen. nel reato contestato, stante l’evidente adesione morale e materiale degli stessi al possesso dell’armamentario rinvenuto. Dalla stessa descrizione del fatto contenuta nel provvedimento impegnato emerge come palese, infatti, che i passeggeri del furgone si stavano dirigendo alla partita di calcio in cui era impegnata la propria squadra e che come già osservato - tutti erano a conoscenza della presenza delle armi e condividevano, conseguentemente, i medesimi propositi, così rafforzando reciprocamente le rispettive posizioni individuali. Si ricorda, a tale proposito, anche l’introduzione, tramite l’art. 2 del d.l. n. 119 del 2014, del c.d. DASPO di gruppo art. 6, comma 1, della legge n. 401 del 1989 diretto a colpire i soggetti che, anche attraverso una condotta di gruppo, abbiano tenuto comportamenti finalizzati alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, minaccia o intimidazione tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione di manifestazioni sportive. Tale disposizione, da leggersi in un’ottica costituzionalmente orientata, nel rispetto del principio di personalità della responsabilità penale, richiede necessariamente una valutazione della fattispecie in termini concorsuali, richiedendo, pertanto, l’individuazione di un contributo minimo, morale o materiale, da parte del singolo partecipante al gruppo contributo che, per quanto sino ad ora esposto, risulta ravvisabile nel caso di specie. 4. - Da quanto precede consegue che il provvedimento impugnato deve essere annullato, con rinvio al Tribunale di Venezia, perché proceda a nuovo esame, facendo applicazione dei principi di diritto sopra enunciati. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Venezia.