Rapporto con la figlia della convivente: il consenso della vittima è viziato dal divario d’età e dal ruolo familiare

Confermata la condanna per un convivente, che ha avuto rapporti intimi con una ragazzina di 16 anni, figlia della compagna. Respinta la linea difensiva centrata su un presunto consenso su questo fronte i giudici richiamano il ruolo dell’imputato tra le mura domestiche e il divario di età e di esperienza con la minorenne.

Vita da incubo per una ragazzina, costretta a fare sesso col convivente della madre. Solo il coraggio di una denuncia dà il ‘la’ al percorso giudiziario che porta alla condanna dell’uomo. Respinto anche il ricorso in Cassazione, ricorso centrato su un presunto consenso della ragazza, testimoniato, secondo il legale dell’uomo, anche dalla mancanza di una seria opposizione al compimento di atti sessuali” Cassazione, sentenza numero 46683, sezione terza penale, depositata oggi . Vizio. Diversi i capi d’accusa nei confronti dell’imputato, che viene ritenuto colpevole prima in Tribunale e poi in Appello. In particolare, in secondo grado la pena viene fissata in sedici anni di reclusione . In ballo col ricorso in Cassazione soprattutto il capitolo riguardante l’accusa di violenza sessuale alla luce dei rapporti a cui l’uomo ha obbligato la figlia – 16 anni, all’epoca – della sua convivente – che peraltro vi ha anche preso parte in alcune occasioni – su questo fronte l’avvocato sostiene l’ipotesi di un consenso da parte della ragazzina, e pone in evidenza il fatto che lei mostrava sentimenti di affetto e di riconoscenza verso il compagno della madre e riteneva normale fare quello, anche se nella sua mente faceva schifo . Questa visione viene però respinta in modo netto dai Giudici del Palazzaccio, i quali confermano in toto la condanna pronunciata in Appello e spiegano che il consenso della ragazza è comunque viziato poiché l’uomo era per lei una figura vicariante , senza dimenticare poi il divario di età, esperienza, ruolo sociale e familiare, nonché la somministrazione di sostanze stupefacenti da parte dell’uomo per annullare qualsiasi resistenza della ragazza.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 marzo – 15 ottobre 2018, n. 46683 Presidente - Relatore Ritenuto in fatto 1. Con sentenza della Corte di appello di Milano, del 15 settembre 2017, in parziale riforma del trattamento sanzionatorio della decisione del Tribunale di Milano del 18 gennaio 2017, è stata rideterminata la pena nei confronti di Or. Re. in anni 16 di reclusione, ritenuta la continuazione imputato dei reati 1 art. 81, 61, comma 1, n. 11 quinquies, 572, cod. pen. Commesso fino al 23 agosto 2015 2 art. 576, comma 1, n. 1 e 5,585 e 582 cod. pen. Commesso il 6 giugno 2015 3 art. 582, 585 e 576, comma 1, n. 1 e 5, cod. pen. Commesso il 15 luglio 2015 4 art. 609 bis, 609 ter, comma 1, n. 2 e 5 quarter, 61, comma 1, n. 5 e 11, e 81 cod. pen. Commessi dal luglio 2011 a novembre 2014 5 art. 73, 80, comma 1, lettere A ed F , T. U. stup., 61, comma 1, n. 2 e 81, cod. pen. Commessi da luglio 2011 ad agosto 2015, in concorso da dicembre 2014 all'agosto 2015 6 art. 609 octies, commi 1, 2 e 3, 609 ter, commi 1, 2 e 5 quater, 61, n. 5 e 11, e 81, cod. pen. Commessi da dicembre 2014 ad agosto 2015 7 art. 600 quater, cod. pen. Commesso il 23 aprile 2016. 2. L'imputato propone ricorso per cassazione, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen. 2. 1. Violazione di legge, art. 609 bis, 609 ter e 609 quater, comma 2, cod. pen. Si impugna il punto della sentenza in cui viene ritenuta la sussistenza della violenza sessuale, di cui al capo 4 dell'imputazione, con riferimento all'assenza, da parte della persona offesa, di consenso al compimento di atti sessuali con l'imputato. La sentenza ammette, infatti, la sussistenza di sentimenti di affetto e riconoscenza da parte della ragazza nei confronti dell'imputato, ed anche la mancanza di una seria opposizione al compimento di atti sessuali. Perfino il consenso della persona offesa al compimento di tali atti è ammesso come possibile dalla sentenza impugnata. Il processo di formazione della volontà della ragazza è tuttavia valutato come viziato in origine, per la peculiarità della relazione esistente tra l'imputato e la parte offesa. La ragazza al momento del primo rapporto aveva comunque compiuto 16 anni, ed era la figlia della convivente dell'imputato. Questo vincolo familiare, per la sentenza impugnata, renderebbe viziato il consenso. Neanche il riferimento agli effetti della sostanza stupefacente, che l'imputato assumeva insieme alla persona offesa, in occasione dei rapporti sessuali, costituisce anche secondo la prospettazione accolta in sentenza , elemento sufficiente a dimostrare la coartazione della volontà della persona offesa. La Corte di appello, infatti, ritiene l'assenza di consenso agli atti sessuali, da un passo ambiguo della deposizione della persona offesa. La persona offesa, però, non riferisce di un consenso prima assente e poi carpito attraverso lo stupefacente, ma di un consenso, agli atti sessuali, presente fin dall'inizio - per lei era già normale fare quello anche se nella sua mente faceva schifo -. Tale ricostruzione in fatto, che ammette l'esistenza di un consenso agli atti sessuali da parte della persona offesa minorenne, ultra sedicenne, ma ne nega la rilevanza, perché frutto dell'abuso della posizione dominante da parte del reo, cui la vittima era legata da un particolare vincolo, configura non l'ipotesi di cui agli art. 609 bis e ter, cod. pen., che richiede la coartazione diretta della volontà della vittima da parte del reo, ma quella di cui all'art. 609 quater, cod. pen. Si chiede, quindi, una riqualificazione del fatto previo annullamento della sentenza ai sensi dell'articolo 609 quater, comma 2, cod. pen. 2. 2. Violazione di legge, art. 609 octies, cod. pen. La sentenza, come visto, ammette l'esistenza di un sentimento di affetto e riconoscenza, da parte della ragazza nei confronti dell'imputato, e di un consenso di questa al compimento di atti sessuali, pur assumendo il consenso viziato, in relazione alla condizione di supremazia nei suoi confronti del convivente della madre. Attribuisce inoltre all'uso dello stupefacente l'effetto di aver inibito i dubbi della persona offesa. Peraltro al momento della consumazione dei rapporti sessuali a tre - la persona offesa, sua madre e l'imputato - la ragazza era già maggiorenne, e quindi non può operare la presunzione di offensività dell'articolo 609 quater, comma 2, cod. pen. 2. 3. Mancanza o comunque illogicità di motivazione, in relazione alla ritenuta sussistenza del delitto di cui all'art. 609 octies, cod. pen. Le stesse considerazioni, sopra dette, fondano, sotto altro profilo la censura di mancanza della motivazione, nella parte in cui viene ritenuta la sussistenza del reato contestato al capo 6 dell'imputazione, in mancanza di una effettiva motivazione che argomenti, in termini di effettiva certezza, la coartazione della volontà della persona offesa Ha chiesto pertanto l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Il ricorso è inammissibile perché i motivi di ricorso sono manifestamente infondati e ripetitivi dei motivi di appello, senza critiche specifiche di legittimità alle motivazioni della sentenza impugnata. Inoltre il ricorso, articolato in fatto, valutato nel suo complesso richiede alla Corte di Cassazione una rivalutazione del fatto non consentita in sede di legittimità. Per il motivo relativo alla riqualificazione del reato sub 4 dell'imputazione nell'ipotesi di cui all'art. 609 quater, cod. pen. si deve rilevare che manca il relativo motivo nell'atto di appello, e conseguentemente lo stesso risulta inammissibile in sede di legittimità. La decisione della Corte di appello e la sentenza di primo grado, in doppia conforme contiene adeguata motivazione, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità, sulla responsabilità del ricorrente, e sulla piena attendibilità della parte offesa. In tema di giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015 - dep. 27/11/2015, Musso, Rv. 265482 . In tema di motivi di ricorso per Cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante , su aspetti essenziali ad imporre una diversa conclusione del processo per cui sono inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015 - dep. 31/03/2015, O., Rv. 262965 . In tema di impugnazioni, il vizio di motivazione non può essere utilmente dedotto in Cassazione solo perché il giudice abbia trascurato o disatteso degli elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero dovuto o potuto dar luogo ad una diversa decisione, poiché ciò si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità. Sez. 1, n. 3385 del 09/03/1995 - dep. 28/03/1995, Pischedda ed altri, Rv. 200705 . 4. La Corte di appello e il Giudice di primo grado , come visto, ha con esauriente motivazione, immune da vizi di manifesta illogicità o contraddizioni, dato conto del suo ragionamento che ha portato alla valutazione di attendibilità di Pa. Ma. Ll Infatti, in tema di reati sessuali, poiché la testimonianza della persona offesa è spesso unica fonte del convincimento del giudice, è essenziale la valutazione circa l'attendibilità del teste tale giudizio, essendo di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene il modo di essere della persona escussa, può essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre è precluso in sede di legittimità, specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria. Sez. 3, n. 41282 del 05/10/2006 -dep. 18/12/2006, Agnelli e altro, Rv. 235578 . Le dichiarazioni della persona offesa possono da sole, senza la necessità di riscontri estrinseci, essere poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità penale dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve, in tal caso, essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. A tal fine è necessario che il giudice indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del suo convincimento, consentendo così l'individuazione dell'iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata mentre non ha rilievo, al riguardo, il silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame qualora si tratti di deduzione disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, non essendo necessaria l'esplicita confutazione delle specifiche tesi difensive disattese ed essendo, invece, sufficiente una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale deduzione senza lasciare spazio ad una valida alternativa. Sez. 5, n. 1666 del 08/07/2014 - dep. 14/01/2015, Pirajno e altro, Rv. 261730 le regole dettate dall'art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012 - dep. 24/10/2012, Bell'Arte ed altri, Rv. 253214 . 4. 1. Nel nostro caso le analisi delle due decisioni conformi sono precise, puntuali e rigorose nel l'affrontare I' attendibilità della donna, e individuano anche precisi riscontri anche se non necessari come le dichiarazioni della teste Pa. e della madre della parte offesa, e le immagini e i filmati estrapolati dal tablet dell'imputato scene di sesso esplicito tra l'imputato la parte offesa e la madre della stessa , nonché le stesse parziali ammissioni dell'imputato nell'interrogatorio. Il racconto della parte offesa viene ritenuto vivido, dotato di linearità logica e coerenza intrinseca ben dettagliato e collocato nel tempo e nello spazio . Sul punto l'osservazione del ricorrente nel ricorso per cassazione, ovvero la sussistenza di un valido consenso della ragazza, è una valutazione - soggettiva - tendente a prospettare una possibilità di consenso sereno, valido ed efficace, risulta scollegata da qualsiasi atto processuale, non dimostrato davanti al giudice di merito quindi non può essere considerato dalla Corte di legittimità, in assenza di elementi probatori, non indicati nel ricorso e riferibili ad atti del processo vedi espressamente Cassazione, Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014 - dep. 08/05/2014, C e altro, Rv. 260409 La regola dell'”al di là di ogni ragionevole dubbio”, secondo cui il giudice pronuncia sentenza di condanna solo se è possibile escludere ipotesi alternative dotate di razionalità e plausibilità, impone all'imputato che, deducendo il vizio di motivazione della decisione impugnata, intenda prospettare, in sede di legittimità, attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, l'esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza, di fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali . La testimonianza della parte offesa, infatti, viene adeguatamente valutata dalle sentenze di merito, e del resto nemmeno è stato prospettato un travisamento della stessa, ma solo teoricamente soggettivamente è stato posto in dubbio il suo contenuto. La sentenza impugnata, infatti, analizza la prospettazione del ricorrente, in appello e, del resto, riproposta acriticamente nel ricorso per cassazione , e rileva che la versione proposta dall'imputato trova una radicale smentita nelle inequivocabili risposte della giovane . Nel ricorso per cassazione solo genericamente si contesta tale valutazione di merito della decisione impugnata, senza specifiche critiche di legittimità, ma con la riporoposizione degli stessi motivi dell'appello, senza nessun confronto con le motivazioni della sentenza impugnata. 5. Relativamente alla riqualificazione dei fatti nel reato di cui all'art. 609 quater, cod. pen. si deve rilevare che il motivo non è stato oggetto dei motivi di appello, e conseguentemente lo stesso è inammissibile in sede di legittimità Non possono essere dedotte con il ricorso per Cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione. Fattispecie relativa ad omessa motivazione da parte della Corte di appello sulla recidiva ritenuta dal giudice di primo grado, non contestata con i motivi di appello Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017 - dep. 21/03/2017, Bolognese, Rv. 26974501 . 6. Anche relativamente agli ultimi due motivi di ricorso, relativi al reato di cui all'art. 609 octies, cod. pen. i rapporti a tre , si deve rilevare l'estrema genericità dei motivi. La decisione anche sul punto risulta adeguatamente motivata, rilevando come il consenso è comunque viziato soprattutto dal fatto che per la ragazza il ricorrente era una figura vicariante , e dal divario di età, esperienza, ruolo sociale e famigliare, nonché dalla somministrazione di sostanze stupefacenti per annullare qualsiasi resistenza. Sul punto, del resto, il ricorso è estremamente generico, e non contiene motivi specifici di legittimità, nei confronti della motivazione della sentenza impugnata, limitandosi a valutazioni di fatto. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di Euro 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati significativi, a norma dell'art. 52 del D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.