Furto in un furgone in sosta nel parcheggio condominiale: è furto in abitazione?

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 624-bis c.p., rientrano nella nozione di privata dimora” solo i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti di vita privata, non aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare.

Sul punto è tornata ad esprimersi la Corte di Cassazione con sentenza n. 45216/18 depositata il 9 ottobre. La vicenda. La Corte d’Appello confermava la sentenza di condanna resa dal Tribunale nei confronti degli imputati, responsabili del reato di furto in abitazione, essendosi impossessati di numerosi capi di abbigliamento custoditi dal soggetto all’interno di un furgone parcheggiato all’interno del parcheggio condominiale. Gli imputati propongono ricorso in Cassazione osservando che il furgone si trovava in un’area condominiale molto ampia, non numerata, che non poteva essere considerata pertinenza dell’abitazione, in senso civilistico. Il concetto di privata dimora e di pertinenza. Per la configurabilità del reato di cui all’art. 624- bis c.p., rientrano nella nozione di privata dimora” esclusivamente quei luoghi nei quali si svolgono atti di vita privata non occasionalmente, non aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare. Nel caso di specie, l’abitazione del condomino è sicuramente considerata privata dimora, si tratta quindi di affrontare la questione sul concetto di pertinenza”, se un parcheggio condominiale possa essere considerato o meno tale. Ai sensi dell’art. 817 c.c., si considera pertinenza, la cosa destinata in modo durevole a servizio di un’altra e il parcheggio condominiale, trovandosi in un rapporto complementare rispetto a tutti gli appartamenti del condominio, è senz’altro pertinenza di questi ultimi. Quindi il furto è avvenuto in una pertinenza di una privata dimora e il ricorso deve essere rigettato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 13 settembre – 9 ottobre 2018, numero 45216 Presidente Ciampi – Relatore Menichetti Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 21 febbraio 2018 la Corte di Appello di Lecce confermava la sentenza di condanna resa dal Tribunale di Brindisi nei confronti di P.C. e F.M. , quali responsabili del reato di cui agli artt. 110, 624 bis commi 1 e 3 c.p., in relazione all’articolo 625, comma 1 numero 2 e numero 5 c.p. e 61 numero 5 c.p., aggravato per entrambi dalla recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale, per essersi impossessati di numerosi capi di abbigliamento custoditi da C.S. all’interno di un furgone, lasciato in sosta all’interno del parcheggio condominiale. 2. Gli imputati, ciascuno tramite il difensore di fiducia, hanno proposto distinti ricorsi per cassazione avverso detta sentenza ed avverso l’ordinanza con la quale la Corte di Appello in data 21 febbraio 2018 aveva rigettato l’istanza volta al concordato di cui all’articolo 599 bis c.p.p. 3. I ricorsi, in tutto sovrapponibili, sono affidati a tre motivi. 3.1. Con il primo i ricorrenti deducono violazione di legge in relazione al rigetto dell’istanza di concordato, motivato dalla Corte territoriale sul presupposto dell’erroneità del computo della pena, pena che invece era stata correttamente calcolata poiché le parti avevano concordato la esclusione dell’inquadramento della condotta nella fattispecie di cui all’articolo 625 bis c.p., che aveva formato oggetto di un motivo di appello. 3.2. Con il secondo motivo lamentano violazione di legge e vizio della motivazione quanto alla ritenuta applicabilità della fattispecie di reato di cui all’articolo 624 bis c.p. Osservano che il furgone della persona offesa era parcheggiato in un’area condominiale molto ampia, a servizio di numero 4 edifici, in uno spazio non specificamente assegnato o numerato, che dunque non poteva essere considerato in senso civilistico pertinenza dell’abitazione. 3.3. Con l’ultimo motivo assumono carenza di prova sulla responsabilità, affermata in base al solo indizio dato dalla presenza delle impronte digitali sulla parte forzata ed aperta del furgone della persona offesa. Considerato in diritto 1. I ricorsi non sono fondati. 2. Il primo motivo appare aspecifico e scarsamente comprensibile. La Corte territoriale ha motivato l’ordinanza di diniego del concordato richiesto a norma dell’articolo 599 bis c.p.p. per la non congruità della pena, in considerazione del titolo del reato e delle aggravanti contestate. Si tratta di un provvedimento adeguatamente motivato, che non si presta a censure, anche perché i ricorrenti parrebbero far dipendere la minor pena dalla riqualificazione del fatto nell’ambito degli artt. 624 e 625 c.p., oggetto del secondo motivo. 3. Infondato tale secondo motivo. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza numero 31345 del 23/3/2017, richiamata dai ricorrenti, si sono pronunciate sul concetto di privata dimora , affermando, ai fini della configurabilità del reato previsto dall’articolo 624 bis c.p., che rientrano in tale nozione esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale. Orbene, l’abitazione del C. , posta all’interno dello stabile condominiale, è sicuramente privata dimora e dunque la questione riguarda piuttosto il concetto di pertinenza e, segnatamente, se un parcheggio condominiale, recintato e chiuso con un cancello, rientri in tale nozione. Sul punto questa Corte ha già affermato che integra il delitto di furto in abitazione la sottrazione illecita di beni mobili posti all’interno di aree condominiali, anche quando le stesse non siano nella disponibilità esclusiva dei singoli condomini Sez.4, numero 4215 del 10/1/2013, Rv.255080 . A tale decisione questo Collegio intende uniformarsi. La pertinenza è definita dall’articolo 817 cod. civ. come cosa destinata in modo durevole a servizio di un’altra cosa tale concetto civilistico implica dunque un rapporto di strumentalità e complementarità funzionale tra due beni, inteso come rapporto di durevole accessorietà dell’uno, la pertinenza, rispetto all’altro, principale. Il bene comune, costituito dall’ampio spazio condominiale destinato a parcheggio, si trova in tale rapporto complementare rispetto a tutti gli appartamenti del complesso condominiale, di cui dunque costituisce pertinenza , a nulla rilevando che non vi siano assegnazioni nominative o numerate per ogni singolo appartamento e che ciascuno dei condomini possa parcheggiare di volta in volta nello spazio che trova libero, trattandosi comunque di area chiusa da un cancello e di uso esclusivo dei condomini di quel complesso edilizio. Il furto, conclusivamente, è avvenuto in una pertinenza di una privata dimora, come correttamente ritenuto dalla Corte di Lecce. 4. Quanto al raggiungimento della prova di penale responsabilità, la sentenza impugnata si sofferma sull’esito degli accertamenti tecnico scientifici condotti dal Reparto Investigazioni Scientifiche di Roma, che avevano appurato che le impronte repertate proprio accanto alla serratura del portellone del furgone sottoposto ad effrazione, appartenevano al P. e al F. soggetti entrambi pregiudicati e ad una terza persona. Da ciò la ineccepibile conclusione che non si trattasse di un mero indizio, bensì della dimostrazione della riferibilità del furto ai soggetti che avevano forzato ed aperto il furgone e sottratto i beni custoditi al suo interno. 5. I ricorso vanno pertanto rigettati ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.