La tipologia di droga detenuta è irrilevante per la diminuzione della pena

La determinazione della pena per la detenzione di sostanze stupefacenti è condotta dall’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 che annovera come elementi essenziali, ai fini di una corretta valutazione della penale responsabilità, sia la qualità che la quantità dello stupefacente detenuta dal condannato. Tuttavia, la qualità e la quantità sono caratteristiche correlate ed entrambe devono essere correttamente individuate nella fattispecie concreta senza essere assorbite dall’elemento della tipologia di stupefacente detenuto, tratto diversamente disciplinato dall’art. 80 dello stesso d.P.R.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 44843/18, depositata l’8 ottobre 2018. I fatti. A fronte della detenzione di sostanze stupefacenti leggere, tramite la decisione emessa dal Procuratore Generale appellato, la pena inflitta al condannato è stata aumentata sulla base dell’art. 73, comma 3, d.P.R. n. 309/1990, così riformando parzialmente la decisione adottata dal Tribunale di Pescara, il quale, aveva diversamente deciso per una pena di minor entità. Davanti all’aumento della pena, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, deducendo una violazione di legge nell’applicazione dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 dato che, nel secondo grado, si sarebbe verificata un’erronea, aggravante, identificazione della tipologia della sostanza stupefacente, detenuta dal condannato stesso tale da escludere l’applicazione dell’attenuante prevista del comma 5 del suddetto articolo. Il ricorrente ha infatti dedotto, che essendo in possesso di una droga qualificabile come leggera”, la pena a lui inflitta non doveva essere ricondotta al comma 3 dell’articolo citato. La qualità e la quantità dello stupefacente. Come ribadito dalla Suprema Corte, per l’applicazione dell’attenuante prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 è necessaria una corretta valutazione dei presupposti applicativi dello stesso cioè, sia della qualità che della quantità. È necessario precisare quindi, che la qualità della sostanza stupefacente deve essere riferita al grado di purezza presentata dalla droga stessa e la quantità, invece, è volta a determinare il dato ponderale dello stupefacente detenuto nel dettato considerato quindi, ai fini dell’applicazione della diminuzione di pena, non rileva un’analisi della tipologia della sostanza. La qualificazione del fatto come di lieve entità” deve tener necessariamente conto dei mezzi e delle modalità attraverso le quali è stata posta in essere l’azione perseguibile, senza considerare la classificazione della droga posseduta, infatti, la detenzione di una sostanza di per sé leggera”, rispetto ad altri stupefacenti consumati, non è un elemento idoneo a ridurre la responsabilità penale dato che non interferisce con il dato ponderale e l’elemento della purezza dettati dal comma 5 dell’articolo in questione. Diversamente, si svuoterebbe il contenuto dell’art. 80 d.P.R. n. 309/1990 che, prevedendo delle aggravanti, contempla specificatamente diverse tipologie di sostanze stupefacenti la cui detenzione comporterebbe quindi, un aumento della responsabilità penale. Essendo il ricorso del condannato, infondato, data l’irrilevanza della tipologia della sostanza detenuta ai fini di una diminuzione della pena, la Corte di Cassazione lo condanna altresì al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 febbraio – 8 ottobre 2018, n. 44843 Presidente Cavallo – Relatore Corbetta Ritenuto in fatto 1. Con l’impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione resa dal tribunale di Pescara, appellata dal Procuratore Generale, la Corte d’appello dell’Aquila riqualificava il fatto ai sensi del comma 1 dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, e, per l’effetto, rideterminava la pena inflitta ad C.A. in anni tre di reclusione ed Euro 10.000, di multa, nel resto confermando la sentenza di primo grado, in relazione alla penale responsabilità dell’imputato per la detenzione di gr. 424,33 di marijuana. 2. Avverso l’indicata sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia, articolando un unico motivo di doglianza, incentrato sulla violazione di legge in relazione all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990. Assume il ricorrente che, in considerazione della tipologia della sostanza sequestrata, annoverata tra le droghe leggere , la Corte territoriale avrebbe dovuto confermare la sussunzione del fatto nella previsione di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto la tipologia della sostanza sarebbe, di per sé, indice della lieve entità del fatto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, essendo manifestamente infondato. 2. Invero, a dispetto della mutata configurazione giuridica dell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, elevata da circostanza attenuante a fattispecie autonoma di reato a seguito delle novelle di cui alle leggi n. 10 e n. 79 del 2014, non sono cambiati i presupposti per la sua applicabilità. 2.1. In particolare, la fattispecie del fatto di lieve entità è ravvisabile in ipotesi connotate da una minima offensività della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione mezzi, modalità, circostanze dell’azione , con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio per tutti, cfr. Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010 - dep. 05/10/2010, Rico, Rv. 247911 . Nel caso in esame, la Corte ha fatto buon governo di tale principio, escludendo al riconducibilità del fatto nell’ipotesi di lieve entità sulla considerazione assorbente del dato quali-quantitativo, essendo ricavabili, dallo stupefacente sequestrato al C. , ben 1.003 dosi medie singole. 2.2. Non può essere condivisa l’interpretazione prospettata dal ricorrente, secondo cui, essendo la sostanza riconducibile nel novero delle droghe leggere , la detenzione della medesima integrerebbe, di per sé solo, un fatto di lieve entità , essendo smentita dal chiaro tenore letterale dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990. Invero, ai fini della valutazione del fatto come di lieve entità , la norma impone di considerare, oltre ai mezzi, alle modalità e alle circostanze dell’azione, la qualità e la quantità dello stupefacente, con ciò facendo riferimento in un caso alla percentuale di purezza, nell’altro al dato ponderale, senza che, quindi, assuma rilevanza la tipologia della sostanza. Del resto, seguendo l’impostazione del ricorrente, si giungerebbe a esiti inaccettabili con riguardo alla detenzione di quantità ingenti di droghe leggere in un caso del genere, infatti, in considerazione della tipologia della sostanza stupefacente, dovrebbe sempre applicarsi l’ipotesi del fatto lieve , e non già l’aggravante dell’ingente quantità, prevista dall’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, che, invece, opera indistintamente in riferimento a tutte le sostanze stupefacenti o psicotrope. 3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.