L’avviso della facoltà di fruire della causa di non punibilità in caso di omesso versamento di ritenute

In caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, qualora non risulti effettuata la comunicazione dell’avviso di accertamento ed il decreto di citazione a giudizio sia privo dell’indicazione di tutti gli elementi, il dies a quo del termine di tre mesi per il pagamento delle ritenute omesse al fine di fruire della causa di non punibilità decorre dal momento in cui l’imputato abbia avuto piena conoscenza di tutti gli elementi essenziali.

Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 44529/18, depositata il 5 ottobre. Il caso. La Corte d’Appello di Ancona confermava la condanna in primo grado inflitta ad un imputato per il reato di omesso versamento delle ritenute contributive e previdenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori della società di cui era legale rappresentante. Avverso la sentenza, ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo l’omessa notifica dell’avviso di accertamento INPS perché effettuata presso la sede della società dopo la cessazione della carica di rappresentante legale. Egli non era dunque stato avvisato della possibilità di fruire della causa di non punibilità con il pagamento tempestivo del dovuto, nonché delle modalità di tale versamento. Avviso di accertamento. Secondo la giurisprudenza, in tema di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali, ai fini della causa di non punibilità invocata dall’imputato, il decreto di citazione a giudizio equivale alla notifica dell’avviso di accertamento solo se, così come ogni altro atto processuale indirizzato all’imputato, contiene elementi essenziali del predetto avviso, ovvero l’indicazione del periodo di omesso versamento e dell’importo, l’indicazione della sede dell’ente presso cui effettuare il versamento nel termine di 3 mesi concesso dalla legge e l’avviso che il pagamento consente di fruire della causa di non punibilità. In tal caso, dalla notificazione del decreto di citazione a giudizio decorre il termine di 3 mesi per il versamento. L’omessa notifica dell’avviso di accertamento non impedisce dunque l’esercizio dell’azione penale, ma laddove il decreto di citazione a giudizio non fornisca all’imputato le indicazioni summenzionate, ben può il giudice assegnare un termine di 3 mesi per il versamento del dovuto con rinvio della trattazione del procedimento. Tornando al caso di specie, la Corte precisa che le modalità per effettuare il versamento non costituiscono requisito essenziale dell’avviso di accertamento mentre il rilievo relativo alla mancata comunicazione della possibilità di fruire della causa di non punibilità è esatto, nonostante non possa essere ritenuta perfezionata nel caso di specie la fattispecie. Secondo la giurisprudenza infatti la consapevolezza di tale facoltà può essere acquisita in qualunque forma, non presupponendo la comunicazione di un avviso formale in ordine ai benefici conseguibili per effetto del pagamento nel trimestre . In conclusione la Suprema Corte, dichiarando inammissibile il ricorso, afferma il principio secondo cui in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operata dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, qualora non risulti ritualmente effettuata la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione ed il decreto di citazione non ne contenga l’indicazione di tutti gli elementi, trattandosi di fattispecie a formazione progressiva che ben può completarsi nel corso del giudizio, il dies a quo del termine di tre mesi previsto al fine di poter effettuare il pagamento delle ritenute omesse al fine di fruire della causa di non punibilità di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. n. 463/1983, conv. in l. n. 638/1983, decorre dal momento in cui si sia verificata la conoscenza da parte dell’imputato di tutti gli elementi essenziali del suddetto avviso di accertamento .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 maggio – 5 ottobre 2018, numero 44529 Presidente Sarno – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto l. Con sentenza del 23 giugno 2016, la Corte d’appello di Ancona ha confermato la condanna in primo grado inflitta all’odierno ricorrente M.M. per alcuni episodi di omesso versamento delle ritenute contributive e previdenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori dipendenti della società di cui era legale rappresentante. 2. Avverso la sentenza di appello, ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. penumero . 3. Con il primo motivo si deduce l’inosservanza dell’art. 2, comma 1 bis, legge numero 638 del 1983 ed il vizio di motivazione con riguardo all’omessa notifica all’imputato dell’avviso di accertamento da parte dell’INPS, effettuato presso la sede della società allorquando l’imputato era cessato dalla carica dr legale rappresentante. Osserva il ricorrente che - diversamente da quanto ritenuto, illogicamente, dalla sentenza impugnata - non si poterebbe considerare a ciò equipollente la notifica del decreto di citazione a giudizio, non contenendo esso l’avviso della possibilità di fruire della causa di non punibilità e l’indicazione delle modalità con cui effettuare il versamento. 4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 157 cod. penumero per non aver la Corte territoriale dichiarato la prescrizione del reato quanto all’omesso versamento relativo al mese di novembre 2008. 5. Con il terzo motivo si chiede a questa Corte di valutare l’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso e manifestamente infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte espressa nella sua più autorevole composizione, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, ai tini della causa di non punibilità del pagamento tempestivo di quanto dovuto, il decreto di citazione a giudizio à equivalente alla notifica dell’avviso di accertamento solo se, al pari di qualsiasi altro atto processuale indirizzato all’imputato, contenga gli elementi essenziali del predetto avviso, costituiti dall’indicazione del periodo di omesso versamento e dell’importo, la indicazione della sede dell’ente presso cui effettuare il versamento entro il termine di tre mesi concesso dalla legge e l’avviso che d pagamento consente di fruire della causa di non punibilità Sez. U, numero 1855 del 24/11/2011, dep. 2012, Sodde, Rv. 251268 . Laddove il decreto di citazione a giudizio contenga gli elementi essenziali dell’avviso formalmente omesso, dalla sua notificazione decorre il termine di tre mesi fissato dalla legge per effettuare il versamento delle ritenute previdenziali omesse al fine di fruire della causa di non punibilità. Ed invero, nella citata decisione le Sezioni Unite hanno affermato che la mancanza del formale avviso di accertamento o di atto equipollente non impedisce la procedibilità dell’azione penale, potendosi soltanto ritenere non consumata la facoltà dell’interessato di fruire della causa di non punibilità ove effettuo il versamento del dovuto, come si è più volte riconosciuto in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, qualora non risulti ritualmente effettuata la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione e il decreto di citazione non contenga l’indicazione di tutti gli elementi propri di detto avviso, deve essere ritenuto tempestivo, al fine del verificarsi della causa di non punibilità di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. numero 463 del 1983, conv. in legge numero 638 del 1983, il versamento delle ritenute previdenziali effettuato dall’imputato nel corso del giudizio Sez. 3, numero 23914 del 14/05/2014, Cibin, Rv. 26151 in tal caso, rilevate la mancata notificazione dell’avviso di accertamento e contestazione e la incompleta indicazione degli elementi di detto avviso nel decreto di citazione, ben può il giudice assegnare all’imputato un termine di tre mesi per consentirgli il versamento del dovuto, disponendo il rinvio della trattazione del procedimento penale cosi, in motivazione, Sez. 3, numero 6045 del 27/09/2016, dep. 2017, Stasi . 1.2. Nel caso di specie, il ricorrente lamenta che il decreto di citazione a giudizio non conteneva tutti gli elementi dell’avviso di accertamento ritenuti essenziali dalla citata giurisprudenza delle Sezioni unite, mancando, in Particolare, la specificazione della possibilità di fruire della causa di non punibilità prevista dalla legge e delle modalità attraverso il quale era possibile effettuare il versamento . Quanto alla modalità per effettuare il versamento, osserva il Collegio che - secondo la giurisprudenza citata - si tratta di requisito non essenziale dell’avviso di accertamento, essendo sufficiente l’indicazione della sede INPS competente alla quale rivolgersi, nel caso di specie indicata nel capo di imputazione vale a dire quella di Ancona . Quanto al fatto che il capo d’imputazione non specifichi che il pagamento nel termine di tre mesi avrebbe consentito all’imputato di fruire della causa di non punibilità, il rinvio è indubbiamente esatto, ma nel caso di specie esso non vale a far ritenere non perfezionata la fattispecie. Ed invero questa Corte ha già affermato che, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, il termine di tre mesi per corrispondere l’importo dovuto ai noi della integrazione della causa di non punibilità del reato decorre dal momento in cui l’indagato o imputato, oltre ad essere informato del periodo dr omesso versamento, dell’importo dovuto e del luogo ove effettuare il pagamento, risulti anche posto compiutamente a conoscenza della possibilità di ottenere l’esonero della punibilità in caso di pagamento nel termine di tre mesi, ma la consapevolezza di tale facoltà puri essere acquisita in qualunque forma, non presupponendo la comunicazione di un avviso formale in ordine ai benefici conseguibili per effetto del pagamento nel trimestre 5ez. 3, numero 46169 del 18/07/2014, Gabnelli, Ftv 260912 . Nella Condivisibile motivazione della citata decisione, si legge che dalla ratio del sistema normativa si ricava che se la conoscenza di potersi avvalere della causa di non punibilità può intervenire nel corso del processo di merito, persino durante il secondo grado del giudizio come hanno condivisibilmente affermato le sezioni Unite Sodde, il diritto a conoscere il fatto produttivo della causa di non punibilità, in tanto può essere reclamato nel giudizio di legittimità, se ed in quanto risulti che l’imputato non fosse a conoscenza aliunde della possibilità di fruire, ad ulteriori requisiti già integrati, della causa dl esonero della punibilità poiché in tal caso, siccome il dies a quo del termine di comporto non e mai iniziato a decorrere se non quando si sta avuta la prova certa della conoscenza dell’informazione reclamata, il pagamento, in qualsiasi momento eseguito nel corso del processo di merito e nel termine di legge, integra di per se la causa sopravvenuta di non punibilità Ne consegue come, nel caso di specie, l’imputato non possa utilmente sostenere di non essere punibile - in ragione della prospettata omissione circa il fatto di non essere stato informato di potersi avvalere di una causa di non punibilità ne al momento della contestazione della violazione e ne con il decreto di citazione a giudizio che tale avviso, a differenza degli altri, non conteneva - perché, con i motivi di appello pag 2 , egli ha mostrato di conoscere che, effettuando il pagamento, si sarebbe avvalso della causa di non punibilità che infatti invoca e, in siffatto caso ossia in presenza di una perfetta e consapevole conoscenza del dato normativo, non vi è più alcun onere per il giudice di assegnare un termine per provvedere al pagamento, in maniera che l’imputato si possa giovare della causa di esonero della punibilità, perché il termine, per potersene servire, decorre dal momento in cui si assume la certezza processuale della conoscenza del dato e tale certezza, nel caso di specie, si e avuta con Il deposito dei motivi do appello. Nel caso in esame, si e dunque completata la fattispecie a formazione progressiva in presenza della notizia certa del completamento di tutto i requisiti necessari per fruire della causa di non punibilità e tale certezza e sicuramente rappresentata per l’imputato dalla notificazione del decreto di citazione a giudizio e dal successivo deposito dei motivi di impugnazione con la conseguenza che l’imputato ha comunque fruito di un periodo nettamente superiore ai tre mesi per provvedere all’incombente, senza peraltro approfittare di tale opportunità per evitare la pena. Sez. 3, numero 46169 del 18/07/2014, Gabrielli, in motivazione . 1.3. Il caso qui sub iudice e esattamente identico a quello esaminato nella citata decisione. Dal tenore del ricorso per cassazione e dell’atto di appello, di fatti, si evince che quantomeno dal momento della proposizione del gravame di merito l’imputato era a conoscenza del fatto che il pagamento nel termine di tre mesi dei contributi omessi alla sede INPS di Ancona, quali indicati nel decreto di citazione a giudizio, gli avrebbe consentito di fruire della causa di non punibilità e, ciò nondimeno, egli - preferendo coltivare la formale formalistica eccezione nuovamente qui - proposta - non vi ha provveduto, essendo cosi decorso dalla proposizione dell’appello alla data di emissione della sentenza impugnata un termine abbondantemente superiore ai tre mesi, con conseguente decadenza dalla possibilità di fruire della causa di non punibilità. Accogliere le conclusioni del ricorso rassegnate sul punto annullare con rinvio la sentenza impugnata per consentire all’imputato di fruire della facoltà concessa dalla legge significherebbe, peraltro, assecondare un’evidente tattica dilatoria integrante gli estremi dell’abuso del processo, situazione che si verifica allorquando una richiesta processuale non risponda ad alcuna reale esigenza difensiva e l’effettivo esercizio del diritto dell’imputato non abbia subito alcuna lesione o menomazione Sez. U, numero 155 del 29/09/2011, dep. 2012, Rossi e a., Rv. 251497 Sez. 2, numero 12306 del 15/03/2016, Acciari, Rv. 266772 . Di fatti, il ricorrente M. , da anni a conoscenza della facoltà do fruire della causa di non punibilità di cui all’art. 2, comma 1-bis, legge numero 638 del 1983 - avendo il medesimo, tramite il difensore, proposto appello sul punto - non ha in realtà mai inteso veramente fruirne e si e limitato, nel giudizio di appello prima, e nel ricorso per cessazione poi, a contestare do non aver mai formalmente ricevuto l’avviso ai accertamento dell’INPS. Deve pertanto affermarsi il principio secondo cui, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, qualora non risulti ritualmente effettuata la comunicazione dell’avviso di accertamento della violazione ed il decreto di citazione non ne contenga l’Indicazione dl tutti gli elementi, trattandosi di fattispecie a formazione progressiva che ben può completarsi nel corso del giudizio, il dies a quo del termine di tre mesi previsto al fine di poter effettuare il pagamento delle ritenute omesse al fine di fruire della causa di non punibilità di cui all’art. comma 1 bis, dl n 463 del 1983, ronv in legge n 638 del 1983, decorre dal momento in cui 51 sia verificata la conoscenza da parte dell’imputato di tutti gli elementi essenziali del suddetto avviso di accertamento. 2. Il secondo motivo di ricorso è invece fondato. Non essendosi verificate cause di sospensione del corso della prescrizione, il reato concernente l’omesso versamento delle ritenute per il mese di novembre 2008, consumatosi il successivo 16 dicembre a norma dell’art. 18, dlgs. 9 luglio 1997, numero 241 e succ. modff. si è prescritto il 16 giugno 2016, vale a dire poco prima della pronuncia della sentenza di secondo grado. Trattandosi di motivo ritualmente dedotto, anche per violazione di legge, non v’è dubbio che lo stesso possa trovare accoglimento in questa sede anche se l’eccezione di prescrizione non rosse stata dedotta nel giudizio di merito. Di fatti, secondo l’oramai pacifico orientamento di questa Corte, suggellato da un recente intervento della Sezioni Unite, è ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. b cod. proc. penumero , Sez. U, numero 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266819 , anche se la causa estintiva non era stata dedotta nei precedenti gradi di giudizio Sez. 3, numero 11103 del 30/01/2014, Colosso, Rv. 258733 . 3. Il terzo motivo è inammissibile. Poiché l’art. 131-bis cod. penumero è stato introdotto con il d.lgs. 16 marzo 2015, numero 28 entrato in vigore il 2 aprile 2015 , esso era da tempo vigente al momento della celebrazione del giudizio di appello, sicché l’appellante avrebbe potuto presentare un nuovo motivo d’impugnazione al di la dei limiti circa l’identità dei capi e dei punti della decisione ricavabile dal disposto di cui all’art. 585, comma 4, cod. proc. penumero , come questa Corte ha già avuto modo di argomentare allorquando, affermando il principio secondo cui la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. penumero non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 609, comma 3, cod. proc. penumero , se il predetto.211SICISiD era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza d’appello, ha ritenuto che il tema ben può essere proposto al giudice procedente al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione, come motivo di appello ovvero almeno come sollecitazione in sede di conclusioni del giudizio di secondo grado Sez. 6, numero 20270 del 27/04/2016, Gravino, Rv. 266678 . Non essendosi ciò verificato, giusta la richiamata disposizione, il motivo non può essere proposto per la prima volta nel giudizio di cessazione. 4. Non avendo i giudici di merito distinto gli aumenti di pena praticati per la continuazione, così da consentire a questa Corte di eliminare la pena riferita all’unico reato estinto, l’accoglimento del secondo motivo d’appello determina l’annullamento della sentenza, in parte qua, con rinvio alla Corte d’appello di Perugia per la rideterminazione della pena. Ai sensi dell’art. 624 cod. proc. penumero , deve invece dichiararsi l’irrevocabilità della sentenza quanto all’affermazione della responsabilità per I residui reati contestati. Ed invero, pur essendo anche per questi ultimi ad oggi maturato il termine massimo di prescrizione, l’inammissibilità del ricorso con riferimento ad essi impedisce a questa Corte di rilevare la causa estintiva, giusta il principio secondo cui, in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati ascritti ano stesso imputato, l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi decotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si è torniate il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello Sez. U, numero 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, Aiello e a., Rv. 268966 . P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato concernente l’omesso versamento all’INPS relativamente al mese di novembre 2008 perché estinto per prescrizione. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso e rinvia alla Corte di appello di Perugia limitatamente alla rideterminazione della pena. Visto l’art. 624 cod. proc. penumero dichiara l’irrevocabilità della sentenza quanto all’affermazione della responsabilità per i residui periodi contestati.