I criteri oggettivi per individuare i casi di rinvio per legittimo impedimento dell’avvocato impegnato in udienze contestuali

La Suprema Corte ritorna su un argomento caro ai giuristi pratici, crocevia tra interessi pubblici – bilanciamento tra diritto di difesa ed esigenza di rapida definizione dei processi – e complicazioni private, che affliggono legali spesso costretti, per sfortuna o difficoltà organizzative, a barcamenarsi tra molti impegni, talvolta in differenti città.

Lo fa appellandosi a parametri legislativi che consentono di attribuire oggettività ad una valutazione che, malgrado nel tempo si siano enucleate delle regole di riferimento, rischia di sfociare nella discrezionalità. Al contempo, affronta un’ipotesi affatto comune di conversione dei mezzi di impugnazione. Così con sentenza n. 43649/18, depositata il 3 ottobre. Il caso. L’inchiesta riguarda un episodio particolarmente cruento che ha generato contestazioni per violenza sessuale, sequestro di persona, tentata estorsione, violenza privata, lesioni personali, cessione illecita di sostanza stupefacente e resistenza a pubblico ufficiale. La pronuncia di prime cure, resa in esito a rito abbreviato, è oggetto di gravame, sia difensivo sia del Procuratore generale, il quale deduce richieste accolte parzialmente dalla competente Corte distrettuale che, escludendo il vincolo della continuazione tra i reati oggetto di accertamento e quelli giudicati con precedente sentenza irrevocabile, ridetermina la pena in concreto e conferma nel resto la prima decisione. Ricorre per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato, denunciando, con separati motivi error in procedendo e manifesta illogicità della motivazione, per l’indebito rigetto della istanza di rinvio della trattazione per concomitante impegno professionale del difensore, posto che il prevenuto, pur ristretto in custodia cautelare, aveva acconsentito, ed a nulla rilevava il fatto che si stesse procedendo con rito camerale violazione di legge processuale ed omessa motivazione, per aver impropriamente accolto l’appello del pubblico ministero, in realtà non proponibile avverso sentenze rese in abbreviato che non modifichino il titolo dei reati ascritti con la condanna. La sentenza. La terza Sezione – su parere difforme del Procuratore generale, che aveva insistito per l’annullamento senza rinvio, con trasmissione degli atti ai Giudici distrettuali per la nuova determinazione di merito – rigetta l’impugnazione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. L’Estensore si dimostra capace di sintesi, passando in rapida rassegna i punti necessari a giustificare il ragionamento giudiziale ed avendo cura di specificare testualmente, in calce alle diverse sezioni della parte motiva, i principi di diritto espressi. Nel farlo, prende le mosse dal primo motivo, premettendo che il Collegio ritiene operativo anche per il giudizio camerale d’appello l’orientamento di legittimità – avallato dal Massimo Consesso interpretativo vd. Cass., SS. UU. Pen., 21.7.2016, n. 41432, Nifo Sarrapochiello et al., RV. 267748 – che si è consolidato con riguardo all’impedimento del difensore determinato da serie di imprevedibili, attuali e documentate ragioni di salute, ex art. 420 ter, comma quinto, c.p.p Il legittimo impedimento del difensore. Ed infatti, i canoni che il richiedente dovrà rispettare per ottenere lo spostamento in altra giornata delle attività previste restano gli stessi 1 prospettare l’impedimento immediatamente 2 indicare le ragioni per i quali ritenga essenziale la sua partecipazione al diverso processo 3 dimostrare l’assenza di codifensore o di un idoneo sostituto processuale che lì possa adeguatamente difendere l’assistito cfr., tra le tante, Cass., Sez. VI Pen., 4.3.2015, n. 20130, Caputi, RV. 263395 . In concreto, peraltro, sussistevano ulteriore elementi, di natura oggettiva il prevenuto si trovava in custodia cautelare condizione d’urgenza recepita espressamente all’art. 132- bis , comma 1, d.a. c.p.p. e, tra le accuse pendenti, c’era anche il delitto di cui all’art. 609- bis c.p., che da solo avrebbe determinato la necessità di dare priorità alla trattazione del fascicolo. Conseguentemente, si statuisce che non è manifestamente illogica né errata [] la decisione di rigetto dell’istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore che adduca concomitante impegno professionale quando il processo riguardi imputato detenuto in custodia cautelare e sia stata invece accordata preferenza alla trattazione di procedimenti in cui tale situazione non ricorra, né ricorrano altre situazioni di priorità [] ricavabili da norme di legge”. La qualificazione dell’impugnazione del Pubblico Ministero. Gli Ermellini passano così ad esaminare l’ulteriore censura, concernente l’erroneo scrutinio, secondo il ricorrente, dell’appello del Pubblico Ministero, che avrebbe criticato una decisione ricorribile unicamente per cassazione. Anche questa doglianza, tuttavia, non risulta fondata, posto che, ai sensi dell’art. 580 c.p.p., la corretta sequenza procedimentale ha in effetti previsto prima, la conversione in ricorso per cassazione dell’appello proposto, erroneamente ma per violazioni di legge successivamente, la riunione per connessione delle due impugnazioni dinanzi ai giudici di gravame quindi, la trattazione congiunta, con esame prioritario delle questioni di legittimità infine, la ponderazione di quelle di merito che residuino, per operare la completa riforma della decisione di primo grado. In tal modo, si valorizza un’esigenza pubblica di economia processuale, fatta propria dal legislatore codicistico in presenza di una lacuna l’immotivata applicazione del reato continuato , che avrebbe tipicamente postulato un annullamento con successivo giudizio di rinvio, si preferisce, senza penalizzare la parte che abbia optato per un rimedio improprio, definire totalmente il procedimento nell’unica sede idonea. Conclusioni. La decisione in commento approda a conclusioni sostanzialmente condivisibili, facendo buon uso di referenti normativi che permettono, perlomeno nella grande maggioranza delle ipotesi, di rendere uniforme un apprezzamento concreto che, non di rado, presenta profili di eterogeneità nei diversi Fori. Costituirà, pertanto, un utile compendio dei requisiti da vagliare – e rispettare – quando il difensore si trovi costretto a chiedere il rinvio del processo ad altra data a causa di plurimi e simultanei impegni professionali. Espone in modo lucido e lineare, infine, l’iter logico che supporta la posizione assunta con in materia di impugnazioni, privilegiando in presenza di specifiche condizioni la concentrazione degli incombenti.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 3 luglio – 3 ottobre 2018, n. 43649 Presidente Ramacci – Relatore Reynaud Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 23 ottobre 2017, la Corte d’appello di Brescia, respingendo l’appello proposto dall’odierno ricorrente B.B. e accogliendo parzialmente l’impugnazione proposta dal procuratore generale, escludendo il vincolo della continuazione tra i reati sub iudice e quelli giudicati con altra sentenza passata in giudicato, ha conseguentemente rideterminato la pena e per il resto confermato la condanna dell’imputato - emessa in esito a rito abbreviato - per i reati di violenza sessuale, sequestro di persona, tentata estorsione, violenza privata, lesioni personali, cessione illecita di stupefacente e resistenza a pubblico ufficiale. 2. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen 3. Con il primo motivo si deducono i vizi di cui all’art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. proc. pen. per violazione di legge segnatamente, gli artt. 178 e 179 cod. proc. pen. e manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza con cui la Corte d’appello ha rigettato la richiesta di rinvio del procedimento avanzata dal difensore per concomitante impegno professionale. Si rappresenta, in particolare, che, benché l’imputato fosse ristretto in custodia cautelare - mentre negli altri procedimenti per cui ricorreva il concomitante impegno, peraltro fissati precedentemente, gli imputati erano a piede libero - il medesimo aveva acconsentito alla richiesta di rinvio e non v’erano esigenze connesse all’imminente scadenza dei termini cautelari, sicché non v’era ragione di non accordare il richiesto differimento e di procedere invece all’udienza in camera di consiglio, come avvenuto, in assenza di difensore, adducendosi l’ulteriore, erroneo, argomento secondo cui, trattandosi di rito camerale, l’impedimento del difensore, legittimo od illegittimo, sarebbe irrilevante. 4. Con il secondo motivo si deducono i vizi di cui all’art. 606, comma 1, lett. c ed e , cod. proc. pen. per violazione degli artt. 443 e 580 cod. proc. pen. ed omessa motivazione con riguardo all’accoglimento dell’appello proposto dal procuratore generale, posto che, trattandosi di sentenza emessa in seguito a giudizio abbreviato, la stessa non era appellabile dal pubblico ministero, ma solo ricorribile per cassazione, senza che la doglianza in concreto fosse riconducibile ad uno dei profili di legittimità per cui è consentito il ricorso per cassazione. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso non è fondato. Va innanzitutto precisato che, risolvendo una questione interpretativa controversa, una recente decisione resa da questa Corte a sezioni unite ha affermato che nel giudizio camerale di appello, a seguito di processo di primo grado celebrato con rito abbreviato, è applicabile l’art. 420 ter, comma quinto, cod. proc. pen. ed è, pertanto, rilevante l’impedimento del difensore determinato da serie, imprevedibili e attuali ragioni di salute, debitamente documentate e tempestivamente comunicate Sez. U, n. 41432 del 21/07/2016, Nifo Sarrapochiello e aa., Rv. 267748 . Benché il caso nella specie scrutinato si riferisse ad un legittimo impedimento non fondato su ragioni di salute, reputa il Collegio che le argomentazioni e conclusioni affermate nella citata sentenza che attengono, in via generale, all’applicabilità dell’art. 420-ter cod. proc. pen. anche al giudizio camerale d’appello - non consentano di ritenere diversamente disciplinata l’ipotesi in cui il rinvio sia richiesto per concomitanti impegni professionali. L’art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., di fatti, regola l’assoluta impossibilità del difensore di comparire all’udienza per legittimo impedimento senza distinguere in ragione della causa se, ad. es., dovuta a ragioni di salute, ovvero a concomitanti impegni professionali . L’interpretazione che il Collegio reputa corretta è stata peraltro seguita anche in altre decisioni intervenute successivamente alla richiamata pronuncia delle sezione unite, essendosi appunto affermato che, nel giudizio abbreviato di appello, soggetto al rito camerale, si applica l’art. 420-ter, comma quinto, cod. proc. pen., che impone il rinvio del procedimento in caso di dedotto legittimo impedimento del difensore Sez. 2, n. 8 del 16/11/2016, dep. 2017, Cutolo, Rv. 268765 per l’affermazione di identico principio da parte di una sentenza pronunciata poco prima della richiamata decisione delle sezioni unite e successivamente depositata, v. Sez. 3, n. 35576 del 05/04/2016, Lattanzi, Rv. 267632 . 1.1. Ciò posto, deve osservarsi come, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell’art. 420 ter, comma 5, cod. proc. pen., a condizione che lo stesso sia documentato mediante allegazione di copia conforme, con attestazione della cancelleria, di uno degli atti del diverso procedimento pregiudicante idoneo a dimostrare la coincidenza della data di celebrazione del processo Sez. 3, n. 8537 del 17/10/2017, dep. 2018, Rv. 272297 e il difensore a prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni b indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo c rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato d rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 cod. proc. pen. sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio Sez. 6, n. 20130 del 04/03/2015, Caputi, Rv. 263395 . Nel caso di specie risulta che il difensore abbia ottemperato a tali disposizioni, ma la Corte ha comunque rigettato l’istanza di rinvio - peraltro, in tempo utile per consentire al difensore di chiedere il rinvio degli altri, concomitanti, processi - ritenendo prevalente la trattazione del presente procedimento essendo in allora l’imputato in custodia cautelare. 1.2. Ciò premesso, osserva il Collegio come la decisione sulla richiesta di rinvio del processo per concomitante impedimento professionale del difensore postuli una valutazione di merito circa il procedimento alla cui trattazione accordare preferenza che può essere sindacata in sede di legittimità soltanto se contraria alla legge o illogicamente motivata. Al riguardo deve qui ribadirsi che il giudice del processo di cui si chiede il rinvio deve effettuare il bilanciamento tra l’interesse difensivo e l’interesse pubblico all’immediata trattazione del processo - tenendo ad es. conto della presenza di imminenti cause estintive del reato o dell’esaurimento dei termini di fase della custodia cautelare e di altre eventuali circostanze rilevanti - sicché, ancorché la priorità temporale costituisca uno dei parametri di valutazione, un impegno pur successivo può essere considerato prevalente rispetto ad altro preesistente e, comunque, la valutazione della prova di tale impedimento, ai fini dell’obbligo della sospensione e del rinvio del dibattimento, deve essere fatta in concreto dal giudice di merito e, se adeguatamente motivata, secondo criteri di completezza e di logicità, si sottrae ad ogni censura in sede di legittimità Sez. 5, n. 35037 del 09/07/2007, Alescio, Rv. 237725, la quale ha affermato il principio secondo cui è illegittimo il provvedimento di rigetto dell’istanza di rinvio dell’udienza - proposta dal difensore che abbia dedotto concomitanti impegni professionali ed esposto le ragioni che rendano essenziale l’espletamento della sua funzione in essi, per la particolare natura dell’attività cui debba presenziare, nella specie procedimento con imputati detenuti - senza motivare in ordine alle ragioni per le quali detti impegni debbano essere subordinati all’immediata trattazione del processo di cui si chiede il rinvio, considerato che la previsione di cui all’art. 420 ter, comma quinto, cod. proc. pen., richiede che l’impedimento sia tempestivamente comunicato ma non che esso, necessariamente, sia sorto prima . Nel caso di specie, il rigetto dell’istanza di differimento per essere l’imputato sub iudice detenuto in custodia cautelare - situazione che non ricorreva per gli imputati degli altri due processi rispetto ai quali era stato addotto il concomitante impegno professionale - è valutazione non illogica e che, a prescindere dal consenso dell’imputato, si fonda su un principio di diritto ricavabile dall’art. 132-bis, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., secondo cui, nella trattazione dei processi è assicurata la priorità assoluta , tra l’altro, ai processi a carico di imputati detenuti lett. d , oltre che, tra altri titoli di reato, ai processi relativi al delitto di cui all’art. 609-bis cod. pen. lett. a bis , circostanza parimenti ricorrente nel caso di specie. Questa disposizione - in quanto espressione di una valutazione oggettiva effettuata dal legislatore - s’impone certamente al giudice e, ancor prima, al difensore nell’individuare il processo alla cui trattazione dare preferenza in caso di concomitante impegno professionale, sicché non può certo essere ritenuta manifestamente illogica la decisione che ad essa si sia attenuta, soprattutto laddove, come nella specie, il processo invece preferito dal difensore lo vedeva impegnato nell’assistenza di persona offesa all’udienza preliminare fissata in ordine al reato di cui all’art. 2621 cod. civ., essendo pacifico orientamento quello secondo cui, in tema di legittimo impedimento a comparire, il concomitante impegno del difensore dell’imputato per l’esercizio del patrocinio in un processo civile o per la rappresentanza e l’assistenza di una parte civile non costituisce situazione idonea a determinare l’obbligo per il giudice di differire la trattazione dell’udienza Sez. 2, n. 36097 del 14/05/2014, Diodato e a., Rv. 260353 . D’altra parte, questa Corte ha anche di recente affermato che, in tema di legittimo impedimento del difensore per concomitante impegno professionale, fermi i requisiti di ammissibilità dell’istanza di rinvio tempestiva prospettazione dell’impedimento rappresentazione delle ragioni che rendono essenziale la presenza del difensore nel diverso processo indicazione della assenza nel primo procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato, nonché della impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 cod. proc. pen. sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio , il giudice deve comunque accertare il carattere eventualmente dilatorio della richiesta valutando del merito l’urgenza del procedimento concomitante, tenuto conto dell’obbligo di diligenza gravante sul difensore che gli impone di dare preferenza alla posizione processuale che risulterebbe maggiormente pregiudicata dalla mancata trattazione del giudizio Sez. 3, n. 23764 del 22/11/2016, dep. 2017, M., Rv. 270330, relativa a fattispecie in cui la Corte di cassazione ha rigettato un’istanza di differimento dell’udienza, non avendo il difensore fornito elementi concreti in base ai quali l’addotto concomitante procedimento civile in sede di merito - già in linea teorica meno pregiudizievole per il ricorrente, rispetto alla eventuale condanna penale definitiva nel giudizio di legittimità - potesse essere ritenuto in concreto più urgente . Deve, pertanto, affermarsi il principio di diritto secondo cui, non è manifestamente illogica né errata, essendo anzi conforme ai principi desumibili dall’art. 132 bis disp. att. cod. proc. pen., la decisione di rigetto dell’istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore che adduca concomitante impegno professionale quando il processo riguardi imputato detenuto in custodia cautelare e sia stata invece accordata preferenza alla trattazione di procedimenti in cui tale situazione non ricorra, né ricorrano altre situazioni di priorità indicate nella citata disposizione o altrimenti ricavabili da norme di legge. 2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato. Trattandosi di sentenza di condanna emessa all’esito del giudizio abbreviato, che non aveva modificato il titolo di reato - tale non potendo ritenersi la qualificazione del delitto sub d quale violazione dell’art. 73, comma 5, T.U. stup., facendo l’imputazione riferimento soltanto al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990, senza richiamare alcuno specifico comma - giusta la preclusione di cui all’art. 443, comma 2, cod. proc. pen., il pubblico ministero non poteva proporre appello. Benché la Corte territoriale non abbia - neppure implicitamente - argomentato sul punto, limitandosi ad accogliere l’impugnazione, nessuna violazione di legge è tuttavia ravvisabile. Dall’analisi dell’atto d’impugnazione proposto dal Procuratore generale ed allegato al ricorso si evince infatti che il primo motivo titolato errata applicazione dell’art. 133 CP era riconducibile al caso previsto dall’art. 606, comma 1, lett. b , cod. pen., mentre il secondo motivo quello di fatto accolto contestava come tautologica - e, quindi, immotivata - la riconosciuta sussistenza della continuazione ritenuta in primo grado e censurava comunque come erronea l’applicazione dell’istituto in difetto dei presupposti di cui all’art. 81 cod. pen., ed in particolare dell’unicità del disegno criminoso, sì da poter essere ricondotto ai casi previsti dall’art. 606, comma 1, lett. b ed e , cod. pen. A norma dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., indipendentemente dalla qualificazione in termini di appello data dal Procuratore generale, l’impugnazione presentava pertanto i requisiti del ricorso per cassazione, sicché la Corte territoriale avrebbe dovuto trasmettere gli atti a questa Corte suprema. Nel caso di specie, tuttavia, la sentenza era stata, come detto, appellata anche dall’imputato, ed era dunque applicabile l’art. 580 cod. proc. pen., a norma del quale quando contro la stessa sentenza sono proposti mezzi di impugnazione diversi, nel caso in cui sussista la connessione di cui all’articolo 12, il ricorso per cassazione si converte nell’appello . La Corte territoriale era dunque certamente tenuta ad esaminare l’impugnazione proposta dal Procuratore generale e, anche in relazione alle conclusioni raggiunte, non risulta nella sostanza violata alcuna norma di carattere processuale. Ed invero, avendo riconosciuto fondato il secondo motivo di doglianza, pur senza formalmente annullare la sentenza di primo grado - ciò che in quella situazione avrebbe invece fatto la Corte di cassazione, disponendo conseguentemente il rinvio - la Corte d’appello ha provveduto al conseguente giudizio rescissorio, disconoscendo la sussistenza dei presupposti per ritenere la continuazione ed adottando le conseguenti statuizioni di riforma. Risulta dunque osservato il principio secondo cui, in tema di giudizio abbreviato, il ricorso per cassazione proposto dal pubblico ministero avverso la sentenza di condanna e convertito in appello in applicazione dell’art. 580 cod. proc. pen., conserva la propria natura di impugnazione di legittimità tuttavia, una volta concluso positivamente il giudizio rescindente, il giudice d’appello riprende la propria funzione di giudice del merito e può adottare le statuizioni conseguenti alla formulazione del giudizio rescissorio devolutogli Sez. 1, n. 40280 del 21/05/2013, Agostio e aa., Rv. 257326 Sez. 6, n. 42694 del 23/10/2008, Raia e a., Rv. 241872 . Va quindi affermato il principio di diritto secondo cui, nel caso di sentenza di condanna emessa in esito al giudizio abbreviato ed appellata sia dall’imputato sia, in violazione dell’art. 443, comma 2, cod. proc. pen., dal pubblico ministero, l’impugnazione da quest’ultimo proposta che possa essere qualificata come ricorso per cassazione viene legittimamente trattata dal giudice d’appello ai sensi dell’art. 580 cod. proc. pen. ed il suo accoglimento può condurre alla riforma della sentenza impugnata laddove determini la necessità di un giudizio rescissorio. 3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.