Condanna per il gioco d’azzardo “troppo sbrigativa”: gli ambigui indizi non provano l’attività illecita

Imputato condannato dai Giudici di merito per il reato di esercizio di gioco d’azzardo all’intero della sala giochi da lui gestita. Motivazione ritenuta illogica in Cassazione. Secondo la Suprema Corte non sono sufficienti gli elementi indiziari relativi all’atteggiamento sospetto dell’imputato durante l’accesso della polizia giudiziaria e ai dati della cancellazione automatica della cronologia dei computer utilizzati per la presunta attività illecita.

Sul punto la Cassazione con sentenza n. 38883/18, depositata il 24 agosto. La vicenda. La Corte d’Appello di Palermo, in riforma della sentenza di prima cure, aveva ritenuto l’imputato responsabile del reato di esercizio di gioco d’azzardo all’interno della sala giochi da lui gestita. Contro tale pronuncia il condannato ha proposto ricorso per cassazione eccependo, con il secondo motivo, l’illogicità del percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale. In particolare, osserva il ricorrente, il Giudice di merito ha ritenuto provato l’utilizzo di una piattaforma di gioco d’azzardo dai soli dati relativi all’atteggiamento sospetto tenuto dall’imputato in occasione dell’accesso della polizia giudiziaria presso il suo circolo e alla possibilità di ottenere la disponibilità di giochi d’azzardo sui computer ivi presenti, nonché, dalla cancellazione automatica della loro cronologia. Sostiene il ricorrente che il dubbio sulla effettiva operatività della piattaforma avrebbe dovuto comportare l’assoluzione. Gli indizi del gioco d’azzardo. La Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso in quanto i Giudici di merito non hanno completato i procedimenti di valutazione degli elementi indiziari esaminandoli in modo globale, inoltre, non considerando le ambiguità e le possibili letture alternative. Nel dettaglio, ricorda il Supremo Collegio, per la configurabilità della contravvenzione di esercizio di gioco d’azzardo, ai sensi dell’art. 718 c.p., deve sussistere necessariamente lo svolgimento effettivo del gioco, e, qualora si tratti di apparecchi automatici da gioco di natura aleatoria, l’effettivo utilizzo dell’apparecchio per fini di lucro, non essendo sufficiente, in tale ultimo caso, accertare che lo stesso sia potenzialmente utilizzabile per l’esercizio del gioco d’azzardo . Tanto premesso nella specie gli indizi considerati, pur essendo di fatto certi, non sono anche gravi e precisi, potendo essere anche diversamente spiegati dall’imputato. Ad esempio, osserva la Corte, dalla predisposizione della cancellazione automatica della cronologia della navigazione in rete non può trarsi la conclusione che la stessa sia strumentale all’occultamento dell’attività illecita. Allo stesso modo non è sufficiente come prova dell’attività illecita il comportamento dell’imputato in occasione dell’accesso della polizia giudiziaria. Per tutte queste ragioni, i Giudici di legittimità hanno accolto il ricorso e annullano la sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 aprile – 24 agosto 2018, n. 38883 Presidente Sarno – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 5 aprile 2017 la Corte d’appello di Palermo, in riforma della sentenza del 16 novembre 2015 del Tribunale di Trapani, con cui T.G. e Carlo Napoli erano stati assolti dal reato di cui agli artt. 110, 718 e 719 cod. pen., ritenendo non sussistente il fatto, ha affermato la responsabilità del solo T. in relazione a tale reato, condannandolo alla pena di mesi sei di arresto ed Euro 800,00 di ammenda e disponendo la confisca dei cinque computer e del denaro sequestrati. La Corte territoriale, nel riformare la decisione assolutoria del Tribunale, ha ritenuto T.G. responsabile del reato di esercizio di gioco d’azzardo, all’interno della sala giochi dallo stesso gestita, sulla base del dato, ritenuto decisivo, che dal proprio personal computer l’imputato, dopo aver inserito nel lettore ottico una banconota, poteva avviare l’accensione delle quattro postazioni riservate ai clienti, sui monitor delle quali comparivano giochi d’azzardo ciò, unitamente all’atteggiamento sospetto tenuto dall’imputato in occasione dell’accesso della polizia giudiziaria nella sala giochi, al sequestro della somma di Euro 175,00 nella medesima occasione e agli esiti degli accertamenti svolti dal consulente tecnico del pubblico ministero che aveva verificato che i computer presenti nella sala giochi del T. non erano collegati in via telematica alla Azienda dei Monopoli di Stato e che la conclusione di ogni sessione di utilizzo comportava la rimozione automatica della cronologia della navigazione in rete , è stato ritenuto univocamente dimostrativo del fatto che presso il circolo gestito dall’imputato venisse esercitato il gioco d’azzardo, con la conseguente affermazione della sua responsabilità in ordine al reato contestatogli. 2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. 2.1. Con un primo motivo ha lamentato la mancata rinnovazione del dibattimento con riferimento alle prove dichiarative assunte in primo grado, diversamente valutate dal giudice di appello e poste a fondamento della decisione, in violazione dell’art. 603 cod. proc. pen. e dell’art. 6, par. 3, lett. d , CEDU. Ha richiamato l’orientamento interpretativo di legittimità di cui alla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 27620 del 2016, circa la necessità di provvedere a una nuova assunzione delle prove dichiarative diversamente valutate dal giudice dell’impugnazione che intenda addivenire a una decisione di condanna in riforma di quella assolutoria resa dal primo giudice, non considerato nel caso di specie dalla Corte d’appello di Palermo, che aveva diversamente valutato rispetto al Tribunale di Trapani le dichiarazioni dell’Ispettore Russo della Polizia di Stato e del consulente tecnico del pubblico ministero, riformando la decisione assolutoria di primo senza provvedere a una nuova assunzione di tali prove diversamente valutate rispetto al primo giudice. 2.2. Con un secondo motivo ha prospettato la contraddittorietà e l’illogicità manifesta della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen Ha eccepito, in particolare, l’illogicità del percorso argomentativo seguito dalla Corte d’appello, che dai soli dati dell’atteggiamento sospetto tenuto dall’imputato in occasione dell’accesso della polizia giudiziaria presso il circolo dallo stesso gestito, della possibilità di ottenere la disponibilità di giochi d’azzardo sui quattro computer ivi presenti e della cancellazione automatica della loro cronologia, ha tratto la prova certa dell’utilizzo della piattaforma di gioco denominata OMISSIS , nonostante l’esistenza di un dubbio sulla effettiva operatività di tale piattaforma, che avrebbe dovuto condurre alla conferma della assoluzione dell’imputato, con la conseguente illogicità della decisione di condanna adottata dalla Corte d’appello. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato in relazione al secondo motivo. 2. Il primo motivo, mediante il quale è stata lamentata la mancata rinnovazione dell’istruttoria in grado di appello, attraverso la rinnovazione dell’assunzione delle prove dichiarative che sarebbero state diversamente valutate dalla Corte territoriale, non è fondato. La Corte d’appello di Palermo non è, infatti, pervenuta alla riforma della decisione assolutoria di primo grado e alla affermazione della responsabilità dell’imputato sulla base di una diversa valutazione del contenuto delle prove dichiarative assunte nel primo giudizio, che non sono state diversamente apprezzate nel loro contenuto rispetto al Tribunale, bensì sulla base di una diversa valutazione del complesso dei medesimi elementi indiziari, che non sono stati considerati diversamente nel loro contenuto, ma di cui è stata valutata diversamente la complessiva valenza e portata indiziaria e la univocità, cosicché deve escludersi la configurabilità della violazione dell’obbligo di rinnovazione della assunzione delle prove dichiarative, previsto in caso di esito assolutorio del giudizio di primo grado e di ribaltamento di tale decisione in quello di impugnazione instaurato su appello del pubblico ministero cfr. Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267487 conf. Sez. 3, n. 42443 del 07/06/2016, G., Rv. 267931 Sez. 6, n. 52544 del 07/10/2016, Morri, Rv. 268579 Sez. 4, n. 6366 del 06/12/2016, Maggi, Rv. 269035 nonché, riguardo alla conseguente violazione del principio del ragionevole dubbio di cui all’art. 533 cod. proc. pen., Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269785 conf. Sez. 3, n. 31949 del 20/09/2016, dep. 04/07/2017, Felice, Rv. 270632 Sez. 3, n. 24306 del 19/01/2017, I., Rv. 270630 Sez. 1, n. 53601 del 02/03/2017, Dantese, Rv. 271638 . Nel caso in esame, infatti, la Corte d’appello di Palermo non è pervenuta alla riforma della decisione assolutoria del Tribunale di Trapani sulla base di una diversa valutazione delle prove dichiarative, compiuta omettendo di provvedere alla rinnovazione della loro assunzione, bensì a seguito di una diversa valutazione del complesso degli elementi a disposizione. In particolare non sono state considerate o apprezzate diversamente le dichiarazioni dell’Ispettore Russo della polizia giudiziaria o del consulente tecnico del pubblico ministero, di cui non è stata data una lettura diversa rispetto a quella del Tribunale, né di maggior ampiezza, essendo solamente stato valutato diversamente il complesso degli elementi indiziari a disposizione, ritenuto dalla Corte territoriale univoco e di gravità tale da consentire di addivenire alla affermazione di responsabilità dell’imputato. Ne consegue, in definitiva, l’infondatezza del primo motivo di ricorso, non essendovi stato diverso apprezzamento del contenuto delle prove dichiarative in assenza della rinnovazione della loro assunzione. 3. Fondato risulta, invece, il secondo motivo di ricorso, mediante il quale è stato prospettato un vizio della motivazione nella valutazione degli elementi indiziari a disposizione. La contravvenzione di esercizio di gioco d’azzardo di cui all’art. 718 cod. pen. postula necessariamente per la sua configurabilità lo svolgimento effettivo del gioco, e, qualora si tratti di apparecchi automatici da gioco di natura aleatoria, l’effettivo utilizzo dell’apparecchio per fini di lucro, non essendo sufficiente, in tale ultimo caso, accertare che lo stesso sia potenzialmente utilizzabile per l’esercizio del gioco d’azzardo cfr. Sez. 3, n. 25032 del 02/03/2016, Kaci, Rv. 267193 Sez. 3, n. 21639 del 06/05/2010, Acquarulo, Rv. 247643 . Nel caso in esame la Corte d’appello è pervenuta alla affermazione di responsabilità dell’imputato in relazione a detto reato in modo illogico, in quanto ha ritenuto provato lo svolgimento del gioco d’azzardo, mediante gli apparecchi elettronici presenti nel circolo ricreativo di cui l’imputato è gestore, sulla base della astratta potenzialità di tali apparecchi a consentire l’esercizio del gioco, in assenza di elementi univoci indicativi dell’effettivo svolgimento del gioco. La prova di tale attività è stata, infatti, tratta dalla condotta dell’imputato in occasione dell’accesso della polizia giudiziaria, che sarebbe consistita nel compiere delle non meglio accertate operazioni sulla tastiera del personal computer che stava utilizzando in tale momento dalla possibilità di ottenere la presenza di giochi d’azzardo nei personal computer presenti nel circolo inserendo in un lettore ottico la somma di 5 Euro dalla disponibilità da parte dell’imputato della somma di 175 Euro, sottoposta a sequestro dalla cancellazione automatica della cronologia della navigazione in rete di ciascun computer, ritenuta dimostrativa della necessità di occultare lo svolgimento di una attività illecita, e cioè del gioco d’azzardo. Tale ultima considerazione risulta illogica, essendo contraria alle regole razionali, posto che dalla predisposizione della cancellazione automatica della cronologia della navigazione in rete idonea a evitare la ricostruzione immediata dei siti visitati o, più in generale, dell’utilizzo compiuto del personal computer , non può trarsi la conclusione che la stessa sia strumentale all’occultamento degli indizi di attività illecite, potendone trarsene solamente elementi di sospetto in tal senso, ma non anche la prova o indizi dello svolgimento di giochi d’azzardo. La considerazione degli altri elementi indiziari valutati dalla Corte d’appello, al fine della affermazione di responsabilità dell’imputato, risulta anch’essa illogica, in quanto gli indizi considerati, pur corrispondendo a dati di fatto certi, non sono anche gravi, e cioè in grado di esprimere elevata probabilità di derivazione dal fatto noto di quello ignoto posto che, in assenza di altri elementi, il denaro sequestrato non può ritenersi provento dell’esercizio del gioco d’azzardo, e che la possibilità di ottenere sui personal computer giochi d’azzardo, in assenza della cronologia e di altri dati o elementi di fatto, non è dimostrativa dell’esercizio di tale gioco né precisi, cioè non equivoci, potendo gli elementi indiziari considerati, tra cui la disponibilità del denaro e la condotta dell’imputato, essere spiegati anche diversamente. I giudici di merito, inoltre, non hanno, completato il procedimento di valutazione degli elementi indiziari, esaminandoli in modo globale, allo scopo di dissolverne le ambiguità, applicando la regola di giudizio stabilita dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. cfr. Sez. 1, n. 20461 del 12/04/2016, Graziadei, Rv. 266941 , in quanto hanno omesso di esaminare detti elementi nel loro complesso e soprattutto di considerarne le ambiguità, e cioè le possibili letture alternative, con la conseguente sussistenza del vizio di motivazione denunciato dal ricorrente, posto che il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito risulta incompleto nella valutazione degli elementi indiziari e viziato da illogicità. Ne consegue la necessità di un nuovo esame sul punto. 4. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata, con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Palermo, per nuovo giudizio, da condurre alla stregua dei rilievi che precedono per quello che riguarda la valutazione degli elementi indiziari a disposizione. P.Q.M. Annulla con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Palermo la sentenza impugnata.