Intercettazioni ambientali all’estero: microspia in auto senza rogatoria

Ai fini della legittimità dell’intercettazione ambientale in un’autovettura che dall’Italia si sposti all’estero e viceversa è sufficiente che l’attività di apposizione della microspia o di altra apparecchiatura per la captazione delle conversazioni avvenga in territorio italiano, che l’ascolto sia regolarmente autorizzato dall’autorità giudiziaria italiana e che la registrazione si svolga e venga verbalizzata in Italia, con la formazione di supporti che vengono conservati presso la Procura della Repubblica.

Lo ha stabilito la prima sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35212/18, depositata in cancelleria il 24 luglio. Microspia in auto. Nel caso di specie un uomo è stato colto in possesso di più pistole, una delle quali oggetto di presunta ricettazione, perciò sottoposto a procedimento penale in relazione ai reati di cui agli artt. 23 l. n. 110/75 e 648, c.p In attesa del giudizio, la procura ha chiesto e ottenuto l’applicazione della custodia cautelare al carcere. L’indagato ha impugnato la misura cautelare dinanzi al Tribunale del riesame. In questa sede, la difesa ha lamentato l’illegittimità del provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari poiché le conversazioni registrate - sulle quali si fondava la misura gravata - sarebbero state frutto di una intercettazione ambientale illegittima. Più precisamente - sempre secondo la difesa - le conversazioni rilevanti” si sarebbero svolte interamente all’estero Germania , sebbene registrate da una microspia apposta nella vettura dell’indagato, quando ancora si trovava in territorio nazionale. Il Tribunale del riesame ha rigettato l’impugnativa dell’indagato, e la censura è stata reiterata in sede di legittimità. Intercettazioni ambientali su veicolo in movimento l’irrilevanza della rogatoria. Con la sentenza in epigrafe, i giudici capitolini sono tornati ad occuparsi della rilevanza delle conversazioni intercettate all’estero in relazione ad un’attività investigativa avviata, in parte qua, in territorio nazionale. In merito, la Corte afferma che, in forza di quanto previsto dagli artt. 266 – 269, c.p.p., deve assumersi legittima l’intercettazione ambientale delle conversazioni avvenute in parte all’estero quando le operazioni di registrazione e l’attività di verbalizzazione siano svolte in territorio italiano, a seguito di apposizione in Italia di microspie o altri apparecchi per la captazione di conversazioni in autovetture. Tanto vale sia con riferimento alla captazione delle conversazioni tramite il sistema dell’instradamento su rete e ponti di un gestore italiano quanto la rete internet. In entrambe i casi – si spiega – non occorre promuovere una rogatoria internazionale se registrazione e verbalizzazione delle conversazioni avvengono negli impianti installati nella Procura della Repubblica, e le registrazioni così realizzate con contenuto audio o informatico vengano conservati presso il PM. Nel caso dell’instradamento – precisa la Corte – si tratta di una particolare modalità esecutiva dell’intercettazione rispetto alla quale non rileva il rispetto della sovranità di ogni singolo Stato, pur sussistendo i principi di collaborazione dell’Unione Europea, e il ricorso alla rogatoria è necessario solo se la captazione dell’utenza non avvenga in Italia. Altrettanto vale per l’intercettazione ambientale effettuata su una autovettura. Invero, quando la microspia è installata in Italia e la captazione avviene in Italia attraverso centrali di ricezione, la rogatoria non è dirimente, dal momento che risulta impossibile conoscere a priori tutti gli spostamenti del mezzo. Il principio di legittimità. In definitiva, secondo la Cassazione, ai fini della legittimità dell’intercettazione ambientale in un’autovettura che dall’Italia si sposti all’estero e viceversa è essenziale i che l’attività di apposizione della microspia o di altra apparecchiatura per la captazione delle conversazioni avvenga in territorio italiano, ii che l’ascolto sia regolarmente autorizzato dall’autorità giudiziaria italiana e iii che la registrazione si svolga e venga verbalizzata in Italia, con la formazione di supporti che vengono conservati presso la Procura della Repubblica. Sulla base delle considerazioni sopra sintetizzate, la Corte ha dunque rigettato il ricorso per l’effetto confermando appieno la misura della custodia cautelare comminata in relazione alle risultanze delle intercettazioni delle conversazioni registrate, prescindendo peraltro dalla circostanza che tali conversazioni fossero avvenute in prevalenza all’estero o in Italia.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 marzo – 24 luglio 2018, numero 35212 Presidente Sarno – Relatore Fiordalisi Ritenuto in fatto 1. G.S. ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale di Palermo del 5.9.2017, che ha rigettato la richiesta di riesame dell’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Palermo del 6 luglio 2017, con la quale gli era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere, a per aver detenuto una pistola calibro 357 magnum con matricola cancellata art. 23 L. 110/75 , b per la ricettazione della stessa pistola art. 648 cod. penumero e c per la detenzione di altra pistola cal. 7,65. Fatti avvenuti a omissis . 2. Denuncia ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b ed e cod. proc. penumero , l’errata applicazione degli artt. 266 e 727 cod. proc. penumero , perché il Tribunale ha disatteso l’eccezione di nullità del decreto numero 716 del 2016, con il quale erano state intercettate conversazioni avvenute all’estero purché le operazioni di registrazione e le attività di verbalizzazione siano svolte a seguito dell’apposizione, in data 19 marzo 2016, in territorio nazionale nella zona del porto di omissis di una microspia nell’autovettura Mercedes in uso all’indagato. Già nel momento in cui si procedeva ad attivare l’intercettazione ambientale era emerso a livello investigativo, che la presunta attività delinquenziale sarebbe avvenuta in territorio straniero, come risulta dall’informativa Meltemi, in particolar modo a pagina 13. Sicché il fatto di aver apposto la microspia in Italia non attribuisce il carattere di territorialità all’atto investigativo, che si è svolto poi integralmente all’estero. Il ricorrente deduce che l’intercettazione ambientale si svolge tramite mezzi di comunicazione in cui la microspia consente l’ascolto a distanza delle conversazioni da parte della polizia giudiziaria, così da poter affermare che l’apparecchiatura di captazione sostituisce fisicamente l’Ufficiale di polizia giudiziaria e consente il compimento di atti diretti alla ricerca della prova in regime di extraterritorialità. Nel caso di specie, il decreto è nullo, perché autorizza integralmente l’intercettazione avvenuta in territorio tedesco, con la conseguenza che rimane viziata anche l’ordinanza applicativa della misura cautelare basata su di essi. 3. Come secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione dell’articolo 273 del codice di procedura penale, ai sensi dell’articolo 606 comma 1 lett. e codice di procedura penale, per mancanza di motivazione. L’ordinanza impugnata merita censura nella parte in cui i giudici ravvisano l’esistenza di un grave quadro indiziario per i delitti in materia di armi rubricati ai capi a , b e c . Il Tribunale, a pagina 3 dell’ordinanza, ha fatto un rinvio per relationem al verbale di arresto e sequestro nella flagranza del delitto e al rinvenimento dell’arma all’interno dell’autovettura, commettendo un errore dell’indicazione dell’organo di polizia giudiziaria che aveva svolto le indagini come Carabinieri di Licata al posto del G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Palermo e indicando anche che l’auto fosse nella sua disponibilità, quando invece è un’autovettura in uso e in proprietà di A.P. . Considerato in diritto 1. Ritiene il Collegio che il ricorso, sotto ogni profilo, sia infondato e di conseguenza debba essere rigettato. 2. Gli articoli 266-269 del codice di procedura penale devono essere interpretati nel senso che è pienamente legittima l’intercettazione ambientale delle conversazioni che, pur svolgendosi in parte all’estero, purché le operazioni di registrazione e le attività di verbalizzazione siano svolte in territorio italiano, a seguito di apposizione in Italia di microspie o altri apparecchi per la captazione di conversazioni in autovetture. 2.1. La trasmissione negli appositi locali della Procura della Repubblica delle conversazioni captate può svolgersi, sul piano tecnico, sia col sistema del c.d. instradamento su rete e ponti di un gestore italiano, sia utilizzando la rete internet con gli strumenti tecnici e modalità di sicurezza ritenuti idonei dai Ministeri competenti , senza che sia necessario promuovere un’apposita rogatoria internazionale, purché le attività di registrazione delle conversazioni e di redazione dei verbali si svolgano negli impianti installati nella Procura della Repubblica salvo le deroghe espressamente previste e le registrazioni così realizzate con contenuto audio o informatico vengano conservati presso il pubblico ministero. 2.2. La registrazione su apposito supporto e la verbalizzazione da parte dell’ufficiale di polizia giudiziaria costituiscono l’attività processuale essenziale di ogni intercettazione, per come si evince dalla disciplina dettata dagli artt. 268 e 269 cod. proc. penumero , che attribuiscono il carattere di prova , in senso proprio, ai supporti audio contenenti l’avvenuta registrazione. Per di più, nel caso che ci occupa, è stata eseguita in Italia anche l’attività di materiale apposizione della c.d. microspia o altra apparecchiatura di captazione di conversazioni tra presenti nell’auto in uso all’indagato, sicché non vi sono dubbi per il Collegio, che l’intera attività posta in essere dalla Procura della Repubblica e dalla Guardia di Finanza di Palermo sia pienamente legittima, così come hanno ritenuto il Giudice per le indagini preliminari ed il Tribunale di Palermo nei rispettivi provvedimenti suindicati. 2.3. Al contrario, optando per la tesi prospettata nel ricorso, da un lato si forzerebbe il chiaro significato letterale delle norme citate, e dall’altro si verrebbero a porre gli organi inquirenti nella estrema difficoltà o nella vera e propria impossibilità di svolgere siffatti atti di indagine e di acquisizione probatoria, quando non sia possibile ottenere in tempo utile l’esito di apposite rogatorie internazionali basti pensare al caso non infrequente in cui l’autovettura con all’interno l’indagato sottoposto ad intercettazione si sposti più volte, da uno Stato all’altro, proprio per commettere gravi delitti e non si riesca nemmeno a conoscere in tempo reale il luogo esatto ove egli si trovi. 2.4. Già la giurisprudenza di legittimità si era pronunciata sul punto della legittimità delle intercettazioni telefoniche fatte all’estero in caso di istradamento , che è identica a quella di canalizzazione dei flussi , e consente la captazione di telefonate che transitano dalle centrali collocate nel territorio dello Stato italiano, e cioè attraverso i cc.dd. ponti telefonici . L’attività di intercettazione viene eseguita esclusivamente in territorio nazionale se la telefonata, pur avendo ad oggetto un’utenza straniera, od essendo compiuta all’estero, si avvale di una delle centrali collocate in Italia per collegarsi con altra utenza, ovvero nel caso inverso che altra utenza si colleghi a quella estera, usufruendo dei ponti telefonici siti in Italia. Si tratta, pertanto, di particolare modalità esecutiva dell’intercettazione telefonica, nella quale è rilevante il rispetto della sovranità di ogni singolo Stato, pur sussistendo i principi di collaborazione dell’Unione Europea e il ricorso alla rogatoria è necessario solo se la captazione dell’utenza non avvenga in Italia. Sul punto, questa Corte ha già chiarito che il ricorso alla procedura dell’istradamento, e cioè il convogliamento delle chiamate partenti da una certa zona all’estero in un nodo posto in Italia, non comporta la violazione delle norme sulle rogatorie internazionali, in quanto in tal modo tutta l’attività di intercettazione, ricezione e registrazione delle telefonate, viene compiuta completamente sul territorio italiano tra le altre, Sez. 4, numero 32924, del 14/05/2004, Rv. 229105 Belforte . 2.5. Ad analoghe conclusioni si deve pervenire per l’intercettazione ambientale effettuata su una autovettura. Poiché la microspia è stata installata in Italia ed essendo la captazione avvenuta in Italia attraverso le centrali di ricezione, la sola circostanza che le conversazioni siano state eseguite in parte all’estero, per lo spostamento dell’autovettura, è ininfluente per ritenere la necessità della rogatoria, non potendosi, nel caso di intercettazione ambientale su mezzo mobile, conoscere tutti gli spostamenti, così vanificandosi le finalità del mezzo di ricerca della prova. Stante l’ineccepibilità della motivazione attinente alla captazione delle conversazioni in Italia, benché attraverso microspia, va posta in evidenza l’esattezza dell’affermazione del giudice di merito, secondo la quale le intercettazioni ambientali su un veicolo mobile solitamente autovettura , predisposte con microspia, o altro mezzo di registrazione, non possono poi subire limitazioni per il trasferimento del veicolo in paesi stranieri. Il mezzo di ricerca della prova, pur invasivo, è comunque, per sua natura, un atto di immediata percezione, in cui si ignora, almeno solitamente, il momento in cui le conversazioni consentano o la diretta acquisizione della prova ad es. se si parla chiaramente di importazione di sostanze stupefacenti ovvero di compiere atti di indagine utili per provare la sussistenza di reati ad es. perquisizioni e sequestri di sostanza stupefacente . I continui spostamenti su territori esteri, successivamente al momento dell’inizio delle operazioni, che, nella specie, è da individuarsi con certezza in Italia, diversamente comporterebbero l’impossibilità tecnica di procedere alle intercettazioni, ben potendo l’Autorità Giudiziaria che le ha disposte ignorare il luogo dove si trova il veicolo, ed essere quindi impossibilitata a chiedere la rogatoria, neppure con l’urgenza e con i modi previsti dall’art. 727 c.p.p., comma 5. In un analogo ordine di idee si è già espressa la giurisprudenza di legittimità Sez. 4 numero 8588 del 6.11.2007 dep. 2008, Rv. 238951 Sez. 4 numero 13206 del 28.2.2008 Volante, Rv. 239288. 2.6. In definitiva è essenziale ai fini della legittimità dell’intercettazione ambientale in un’autovettura che dall’Italia si sposta in Paese estero e viceversa, che l’attività di apposizione della microspia o altra apparecchiatura per la captazione delle conversazioni avvenga in territorio italiano, che l’ascolto sia regolarmente autorizzato dall’autorità giudiziaria italiana, che la registrazione si svolga e venga verbalizzata in Italia, con la formazione di supporti che vengono conservati presso la Procura della Repubblica. L’intercettazione ambientale si risolve quindi non in una ricerca autonoma della prova in territorio straniero da parte della polizia giudiziaria, ma in una semplice attività materiale di ascolto e nella verbalizzazione di quanto ascoltato pertanto, è infondata la censura di natura tecnica basata sulla differenza tra intercettazione ambientale e telefonica infatti - come ha correttamente argomentato il Tribunale nell’impugnato provvedimento - al di là dei dettagli tecnici, ciò che rileva è che l’ascolto delle conversazioni o comunicazioni avvenga in Italia, perché ivi vengono installate le apparecchiature di registrazione e tramite le onde radio o, in via telematica, vengono captati i flussi di dati con contenuto audio ossia con un meccanismo identico a quello delle intercettazioni telefoniche in tal senso già la giurisprudenza di legittimità nella citata sentenza numero 8588 del 2008 non ha distinto tra le procedure di trasmissione delle conversazioni telefoniche e quelle ambientali. I decreti di autorizzativi delle intercettazioni delle conversazioni che si svolgono nell’autovettura in uso all’indagato sono pertanto pienamente legittimi, indipendentemente dal fatto che parte di queste intercettazioni siano avvenute all’estero e senza tener conto della prevalenza o meno delle conversazioni all’estero o in Italia, né della possibile previsione in tal senso per le specifiche emergenze investigative. 3. Dall’ordinanza impugnata risulta, con estrema precisione, che l’indagato ha introdotto una pistola Smith e Wesson 357 magnum perfettamente funzionante con matricola cancellata tramite punzonatura meccanica, in concorso con A.P. e B.M. , fatto che integra il delitto di cui all’articolo 81 cod. penumero 23 commi 2 e 3 in relazione alla legge 18 aprile 1975, numero 110, nonché del delitto di ricettazione di cui all’articolo 648 codice penale - arma clandestina e del delitto di cui agli articoli 2 e 7 della legge 895 del 1967, per aver detenuto una pistola calibro 7,65 marca Beretta, con matricola abrasa. Tutti i reati sono stati accertati a omissis . 4. Irrilevante è altresì il presunto errore sull’indicazione della sua persona come soggetto che aveva l’uso dell’autovettura, mentre la stessa apparteneva ed era in uso a A.P. . Infatti, le conversazioni intercettate dalla Guardia di Finanza richiamate nell’ordinanza hanno permesso di attribuire con chiarezza la riconducibilità dell’arma al ricorrente, attese le esplicite indicazioni all’arma stessa da parte del G. , durante il viaggio in auto, come è stato riportato da pagina 7 a pagina 12 dell’informativa della Guardia di Finanza allegata al ricorso. Quanto alla dedotta insufficienza della motivazione, rileva il Collegio che i giudici di merito hanno assolto all’obbligo di indicare, sia pure sinteticamente, i dati fattuali e le fonti di prova dei reati commessi non sono necessarie ampie argomentazioni e dimostrazioni per ogni vicenda, soprattutto in fase cautelare dal momento in cui le intercettazioni richiamate nell’ordinanza custodiale e nel provvedimento del Tribunale sono esplicite ed è intervenuto il verbale di sequestro dell’arma all’interno dell’autovettura medesima il possibile refuso relativo all’indicazione dei Carabinieri di Licata al posto della Guardia di Finanza di Palermo e l’errata indicazione sull’esclusiva disponibilità dell’autovettura, pertanto, non intaccano la solidità complessiva dell’apparato motivazionale del provvedimento impugnato, in ordine ai gravi indizi di colpevolezza del G. per i reati suddetti. 5. Segue pertanto il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. penumero