La Cassazione concede per la prima volta al condannato la sospensione condizionale della pena, prima negata

Dal tenore del nuovo art. 620 lett. l c.p.p. – recentemente modificato dalla legge n. 103/2017 - s’amplia il sindacato del Giudice di legittimità, purché non comporti ulteriori accertamenti del fatto di reato. La Cassazione offre della norma una soluzione estensiva anche il beneficio ex art. 163 c.p. può essere concesso per la prima volta in sede di legittimità.

Così la Cassazione, Sezione Terza Penale, n. 29631 del 2 luglio 2018. Un fatto di droga. Per un modesto episodio delittuoso un imputato tunisino veniva condannato per spaccio di sostanza stupefacente, riconosciuto il fatto lieve ex comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990. Il Giudice d’appello applicava una pena maggiore al minimo edittale - per la resistenza mostrata dall’imputato al rinvenimento delle sostanze illecite - e negava la sospensione condizionale della pena ex art. 163 e ss. c.p. nonostante l’incensuratezza del colpevole, sulla scorta di valutazioni inerenti ai luoghi pubblici dello spaccio e all’assenza di una attività lavorativa fonte alternativa di reddito per l’imputato. Il ricorso per Cassazione verteva sulla precarietà motivazionale del diniego del beneficio, da denunciare anche in sede di legittimità ai fini di una nuova decisione senza rinvio, ai sensi del nuovo art. 620 lett. l c.p.p L’incensuratezza dell’imputato costituisce il primus inter pares” fra i criteri rilevanti per la concessione della sospensione condizionale della pena. Per negare il beneficio, occorrono uno o più elementi di segno contrario sintomatici di una prognosi di reiterazione del comportamento delittuoso da parte dell’imputato. A fronte del forte peso da riconoscere all’assenza di precedenti penali dell’imputato e all’occasionalità della condotta, non costituiscono elementi sufficienti a condurre alla negazione del beneficio sia la natura pubblica ed esibita dei luoghi di spaccio sia, in particolare e per precedenti giurisprudenziali, l’assenza di un’occupazione stabile alternativa allo spaccio fonte di reddito per il colpevole. La Cassazione sostitutiva” può spingersi fino alla concessione del beneficio prima negato. Il nuovo art. 620 lett. l c.p.p. - sulla falsariga dell’analogo potere concesso al giudice civile di legittimità ex art. 384 c.p.c. – ha ampliato la possibilità per gli Ermellini di decidere il ricorso senza rinvio, purché la nuova valutazione non comporti nuovi accertamenti di fatto. I Giudici in commento offrono una soluzione estensiva del potere sostitutivo, ritenendo che il nuovo giudizio non debba limitarsi ai soli punti decisionali devoluti in appello a seguito del ricorso, bensì possa estendersi ad ogni passaggio argomentativo sui quali quelle decisioni si fondano, compresi gli accertamenti di fatto cui si voglia fornire una nuova valutazione purché questa non ecceda il perimetro di quanto già deciso e giudicato dai giudici del merito – escludendo dunque dal sindacato giudiziale accertamenti di fatto ulteriori -. La Cassazione ha ritenuto che anche il giudizio sulla sospensione condizionale possa essere recuperato in sede di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 febbraio – 2 luglio 2018, n. 29631 Presidente Di Nicola – Relatore Zunica Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del Tribunale di Bergamo del 27 marzo 2013, F.S. veniva condannato alla pena di anni 1 di reclusione ed Euro 3.000 di multa in ordine al reato di cui all’art. 73 del d.P.R. 309/90, ritenuta l’ipotesi prevista dal comma V, per aver detenuto, in concorso con G.C. , due dosi di sostanza stupefacente di tipo cocaina, del peso netto di gr. 0,25, che offriva in vendita ad V.A. , fatto accertato in omissis . La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 15 settembre 2016, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva la pena inflitta al ricorrente a mesi 6 di reclusione ed Euro 800 di multa. 2. Avverso la sentenza della Corte di appello bresciana, F.S. , tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi. Con il primo, censura il trattamento sanzionatorio, evidenziando che l’eccessivo discostamento dalla pena base da parte dei giudici di merito non trova alcuna giustificazione né nella modalità del fatto, di per sé non particolarmente gravi, né nella personalità dell’imputato, incensurato. Con il secondo motivo, la difesa contesta l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 164 cod. pen., osservando che, nel rigettare la richiesta avente ad oggetto la sospensione condizionale della pena, la Corte di appello ha invocato la presenza del ricorrente in un luogo notoriamente frequentato da tossicomani, circostanza questa inidonea a dimostrare un’inclinazione a delinquere, che invece andava esclusa per l’assenza di precedenti penali. Considerato in diritto In accoglimento del secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, limitatamente al diniego della sospensione condizionale della pena, beneficio che viene concesso in questa sede. 1. Prima di soffermarsi su questo aspetto, occorre rilevare che il primo motivo di ricorso è infondato. In punto di trattamento sanzionatorio, la sentenza impugnata resiste infatti alle obiezioni difensive, essendo stata motivata la necessità di non attestare la pena sul minimo edittale stante l’insistenza mostrata dal prevenuto nel rinvenimento di possibili acquirenti di sostanza stupefacente, la modalità di confezionamento della droga in palline termosaldate e l’occultamento di quest’ultima nella cavità orale, con conseguente intralcio all’attività di indagine della P.G. . Il giudizio della Corte territoriale, in quanto ancorato alle risultanze probatorie acquisite e privo di elementi di illogicità, non risulta censurabile in questa sede, dovendosi in ogni caso rimarcare che le due conformi sentenze di merito hanno comunque valorizzato gli elementi favorevoli segnalati dalla difesa, come la condizione di incensurato dell’imputato, con il riconoscimento della fattispecie di cui al comma V del d.P.R. 309/90, la cui applicazione non determina tuttavia la necessità di attestarsi automaticamente sul relativo minimo edittale, ben potendo anche la dimensione della lieve entità del fatto presentare una pluralità di elementi in grado di orientare, alla luce dei parametri fissati dall’art. 133 cod. pen., la determinazione della pena finale in misura non prossima al minimo, come avvenuto appunto nel caso di specie, con motivazione razionale e congrua. 2. È invece fondato il secondo motivo. Nel giustificare il diniego della sospensione condizionale della pena, infatti, le due sentenze di merito hanno richiamato, in maniera sostanzialmente sovrapponibile, sia la dedizione allo spaccio del ricorrente, sorpreso mentre cercava di vendere più sostanze a un giovane in una piazza notoriamente frequentata da venditori e acquirenti di droga, sia l’ulteriore circostanza dell’assenza di una regolare attività lavorativa da parte di F. , con conseguente predisposizione dello stesso alla commissione di attività illecite per il rinvenimento dei mezzi di sussistenza. Si tratta tuttavia di parametri valutativi inidonei a giustificare la mancata concessione del beneficio, a fronte dello status di incensurato dell’imputato, che peraltro all’epoca del fatto non aveva ancora compiuto 23 anni. Sul punto deve infatti richiamarsi l’orientamento costante di questa Corte Sez. 4, n. 2773 del 27/11/2012, Rv. 254969 , secondo cui la condizione di incensurato dell’imputato, pur non essendo di per sé certamente sufficiente ai fini dell’applicazione della sospensione condizionale della pena, costituisce tuttavia un elemento di indubbia valenza positiva, che esige l’individuazione di uno o più aspetti di segno contrario idonei a neutralizzarla, e ciò soprattutto ove, come avvenuto nel caso di specie, la pena in concreto inflitta 1 anno sia ampiamente inferiore al limite di pena previsto per la concedibilità del beneficio. Orbene, quanto al primo elemento valorizzato dalle decisioni di merito, l’essere cioè il fatto avvenuto in una piazza frequentata abitualmente da assuntori e da spacciatori di droga, deve rilevarsi che si tratta di una circostanza che, per quanto rilevante sul piano probatorio e ai fini della determinazione della pena, tuttavia non appare da sola sufficiente a sorreggere anche la formulazione di una prognosi negativa sui futuri comportamenti dell’imputato, stante la occasionalità della condotta, accertata con riferimento a un unico e isolato episodio. In ordine poi al rilievo sull’assenza di un’attività lavorativa stabile, va richiamata l’affermazione della giurisprudenza di legittimità cfr. Sez. 4, n. 33746 del 26/04/2017, Rv. 270609 , secondo cui la mancanza di una lecita occupazione non è elemento di per sé idoneo a giustificare il convincimento che l’autore del fatto, specie se giovane e incensurato, reitererà il reato nonostante la condanna subita, e non deciderà, piuttosto, di cambiare condotta di vita per impedire l’esecuzione della pena, attivandosi per procurarsi una lecita fonte di reddito. Ribadita l’inidoneità delle circostanze valorizzate dalle decisioni di merito a giustificare una previsione negativa sulle condotte future di F. , deve invece ritenersi che gli elementi acquisiti condizione di incensurato dell’imputato, giovane età dello stesso, qualificazione del fatto in termini di lieve entità, determinazione della pena in misura distante dal limite dei due anni, pur se non attestata sul minimo edittale avrebbero consentito, in assenza di serie indicazioni di segno contrario e in una valutazione complessiva dei parametri ex art. 133 cod. pen., il riconoscimento della sospensione condizionale della pena. 3. Ciò posto, deve ritenersi che il predetto beneficio possa essere concesso all’imputato in questa sede, alla luce dell’attuale formulazione dell’art. 620 lett. I cod. proc. pen., come modificato dall’art. 1 comma 67 della legge n. 103 del 23 giugno 2017. La latitudine operativa della nuova previsione è stata recentemente approfondita dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 3464 del 30 novembre 2017, Rv. 271831. Il Supremo Consesso ha innanzitutto operato un raffronto tra l’iniziale formulazione del dettato codicistico, che aggiungeva, ai casi di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata specificamente indicati nelle precedenti lettere da a ad i , ogni altro caso in cui la Corte ritiene superfluo il rinvio ovvero può essa medesima procedere alla determinazione della pena o dare i provvedimenti necessari , e l’attuale tenore della norma, che prevede la possibilità dell’annullamento senza rinvio se la Corte ritiene di poter decidere, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, o di rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito o di adottare i provvedimenti necessari, e in ogni altro caso in cui ritiene superfluo il rinvio . Dal confronto tra la versione originaria della norma e quella attuale si è rilevato che la struttura della norma non è sostanzialmente mutata nella individuazione di due ipotesi residuali di annullamento senza rinvio la seconda di esse, nella successione del testo, reitera il richiamo della normativa precedente a ogni altro caso in cui la Corte ritiene superfluo il rinvio , mentre l’altra fattispecie residuale è ora significativamente introdotta dal riferimento alla necessità che la Corte di cassazione ritenga di poter decidere . Tale premessa viene rimarcata, rispetto alla disciplina previgente, in termini che, per un verso, la individuano quale precondizione per l’esercizio del potere di annullamento senza rinvio in detta fattispecie e, per altro, sottolineandone la natura valutativa, inducono a ricercare nel testo immediatamente successivo l’indicazione dei criteri in base ai quali questa valutazione deve essere effettuata. Sotto questo profilo, le Sezioni Unite hanno osservato che la norma attribuisce rilievo esplicito a uno dei presupposti già individuato dalla giurisprudenza formatasi sotto la vigenza della precedenza formulazione cfr. Sez. 6, n. 15157 del 20 marzo 2014, Rv. 259253 , come indispensabile per la diretta adozione in sede di legittimità dei provvedimenti necessari a seguito dell’annullamento della sentenza impugnata, vale a dire la condizione che non occorrano accertamenti in fatto. Nel chiedersi poi se dovesse invece ritenersi tuttora operante l’altra condizione identificata dalla giurisprudenza di legittimità per la decisione senza rinvio della Corte di cassazione ai sensi della previgente lett. I dell’art. 620, ossia la possibilità di assumere le determinazioni necessarie senza ricorrere a valutazioni discrezionali sul punto oggetto dell’annullamento della sentenza impugnata così tra le tante Sez. 5, n. 6782 del 06/12/2016, Rv. 269450 , le Sezioni Unite, valorizzando i lavori preparatori della riforma, hanno affermato che l’intento del legislatore, nella modifica dell’art. 620, comma 1, lett. l , cod. proc. pen., è stato quello di ampliare la possibilità, per la Corte di cassazione in sede penale, di decidere il ricorso senza rinvio, in una prospettiva che tende ad assimilare il relativo potere a quello già riconosciuto nel giudizio di legittimità civile dall’art. 384 cod. proc. civ., secondo cui la Corte, in caso di accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altro giudice ovvero decide la causa nel merito qualora non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto . Il principio posto da tale norma, nei termini chiaramente delineati dal testo e d’altra parte confermati dalla costante giurisprudenza civile di legittimità Sez. 5 civ., n. 16171 del 28 giugno 2017, Rv. 644892 , è nel senso che unico limite alla cosiddetta cassazione sostitutiva , con la decisione del ricorso senza rinvio, è la possibilità di pervenire a tale decisione senza ricorrere ad accertamenti in fatto. In una prospettiva sinottica rispetto alla previsione civilistica, le Sezioni Unite hanno ritenuto che, anche con riferimento alla nuova formulazione dell’art. 620, lett. l , cod. proc. pen., alla non necessità di ulteriori accertamenti in fatto deve essere attribuita non solo la funzione, esplicitamente prevista dalla norma, di escludere la possibilità di annullare senza rinvio il provvedimento impugnato ove tale necessità sia presente, ma anche quella di indicare negli accertamenti già effettuati dal giudice di merito gli elementi in base ai quali si esercita il potere di decidere il ricorso senza rinvio in sede di legittimità, dovendosi intendere in quest’ottica l’attuale riferimento normativo alle statuizioni del giudice di merito quale parametro per le valutazioni della Corte di cassazione. Al riguardo peraltro è stato opportunamente precisato che le statuizioni in esame non possono essere identificate restrittivamente nelle sole decisioni assunte dai giudici di merito su singoli punti controversi, dovendo invece il significato distintivo del termine essere esteso fino a comprendere i passaggi argomentativi posti a sostegno di tali decisioni e gli accertamenti in fatto che li giustificano, in una prospettiva che delinea una nuova discrezionalità, definitiva tuttavia dalle Sezioni Unite vincolata , in quanto delimitata dalle sole risultanze già disponibili. Alla luce di tali premesse ermeneutiche, è stato dunque affermato il principio di diritto secondo cui la Corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all’esito di valutazioni discrezionali, può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando perciò necessari ulteriori accertamenti di fatto . Orbene, muovendosi nel perimetro autorevolmente tracciato dalle Sezioni Unite, deve ritenersi che la concedibilità della sospensione condizionale della pena possa rientrare tra le determinazioni che la Corte possa assumere senza rinvio, qualora, come avvenuto nel caso di specie, dagli elementi di fatto già accertati da entrambi i giudici di merito, siano rilevabili tutti i presupposti per poter formulare la valutazione prognostica richiesta dall’art. 164 cod. proc. pen., nel rispetto delle condizioni normative fissate dall’art. 163 cod. proc. pen In tal caso infatti, stante la già rilevata incongruenza delle ragioni considerate ostative al riconoscimento della sospensione condizionale della pena, deve osservarsi che, al contrario, le evidenze disponibili consentono già di presumere, alla luce dell’episodicità della condotta illecita, della condizione di incensurato e della sua giovane età dell’imputato, che questi si asterrà dal commettere ulteriori reati, per cui appare superfluo il rinvio alla Corte territoriale ai fini della concessione di un beneficio, i cui presupposti si palesano già ora configurabili. 3. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, beneficio che viene concesso in questa sede. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, beneficio che concede. Rigetta nel resto il ricorso.