Omessa assistenza familiare non punibile se dovuta a difficoltà economiche

Il reato di cui all’art. 570, comma 1, c.p. sussiste laddove vi sia una violazione dei doveri di assistenza materiale e morale verso il coniuge, come previsti e disciplinati dal codice civile, che dimostri la volontà del coniuge obbligato di disattendere i medesimi obblighi.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25246/18, depositata il 5 giugno. La vicenda. Il Tribunale di Palermo assolveva l’imputato dal reato di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p. contestatogli per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza si figli minori. Veniva confermata invece la condanna per le residue imputazioni di violazione degli obblighi di assistenza familiare, ingiuria e diffamazione a danno della moglie. La Corte d’Appello riformava parzialmente la sentenza di prime cure rideterminando la pena inflitta anche in relazione alla violazione dell’obbligo di assistenza alla moglie in qualità di coniuge. Avverso tale decisione, l’imputato ricorre in Cassazione dolendosi per l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato. Sussistenza del reato. Il Collegio coglie l’occasione per ricordare che il reato di cui all’art. 570, comma 1, c.p. sussiste laddove vi sia una violazione dei doveri di assistenza materiale e morale verso il coniuge come previsti e disciplinati dal codice civile, anche in caso di separazione. In tale ipotesi infatti si verifica un mero allentamento del vincolo matrimoniale che lascia però intatto l’obbligo di reciproca assistenza morale e materiale di cui all’art. 143 c.c La mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento integra dunque il reato se manifesta la volontà del soggetto obbligato di disattendere quei doveri, diversamente nel caso in cui l’omesso versamento sia dovuto alle precarie condizioni economiche del’obbligato non è riscontrabile siffatto intento. Riprendendo le parole della Suprema Corte, ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 570, comma 1, c.p. non è quindi sufficiente che il coniuge serbi una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, ma occorre che dall’indicata modalità derivi quale conseguenza la violazione degli obblighi di assistenza inerenti alla sua qualità, profilo, quest’ultimo, integrato dalla volontà dell’agente di mancare all’osservanza di quegli obblighi . Il giudice di merito non deve in conclusione valutare la sussistenza di uno stato di bisogno dell’avente diritto, né tantomeno una situazione di difficoltà economica dell’altro coniuge, ma deve accertare se l’inadempimento del mantenimento stabilito in sede di separazione dei coniugi, corrisponda alla volontà del soggetto obbligato di violare gli obblighi di assistenza inerenti la sua qualità di coniuge. In conclusione, la Corte di legittimità accoglie il ricorso e annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 maggio – 5 giugno 2018, n. 25246 Presidente Di Stefano – Relatore Scalia Ritenuto in fatto Il Tribunale di Palermo con sentenza del 27 aprile 2015, assolto l’imputato, T.M. , con la formula perché il fatto non sussiste dal reato di cui all’art. 570, secondo comma, n. 2 cod. pen. al primo ascritto al capo b della rubrica, per aver egli fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori di età, ha nel resto condannato il prevenuto per le residue imputazioni di violazione degli obblighi di assistenza familiari, di ingiuria e diffamazione ai danni della moglie. 2. La Corte di appello di Palermo con sentenza del 15 marzo 2017, in parziale riforma di quella di primo grado, ha assolto l’imputato dai reati di ingiuria e diffamazione e confermato nel resto il giudizio di penale responsabilità, rideterminando la pena inflitta in un mese di reclusione per l’imputazione di cui all’art. 570, primo comma, cod. pen., contestata al capo a della rubrica, per avere il prevenuto violato gli obblighi di assistenza relativi alla qualità di coniuge, omettendo di versare alla moglie l’assegno mensile stabilito dal presidente del tribunale di Palermo con ordinanza del 27 gennaio 2012. Sono state ridotte, nel loro ammontare, le statuizioni civili. 3. Ricorre avverso l’indicata sentenza, nell’interesse dell’imputato, il difensore di fiducia con cinque motivi di annullamento. 4. Per i primi tre motivi si fa valere l’inosservanza della norma penale quanto all’elemento oggettivo e soggettivo della fattispecie di cui all’art. 570, primo comma, cod. pen. La Corte di appello non avrebbe valutato che al momento della querela, sporta dalla persona offesa e quindi alla data del 27 dicembre 2011, il T. aveva adempiuto agli obblighi economici sullo stesso gravanti, per le sue limitate risorse economiche, in difetto, a quella data, di provvedimenti giurisdizionali che gli imponessero il versamento dell’assegno in favore del coniuge. Alla presentazione della querela non sarebbe stato compiuto alcun reato e l’adempimento economico fissato solo successivamente in sede di giudizio di separazione con ordinanza presidenziale sarebbe stato revocato dal tribunale civile con la sentenza di separazione personale tra coniugi, nell’apprezzata insussistenza dei presupposti legittimanti il contributo. L’imputato, addetto in modo discontinuo all’erogazione di carburante presso un distributore, sarebbe stato nell’impossibilità materiale di adempiere all’onere fissato, atteso che tutte le risorse economiche sarebbero state da lui destinate alla famiglia e che la persona offesa, pienamente capace di lavorare, si sarebbe unilateralmente sottratta ad ogni impegno in tal senso, come emerso in sede di giudizio civile. Nella obiettiva impossibilità del T. di far fronte agli obblighi, sarebbe risultata non integrata la volontà dell’imputato di far mancare i mezzi di sussistenza alla famiglia. 5. Con il quarto ed il quinto motivo si fa valere l’erroneità in cui sarebbero incorsi i giudici dell’impugnata sentenza, obliterando la non abitualità della condotta e l’incensuratezza del prevenuto nel denegare l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. La Corte territoriale avrebbe mancato di dichiarare la prescrizione maturata a far data dalla presentazione della querela del 27 dicembre 2011, nella natura istantanea e ad effetti permanenti del contestato reato. Ritenuto in diritto 1. La sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte di appello di Palermo che viene chiamata a dare applicazione ai principii di seguito indicati. 2. Il reato di cui all’art. 570, primo comma, cod. pen. resta integrato là dove vi sia una violazione dei doveri di assistenza materiale e morale verso il coniuge previsti e disciplinati dal codice civile e destinati a valere anche in caso di separazione. In caso di separazione personale tra coniugi si assiste infatti ad un mero allentamento del vincolo che lascia permanere, tra gli altri, l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale di cui all’art. 143 cod. civ. sempre che la mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento sia il segno della volontà del soggetto obbligato di disconoscere di quei doveri la portata e non delle sue precarie condizioni economiche che, in quanto destinate ad operare anche in costanza di matrimonio, per ciò stesso escludono la riconducibilità dell’inadempimento alla indicata volontà Sez. 6, n. 52393 del 26/11/2014, S., Rv. 261593 Sez. 6, n. 47139 del 04/11/2014, I., Rv. 261015 . 2.1. Ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 570, primo comma, cod. pen. non è quindi sufficiente che il coniuge serbi una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, ma occorre che dall’indicata modalità derivi quale conseguenza la violazione degli obblighi di assistenza inerenti alla sua qualità, profilo, quest’ultimo, integrato dalla volontà dell’agente di mancare all’osservanza di quegli obblighi. 2.2. Il giudice del merito nel caso in cui sia contestato il reato di cui all’art. 570, primo comma, cod. pen. non deve scrutinare l’esistenza di uno stato di bisogno in capo all’avente diritto e, con corrispettività, di una situazione di impossidenza dell’altro coniuge, ma è chiamato ad accertare se l’inadempimento al mantenimento fissato dal giudice della separazione personale, nella vagliata capacità di reddito dei coniugi art. 156 cod. civ. , come già a quello a cui ciascun coniuge è tenuto nei confronti dell’altro in costanza di matrimonio, risponda alla volontà del soggetto di violare gli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge o non esprima, piuttosto, una difficoltà di ordine economico alle cui conseguenze si sarebbe trovato esposto l’avente diritto anche in costanza di matrimonio. 2.3. Fermi gli indicati principi, poiché l’assegno riconosciuto in favore del coniuge separato ha la funzione di mantenimento dello stesso tenore della vita coniugale, nell’ipotesi in cui siffatto assegno venga revocato dal giudice civile, l’evidenza, di fatto, deve entrare nell’accertamento cui è chiamato il giudice del merito per verificare se l’obbligato non abbia sofferto variazioni di reddito tali da poter incidere sull’indicato tenore di vita o se il coniuge beneficiario del mantenimento non abbia, sua volta, registrato modifiche in melius del proprio reddito. 2.4. La revoca dell’assegno di mantenimento incide sulla condizione patrimoniale dei coniugi o ne è il portato e quindi rileva ai fini dell’esistenza stessa dell’obbligo di reciproca contribuzione con esclusione dell’antigiuridicità dell’atto e merita come tale valutazione prima ancora che venga in valutazione per detto inadempimento una mancata considerazione dei doveri discendenti dal vincolo matrimoniale. 3. Nel resto l’inosservanza dell’ordinanza presidenziale del 27 gennaio 2012 non vale a rendere penalmente rilevante una condotta integrata solo successivamente all’epoca della sporta querela, e quindi al 27 dicembre 2011, entrando a far parte l’indicato inadempimento in prosecuzione ed aggravamento di condotte permanenti già denunciate all’epoca della sporta querela. 5. La sentenza impugnata va quindi annullata con rinvio alla Corte di appello di Palermo perché in applicazione degli indicati principi provveda, nell’esercizio della discrezionalità che le è propria, a nuovo giudizio. 6. Ogni altra questione resta assorbita nella rilevata sua incapacità di definire diversamente, ed allo stato, il giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo.