L’elezione di domicilio presso il difensore di fiducia resta valida anche nell’ipotesi di rinuncia al mandato

Nell’ipotesi in cui l’assistito abbia eletto domicilio presso il difensore di fiducia, la rinuncia al mandato da parte di quest’ultimo non fa venire meno la sua qualità di domiciliatario delle notificazioni, essendo necessario per il mutamento del domicilio eletto una esplicita modifica o revoca da parte dell’assistito.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 20407/18, depositata il 9 maggio. Il caso. La Corte d’Appello di Venezia, in conferma della sentenza emessa dal Tribunale di Padova, condannava l’imputato per il reato di violenza sessuale. Avverso la sentenza della Corte distrettuale l’imputato ricorre per cassazione domandando l’annullamento della sentenza emessa in appello per omessa notifica degli atti al ricorrente medesimo. Dichiarazione ed elezione di domicilio. Il Supremo Collegio mette in luce come, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., nel primo atto compiuto con l’intervento dell’indagato o dell’imputato questi è invitato a dichiarare uno dei luoghi ex art. 157, comma 1, c.p.p. o ad eleggere domicilio per le notificazioni. Inoltre, lo stesso indagato o imputato ha l’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto ed in assenza di tale comunicazione o di rifiuto ad eleggere o dichiarare domicilio le notificazioni sono eseguite presso il difensore. Ciò posto, la Suprema Corte sottolinea come, in sede di interrogatorio di persona sottoposta alle indagini, il ricorrente avesse in presenza del GIP eletto domicilio presso il proprio avvocato. Ebbene, la successiva rinuncia al mandato formulata dall’avvocato non comporta nel contempo anche la decadenza dalla qualità di domiciliatario , poiché secondo un consolidato orientamento l’elezione di domicilio presso il difensore di fiducia conserva la sua validità anche in caso di rinuncia al mandato da parte del difensore, sia stata o non quest’ultima resa nota all’imputato, in assenza dell’espressa revoca dell’elezione di domicilio da parte di quest’ultimo . Inoltre, dall’elezione di domicilio presso il difensore discende una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dell’imputato . La Corte quindi, avendo accertato che il ricorrente non ha mai modificato o revocato il domicilio eletto , dichiara inammissibile il ricorso condannandolo al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 gennaio – 9 maggio 2018, n. 20407 Presidente Savani – Relatore Rosi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 20 febbraio 2017, la Corte d’Appello di Venezia, confermando la sentenza del Tribunale di Padova del 4 maggio 2015, emessa all’esito di giudizio ordinario, dichiarava M.J. , colpevole dei reati previsti agli articoli 572 e 81 cpv., 609 bis c.p., uniti dal vincolo di continuazione, condannandolo alla pena complessiva di anni 7 e mesi 8 di reclusione oltre alle pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dell’interdizione legale durante l’espiazione della pena, nonché pene accessorie ex art. 609 nonies comma 1, n. 2, 3, 4, 5 cp, e infine alle spese processuali, per aver maltrattato la moglie U.V.E. e per averla costretta a subire rapporti sessuali, in esecuzione del medesimo disegno criminoso. 2. Avverso la sentenza di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione per il tramite del difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento in forza di un unico motivo di doglianza, con il quale ha dedotto la nullità di tutti gli atti del procedimento, dalla notifica del decreto di citazione a giudizio alla emanazione della sentenza di condanna in primo grado, richiamata dalla sentenza emessa dalla Corte d’Appello, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., con richiesta di applicazione degli adempimenti di cui all’art. 185 c.p.p. in quanto, secondo il ricorrente, nessun atto del processo è mai stato notificato all’imputato, né è stato mai accertato durante l’intero corso del processo che l’imputato avesse effettiva conoscenza del procedimento a suo carico. Questo vizio era stato posto in evidenza già nel processo di primo grado, nell’udienza del 12 gennaio 2015, come da verbale, ove risulta che l’avvocato d’ufficio Micozzi aveva eccepito la nullità delle notifiche all’imputato, in quanto effettuate presso lo studio dell’avvocato De Zuana, domiciliatario eletto dall’imputato stesso, il quale tuttavia, prima ancora dell’inizio del processo, aveva rinunciato al mandato e, di conseguenza, perso ogni contatto con il M. . Lo stesso motivo era stato riproposto nell’atto di appello, dove veniva oltretutto rilevato come dall’esame testimoniale del teste K. pag. 38 verbale stenotipico risultasse pacifico che al momento dell’apertura del processo l’imputato si trovava all’estero, precisamente in Lituania, e dunque non poteva aver ricevuto alcun atto relativo allo stesso. Nonostante questi dati, non era mai stata dichiarata l’irreperibilità dell’imputato prima e/o nel corso del giudizio definito con le sentenze qui contestate, né erano mai state predisposte e/o effettuate ricerche. Considerazioni in diritto 1. Il dedotto motivo di ricorso per vizio processuale risulta manifestamente infondato. 2. Va ricordato che l’art. 161 cod. proc. pen. dispone che nel primo atto compiuto con l’intervento della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato non detenuto né internato , il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, lo invitano a dichiarare uno dei luoghi indicati nell’articolo 157 comma 1 ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni, avvertendolo che, nella sua qualità di persona sottoposta alle indagini o di imputato, ha l’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore. Della dichiarazione o della elezione di domicilio, ovvero del rifiuto di compierla, è fatta menzione nel verbale. Giova qui precisare come, mentre la dichiarazione di domicilio sottende una relazione fisica tra l’imputato e il luogo dichiarato, l’elezione di domicilio prescinde dalla situazione di fatto, cioè dal rapporto reale tra l’imputato e un determinato luogo, ed ha natura negoziale e valore costitutivo, in quanto consiste nella manifestazione della volontà di designare un luogo diverso da quello dell’abitazione effettiva ed una persona, il cd. domiciliatario, che fiduciariamente si impegna, nei confronti dell’imputato, a ricevere gli atti a lui destinati oltre che a tenerli a sua disposizione. Ne consegue, che il domicilio eletto, espressione di una precisa scelta negoziale, prevale su quello dichiarato, e che le notifiche effettuate in luogo diverso da quello eletto sono affette da nullità assoluta ed insanabile, eccettuata l’ipotesi in cui la consegna avvenga a mani proprie dell’interessato. cfr. ex multis, Sez. 6, Sentenza n. 4836/15 del 3/12/2014, Hassa, Rv. 262055 Sez. 6, n. 3870/09 del 2/10/2008, Scarlata, Rv. 242396 Sez. 6, n. 47324 del 20/11/2009, Maità, Rv. 245306 . 3. Va anche ricordato che la vigente disciplina ex artt. 420 c.p.p. e seguenti sull’assenza dell’imputato nel processo a suo carico, introdotta con L. n. 67 del 2014, ha stabilito il principio che l’imputato ha pieno diritto a conoscere e a partecipare personalmente al suo processo, e pertanto la mancata comparizione in udienza deve esser frutto di una sua scelta libera, effettuata in piena consapevolezza. Sulla base di questo assunto, la possibilità di procedere in assenza dell’imputato è oggi sottoposta, a differenza che in passato, ad una serie di controlli e valutazioni volti a verificare in concreto se la scelta di non presenziare al processo possa essere ricondotta, nel caso concreto, ad una libera scelta dell’imputato o viceversa ad altre cause di impedimento. Si prevede la possibilità di procedere in assenza dell’imputato in tre casi specifici 1 quando non risulti l’impossibilità assoluta di comparire dell’imputato dipendente da caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento art. 420 ter, comma 1 c.p.p. 2 quando l’impossibilità di comparire dell’imputato non sia provata, ma soltanto probabile. In questo caso il giudice valuta discrezionalmente circa la verosimiglianza dell’impedimento che viene rappresentato, e tale valutazione non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione art 420 ter, comma 2 c.p.p. . L’art. 420 bis c.p.p. prevede, altresì, che si proceda in assenza in una serie di ipotesi tassative che il legislatore ha considerato idonee a dimostrare, non tanto l’effettiva vocatio in iudicium dell’imputato, quanto il fatto che costui abbia avuto notizia del procedimento già in fase d’indagine. Questa presunzione opera ogniqualvolta sia provato che l’imputato nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia, nonché quando l’imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell’avviso dell’udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo. 4. Nel caso di specie, la questione riguardante la nullità di tutti gli atti del processo per omessa notifica all’imputato è stata analizzata e decisa da ambedue i giudici di merito dei precedenti gradi fornendo apposita motivazione basata sulla presenza di un dato oggettivo fondamentale l’imputato, in sede di interrogatorio di persona sottoposta ad indagini, avvenuto il 13 dicembre 2013, aveva dichiarato alla presenza del GIP, la dr.ssa C.C. , e dell’avvocato De Zuane, allora suo difensore di fiducia, di eleggere domicilio presso l’avv. De Zuane . Contestualmente era stato avvisato dell’obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto per le notificazioni, in conformità all’art. 161 c.p.p. Tutte le notifiche sono dunque state effettuate presso il domicilio dallo stesso eletto, dove risultano, tra l’altro, essere andate tutte a buon fine. 5. La successiva rinuncia al mandato formulata dall’Avv. De Zuane in data 8 gennaio 2015, giustificando la scelta sulla base dell’impossibilità di prendere contatti con il proprio assistito, non comporta nel contempo anche la decadenza dalla qualità di domiciliatario, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza consolidata. Infatti questa Corte ha precisato che l’elezione di domicilio presso il difensore di fiducia conserva la sua validità anche in caso di rinuncia al mandato da parte del difensore, sia stata o non quest’ultima resa nota all’imputato, in assenza dell’espressa revoca dell’elezione di domicilio da parte di quest’ultimo cfr., ex plurimis, Sez. 2, Sent. n. 31969 del 2/07/2015, Vignozzi, Rv. 264234 Sez. 1,. n. 8116 del 11/02/2010, Bouhlga, Rv. 246387 Sez. 1, n. 22760 del 28/3/2007, Bardhi, Rv. 236789 Sez. 5, n. 41720 del 7/11/2006, Moltisanti ed altro, Rv. 235297 . 6. Con specifico riferimento all’elezione di domicilio presso il proprio difensore la giurisprudenza di legittimità ha inoltre stabilito che da tale atto deriva una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dell’imputato, sul quale grava l’onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento ex multiis Sez. 5,. n. 36855 del 7/7/2016, Baron, Rv. 268322 Sez. 5,. n. 12445 del 13/11/2015, Degasperi, Rv. 266368 . 7. Il ricorrente M. non ha mai modificato o revocato il domicilio eletto, ed inoltre risulta pacifico che fosse a conoscenza del procedimento a suo carico, sia in quanto ha presenziato, assistito da un avvocato di fiducia, all’interrogatorio sopra menzionato, eleggendo in quella sede domicilio, sia in quanto risulta tutt’ora sottoposto alla misura dell’allontanamento dalla casa familiare. Va inoltre detto che è l’imputato stesso che, volontariamente, ha deciso di recarsi all’estero, tralasciando ogni contatto con il proprio difensore e trascurando o non interessandosi del procedimento che lo riguardava e di cui era pienamente a conoscenza, ferma restando, quindi, la piena legittimità delle notifiche risultamente effettuate nel domicilio eletto dall’imputato. 8. Pertanto il ricorso risulta manifestamente infondato e perciò inammissibile e A ciò consegue la condanna del ricorrente, ai sensi del disposto di cui all’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.