Sospensione dell'esecuzione della pena: un problema di soglia

Sussistono un'incongruenza e una carenza di coordinamento tra l'art. 656 e l'art. 47, comma 3-bis, c.p.p Il dettato dell'art. 656, comma 10, c.p.p. non lascia spazio ad alcuna interpretazione. Il disposto è chiaro nel rinvenire automaticamente il limite per la sospensione dell'ordine di esecuzione, legata ad un'istanza di affidamento in prova ai servizi sociali, in 3 anni.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18310/18, depositata il 26 aprile. Il caso. Un condannato presentava istanza presso la Corte d'Appello competente, richiedendo la sospensione dell'ordine di esecuzione della pena detentiva residua ai sensi dell'articolo 656, comma 10, c.p.p. . La Corte respingeva con ordinanza e l'interessato ricorreva per cassazione, lamentando violazione di legge. In particolare, l'impugnante eccepiva l'inosservanza degli artt. 656, comma 5 e 10, c.p.p. e 47, comma 3- bis , ord.pen., affermando che fosse possibile elevare a 4 anni la soglia per la sospensione dell'ordine di esecuzione. Diverse interpretazioni a confronto. La Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso. Gli Ermellini hanno, preliminarmente, chiarito come si siano sviluppati due orientamenti in precedenza, si era affermato che in materia di pene brevi, per la sospensione dell'ordine di esecuzione, connessa ad una istanza di affidamento in prova ai servizi sociali articolo 47, comma 3- bis , ord.pen. , il limite fosse di una pena residua da espiare non superiore a quattro anni. Il Collegio ha spiegato come quella appena esposta rappresentasse una lettura evolutiva delle norme, che permetteva di estendere l'applicazione dell'articolo 656, comma 5, c.p.p. all'articolo 47 ord. pen. nella sua interezza compreso, pertanto, l'articolo 47, comma 3- bis , ord. pen. inserito recentemente . Sentenze successive, invece, hanno introdotto un'interpretazione differente per la sospensione dell'ordine di esecuzione, legata ad un'istanza di affidamento in prova ai servizi sociali, il limite è di 3 anni. La discrezionalità valutativa fa la differenza. I Giudici del Palazzaccio hanno sposato questo secondo orientamento. I Magistrati hanno chiarito che sussiste un'incongruenza e manca il coordinamento tra l'articolo 656 e l'articolo 47, comma 3- bis , c.p.p Mentre, infatti, la prima norma ha mantenuto inalterata la soglia dei 3 anni, la seconda ha introdotto un limite massimo di 4. Il Collegio ha precisato come la lettura evolutiva fornita dalle sentenze meno recenti non possa trovare accoglimento, dal momento che il dettato dell'articolo 656, comma 10, c.p.p. non lascia spazio ad alcuna interpretazione. Il disposto è chiaro nel rinvenire automaticamente il limite nei 3 anni. Diversamente, l'articolo 47, comma 3- bis , c.p.p., implica una valutazione da parte del Tribunale di Sorveglianza, una sua discrezionalità valutativa, che non può essere posta in essere dal pubblico ministero. Gli Ermellini hanno ricordato che, nelle more del procedimento, la Corte Costituzionale abbia dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 656, comma 5, c.p.p. con sentenza n. 41/2018 , nella parte in cui si prevede che il pubblico ministero sospende l'esecuzione della pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non superiore a 3 anni, anziché a 4 anni . Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 febbraio – 26 aprile 2018, n. 18310 Presidente Bonito – Relatore Barone Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza resa il 14 luglio 2017, la Corte di appello di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza presentata nell’interesse di S.A. per ottenere, invocando l’art. 656, comma 10, cod. proc. pen., la sospensione dell’ordine di esecuzione del Procuratore generale presso la medesima corte di appello relativo al residuo della pena detentiva da espiare pari ad anni tre, mesi nove e giorni diciotto di reclusione. 2. Avverso la decisione lo S. interpone, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione articolato in un unico motivo con il quale deduce violazione di legge in relazione agli artt. 656, commi 5 e 10, cod. proc. pen. e 47, comma 3-bis, ord. pen Richiama al riguardo l’interpretazione delle citate norme fornita da questa Corte in precedente suo arresto Sez. 1, n. 37848 del 04/03/2016, Trani, secondo cui l’attuale assetto normativo, pur senza il formale adeguamento dell’art. 656, commi 5 e 10, cod. proc. pen., consente l’elevazione a quattro anni della soglia per la sospensione da parte del pubblico ministero dell’ordine di esecuzione. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta depositata il 13 dicembre 2017, ha concluso chiedendo che il ricorso venisse rimesso alle Sezioni unite in via gradata il rigetto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve,’ pertanto, essere rigettato. 2. Secondo quanto affermato da questa Corte in precedenti arresti in tema di esecuzione di pene brevi, in considerazione del richiamo operato dall’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. all’art. 47 ord. pen., ai fini della sospensione dell’ordine di esecuzione correlata ad una istanza di affidamento in prova ai sensi dell’art. 47, comma 3 bis, ord. pen., il limite edittale non è quello di tre anni, ma di una pena da espiare, anche residua, non superiore a quattro anni Sez. 1, Sentenza n. 51864 del 31/05/2016, Fanini, Rv. 270007 Sez. 1, n. 37848/16 richiamata dal ricorrente - Sez. F., n. 39889 del 24/08/2016, dep. 2017, Saracino, queste ultime non massimate sul punto . Nelle indicate decisioni la Corte si è affidata ad un criterio di interpretazione evolutiva dell’art. 656, comma 5, secondo periodo, cod. proc. pen., estendendone l’applicazione a tutti i casi previsti dall’art. 47 ord. pen., pur in mancanza del dato formale di una sua esplicita modifica che, tenendo conto del recente inserimento del comma 3-bis nell’art. 47 ord. pen., introduca il richiamo specifico dell’ipotesi prevista da tale nuovo comma nel testo letterale della disposizione del codice di rito . 3. In pronunzie più recenti rispetto a quelle suindicate Sez. 1, n. 46562 del 21/09/2017, Gjini, Rv. 270923 Sez. 1, n. 56369 del 13/09/2017, Biba, n.m. , questa Corte è approdata ad una diversa soluzione interpretativa secondo cui ai fini della sospensione dell’ordine di esecuzione correlata ad un’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali ai sensi dell’art. 47, comma 3-bis, ord. pen., il limite edittale cui il pubblico ministero deve fare riferimento per l’emissione dell’ordine di carcerazione ex art. 656, commi 5 e 10, cod. proc. pen. è quello di tre anni, essendo rimessa al Tribunale di sorveglianza ogni valutazione circa l’istanza di affidamento in prova nel caso di pena espianda, anche residua, non superiore ad anni quattro. 4. Il Collegio intende dare seguito a questo secondo e più recente indirizzo interpretativo. 4.1 Sussiste effettivamente una difformità ed un difetto di coordinamento tra la disposizione citata dell’art. 656 e quella del comma 3 bis dell’art. 47 ord. pen. in ordine all’individuazione del limite massimo di pena per accedere all’affidamento in prova al servizio sociale, previsto in anni quattro soltanto dalla seconda norma, mentre la prima ai fini della sospensione dell’ordine di esecuzione ha mantenuto inalterata la soglia di anni tre. 4.2. Ciò nonostante, l’interpretazione evolutiva elaborata dalla Corte nei richiamati arresti non può trovare seguito ostandovi la peculiarità della previsione contenuta nell’art. 47, comma 3 bis, ord. pen A norma dell’articolo 656, comma 10, cod. proc. pen., il pubblico ministero, organo che cura l’esecuzione delle pene detentive, è tenuto a sospendere l’esecuzione dell’ordine di carcerazione, trasmettendo gli atti al Tribunale di sorveglianza, se la residua pena da espiare, determinata ai sensi dell’articolo 656, comma 4-bis, cod. proc. pen., non supera i limiti indicati al comma 5 tre anni, ovvero quattro anni nei casi previsti dall’articolo 47-ter, comma 1, ord. pen. o sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 d.P.R. n. 309/1990 . Si tratta a ben vedere di un automatismo che non lascia spazio ad alcuna discrezionalità valutativa. Di contro nell’ipotesi prevista all’art. 47, comma 3-bis, ord. pen. è richiesta una specifica valutazione di merito da parte del Tribunale di sorveglianza l’affidamento in prova può, altresì, essere concesso al condannato . quando abbia serbato, quantomeno nell’anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in libertà, un comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2 . In questa ipotesi si richiede al tribunale di sorveglianza di compiere, sulla base dei dati dell’osservazione anche extra muraria, una valutazione del comportamento tenuto dal condannato nell’anno precedente, che non può essere operata dal pubblico ministero in quanto ciò equivarrebbe a riconoscere a quest’ultimo una, sia pure preliminare, potestà giurisdizionale sostitutiva, del tutto estranea al suo ruolo istituzionale. La discrezionalità valutativa che connatura il provvedimento ex art. 47, comma 3 bis, ord. pen. costituisce, dunque, l’ostacolo a una, anche solo sommaria, delibazione da parte dell’organo dell’esecuzione all’atto dell’emissione dell’ordine di carcerazione. 5. La Corte di appello di Lecce ha, dunque, correttamente rigettato la richiesta di sospensione dell’ordine di carcerazione emesso dal pubblico ministero nei confronti dello S. , dovendo questo espiare una pena inferiore a quattro anni, ma superiore a tre. 6. Al rigetto del ricorso per la sua infondatezza consegue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. 7. Occorre dare atto del fatto che, nelle more tra la lettura del dispositivo ed il deposito della presente motivazione, la Corte costituzionale è intervenuta sulla materia qui discussa con sentenza n. 41 del 2018 dep. il 2.3.2018 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 656, comma 5, del codice di procedura penale, nella parte in cui si prevede che il pubblico ministero sospende l’esecuzione della pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non superiore a tre anni, anziché a quattro anni . La pronuncia non può tuttavia esplicare alcun effetto rispetto all’odierna decisione, stante l’intangibilità di quest’ultima una volta pronunciato il dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.