Legittimo l’arresto del passeggero senza biglietto che minaccia l’autista del bus

La qualificazione della condotta di colui che, con violenza o minaccia, costringe l’autista di un autobus di linea ad omettere la verifica del possesso da parte sua di un regolare titolo di viaggio, deve essere ricondotta alla fattispecie di cui all’art. 366 c.p. Rifiuti di uffici legalmente dovuti , per il quale la polizia giudiziaria può legittimamente procedere all’arresto.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18201/18, depositata il 24 aprile, decidendo sul ricorso presentato dal PM presso il Tribunale di Padova avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di convalida dell’arresto eseguito dalla polizia giudiziaria nei confronti di un imputato del reato di cui all’art. 366 c.p. Rifiuti di uffici legalmente dovuti . In particolare, l’imputato era accusato di aver con minaccia e violenza costretto il conducente di un autobus pubblico ad omettere la verifica del possesso del titolo di viaggio. La decisione del GIP si fondava sul riscontro della diversa fattispecie di minaccia art. 612 c.p. , non suscettibile di arresto. Riqualificazione del reato. Il Collegio accoglie il ricorso annullando l’ordinanza impugnata sulla base del consolidato principio secondo cui il giudice, in sede di convalida dell’arresto in flagranza, deve operare un giudizio ex ante avendo riguardo alla situazione in cui la polizia giudiziaria è intervenuta, a prescindere da elementi non conosciuti o non conoscibili che siano successivamente emersi. Il giudice è dunque chiamato a verificare non solo il rispetto dei termini di cui agli artt. 386 e 390 c.p.p. ma anche la sussistenza dei presupposti che legittimano l’arresto, sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all’ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dalle disposizioni citate. In questa fase, la valutazione non può dunque estendersi all’esame della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari, né all’apprezzamento della responsabilità che resta riservato alla cognizione del giudice di merito. In conclusione, precisa il Collegio, il giudice ha la possibilità di qualificare diversamente il fatto di reato rispetto all’ipotesi formulata dalla polizia giudiziaria, ma nel caso di specie, tale riqualificazione si appalesa erronea. Confermando la legittimità dell’arresto, la S.C. annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 marzo – 24 aprile 2018, n. 18201 Presidente Villoni – Relatore Tronci Ritenuto in fatto 1. Il p.m. presso il Tribunale di Padova impugna l’ordinanza indicata in epigrafe, con cui il g.i.p. del detto Tribunale ha rigettato la richiesta di convalida dell’arresto eseguito dalla p.g. nei riguardi di L.A. , in ordine al reato di cui all’art. 336 cod. pen., per aver usato violenza e minaccia nei confronti del conducente di un autobus del servizio pubblico gestito da SITA BUS ITALIA, al fine di costringerlo ad omettere di verificare il possesso da parte sua di un regolare titolo di viaggio e dunque ad omettere un atto del proprio servizio ciò per aver ravvisato nei fatti unicamente gli estremi del diverso reato di cui agli artt. 612 e 61 n. 10 cod. pen., non suscettibile di arresto. 2. Assume in proposito il ricorrente l’erroneità della qualificazione giuridica operata dal giudice padovano, non avendo questi considerato che l’azione del conducente dell’autobus - che pure aveva in effetti controllato il titolo di viaggio del L. , risultato tuttavia privo di validità, sì da averlo invitato ad obliterarne un altro - non era affatto conclusa nel momento in cui il prevenuto aveva inopinatamente reagito in modo violento e minatorio, essendosi anzi in presenza di un comportamento, da parte dell’utente, che si pone a metà strada tra la fattispecie di cui all’art. 336 c.p. e quella di cui all’art. 337 c.p., dato che con la sua condotta l’arrestato si è opposto al controllo del suo titolo di viaggio, da parte del conducente, di fatto impedendogli di portarlo a termine . 3. Il P.G. in sede ha depositato requisitoria scritta con cui, ravvisata la fondatezza dell’illustrata impugnazione, ha chiesto farsi luogo all’annullamento senza rinvio del provvedimento in questione. Considerato in diritto 1. L’ordinanza impugnata va in effetti annullata senza rinvio - in conformità al consolidato insegnamento giurisprudenziale in proposito - posto che il ricorso, concernendo la rivisitazione di una fase ormai perenta, è finalizzato esclusivamente alla definizione della correttezza dell’operato della polizia giudiziaria. 2. È ius receptum che Il giudice della convalida dell’arresto in flagranza deve operare con giudizio ex ante , avendo riguardo alla situazione in cui la polizia giudiziaria ha provveduto, senza tener conto degli elementi non conosciuti o non conoscibili della stessa, che siano successivamente emersi così, fra le tante e di recente, Sez. 6, sent. n. 18196 del 13.04.2016, Rv. 266930 . In altri termini, sulla scorta di una disamina che non deve limitarsi ai soli requisiti formali, il giudice, oltre, appunto, a verificare il rispetto dei termini previsti dagli artt. 386 e 390 del codice di rito, deve controllare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto, ossia valutare la legittimità dell’operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza, in relazione allo stato di flagranza ed all’ipotizzabilità di uno dei reati richiamati dagli artt. 380 e 381 cod. proc. pen., in una chiave di lettura che non deve riguardare né la gravità indiziaria e le esigenze cautelari valutazione questa riservata all’applicabilità delle misure cautelari coercitive , né l’apprezzamento sulla responsabilità riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito cfr. Sez. 6, sent. n. 8341 del 12.02.2015, Rv. 262502 e n. 48471 del 28.11.2013, Rv. 258230 . Il che comporta che il detto giudice - sempre ragionando ex ante, sulla base degli elementi risultanti dal verbale di arresto - ha senza meno la possibilità di qualificare diversamente il fatto di reato rispetto a quanto ipotizzato dalla p.g., traendone le necessitate conclusioni ai fini dell’atto di cui è richiesto. 3. Facendo dunque applicazione di tali principi al caso di specie, emerge che il g.i.p., con ogni verosimiglianza condizionato dalla formulazione del capo d’incolpazione - che individua l’atto d’ufficio omesso, a causa della condotta del soggetto agente, nella verifica, ad opera del conducente, del possesso di regolare titolo di viaggio da parte del L. - ha inteso la contestazione in senso strettamente letterale e comunque ha omesso di considerare che, così come correttamente osservato dalla parte ricorrente, l’attività di controllo dei titoli di viaggio non poteva certo esaurirsi nello stracciare il biglietto irregolare , avendo infatti il conducente invitato il prevenuto, prima di ripartire, a munirsi di un valido titolo da timbrare, giusta quanto emerge dallo stesso provvedimento impugnato donde la conclusione che l’atto d’ufficio dell’incaricato di pubblico servizio era ancora in essere, ovvero - qualora si voglia frazionare il suo comportamento - che al controllo effettuato con esito negativo doveva necessariamente seguire il passaggio ulteriore, puntualmente preannunciato dal conducente ed a cui si correla la condotta illecita del L Erronea si palesa, dunque, la qualificazione giuridica compiuta dal g.i.p. e conforme a legge l’arresto eseguito dalla p.g. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata.