Nuovo giudizio sfavorevole, la rabbia non giustifica l’abbandono dei domiciliari

Confermata la condanna a oltre 5 mesi di reclusione per un uomo beccato fuori dalla casa in cui era agli arresti. Irrilevante il nervosismo che lo ha spinto a uscire in strada. Secondario anche il fatto che si sia presentato spontaneamente alla vicina Stazione dei Carabinieri.

Il momento di rabbia non può giustificare l’abbandono della casa in cui si è costretti ai domiciliari. E questa visione non è modificabile neanche dalla constatazione che il nervosismo è dovuto alla notizia di un nuovo giudizio sfavorevole in Cassazione e alla conseguente prospettiva di un ritorno in carcere Cassazione, sentenza n. 16504/2018, Sezione Sesta Penale, depositata il 13 aprile 2018 . Malessere. Sotto accusa un uomo, che, uscito di casa e violati quindi i ‘domiciliari’, si è presentato spontaneamente alla vicina Stazione dei Carabinieri. Nonostante quest’ultima azione, e nonostante egli abbia spiegato la sua fuga con un momento di rabbia, per i Giudici d’Appello è legittima una condanna per evasione , contrariamente a quanto deciso in Tribunale, dove si era optato per l’assoluzione. A spazzare via ogni dubbio è la Cassazione, che mostra di ritenere corretta la valutazione compiuta in Appello. Definitiva quindi la condanna a 5 mesi e 10 giorni di reclusione per evasione dagli arresti domiciliari . Per i Giudici del ‘Palazzaccio’ è irrilevante l’obiezione proposta dal legale, obiezione mirata a ‘giustificare’ la condotta del suo cliente e fondata sulla constatazione che egli aveva lasciato l’appartamento spinto dal malessere dovuto alla notizia del rigetto del ricorso proposto a suo favore in un altro processo e alla conseguente prospettiva del suo rientro in carcere . Ciò che conta, invece, è la consapevolezza – non in discussione, in questa vicenda – di allontanarsi dal luogo degli arresti domiciliari senza la necessaria autorizzazione . E rispetto a questo elemento è secondario anche il fatto che l’uomo, una volta uscito di casa, si sia presentato spontaneamente alla Stazione dei Carabinieri .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 marzo – 13 aprile 2018, n. 16504 Presidente Petruzzellis – Relatore Gianesini Ritenuto in fatto 1. Il Difensore di Fe. CU. ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza con la quale la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza assolutoria di primo grado, ha dichiarato l'imputato colpevole del reato di cui all'art. 385 cod. pen. e lo ha condannato alla pena di cinque mesi e dieci giorni di reclusione. 2. Il ricorrente ha dedotto due motivi di ricorso, per violazione di legge penale sostanziale e processuale ex art. 606, comma 1 lett. b e e cod. proc. pen 2.1 Con il primo motivo, il ricorrente ha svolto considerazioni critiche in merito alla affermata sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, in realtà inesistente in quanto il CU. aveva agito spinto dal malessere dovuto alla notizia del rigetto in Cassazione del ricorso proposto a suo favore un altro processo e alla conseguente prospettiva del suo rientro in carcere. 2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente ha lamentato che la Corte di Appello avesse riformato la sentenza assolutoria di primo grado senza procedere ad una motivazione rafforzata che desse effettiva ragione della esistenza di una responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio. Considerato in diritto 1. I ricorso va dichiarato inammissibile in quanto proposto per motivi manifestamente infondati, con le conseguenze di cui all'art. 616 cod. proc. pen. in tema di spese del procedimento e sanzione pecuniaria. 2. Il tema critico complessivo presentato alla attenzione della Corte di Cassazione da entrambi i motivi di ricorso è quello della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato e della adeguatezza e maggiore persuasività della motivazione della Corte di Appello che, come si è detto, ha condannato il CU. a fronte di una sentenza assolutoria pronunciata in primo grado perché il fatto non costituisce reato . 2.1 La Corte, del tutto correttamente, ha individuato l'essenza del dolo del delitto di cui all'art. 385 cod. pen. nella consapevolezza di allontanarsi, in assenza della necessaria autorizzazione, dal luogo degli arresti domiciliari e ha osservato, in questa prospettiva argomentativa, che non rilevavano in alcun modo i motivi che avevano determinato la condotta dell'agente così, da ultimo, Cass. Sez. 6 del 8/5/2012 n. 19218, P.G. in proc. Rapillo, Rv 252876 . 2.2 Dopo aver ribadito il principio di diritto di cui sopra e avere sostanzialmente osservato che il Giudice di primo grado aveva in realtà confuso l'elemento soggettivo del reato con i motivi che avevano portato il CU. alla violazione del regime cautelare in atto , la Corte ha accuratamente e persuasivamente motivato anche sul punto specifico della non influenza della circostanza rappresentata dal fatto che l'imputato si era presentato presso la Stazione dei Carabinieri, richiamando i principi di diritto fissati sul punto dalla giurisprudenza di legittimità Cass. Sez. 6 del 13/5/2014 n. 22109, Costa, Rv 262537 , così rendendo una motivazione certamente più accurata e persuasiva, e quindi rafforzata , rispetto a quella resa in primo grado. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende.