La misura di prevenzione patrimoniale della confisca prescinde dal giudizio sull’attualità della pericolosità sociale

A differenza delle misure di prevenzione personali in cui, ai fini della loro applicabilità, è richiesta la verifica del requisito dell’attualità della pericolosità sociale, quelle patrimoniali prescindono da tale requisito .

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 14984/18, depositata il 4 aprile. Il caso. La Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma del provvedimento emesso dal Tribunale della medesima città, confermava la misura di prevenzione patrimoniale della confisca di immobili, in seguito a fatti relativi ad ingenti traffici di stupefacenti ed in considerazione di beni immobili acquistati negli anni successivi attraverso i proventi illeciti ricavati dal suddetto traffico di stupefacenti. Avverso il provvedimento della Corte distrettuale l’imputato ricorre per cassazione denunciando l’insussistenza di un requisito per l’applicazione della misura patrimoniale, individuato, dallo stesso, nell’attualità della pericolosità sociale. Prevenzione patrimoniale e pericolosità sociale. Il Supremo Collegio ribadisce che, ai sensi della nuova disciplina di cui al d.l. n. 92/2008 Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica , il procedimento di prevenzione patrimoniale può essere avviato a prescindere da qualsiasi proposta relativa all’adozione di misure personali . Ciò posto, la differenza tra le misure di prevenzione personali e patrimoniali risiede, come precisato dalla Suprema Corte, nel fatto che quelle patrimoniali prescindono da tale requisito attualità della pericolosità sociale richiedendo invece come necessario la riferibilità delle acquisizioni patrimoniali oggetto di ablazione all’arco temporale in cui detta pericolosità si è resa manifesta . Pertanto, correttamente, secondo i Giudici di legittimità, la Corte distrettuale ha, sulla base delle circostanze di fatto adeguatamente esposte e principalmente riferibili alla totale assenza di redditi leciti, dedotto la natura illecita degli acquisti e la loro derivazione dalle somme illecitamente guadagnate dal proposto con la consumazione dell’ingente traffico di stupefacenti . Ne deriva, dunque, che essendo anche il reimpiego di capitali illeciti presupposto della misura di prevenzione patrimoniale, tale attività diviene sintomo della pericolosità sociale . La Corte quindi rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 marzo – 4 aprile 2018, numero 14984 Presidente Prestipino – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1.1 Con decreto in data 22 settembre 2016 la corte di appello di Roma sezione misure di prevenzione, in parziale riforma del provvedimento emesso il precedente 13 luglio 2015 dal Tribunale dello stesso capoluogo con il quale veniva disposta la misura di prevenzione patrimoniale della confisca, confermava la predetta misura in relazione a beni immobili e compagini sociali intestate a M.M., M.A., S.M.P., L.G.R. e M.G.M Riteneva la corte di appello che il precedente penale a carico del M.M. , relativo a fatti di ingenti traffici di sostanza stupefacente commessi nel 1996, doveva fare ritenere che le rilevanti somme contanti successivamente rinvenute in possesso dello stesso nel 2008, circa mezzo milione di Euro, fossero riconducibili a detta illecita attività e ciò giustificava l’applicazione della misura della confisca in relazione ai beni immobili acquistati negli anni subito successivi ed alle attività societarie benché il procedimento penale instaurato per detto possesso di somme di denaro si fosse concluso con l’assoluzione. 1.2 Avverso detto provvedimento proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo con unico motivo violazione degli articoli 16 e 24 del decreto legislativo numero 159/2011 nella parte in cui l’applicazione di ogni misura patrimoniale è subordinata all’accertamento circa l’attualità della pericolosità del proposto e limitata comunque al rapporto di necessaria pertinenzialità temporale tra acquisti e pericolosità sociale. Considerato in diritto 2.1 I motivi di ricorso sono infondati e devono, pertanto, essere respinti. Occorre ricordare come la legge numero 1423/1956, art. 1 e ss., - oggi art. 1 del d.lgs. numero 159/2011 - prevede l’applicazione delle misure di prevenzione nei confronti di a coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi b coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose segue la categoria prevista dalla lett. c riguardante i soggetti dediti alla consumazione di delitti in danno di minori. Il legislatore, con le novelle del 2008 e del 2009, ha modificato aspetti non marginali della disciplina normativa della prevenzione, affermando il principio della cosiddetta autonomia della misura patrimoniale di prevenzione rispetto a quella personale, stabilendo che le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente L. numero 575 del 1965, art. 2-bis, comma 6-bis, introdotto dal D.L. 23 maggio 2008, numero 92, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2008, numero 125 . Nella previgente disciplina, invero, le misure di prevenzione personali e quelle patrimoniali formavano un binomio tendenzialmente inscindibile, poiché di regola queste ultime potevano esser disposte solo nell’ambito di un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione personale, oppure in un momento successivo all’applicazione, ma comunque anteriore alla cessazione della misura di prevenzione personale. Pertanto, la confisca presupponeva l’irrogazione contemporanea o anteriore di una misura di prevenzione personale. La nuova disciplina, introdotta dal D.L. numero 92 del 2008, art. 10, ha spezzato definitivamente il nesso di necessaria presupposizione tra i due tipi di misure, con la conseguenza che il procedimento di prevenzione patrimoniale può essere avviato a prescindere da qualsiasi proposta relativa all’adozione di misure personali. Tale disciplina ha trovato poi recepimento nel D.Lvo numero 159 del 2011 che all’art. 18 prevede espressamente la possibilità di applicazione disgiunta precisando che le misure patrimoniali trovano fondamento nella pericolosità sociale non al momento della loro applicazione bensì in quello degli acquisti inoltre con indicazione di particolare rilievo per il caso in esame il successivo art. 20 del D.Lvo citato prevede il sequestro dei beni quando sulla base di sufficienti indizi si ha motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecita o ne costituiscano il reimpiego. Ciò comporta, comunque, che il giudice accerti in via incidentale l’inquadrabilità del proposto nelle categorie dei soggetti che possono essere destinatari dell’azione di prevenzione, ancorché, l’applicazione della misura patrimoniale prescinda da ogni valutazione in ordine alla attuale pericolosità sociale del suo destinatario Sez. 6, numero 10153 del 18/10/2012 Rv. 254547 . Mentre quindi le misure di prevenzione personali, in quanto comunque limitative della libertà personale sono collegate al giudizio di attualità della pericolosità sociale, quelle patrimoniali prescindono da tale requisito richiedendo invece come necessario la riferibilità delle acquisizioni patrimoniali oggetto di ablazione all’arco temporale in cui detta pericolosità si è resa manifesta errato appare pertanto il motivo di ricorso nella parte in cui contesta l’assenza di attualità nel giudizio di pericolosità. In particolare le Sezioni Unite di questa corte hanno affermato che la pericolosità sociale, oltre ad essere presupposto ineludibile della confisca di prevenzione, è anche misura temporale del suo ambito applicativo ne consegue che, con riferimento alla c.d. pericolosità generica, sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell’arco di tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale, mentre, con riferimento alla c.d. pericolosità qualificata, il giudice dovrà accertare se questa investa, come ordinariamente accade, l’intero percorso esistenziale del proposto, o se sia individuabile un momento iniziale ed un termine finale della pericolosità sociale, al fine di stabilire se siano suscettibili di ablazione tutti i beni riconducibili al proposto ovvero soltanto quelli ricadenti nel periodo temporale individuato Sez. U, numero 4880 del 26/06/2014, Rv. 262605 . E pertanto data la sussistenza di tale necessario presupposto sicché sequestro e confisca possono essere adottati solo ove si pervenga ad un preliminare giudizio di pericolosità la soluzione interpretativa in precedenza prospettata deve essere destinata a valere anche con riferimento alle misure di prevenzione patrimoniali applicate ai pericolosi generici difatti poiché la pericolosità sociale è sempre il presupposto della confisca, seppure la misura patrimoniale venga applicata disgiuntamente da quella personale, sarà necessario ancorare il giudizio a dati e fatti oggettivi anche per disporre la misura patrimoniale pur prescindendosi da una valutazione di attualità della pericolosità. 2.2 L’applicazione dei sopra esposti principi al caso in esame comporta la infondatezza dei motivi di gravame posto che il giudice dell’appello ha, sulla base di circostanze di fatto adeguatamente esposte e principalmente riferibili alla totale assenza di redditi leciti, dedotto la natura illecita degli acquisti e la loro derivazione dalle somme illecitamente guadagnate dal proposto con la consumazione dell’ingente traffico di stupefacenti nel 1996. Difatti il M. risulta condannato per gravi fatti commessi nel 1996 e tutti gli acquisti degli immobili e delle attività sociali risultano effettuati a partire dal 2009 dopo che il predetto aveva terminato di scontare la pena e non possedeva risorse sufficienti per tali investimenti se non attraverso il reimpiego di quei profitti illeciti già realizzati. Pertanto il giudice di appello ha correttamente temporalmente ancorato gli acquisti all’accertamento della pericolosità perdurante al 2009 evidenziando come il reimpiego di capitali illeciti di ingente valore in quell’arco temporale sia una circostanza di fatto che manifesta con evidenza la riconducibilità del M. ad una delle categorie dei soggetti nei cui confronti va disposta misura di prevenzione patrimoniale. Al proposito, infatti, la corte di appello ancora la valutazione della illiceità originaria dei capitali impiegati nelle varie operazioni immobiliari e societarie compiute dal 2009 anche ad un assai rilevante dato di fatto costituito dal rinvenimento in possesso del M. di una assai ingente somma di denaro contante pari a mezzo milione di Euro nel febbraio del 2008 trattasi di circostanza che seppure non ha determinato la condanna del predetto per alcuna ipotesi di reato correttamente il giudice della misura di prevenzione in fase di appello ha ritenuto giustificare la riconducibilità degli acquisti poi effettuati alla pericolosità sociale del ricorrente in quanto soggetto stabilmente dedito ad operazioni di reimpiego di capitali di origine illecita. Questa Corte con pronuncia a sezioni unite ha stabilito che la confisca di prevenzione e la confisca cosiddetta allargata , di cui all’art. 12 sexies D.L. 8 giugno 1992, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 1992, numero 356, presentano presupposti applicativi solo in parte coincidenti, atteso che per entrambe è previsto che i beni da acquisire si trovino nella disponibilità diretta o indiretta dell’interessato e che presentino un valore sproporzionato rispetto al reddito da quest’ultimo dichiarato ovvero all’attività economica dal medesimo esercitata, tuttavia solo per la confisca di prevenzione è prevista la possibilità di sottrarre al proposto i beni che siano frutto di attività illecita ovvero ne costituiscano il reimpiego Sez. U, numero 33451 del 29/05/2014, Rv. 260247 . Ne deriva affermare che essendo anche il reimpiego di capitali illeciti presupposto della misura di prevenzione patrimoniale, tale attività diviene sintomo della pericolosità sociale del proposto e nel caso in esame le attività del M. e del suo nucleo familiare non trovando giustificazione secondo le analitiche argomentazioni dei giudici di merito devono proprio ritenersi attività di reimpiego di capitali illeciti sottoponibili alla misura di prevenzione della confisca e ciò indipendentemente dal dato temporale della rilevante distanza dalla data di consumazione dei fatti per cui è intervenuta condanna, sul quale insiste la difesa quale principale argomento del ricorso. Alla luce delle predette considerazioni i ricorsi devono pertanto essere respinti ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.