Inconfigurabile il reato di contraffazione di sostanze alimentari se il venditore non le ha alterate

Qualora un soggetto metta consapevolmente in commercio dei prodotti caseari realizzati con del latte alterato da terzi attraverso additivi non autorizzati, costui è responsabile del reato previsto all’art. 444 c.p. Commercio di sostanze alimentari nocive e non già di quello di cui all’art. 442 c.p. Commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate .

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 3842/18, depositata il 26 gennaio. Il caso. Il Tribunale del riesame di Napoli annullava con ordinanza il provvedimento emesso dal GIP con cui veniva disposta la sottoposizione degli imputati alla misura degli arresti domiciliari per aver questi, in qualità di titolari di un caseificio, posto in commercio prodotti alterati con l’aggiunta di additivi non autorizzati soda caustica per eliminarne il cattivo odore e pertanto pericolosi per la salute pubblica. Tali rilievi erano confermati da un’intercettazione telefonica avvenuta tra gli imputati medesimi. Il Tribunale riqualificava la condotta alla luce dell’art. 444 c.p. Commercio di sostanze alimentari nocive – che non prevede la sottoposizione a misure cautelari – anziché dell’art. 442 c.p. Commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate . Avverso l’ordinanza il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere propone ricorso per cassazione. Il commercio e la contraffazione di sostanze alimentari. Il Supremo Collegio evidenzia la differenza sussistente tra la fattispecie di cui all’art. 442 c.p. e quella prevista all’art. 444 c.p., rilevando che la differenza sostanziale non risiede nella natura delle sostanze prese in considerazione, bensì nell’attività posta in essere dal soggetto agente, considerato che l’elemento materiale della prima ipotesi è costituito dall’opera di corruzione o adulterazione delle sostanze alimentari destinate all’alimentazione o al commercio compiuta da altri”, mentre l’elemento oggettivo della seconda consiste nella detenzione per il commercio o nella distribuzione per il consumo di sostanze che non siano state contraffatte o adulterate, ma che siano, comunque, pericolose per il consumatore . Dunque, se ciò che distingue l’una fattispecie dall’altra è l’attività posta in essere dal soggetto agente risulta agli atti che gli imputati si approvvigionassero di latte da un società terza, consapevoli che gli amministratori di questa società aggiungevano soda caustica al latte per abbassare il livello di acidità e prolungarne il tempo di durata . Pertanto la condotta degli imputati è riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 444 c.p La Corte quindi rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 10 novembre 2017 – 26 gennaio 2018, n. 3842 Presidente Di Tomassi – Relatore Novik Rilevato in fatto 1. Con ordinanza del 3 marzo 2017, il Tribunale del riesame di Napoli, investito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., accogliendo l’istanza presentata da B.S. e B.L. , annullava l’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 31 gennaio 2017 con la quale entrambi erano stati sottoposti alla misura degli arresti domiciliari per i reati di cui agli artt. 81/442 cod. pen. per aver, secondo l’imputazione provvisoria, quali titolari del caseificio B. & amp G. s.r.l., 1 posto in commercio prodotti caseari destinati all’alimentazione, realizzati con latte crudo che era stato da altri adulterato attraverso l’aggiunta di un additivo non autorizzato soda caustica, capo C e 2 per aver posto in commercio prodotti caseari destinati all’alimentazione, pericolosi alla salute pubblica perché provenienti da allevamenti non ufficialmente indenni da tubercolosi capo F . Il tribunale del riesame escludeva la gravità indiziaria rilevando che - relativamente al primo addebito, nato dalle dichiarazioni di un dipendente, tale L.M. circa la pratica dell’utilizzo di soda caustica per abbassare il livello di acidità del latte acquistato da più giorni, rilevava che le intercettazioni telefoniche valutate nell’ordinanza riconducevano l’attività di adulterazione alla società Casearia S. S.r.l., fornitrice dei B. , ma non dimostravano che costoro fossero a conoscenza di questa attività di adulterazione. Nella conversazione 1249 del 3 giugno 2015, i due fratelli ipotizzavano di aggiungere essi stessi soda al latte al fine di eliminare la puzza, ma ciò non era stato fatto e non vi erano elementi per ritenere che fossero consapevoli di aver acquistato latte adulterato da altri, come oggetto di contestazione - in ordine al secondo addebito, il tribunale rilevava che, ancorché fosse stato contestato l’art. 442 cod. pen., la condotta, nella sua descrizione fattuale, era riconducibile all’ipotesi normativa prevista dall’art. 444 cod. pen., che non consentiva l’emissione di misura cautelare. 2. Avverso quest’ordinanza il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha proposto ricorso per cassazione censurando, con un primo motivo, la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione la conversazione telefonica intercettata, dava riscontro alle dichiarazioni di L.M. , il quale aveva denunciato l’utilizzo di soda caustica. Lo stesso collegio, tuttavia, aveva ammesso che i B. avevano utilizzato soda caustica per mascherare il processo di acidificazione del latte, rendendosi in ogni caso autori del reato di cui all’art. 440 cod. pen., per aver messo in commercio un prodotto inadatto al consumo e pericoloso per la salute pubblica, dovendosi comprendere, in detta contestazione, anche la messa in commercio di caciocavalli. Secondo il requirente, la condotta posta in essere integrava il reato contestato perché, attraverso l’utilizzo della soda caustica, era stato recuperato latte che andava smaltito come rifiuto. Con il secondo motivo, il procuratore della Repubblica deduce erronea applicazione della legge penale per aver il Collegio qualificato la condotta contestata al capo e ai sensi dell’art. 444 cod. pen., anziché dell’art. 442. Nel capo d’imputazione era stato contestato agli indagati di aver posto in commercio prodotti caseari destinati all’alimentazione, realizzati con latte crudo proveniente da allevamenti non ufficialmente indenni da tubercolosi, costituente sostanza avvelenata, corrotta o adulterata da altri. La mancata osservanza delle regole di igiene e profilassi articolo 9 lett. N del D.M. 592/95 rendeva il prodotto pericoloso per la salute pubblica. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. Quanto al primo motivo, con riferimento alla fattispecie sottoposta a questa Corte, si osserva come le doglianze avanzate dal ricorrente configurino una diversa valutazione dei fatti sulla scorta di una non consentita rilettura delle acquisite risultanze istruttorie, con particolare riferimento alla deposizione di L.M. e dei colloqui intercettati, che questa Corte non può evidentemente compiere, non ravvisandosi neppure una manifesta illogicità della motivazione dell’impugnata ordinanza. Con argomentazioni giuridicamente logiche e non contraddittorie, nei limiti connaturati al procedimento incidentale de libertate, il tribunale del riesame ha escluso che vi fossero gli indizi sufficienti per desumere la consapevolezza dei B. di aver acquistato latte adulterato da altri. Secondo l’impostazione accusatoria, infatti, originata dalle dichiarazioni auto ed etero confessorie di L.M.C. , autista dipendente della società Casearia S. s.r.l., produttrice dei derivati di latte vaccino, i fratelli B. si approvvigionavano di latte dalla Casearia, consapevoli che gli amministratori di questa società aggiungevano soda caustica al latte per abbassare il livello di acidità e prolungarne il tempo di durata. Quale riscontro a questa chiamata, è stata utilizzata la conversazione tra i fratelli B. del 3.6.2015, integralmente riportata alle pag. 5-6, la cui lettura, tuttavia, come correttamente rilevato dal tribunale dimostra soltanto che in una occasione i B. avevano aggiunto essi stessi soda caustica al latte per eliminare un cattivo odore puzza , ma è neutra rispetto alla contestazione di aver posto in commercio prodotti caseari realizzati con latte crudo che era stato da altri adulterato . Giuridicamente corretta è quindi l’inferenza che è stata tratta dal tribunale del riesame della non ricorrenza della fattispecie contestata, a nulla rilevando la possibilità che, in ipotesi, la condotta desunta dalla conversazione potesse essere inquadrata nella diversa fattispecie dell’art. 440 cod. pen., trattandosi di ipotesi non compatibili, nel senso che esse possono ricorrere solo in via alternativa tra l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 440 cod. pen. adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari e quella di cui all’art. 442 cod. pen. commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate vi è differenza sostanziale nell’attività posta in essere dal soggetto agente, considerato che l’elemento materiale della prima ipotesi è costituito dall’opera di corruzione o adulterazione delle sostanze alimentari destinate all’alimentazione o al commercio, mentre l’elemento oggettivo della seconda consiste nella detenzione per il commercio o nella distribuzione per il consumo di sostanze che siano state contraffatte o adulterate da altri. Quanto al secondo motivo, la dedotta violazione di legge è palesemente insussistente avendo il tribunale del riesame correttamente ricondotto la contestazione al parametro normativo dell’art. 444 cod. pen., avendo rilevato che, al di là del nomen juris utilizzato, la descrizione della condotta prescindeva dall’intervenuta alterazione del prodotto commercializzato ad opera di altri. In tema di reati contro l’incolumità pubblica, tra l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 442 cod. pen. commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate e quella di cui all’art. 444 cod. pen. commercio di sostanze alimentari nocive la differenza sostanziale non risiede nella natura delle sostanze prese in considerazione, bensì nell’attività posta in essere dal soggetto agente, considerato che l’elemento materiale della prima ipotesi è costituito dall’opera di corruzione o adulterazione delle sostanze alimentari destinate all’alimentazione o al commercio compiuta da altri , mentre l’elemento oggettivo della seconda consiste nella detenzione per il commercio o nella distribuzione per il consumo di sostanze che non siano state contraffatte o adulterate, ma che siano, comunque, pericolose per il consumatore, di guisa che il carattere nocivo della sostanza non dipende in quest’ultima ipotesi da una immutatio tra quelle descritte nella prima ipotesi alterazione, corruzione, adulterazione , ma da altre cause, quali ad esempio il cattivo stato di conservazione o la provenienza delle carni da animali malati. Ciò che distingue l’una fattispecie dall’altra è l’attività posta in essere dal soggetto agente, nel senso che l’elemento materiale della prima ipotesi si configura nell’opera di corruzione o adulterazione delle sostanze alimentari destinate all’alimentazione o al commercio compiuta da altri, mentre l’elemento oggettivo della seconda si configura nella detenzione per il commercio o nella distribuzione per il consumo. In conseguenza, oggetto degli accertamenti è, in un caso se altri abbia corrotto o adulterato le sostanze alimentari nel qual caso si configura la fattispecie di cui all’art. 442 cod. pen. , o se invece, l’agente senza avere posto in essere alcuna attività di adulterazione, si sia limitato a detenere o a porre in commercio sostanze alimentari comunque nocive alla salute pubblica, nel qual caso la fattispecie ravvisabile è quella di cui all’art. 444. Inutilmente, il ricorrente tenta di spostare l’accento sulla natura del latte commercializzato, costituente di per sé sostanza avvelenata, corrotta o adulterata, rimanendo insuperabile l’aspetto, rilevato dal tribunale del riesame, del difetto di contestazione di una condotta di alterazione compiuta da altri . Ne consegue il rigetto del ricorso. P.Q.M. Rigetta il ricorso.