Fascette con l’immagine della Pausini: venditore abusivo condannato

Il commerciante ha approfittato di un concerto della cantante per provare a piazzare la merce. Gli affari sono però durati poco e gli sono valsi una sanzione penale. Irrilevante il fatto che modalità di vendita e la grossolana contraffazione possano far escludere l’inganno a danno dei compratori.

Concerto di Laura Pausini a Roma. Fans scatenati all’assalto del Palazzetto dello Sport. A gongolare è anche un venditore abusivo, che approfitta dell’evento per provare a piazzare fascette riproducenti l’immagine della cantante. Gli affari durano però poco, a causa dell’intervento delle forze dell’ordine, che fermano il venditore. Per lui inevitabile la condanna per aver messo in commercio prodotti taroccati. Irrilevanti, secondo i Giudici, le modalità grossolane della contraffazione Cassazione, sentenza n. 55079/17, sez. II penale, depositata l’11 dicembre . Fede pubblica. La linea di pensiero adottata prima in Tribunale e poi in Corte d’appello viene condivisa ora dalla Cassazione. Nessun dubbio sulla condotta contestata al venditore – un uomo, originario di Napoli – che è stato beccato in possesso di otto fascette, riproducenti abusivamente l’effigie di Laura Pausini , che offriva in vendita, stazionando all’interno del Palazzetto dello Sport di Roma dove si teneva il concerto della cantante . Nessun dubbio, di conseguenza, sulla sua colpevolezza, essendo incontestabile il fatto che egli aveva posto in commercio prodotti contraffatti . Inutili anche in terzo grado le obiezioni difensive centrate sulla grossolanità della contraffazione e sulle modalità di vendita . Secondo il legale del commerciante abusivo è impossibile parlare di compratori tratti in inganno. A questa considerazione i Giudici del ‘Palazzaccio’ rispondono ricordando che è irrilevante la grossolanità della contraffazione , poiché la legge tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e nei segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione, anche a tutela del titolare del marchio . In sostanza, non si può parlare di reato impossibile , concludono i Magistrati, qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 11 dicembre 2017, n. 55079 Presidente Gallo – Relatore Brosellino Ritenuto in fatto e in diritto La CORTE di APPELLO di ROMA, con sentenza in data 14/12/2015, confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal TRIBUNALE di ROMA, in data 22/10/2013, nei confronti di CO. ER. in relazione al reato di cui all' art. 474 cod.pen., per avere detenuto otto fascette, abusivamente riproducenti l'effige della cantante Laura Pausini, che offriva in vendita stazionando all'interno del palazzetto dello Sport di Roma dove si teneva il concerto della cantante. Propone ricorso per cassazione l'imputato, deducendo 1 violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità dell'imputato, attesa la grossolanità della contraffazione addebitata e le modalità di vendita tali da impedire la stessa possibilità di un inganno. 2 Vizio di motivazione per manifesta illogicità e assoluta incompletezza dell'esposizione delle ragioni poste a sostegno del provvedimento impugnato, poiché la corte territoriale non ha dato conto delle censure mosse dalla difesa con il gravame. 3 contraddittorietà della motivazione in relazione alle risultanze processuali 4 Violazione del principio del ragionevole dubbio in quanto l'accertamento sulla perfezione delle fascette poste in vendita è dubbioso. I motivi sono manifestamente infondati. Deve premettersi che è' inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso per vizi di motivazione i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa Sez. 6, sent. n. 800 del 06/12/2011, dep. 12/01/2012, Bidognetti e altri, Rv. 251528 , e quello fondato su una caotica esposizione delle doglianze, dal tenore confuso e scarsamente perspicuo, che renda particolarmente disagevole la lettura e che esuli dal percorso di una ragionata censura della motivazione del provvedimento impugnato Sez. 2, sent. n. 7801 del 19/11/2013, dep. 19/02/2014, Hu., Rv. 259063 . Nel caso in esame la difesa ha esposto in modo generico e confuso diverse censure generiche relative alla motivazione, affastellando definizioni e massime giurisprudenziali, senza tuttavia pervenire all'individuazione degli specifici passaggi delle argomentazioni del giudizio di responsabilità che risultano illogici o contraddittori. Il ricorrente si è inoltre limitato a riproporre le medesime censure già avanzate con l'atto di appello, senza in alcun modo confrontarsi con l'esaustiva argomentazione esposta dalla corte territoriale sul punto, e ciò palesa la manifesta infondatezza del ricorso. Anche il motivo di censura più specifico, attinente alla grossonalità della contraffazione è inammissibile, in quanto la Corte di appello si è correttamente conformata quanto alla qualificazione giuridica dei fatti accertati al consolidato orientamento di questa Corte di legittimità da ultimo, Sez. 5, n. 5260 dell'11/12/2013 03/02/2014, Rv. 258722 , per la quale integra il delitto di cui all'art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l'art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell'acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell'ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell'inganno non ricorrendo quindi l'ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186 , al versamento della somma, che ritiene equa, di Euro duemila a favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende. Motivazione semplificata.