L’attività dei servizi sociali non può essere svolta all’estero

In tema di affidamento in prova ai servizi sociali è indispensabile l’effettiva reperibilità sul territorio italiano, poiché la misura alternativa postula un contatto diretto tra l’interessato e il servizio sociale.

Lo ha ribadito la Suprema Corte con sentenza n. 54508/17, depositata il 4 dicembre. La vicenda. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma aveva rigettato l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale o di detenzione domiciliare avanzata dal condannato per il reato di contrabbando aggravato. Secondo il Tribunale la richiesta, finalizzata ad espiare la pena fruendo di una misura alternativa in Bulgaria, si fondava su decisioni quadro relative al riconoscimento delle decisioni giudiziarie tra Paesi europei riguardanti misure diverse dai benefici penitenziari. Avverso detto provvedimento propone ricorso per cassazione l’interessato deducendo violazione di legge. Secondo il ricorrente il Giudice non aveva preso in considerazione la decisione-quadro che permetteva di espiare all’estero le pene inflitte in Italia con compilazione di una sorta di autorelazione sull’andamento della misura. Effettiva reperibilità. La Cassazione ha osservato che l’effettiva reperibilità sul territorio italiano è indispensabile ai fini dell’applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale. In ragione del fatto che la misura alternativa comporta la necessità di un contatto diretto tra l’interessato e il servizio sociale, il quale deve controllare la condotta e l’adattamento alla vita sociale del condannato. Attività dei servizi sociali. Inoltre, secondo la Corte, il Giudice di merito ha correttamente motivato la sua decisione riprendendo il principio consolidato della giurisprudenza di legittimità secondo cui un ulteriore motivo per il quale l’affidamento in prova al servizio sociale deve essere svolto in Italia è che i centri di servizio sociale per adulti possono svolgere la loro attività di controllo solo sul territorio nazionale. In virtù del fatto che detta attività per la sue peculiarità e la sua specifica natura, non è ricompresa tra le funzioni statali esercitabili all’estero da parte di uffici consolari . Secondo la Suprema Corte il provvedimento impugnato è conforme a tali principi laddove ha attribuito rilievo alla circostanza che il ricorrente non abbia indicato in Italia una qualsiasi attività funzionale al suo reinserimento sociale.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 settembre – 4 dicembre 2017, n. 54508 Presidente Cortese – Relatore Minchella Rilevato in fatto Con ordinanza in data 20.12.2016 il Tribunale di Sorveglianza di Roma rigettava l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale o di detenzione domiciliare avanzata da K.R. in relazione alla pena di cui alla sentenza del Tribunale di Brindisi in data 26.11.2014 per contrabbando aggravato. Rilevava il giudice che la richiesta era finalizzata ad espiare la pena fruendo di una misura alternativa in Bulgaria e con essa si invocavano due decisioni-quadro in tema di riconoscimento di decisioni giudiziarie tra Paesi Europei tuttavia una di esse concerneva la fase cautelare dei procedimenti mentre l’altra riguardava misure diverse dai benefici penitenziari. Avverso detto provvedimento propone ricorso l’interessato a mezzo del difensore, deducendo violazione di legge si sostiene che l’istanza originaria non aveva invocato le decisioni-quadro menzionate dal giudice, ma ne aveva fatto soltanto cenno, fondando invece la richiesta sulla sussistenza dei presupposti delle misure alternative, sia pure da fruire all’estero si richiama giurisprudenza definita come più sensibile alle esigenze rieducative, la quale consente di espiare all’estero le pene inflitte in Italia con compilazione, da parte del medesimo condannato, di una sorta di autorelazione sull’andamento della misura, da inviare all’UEPE pertanto si censura la mancata istruttoria circa i presupposti dei benefici dimora, famiglia, lavoro in Bulgaria. Il P.G. chiede dichiararsi inammissibile il ricorso. Considerato in diritto Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile poiché manifestamente infondato. La effettiva reperibilità sul territorio italiano è indispensabile ai fini dell’applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale, poiché questa misura alternativa postula un contatto diretto fra la persona fisica dell’interessato ed il servizio sociale, al quale, ai sensi dell’art. 47, comma nono, Ord.Pen., compete di controllare la condotta del soggetto e di aiutarlo a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale pertanto, il condannato che non sia sul territorio non permette al servizio sociale di svolgere il suo compito né rende possibile nemmeno alla polizia giudiziaria verificare l’osservanza delle prescrizioni. Correttamente il giudice ha motivato la sua decisione reiettiva infatti, secondo una giurisprudenza consolidata, cui il collegio aderisce, l’esecuzione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale implica il necessario svolgimento della stessa in Italia, in quanto i centri di servizio sociale per adulti sono deputati a svolgere solo in ambito nazionale la loro attività che, per le sue peculiarità e la sua specifica natura, non è ricompresa tra le funzioni statali esercitabili all’estero da parte di uffici consolari Cass., Sez. 1, 27 marzo 2007, n. 18862, Magnani, Rv. 237363 Sez. 1, 28 aprile 1999, n. 3278, Di Tarante, Rv. 213724 Sez. 1, 26 ottobre 1999, n. 5895, Ceniti, Rv. 215027 Sez. 7, ord. N. 34747 del 11/12/2014, Rv. 264445 . Il provvedimento impugnato appare conforme ai principi in precedenza enunciati e a quelli costituzionali laddove ha attribuito rilievo, ai fini del diniego dell’affidamento in prova al servizio sociale, alla circostanza che il ricorrente non si sia in alcun modo attivato per indicare in Italia una qualsiasi attività funzionale al suo reinserimento sociale. Parimenti agli stessi principi si può ricollegare la reiezione della istanza di detenzione domiciliare né pare possibile aderire alla linea interpretativa che il ricorrente definisce come più sensibile alla tematica, ma che - contemplando autorelazioni sull’andamento della misura alternativa - contrasta con il disposto dell’art. 47 Ord.Pen Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché - valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità - al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 alla cassa delle ammende.