‘Baffo’ inconfondibile: condannato per commercio di prodotti falsi

Il logo richiama chiaramente quello della ‘Nike’. Come aggravante anche la scritta ‘NKE’. Evidente, secondo i Giudici, la possibilità di trarre in inganno il consumatore medio.

Inconfondibile il ‘baffo’ sui prodotti, abbinato alla equivoca scritta ‘NKE’. Logico ipotizzare che il compratore possa essere tratto in inganno, e ipotizzare che la merce in vendita sia marchiata ‘Nike’. Consequenziale la condanna per commercio di prodotti falsi Cassazione, sentenza n. 53790/2017, Sezione Seconda Penale, depositata il 29 novembre 2017 . Marchio. Valutazioni simili per i Giudici del Tribunale e per quelli della Corte d’Appello l’imprenditore, finito sotto accusa, viene condannato per commercio di prodotti falsi e ricettazione . Secondo il difensore, però, non sono state valutate con attenzione l’effettiva confondibilità del marchio apposto sulla merce in vendita né la potenziale capacità di ingannare la fede pubblica . In particolare, viene sostenuto che la valutazione comparativa tra marchio originale e marchio incriminato doveva tenere conto del tipo di pubblico al quale erano destinati i marchi . Anche per i giudici della Cassazione, però, centrale è la constatazione della presenza sulla merce del ‘baffo’ costituente il marchio figurativo della ‘Nike’ e della scritta ‘NKE’ . In sostanza, ci si trova di fronte a una riproduzione molto simile a quella originale e quindi tale da poter trarre in inganno il consumatore medio . Logica, di conseguenza, la conferma della condanna decisa in appello.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 ottobre – 29 novembre 2017, numero 53790 Presidente Diotallevi – Relatore Coscioni Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Genova confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui Be. Mi. era stato condannato per i reati di cui agli artt. 474 cod.penumero e 648 cod.penumero , escludendo la recidiva con rideterminazione della pena. 1.1 Avverso la sentenza ricorre per cassazione il difensore dell'imputato, eccependo che nella sentenza impugnata non vi era una concreta valutazione della confondibilità del marchio richiesta ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 474 cod.penumero , non essendovi riferimenti alle caratteristiche del marchio in questione, né alla effettiva capacità di ingannare la fede pubblica la valutazione comparativa tra marchio originale e marchio incriminato doveva tenere conto del tipo di pubblico al quale i marchi erano destinati. neppure vi era alcuna motivazione relativa all'elemento soggettivo del reato la decisione appariva censurabile anche per la mancanza di riferimento in ordine alla effettiva registrazione del marchio Nike riportato sui beni oggetto di contestazione dalle considerazioni svolte risultava che l'imputato non poteva aver commesso il reato di cui all'art. 648 cod.penumero 2.1 In data 10 ottobre 2017 veniva depositata memoria da parte della parte civile Nike International Ltd., nella quale il difensore rileva l'inammissibilità e la manifesta infondatezza del ricorso, in quanto contenente censure nel merito della vicenda ed estremamente generiche di nessun pregio apparivano poi le argomentazioni relative alla possibile confondibilità tra due marchi ed alla insussistenza del dolo quanto alla asserita assenza di prova della effettiva registrazione dei marchi Nike, la parte civile osservava di avere depositato durante il giudizio di primo grado gli attestati di registrazione del marchio. Considerato in diritto 3. Il ricorso proposto è manifestamente infondato. 3.1 Sulla confondibilità del marchio, la Corte territoriale ha richiamato la testimonianza di Pi. El., la quale ha evidenziato la presenza del baffo costituente il marchio figurativo della Nike e la scritta NKE , riproduzione molto simile a quella originale e quindi tale da poter trarre in inganno il consumatore medio pag.2 sentenza impugnata a tale proposito, si deve rilevare che la contraffazione di marchi, modelli e segni distintivi ben può essere accertata in via testimoniale mediante escussione di soggetti qualificati, in virtù delle conoscenze acquisite nel corso di abituale e specifica attività, vedi Cass. Sez. 3, Sentenza numero 29891 del 13/05/2015 Ud., dep. 13/07/2015 , Rv. 264444 la prova della falsificazione del marchio di un bene, pertanto può essere fornita anche dalla testimonianza del soggetto operante o di un soggetto esperto in tale marchio quale la teste Pi. , laddove, come nel caso che ci occupa, si tratti di un soggetto qualificato aduso a tale genere di controlli e lo stesso spieghi in maniera logica attraverso quali indici rivelatori egli è pervenuto alla conclusione che si trattasse di un prodotto contraffatto la motivazione della Corte territoriale sul punto è pertanto effettiva, logica, congrua, coerente con il contenuto del fascicolo processuale e assolutamente idonea a fondare la dichiarazione di penale responsabilità in ordine al reato di cui all'articolo 474 cod. penumero . Quanto alla mancanza di motivazione sulla effettiva registrazione del marchio Nike, la giurisprudenza di questa Corte è costante nel sostenere che Ai fini della sussistenza del delitto previsto dall'art. 474 cod. pen, allorché si tratti di marchio di larghissimo uso e di incontestata utilizzazione da parte delle relative società produttrici, non è richiesta la prova della sua registrazione, gravando in tal caso l'onere di provare la insussistenza dei presupposti per la sua protezione su chi tale insussistenza deduce Cass. Sez. 5, sentenza numero 5215 del 24/10/2013, Ud.,dep.03/02/2014, Rv.258673 non si tratta, infatti, di esonerare l'accusa dall'onere ad essa incombente di provare gli elementi costitutivi della fattispecie penale, quanto, piuttosto, nel ritenere acquisita la prova della condizione di applicabilità della norma incriminatrice, sulla base del notorio e della presunzione di corrispondenza alla situazione di diritto della situazione di fatto, rappresentata dall'uso incontrastato ed esclusivo del marchio da parte di determinate società. Correttamente, pertanto, è stata ritenuta la responsabilità dell'imputato per entrambi i reati è appena il caso di aggiungere che è stato più volte precisato da queste Corte che il delitto di ricettazione e quello di commercio di prodotti con segni falsi possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore. 3. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro 1.500,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti il ricorrente deve inoltre essere condannato alle spese sostenute dalla parte civile costituita. La natura non particolarmente complessa della questione e l'applicazione di principi giurisprudenziali consolidati consente di redigere la motivazione della decisione in forma semplificata. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 a favore della Cassa delle ammende nonché delle spese di questo grado di giudizio in favore della parte civile costituita Nike International Ltd. liquidate in Euro 2.370,00, oltre spese generali nella misura del 15%, C.P.A. ed I.V.A.