In bici ubriaco e senza giubbotto ‘salvavita’: viene tamponato e condannato

L’uomo, uscito per un giro in bicicletta in ora notturna e fuori dal centro abitato, non si è reso visibile ed è stato investito da un ciclomotore. A inchiodarlo i dati forniti dai controlli alcolemici effettuati sul suo sangue.

Ubriaco alla guida della propria bici condannato a un anno di arresto e 3mila e 300 euro di multa. Fatali il tamponamento subito ad opera di un ciclomotore e il successivo prelievo ematico Cassazione, sentenza n. 53275/17, sez. IV Penale, depositata il 23 novembre . Colpa. Ricostruito facilmente l’incidente stradale. È emerso che il ciclista andava a spasso in ora notturna e fuori dal centro abitato senza indossare il giubbotto o le bretelle retroriflettenti ad alta visibilità . Per i Giudici è evidente che proprio a causa del suo comportamento il ciclista non era stato visto dal conducente di un ciclomotore che, sopraggiungendo da dietro, lo aveva tamponato . A rendere più grave la sua posizione, poi, anche il prelievo ematico effettuato in ospedale dopo l’incidente, prelievo che aveva permesso di riscontrare un tasso alcolemico superiore a quello consentito per legge. A fronte di questo quadro, i Giudici della Cassazione chiudono la vicenda ritenendo evidenti le colpe del ciclista e confermando la visione già adottata prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello. Evidente la violazione del codice della strada compiuta dal ciclista, che a causa delle proprie condotte, cioè l’essersi messo alla guida del velocipede dopo aver bevuto e senza giubbotto ‘salvavita’, ha provocato l’incidente stradale in cui è rimasto coinvolto anche un ciclomotore. Definitiva, quindi, la condanna a 12 mesi di arresto e al pagamento di 3mila e 300 euro di ammenda.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 settembre – 23 novembre 2017, n. 53275 Presidente Blaiotta – Relatore Ranaldi Fatto e diritto 1. Con sentenza del 7.4.2016 la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza del Tribunale di Brescia che ha dichiarato la penale responsabilità di Ja. Dh. in ordine al reato di cui all'art. 186, comma 2 lett. c , cod. strada fatto del 4.4.2013 , aggravato dall'aver provocato un incidente stradale, condannandolo alla pena di anni 1 di arresto e Euro 3.300 di ammenda. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle modalità di accertamento del fatto. Deduce che il reato è stato accertato mediante il referto ematochimico effettuato in ospedale nei confronti dell'imputato il giorno dell'incidente, unitamente alla deposizione dell'agente Fa. che il prelievo ematico veniva effettuato esclusivamente per fini processuali, senza il previo consenso del prevenuto e senza che l'autorità competente avesse adottato un provvedimento specifico che lo disponesse, in violazione dell'art. 13 Cost., con conseguente inutilizzabilità dell'atto acquisito. Rileva inoltre l'insussistenza dell'aggravante, non essendo dimostrata l'esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento posto in essere dall'imputato e l'evento dannoso, tanto più trattandosi del soggetto tamponato. 3. La doglianza sulla mancanza di consenso è priva di pregio. Per costante giurisprudenza, i risultati del prelievo ematico, effettuato a seguito di incidente stradale durante il successivo ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica su richiesta della polizia giudiziaria, sono utilizzabili nei confronti dell'imputato per l'accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica e restando irrilevante, ai fini dell'utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso Nella specie la S.C. ha, tuttavia, chiarito che il prelievo non sarebbe effettuabile laddove il paziente rifiutasse espressamente di essere sottoposto a qualsiasi trattamento sanitario cfr. Sez. 4, n. 10605 del 15/11/2012 - dep. 2013, Ba., Rv. 25493301 . In sostanza, ciò che rileva in questi casi non è la mancanza del consenso, ma il dissenso esplicito dell'indagato all'indagine in questione, che costituisce l'unica condizione che rende irrituale il prelievo. Peraltro dalla sentenza impugnata si evince che l'imputato prestò il consenso in ospedale, come confermato dal teste Fa. agente polstrada e dalla sottoscrizione del referto medico da parte dell'imputato. 4. Anche la dedotta censura sulla insussistenza dell'aggravante non coglie nel segno, risultando dalla sentenza impugnata che l'imputato contribuì alla causazione del sinistro in quanto, a bordo della sua bicicletta, non avendo indossato in ora notturna e fuori dal centro abitato il giubbotto o le bretelle retroriflettenti ad alta visibilità, non era stato visto da un conducente di ciclomotore che, sopraggiungendo da dietro, lo aveva tamponato. Si tratta di una ponderata valutazione di merito, congrua e non manifestamente illogica, come tale insindacabile in cassazione. 5. Il ricorso va dunque rigettato. Segue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 14 settembre 2017.