Verbale dell'alcoltest non depositato: nessuna nullità

Il verbale che contiene gli esiti del c.d. alcoltest” non è soggetto al deposito secondo la disciplina processuale che riguarda gli atti cui hanno diritto di assistere i difensori, trattandosi infatti di un documento formato dalla polizia giudiziaria con modalità urgenti e indifferibili. Ne discende che il suo omesso deposito non integra alcuna nullità ma una mera irregolarità, ininfluente ai fini della validità e della utilizzabilità dello stesso.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 53282 depositata il 23 novembre 2017. Due birre son troppe? La risposta è un poco scientifico può essere”. Certamente non sono sufficienti a far ubriacare una persona adulta – a meno che non si tratti di un astemio – ma possono bastare a dare vita ad un procedimento penale all'esito del quale si deve dire addio alla patente per un anno. È questa la mesta situazione in cui si è venuto a trovare un giovane, che si era persino premurato di leggere le tabelle ministeriali affisse nel locale in cui aveva consumato le due birre secondo queste ultime avrebbe potuto guidare senza problemi, sosteneva lui. Niente da fare condannato in primo e secondo grado, proponeva ricorso per cassazione sperando nella invalidità del verbale dell'alcoltest, mai posto a disposizione del difensore. Il verbale di alcoltest sfugge alle regole sul deposito degli atti partecipati”. La censura più interessante tra quelle sollevate avverso la sentenza di secondo grado involge la problematica della validità e della utilizzabilità del verbale di alcoltest non depositato secondo la disciplina del codice di rito prevista per gli atti ai quali ha diritto di assistere il difensore. Sappiamo tutti che la nostra legge processuale prevede – salvo eccezioni - l'obbligo di depositare nella segreteria del pubblico ministero tutti gli atti compiuti da quest'ultimo e dalla polizia giudiziaria, per i quali sia riconosciuto al difensore il diritto di assistenza. All'avvocato è concessa facoltà di prendere visione degli atti entro cinque giorni dal loro deposito e di estrarne copia. Questa, a grandi linee, la regola generale tralasciando i dettagli e le diverse eccezioni, nel caso in esame il punto di partenza è chiaro il verbale con gli esiti dell'alcoltest non veniva visionato dal difensore nonostante questi ne avesse fatto richiesta perché – leggiamo nella sentenza – il fascicolo era stato spedito dalla Procura al Giudice per le Indagini Preliminari insieme alla richiesta di emissione del decreto penale di condanna. L'omesso deposito del documento era stato giudicato dalla corte di appello una mera irregolarità. E la Cassazione, nonostante le altalenanti pronunce in materia, condivide questa conclusione non si concretizza alcuna nullità perché ad essere mortificata non è l'assistenza al compimento dell'atto da parte del difensore – sempre teoricamente possibile, benché questi non debba essere certamente avvisato – ma soltanto la conoscenza fisica” dell'atto derivante dal suo deposito in Procura. Una sottigliezza interpretativa, dobbiamo riconoscerlo, che non può certamente dirsi fine a se stessa. Le tabelle sui limiti al consumo di alcool valgono per escludere la colpa? Altra interessante questione, di carattere sostanziale, è invece quella riguardante la refluenza sull'elemento soggettivo di chi assume bevande alcoliche facendo affidamento sulle tabelle ministeriali esposte nei locali pubblici, con cui si descrivono i principali sintomi dell'ubriachezza ovvero i valori che possono orientare l'utente nel consumo responsabile di alcool. Una sorta di vademecum per bere e guidare senza fare danni. Ottima idea, quella di predisporre questa specie di guida”, peccato però che non serva sostanzialmente a nulla perché è specificato che l'effetto dell'alcool è soggettivamente variabile. Fare affidamento su queste tabelle equivale a sentirsi rispondere che, nel caso di positività all'alcoltest, si versa ugualmente in colpa. E infatti, il nostro sfortunato protagonista aveva tentato di dimostrare la propria buona fede spiegando, appunto, di aver rispettato alla lettera le indicazioni delle tabelle esposte nel locale con due birre sarebbe dovuto essere al riparo da censure. Gli Ermellini, severamente, scuotono la testa è lo stesso Ministero ad aver specificato che le sue tabelle sono orientative e non contengono indicazioni affidabili. Chiusa la partita sulla ir rilevanza delle tabelle ai fini della determinazione della colpa, una domanda sorge spontanea perché non le tolgono? Vuoi vedere che al posto di svolgere una funzione educativa e didattica, le tabelle ministeriali contengono un messaggio subliminale di segno esattamente opposto?

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 21 settembre – 23 novembre 2017, n. 53282 Presidente Blaiotta – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Brescia ha confermato la pronuncia emessa nei confronti di M.S. dal Tribunale di Bergamo, con la quale questi è stato giudicato responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica art. 186, co. 2 lett. c , co. 2-sexies Cod. str., commesso il omissis e condannato alla pena di mesi sei di arresto ed Euro duemila di ammenda, con la statuizione della sospensione della patente di guida per un anno. 2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di fiducia, avv. Paolo Maestroni. 3.1. Con un primo motivo deduce violazione dell’art. 366 c.p.p. sanzionata a pena di nullità dagli art. 178, 179, ovvero 180 c.p.p., per inosservanza delle disposizioni concernenti l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato a mezzo del difensore, e comunque di inutilizzabilità ex artt. 191-526 c.p.p. . Afferma l’esponente che nel caso di specie è stato omesso il deposito del verbale degli accertamenti tecnici costituiti dal test alcolimetrico eseguito sulla persona del M. . Tali accertamenti ricadono nell’ambito di disciplina dell’art. 354 cod. proc. pen. Aggiunge di aver richiesto al P.M. di eseguirne il deposito ma che questi replicò affermando che il fascicolo era stato trasmesso al Giudice per le indagini preliminari per l’emissione del decreto penale di condanna. Sicché non solo non venne eseguito il deposito ma non fu posto rimedio all’omissione nonostante l’esplicita richiesta della difesa. Da ciò l’esponente deduce l’avvenuta violazione del diritto di difesa, puntualmente eccepita, e comunque l’inutilizzabilità di quel verbale ai fini di prova. La Corte di Appello ha quindi errato nel ritenere che ricorresse una mera irregolarità, rifacendosi ad un precedente giurisprudenziale Cass. n. 49407/2013 che risulta contraddetto da altra pronuncia Cass. n. 42020/2003 . Sicché, conclude l’esponente, anche alla luce di quanto statuito, in materia contigua, da S.U. n. 5396/2015, appare opportuna la rimessione della questione alle S.U. 2.2. Con un secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 186 Cod. str. o il vizio motivazionale, in relazione al giudizio espresso dalla Corte di Appello a riguardo dell’elemento soggettivo del reato. La corte distrettuale, infatti, ha ritenuto irrilevante che il M. avesse fatto affidamento a quanto indicato nelle tabelle esposte nell’esercizio pubblico presso il quale aveva bevuto due birre ha infatti affermato apoditticamente che esse offrono valori solo indicativi e generici, nonostante nelle tabelle sia scritto che per assunzioni avvenute entro i 60-100 minuti i dati sono affidabili. Deduce, inoltre la mancata motivazione in ordine alla richiesta di derubricazione del reato in quello di cui alla lettera b del comma 2 dell’art. 186 Cod. str. e la manifesta illogicità della stessa in relazione al rilievo difensivo che segnalava un minor tasso alcolico al momento della guida per essere stato eseguito il test nella fase ascendente della curva alcolimetrica. Motivazione apparente ravvisa infine l’esponente a riguardo del diniego di concessione della sospensione condizionale della pena. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. 3.1. La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affrontato il tema posto con il ricorso, ovvero se i verbali che documentano l’esecuzione del test alcolimetrico di cui all’art. 186, co. 4 Cod. str. debbano o meno essere depositati, secondo la previsione dell’art. 366 cod. proc. pen. e quali siano le conseguenze dell’omesso deposito. Il più recente insegnamento di questa Corte è nel senso che il verbale contenente gli esiti del cosiddetto alcoltest , per l’accertamento della guida in stato di ebbrezza alcolica non è soggetto al deposito previsto dall’art. 366 c.p.p., comma 1, in quanto si tratta di un atto di polizia giudiziaria, urgente e indifferibile, al quale il difensore, ai sensi dell’art. 356 c.p.p., può assistere, senza che abbia il diritto di preventivo avviso Cass., n. 26738/2006, Rv. 234512 Cass., n. 27736/2007, Rv. 236933 . E quanto all’omesso deposito di detto verbale, si è affermato che esso non integra una nullità, costituendo una mera irregolarità che non incide sulla validità o sull’utilizzabilità dell’atto, rilevando solo ai fini della decorrenza del termine entro il quale è consentito l’esercizio delle attività difensive Cass., n. 24876/2008, Rv. 240296 Cass., n. 4159/2009, Rv. 246418 Cass., n. 12025/2010, Rv. 249941 Sez. 4, n. 49407 del 21/11/2013, dep. 09/12/2013, Grossi, Rv. 257885 . Tali insegnamenti sono noti al ricorrente, che li contrasta con le seguenti argomentazioni - l’art. 366 cod. proc. pen. prevede il deposito per gli atti di p.g. ai quali il difensore ha diritto di assistere e il test alcolimetrico è appunto un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, pur senza avere il diritto di preavviso, trattandosi di accertamento tecnico non ripetibile di cui all’art. 354 cod. proc. pen. - il sopraggiungere della decisione delle SU 5396/2015 suggerisce di rimettere la questione al S.C. Orbene, già in Sez. 4, n. 24876 del 08/04/2008, dep. 19/06/2008, Castelli, Rv. 240296, si rileva che la questione afferente al deposito degli atti fa registrare contrastanti indirizzi nella giurisprudenza di questa Corte. In alcune pronunzia, infatti, si ravvisa nell’omissione del deposito una nullità relativa da ultimo Cass. 4, 16 settembre 2003 RV 227294 in altre si ritiene che il verbale non sia soggetto a deposito, trattandosi di atto di polizia al quale il difensore può assistere senza che abbia diritto al preventivo avviso Cass. F., 19 agosto 2004, RV. 230061 Cass. 4, 7 febbraio 2006, RV. 234512 in altre ancora si configura una nullità a regime intermedio tra le altre Cass. 1, 18 gennaio 1994 RV 196708 . Questa Corte reputa che in realtà, come già evidenziato in precedenti pronunzie Cass. 4, 22 ottobre 2003, De Sannio Cass. 4, 20 settembre 2004, RV 230276 Cass. 4, 14 marzo 2007, Greco , il mancato deposito dell’atto di cui si parla dia luogo ad una mera irregolarità. L’omissione, infatti, non è prevista come causa espressa di nullità assoluta né può essere inclusa tra le nullità previste dall’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c , posto che esse riguardano l’intervento e la presenza del difensore al momento del compimento dell’atto processuale. La stessa omissione, dunque, configura un inadempimento che, senza incidere sulla validità od utilizzabilità dell’atto, rileva solo ai fini della decorrenza del termine entro il quale è consentito l’esercizio delle attività difensive, quali l’esame dell’atto e l’acquisizione di copia . L’argomento principale per negare la nullità non è quindi la negazione dell’obbligo del deposito dell’atto ma la tassatività delle nullità da un canto e, dall’altro, la non riconducibilità dell’ipotesi al genus previsto dalla lettera c dell’art. 178 cod. proc. pen Effettivamente l’art. 178 lett. c prende in considerazione le disposizioni concernenti l’intervento l’assistenza o la rappresentanza dell’imputato qui non interessa l’ulteriore previsione e non può rinvenirsi alcuna di tali ipotesi a riguardo di una norma che disciplina un adempimento quale il deposito. Si consideri che il difensore ha diritto ad assistere - e l’imputato ha diritto all’assistenza del difensore - al compimento del test ma non vi è luogo ad alcun suo intervento o assistenza in relazione al deposito dell’atto. Deve essere quindi ribadito l’orientamento, fattosi ormai prevalente, che il ricorrente critica orientamento che non trova alcun motivo di ripensamento nella menzionata decisione delle Sezioni Unite. Ne consegue la correttezza della replica fornita dalla Corte di Appello, che si è rifatta al principio ribadito da Sez. 4, n. 49407 del 21/11/2013, dep. 09/12/2013, Grossi, Rv. 257885. 3.2. Il secondo motivo è infondato. Il ricorrente assume l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione resa dalla Corte di Appello a riguardo del rilievo difensivo per il quale l’imputato non poteva ritenersi negligente o imprudente nel porsi alla guida in stato di ebbrezza alcolica perché affidatosi alle tabelle esposte nell’esercizio pubblico ove aveva bevuto due birre. Il rilievo evoca il tema della buona fede nelle contravvenzioni, quale causa di esclusione della colpa, elemento soggettivo ‘minimò, necessario per il giudizio di responsabilità in cosa consista e quindi quando possa riconoscersi. La giurisprudenza di legittimità ha chiaramente definito i presupposti dell’errore scusabile, altrimenti denominato buona fede esso è configurabile ove la mancata coscienza dell’illiceità del fatto derivi non dall’ignoranza dalla legge, ma da un elemento positivo e cioè da una circostanza che induce nella convinzione della sua liceità, come un provvedimento dell’autorità amministrativa, una precedente giurisprudenza assolutoria o contraddittoria, una equivoca formulazione del testo della norma Sez. 3, n. 29080 del 19/03/2015, dep. 08/07/2015, P.M. in proc. Palau, Rv. 264184 e già Sez. 3, n. 49910 del 04/11/2009, dep. 30/12/2009 Cangialosì e altri, Rv. 245863 . Orbene, le tabelle alle quali ha fatto riferimento il ricorrente sono state introdotte, attraverso la modifica dell’art. 230 Cod. str., dal d.l. 3.8.2007, n. 117, conv. con mod. nella legge n. 160/07 esse sono state definite con decreto 30.7.2008 del Ministro del lavoro. La prima, concernente la descrizione dei principali sintomi correlati ai diversi gradi di concentrazione alcolemica, riporta l’avvertenza che a parità di quantità di alcol assunto, sensazioni ed effetti sono estremamente variabili da soggetto a soggetto, con possibilità di manifestazioni anche opposte tra di loro in tabella sono riportati sensazioni ed effetti più frequentemente rilevati . La seconda, che riporta i valori utili alla stima delle quantità di bevande alcoliche che determinano il superamento del tasso alcolemico legale per la guida in stato di ebbrezza 0,5 g/I , oltre a contenere l’avvertenza menzionata dalla Corte di Appello specifica altresì che a fronte delle molteplici variabili che possono influenzare il livello individuale di alcolemia, è nella pratica impossibile calcolare con precisione la quantità esatta di alcol da assumere senza superare il limite legale di alcolema dello 0,5 grammi/litro . A fronte di ciò non si vede come, ove pure ricorrente, l’affidamento nelle indicazioni deducibili dalle tabelle possa essere scusabile agli effetti della responsabilità penale. Esse, in sostanza, esprimono solo indicazioni di massima, la cui funzione, come chiaramente esprime anche la titolazione del decreto legge, è quella di rendere gli utenti della strada consapevoli dei rischi per la propria ed altrui incolumità derivante dal porsi alla guida di veicoli dopo aver assunto bevande alcoliche. Pertanto non ha errato la Corte di Appello nel ritenere che dalle tabelle vengano solo indicazioni di massima, così sottintendendo che in esse il M. non poteva fare giustificatamente affidamento per valutare il proprio tasso alcolemico. 3.3. A riguardo del terzo motivo giova rammentare che questa Corte ha già espresso in una pluralità di pronunce il proprio avviso a riguardo della rilevanza della cd. curva alcolemica ai fini dell’accertamento dei reati di guida in stato di ebbrezza alcolica. A quella giurisprudenza si è correttamente rifatta la Corte di Appello, ritenendo ininfluente un lasso temporale così breve come 23 minuti tra l’assunzione ed il test. 4. In conclusione, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.