Lavoro di pubblica utilità interrotto… come si calcola la pena residua da scontare in carcere?

Il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della pena pecuniaria ragguagliando 250 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilità e l’art. 54, comma 5, d.lgs. n. 274/00.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 48927/17, depositata il 25 ottobre. La vicenda. Il Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione revocava nei confronti dell’imputato la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità applicata con le sentenza di condanna per violazione dell’art. 186, comma 2, lett. c c.d.s. e ripristinava, nella misura di 6 mesi e 17 giorni, la pensa sostitutiva della misura procedendo con l’arresto. Avvero tale decisone la difesa ricorreva in Cassazione, lamentando che l’interruzione della sanzione sostitutiva fosse dovuta a forza maggiore ed erroneo calcolo della pena effettuato dal giudice. Interruzione sanzione sostitutiva. In relazione alla doglianza sull’interruzione della sanzione sostitutiva la Corte afferma che la prova della colpa del ricorrente vada individuata nel provvedimento di ritiro della patente, essendo consolidato principio della Corte ritenere che la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità può essere disposto non solo nei casi di violazione degli obblighi connessi in senso stretto allo svolgimento del lavoro, ma anche per quei comportamenti colpevoli dell’agente, che pur essendo formalmente estranei alla prestazione di pubblica utilità si ripercuotono su di essa determinando l’impossibilità di prosecuzione della prestazione concordata con l’ente pubblico. Il calcolo della pena. In ordine al secondo motivo di doglianza la Cassazione rileva la fondatezza del ricorso affermando che le norme di riferimento per il ripristino della pena sostitutiva residua sia l’art. 186, comma 9, c.d.s. secondo il quale il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della pena pecuniaria ragguagliando 250 euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilità e l’art. 54, comma 5, d.lgs. n. 274/00 Lavoro di pubblica utilità . Ne deriva che ai fini della quantificazione della pena sostitutiva residua vada applicato il criterio di calcolo inverso rispetto a quello utilizzato ai fini della quantificazione della pena sostitutiva e del numero di ore di lavoro di pubblica utilità che avrebbero dovuto essere prestate. In ordine a questo motivo di ricorso la Corte annulla l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 12 – 26 ottobre 2017, n. 48927 Presidente Carcano – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Udine, in funzione di giudice dell’esecuzione, revocava nei confronti di M.R. la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità applicata con la sentenza di condanna per la contravvenzione di cui all’art. 186 comma 2, lett. c Codice della Strada e ripristinava la pena sostituita nella misura di mesi sei e giorni 17 di arresto, tenendo conto del lavoro prestato fino alla sua interruzione. Dalle informazioni ricevute dalla Polizia Locale era emerso che M. aveva interrotto lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità in data 5/12/2015, quando era stato coinvolto in un sinistro stradale a seguito del quale egli aveva avuto problemi di salute e la patente gli era stata ritirata il Giudice riteneva che l’evento, che aveva reso impossibile la prosecuzione della pena sostitutiva, non derivasse da caso fortuito o forza maggiore ma fosse conseguenza di comportamento colposo, come dimostrava la revoca della patente. 2. Ricorre per cassazione il difensore di M.R. , deducendo mancata assunzione di una prova decisiva e vizio di motivazione. Il difensore aveva chiesto che il lavoro di pubblica utilità proseguisse con mansioni più leggere, tenuto conto dei problemi di salute dell’interessato il Giudice avrebbe dovuto ritenere dovuta a forza maggiore l’interruzione della sanzione sostitutiva come e considerare che M. avrebbe potuto proseguire nel lavoro nonostante il ritiro della patente, utilizzando i mezzi pubblici. Secondo il ricorrente, il caso in esame non è equiparabile a quello di un soggetto che interrompe l’esecuzione della pena sostitutiva per l’arresto subito per la commissione di un reato M. era semplicemente incorso in un incidente stradale e le lesioni personali subite non costituivano una conseguenza prevedibile o prevista della guida dell’autovettura. In un secondo motivo il ricorrente deduce erronea applicazione della legge penale con riferimento al calcolo operato dal giudice. Se il lavoro non eseguito era pari a 134 ore, su 572 complessive, la pena sostituita da ripristinare era pari a mesi uno e giorni 21 di arresto ed Euro 4.000 di ammenda in effetti, il criterio di ragguaglio era quello speciale disposto dall’art. 186, comma 9 bis Codice della Strada, in base al quale il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della pena detentiva irrogata e che un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro. Il ricorrente conclude per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato e, per buona parte, inammissibile. In effetti, il ricorrente espone considerazioni in fatto relative alla asserita permanente possibilità per M. di prestare il lavoro di pubblica utilità, sia pure con mansioni più leggere, alla luce dei problemi di salute sorti a seguito dell’incidente stradale in cui è rimasto coinvolto argomentazione che non può avere ingresso in questa sede, così come quella concernente la possibilità di raggiungere il luogo di lavoro con i mezzi pubblici. Appare generica anche la censura della valutazione espressa dal Tribunale sulla responsabilità di M. nella causazione dell’incidente stradale. In effetti, il Giudice individua la prova della colpa del ricorrente nel provvedimento di ritiro della patente adottato nei suoi confronti il ricorso elude questa motivazione, ribadendo che l’incidente stradale avrebbe dovuto essere ritenuto una causa di forza maggiore, non dipendente da un fatto volontario dell’interessato ma, come già insegnato da questa Corte, la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 186, comma 9 bis, C.d.S. può essere disposta, non solo in caso di violazione degli obblighi connessi in senso stretto allo svolgimento del lavoro, ma anche per quei comportamenti colpevoli dell’agente, che, pur essendo formalmente estranei alla prestazione di pubblica utilità, si ripercuotono su di essa determinando la pratica impossibilità di prosecuzione della prestazione concordata con l’ente pubblico Sez. 1, n. 34234 del 29/05/2015 - dep. 05/08/2015, Ferrari, Rv. 264155 quindi anche per comportamenti colposi. D’altro canto, in nessun modo il ricorrente ha provato al Tribunale che l’incidente stradale nel quale era rimasto coinvolto non derivasse da una sua condotta di guida colposa o dolosa. 2. Il secondo motivo di ricorso, invece, è fondato. L’ordinanza, per giungere a determinare in mesi sei e giorni 17 di arresto la pena sostituita e ripristinata ancora da eseguire, effettua un doppio passaggio. Dopo aver ricordato che la pena sostitutiva era di durata pari a mesi nove e giorni sedici cioè 286 giorni di lavoro di pubblica utilità, corrispondenti a 572 ore di lavoro, in base al criterio di computo indicato dall’art. 54, comma 5 D. L.vo 274 del 2000, in base al quale, ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione, anche non continuativa, di lavoro , il provvedimento dà atto che, prima dell’interruzione, il condannato aveva prestato 438 ore di lavoro, corrispondenti a 219 giorni di lavoro di pubblica utilità. L’ordinanza, a questo punto, richiama il criterio di ragguaglio di cui all’art. 58 comma 2 D. L.vo 274 del 2000, in base al quale un giorno di pena detentiva di lavoro di pubblica utilità equivale a tre giorni di lavoro di pubblica utilità, ed afferma che i 219 giorni di lavoro di pubblica utilità già prestato equivalgono a 73 giorni di pena detentiva. Si tratta di impostazione errata le norme di riferimento per il ripristino della pena sostituita residua sono l’art. 186, comma 9 bis C.d.S., applicato in sede di cognizione, secondo cui il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata e della conversione della pena pecuniaria ragguagliando 250 Euro ad un giorno di lavoro di pubblica utilità e l’art. 54, comma 5 D. L.vo 274 del 2000 già richiamato cosicché, ai fini del ripristino della pena sostituita residua, il percorso non può che essere corrispondente, anche se inverso, a quello utilizzato ai fini della quantificazione della pena sostitutiva e del numero di ore di lavoro di pubblica utilità che avrebbero dovuto essere prestate. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio al Tribunale di Udine, che si atterrà al criterio di computo sopra indicato. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Udine.