Qualunque illegittimo e sproporzionato vantaggio può configurare usura

Il reato di usura non si concretizza nella sola promessa o dazione di interessi usurari, ma anche nel caso in cui vengano pattuiti vantaggi o altri profitti di qualsiasi natura che raffrontati con la controprestazione rivelino un intrinseco carattere usuraio.

Lo ha affermato la Suprema Corte con la sentenza n. 45982/17, depositata il 6 ottobre. Il caso. Il Tribunale di Roma riconosceva la penale responsabilità di un imputato per usura aggravata e continuata e di tentata estorsione ai danni dell’amministratore di una s.r.l La Corte d’Appello, riconosciuta la parziale estinzione per prescrizione delle condotte d’usura, rideterminava la pena comminata. La difesa ricorre in Cassazione dolendosi per il travisamento delle prove acquisite, oltre che per l’omessa assunzione di una prova decisiva e relativa all’inattendibilità delle prove testimoniali ritenute invece genuine dal primo giudice nonché per l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato. Usura in concreto. La Corte coglie l’occasione per ribadire che il reato di usura si consuma, oltre che con la promessa o la dazione di interessi, anche nel caso in cui oggetto di pattuizione siano altri vantaggi usurai o profitti illegittimi di qualsiasi natura il cui valore, se raffrontato alla controprestazione, rivela appunto un carattere usuraio. In tal caso la fattispecie si considera integrata in presenza di condizioni di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo, vantaggi e interessi sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o altra utilità ovvero all’opera di mediazione avuto riguardo alle concrete modalità del fatto ed al tasso medio praticato per operazioni similari . In conclusione, ribadisce il Collegio, il delitto di usura cd. in concreto” è fattispecie posta a presidio di condotte di sfruttamento delle condizioni di difficoltà economica o finanziaria della vittima, realizzate attraverso l’induzione della p.o. all’accettazione di condizioni contrattuali sperequate rispetto a quelle che caratterizzano il libero mercato . Avendo il giudice di merito correttamente applicato tali principi al caso di specie, il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 20 settembre – 6 ottobre 2017, n. 45982 Presidente Diotallevi – Relatore De Santis Ritenuto in fatto 1.Con sentenza resa in data 8 luglio 2013 il Tribunale di Roma riconosceva D.A. colpevole dei delitti di usura aggravata e continuata e di tentata estorsione in danno di I.U. , amministratore della omissis srl, e la condannava alla pena di anni tre di reclusione ed Euro ottomila di multa nonché al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede. La Corte d’Appello di Roma, investita del gravame difensivo, dichiarava l’estinzione per maturata prescrizione delle condotte d’usura anteriori al 16/12/2004 e del delitto di tentata estorsione sub B , rideterminava la pena per i fatti residui in anni uno mesi otto di reclusione ed Euro 4mila di multa con i doppi benefici di legge e confermava le statuizioni civili. 2. Ha proposto ricorso per Cassazione la D. a mezzo del difensore, deducendo 2.1 la violazione di legge e il vizio di motivazione in conseguenza dell’omessa valutazione di prove decisive e del travisamento delle prove acquisite. Secondo la ricorrente la Corte territoriale avrebbe trascurato di valutare le doglianze difensive che censuravano il mancato apprezzamento da parte del Tribunale delle dichiarazioni rese dal teste I. all’udienza del 18/2/2013, nonostante il predetto avesse effettuato nel corso della deposizione talune importanti precisazioni incidenti sulla configurabilità dei reati ascritti alla ricorrente, con precipuo riguardo all’entità delle somme erogate in favore della omissis srl e al carattere alternativo delle garanzie prestate a fronte del debito contratto. Inoltre, nonostante le ampie censure esposte nel gravame difensivo la sentenza impugnata avrebbe incongruamente motivato per relationem la responsabilità dell’imputata 2.2 la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo all’omessa assunzione di prova decisiva in relazione alla denegata riapertura dell’istruttoria dibattimentale per nuovo esame del teste I. , richiesta formulata nei motivi aggiunti e giustificata dalla ricezione da parte della D. di una lettera dello stesso I. dalla quale emergevano circostanze atte a minare l’attendibilità dei testi F. e R. , rispettivamente procuratore speciale e amministratore della omissis srl,stimate genuine dal primo giudice e tacciate d’inattendibilità in sede di gravame 2.3 l’erronea applicazione dell’art. 644 cod.pen. nonché l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato e correlata contraddittorietà della motivazione e travisamento della prova. Assume il difensore della ricorrente che la Corte territoriale abbia omesso di motivare in ordine al valore di Euro 3.800.000 attribuito ai due quadri di scuola francese e spagnola oggetto di procura a vendere in data 12/7/2005 in favore della D. , nonostante non risulti processualmente accertato il valore dei dipinti sicché non è in concreto ravvisabile quella sproporzione tra le prestazioni concordate rilevante ai fini dell’integrazione della fattispecie. Peraltro, la ricorrente segnala che pacificamente la procura a vendere era stata rilasciata a garanzia della restituzione del prestito erogato con conseguente difetto del requisito della sinallagmaticità tra le prestazioni che pure la Corte ha rilevato con riguardo al pegno sulle quote della srl. e, comunque, vi è incertezza circa l’esatto valore delle reciproche prestazioni. Considerato in diritto 3. I primi due motivi che attengono la pretesa omessa valutazione delle dichiarazioni rese dal teste I. nel corso della deposizione del 18/2/2013 nonché la mancata riapertura dell’istruttoria dibattimentale per assumerne nuovamente la testimonianza a seguito dell’inoltro alla D. , in epoca successiva alla pronunzia di primo grado, di una missiva che corroborava la già denunziata inattendibilità dei testi d’accusa F. e R. , possono essere congiuntamente trattati in ragione della natura delle doglianze e s’appalesano inammissibili per manifesta infondatezza. Invero, la Corte d’Appello alle pagg. 5-7 ha evidenziato le fonti probatorie utilizzate dal Tribunale a sostegno del giudizio di responsabilità della prevenuta e a pag. 8 ha operato un espresso richiamo ai contenuti essenziali delle numerose testimonianze assunte , negando la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in ragione della completezza del quadro probatorio alla luce dell’ amplissima istruttoria dibattimentale nel corso della quale l’I. è stato sentito a lungo e ben due volte . Dal canto suo il primo giudice ha ampiamente riportato il tenore delle deposizioni del teste pagg. 5-8 soffermandosi sulle circostanze di cui la difesa assume la pretermissione la genesi della ricognizione di debito per Euro 1.200.000, l’ammontare delle somme mutuate e le circostanze del rilascio della procura a vendere i due dipinti antichi , testualmente argomentando che l’entità complessiva di interessi e vantaggi ulteriori conseguiti dalla prevenuta risulta sproporzionata rispetto al capitale erogato quand’anche non si dovesse individuare il capitale in questione nella citata somma di 539.339,28 ma nel maggior importo di 636.252, 31, documentalmente provato tramite le risultanze bancarie in atti, o addirittura nella somma che è stata prospettata, ma non documentata dall’imputata, aggirantesi intorno al milione di Euro pag. 14 sent. primo grado . La Corte territoriale dopo aver puntualmente esaminato il gravame difensivo l’ha disatteso, ritenendo la fondatezza delle valutazioni operate dalla sentenza impugnata, sottolineando come la pretesa della D. ammontante a due milioni di Euro, sulla base del riconoscimento di debito per tale importo effettuato dall’I. , era ampiamente eccedente la misura dei tassi soglia dell’epoca, sia riferiti al 2003 che al periodo successivo, e pur tenuto conto della scadenza a tre anni della cambiale di 1200.000 emessa il 18/12/2003, e ha illustrato le ragioni per le quali le prestazioni ottenute dalla ricorrente non avevano carattere alternativo bensì cumulativo. 3.1 Dalla complessiva articolazione delle sentenze di merito emerge, dunque, che la valutazione alla base del giudizio di responsabilità non disconosce le circostanze precisate dal teste I. nella seconda deposizione, ma le analizza e le supera senza incorrere in discrasie e fratture logiche, ricostruendo i fatti anche alla stregua della c.d. usura in concreto. È noto che il reato di usura si consuma non solo con la promessa o la dazione di interessi, ma anche nel caso in cui oggetto di pattuizione siano altri vantaggi usurari, ovvero illegittimi profitti, di qualsiasi natura, che l’accipiens riceve e che, per il loro valore, raffrontato alla controprestazione, assumono carattere usurario Cass. sez. 2 n. 5683 del 25/10/2012, Rv 255238 . In tal caso la fattispecie è integrata allorché a il soggetto passivo versi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria b gli interessi pattuiti pur se inferiori al tasso-soglia usurario ex lege ed i vantaggi e i compensi risultino, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto ed al tasso medio praticato per operazioni similari, comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione. Trattasi di elementi il cui accertamento in concreto diversamente dai casi di usura c.d. presunta è rimesso alla discrezionalità del giudice così Cass. sez. 2 n. 5683/2012, Rv 255238 . Il delitto di usura c.d. in concreto è, pertanto, fattispecie posta a presidio di condotte di sfruttamento delle condizioni di difficoltà economica o finanziaria della vittima, realizzate attraverso l’induzione della p.o. all’accettazione di condizioni contrattuali sperequate rispetto a quelle che caratterizzano il libero mercato e della ricorrenza di siffatte condizioni i giudici di merito hanno dato ampio ed esaustivo conto. Appaiono, dunque, insussistenti i vizi denunziati dal ricorrente giacché, da un lato, le deposizioni dell’I. risultano compiutamente analizzate dal primo giudice e richiamate dalla Corte Appello, con una tecnica che non presta il fianco a censure giacché l’evocazione costituisce parte della ricostruzione della piattaforma probatoria e base per il vaglio critico delle doglianze proposte, dall’altro, deve negarsi alle dichiarazioni del teste il carattere di decisività, attesa l’acquisizione di plurime fonti orali e documentali, analiticamente scrutinate con esiti convergenti e resistenti alle obiezioni difensive. 3.2 Né ha pregio le censura in ordine alla denegata riapertura dell’istruttoria dibattimentale, avendo il giudice d’appello fatto corretta applicazione delle indicazioni ermeneutiche della Corte di legittimità al riguardo. Infatti,la rinnovazione nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015 - dep. 25/03/2016, Ricci, Rv. 266820 , ovvero quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonché quando l’incombente richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza Sez.6, n. 20095 del 26/2/2013, Ferrara, Rv. 256228 . Si è precisato a corollario del richiamato principio che, proprio in considerazione del carattere eccezionale dell’istituto, è dovuta una specifica motivazione solo quando il giudice ritenga di disporre la rinnovazione, essendo in tal caso tenuto ad esplicitare le ragioni del ricorso al potere discrezionale, mentre in caso di rigetto è ammessa anche una motivazione implicita, ricavabile dalla stessa struttura argomentativa posta a sostegno della pronuncia di merito Sez. 6, n. 11907 del 13/12/2013, Coppola, Rv. 259893 Sez. 3, n. 24294 del 7/4/2010, D., Rv. 247872 Sez. 5, n. 15320 del 10/12/2009, Pacini, Rv. 246859 Sez. 4, n. 47095 del 2/12/2009, Sergio, Rv. 245996 . Per tali ragioni il sindacato che il giudice di legittimità può esercitare sulla motivazione del provvedimento pronunciato dal giudice d’appello sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento non può mai essere svolto sulla concreta rilevanza dell’atto o della testimonianza da acquisire, ma deve esaurirsi nell’ambito del contenuto esplicativo del provvedimento adottato Sez. 3, n. 7680 del 13/01/2017, Loda, Rv. 269373 Sez. 4, n. 37624 del 9/9/2007, Giovannetti, Rv. 237689 Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995 Fachini, Rv. 203764 . La Corte di appello ha fatto corretto governo dei principi cennati, argomentando in ordine alla completezza della piattaforma probatoria e al carattere non decisivo della testimonianza dell’I. sui contenuti della missiva inoltrata alla D. Sez. 3, n. 42006 del 27/9/2012, M., Rv. 253604 , stante la esaustiva ricostruzione dei rapporti intercorsi tra le parti. 4. Con riguardo al terzo motivo che lamenta la violazione di legge in relazione all’art. 644 cod.pen. con particolare riguardo al valore attribuito ai due dipinti, non esistendo prova alcuna al riguardo in assenza di consulenze o expertise, e il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, deve rilevarsi che il valore delle opere risulta direttamente dalla procura a vendere rilasciata alla D. , come confermato dallo stesso I. pag. 7 sentenza tribunale , mentre l’ulteriore profilo inerente il dolo, peraltro dedotto in forma del tutto generica, è precluso in quanto la censura risulta articolata solo nella memoria difensiva pag. 15 e non nell’atto di appello. 5. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi ragioni d’esonero, nonché al ristoro delle spese di assistenza e difesa della parte civile costituita, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro millecinquecento a favore della Cassa delle Ammende nonché alla rifusione delle spese processuali in favore della parte civile OMISSIS srl,liquidate in Euro 3.510,00 oltre accessori di legge, CAP ed IVA, da distrarsi in favore dell’Avv. Cristiano Bonanni dichiaratosi antistatario.