‘Domiciliari’ violati per un bicchiere al bar: condannato

Nessun dubbio sulla violazione compiuta da un uomo. A rendere necessaria l’applicazione della libertà vigilata per un anno è la constatazione della sua pericolosità sociale, testimoniata anche dalla difficoltà ad affrontare e risolvere il problema dell’alcolismo.

Troppo forte la tentazione rappresentata dall’alcool. Così l’uomo agli arresti domiciliari viene beccato dai carabinieri seduto tranquillamente in un bar. Consequenziale la sua condanna per evasione, con applicazione della libertà vigilata per un anno. Decisiva la pericolosità sociale certificata dai giudici, anche alla luce della dipendenza da sostanze alcoliche Cassazione, sentenza n. 43114/2017, Sezione Prima Penale, depositata il 20 settembre . Dipendenza. Il ‘colpo di testa’ si è concretizzato nel percorso di ritorno a casa dopo un’udienza in Tribunale. L’uomo, invece di fare subito rientro tra le mura domestiche, si è trattenuto in un bar del paese , a poca distanza dalla propria abitazione, ma lì è stato scorto dai carabinieri. Inevitabili le conseguenze per una scelta assurda, costata la contestazione del reato di evasione . Difatti, i giudici ritengono inevitabile una condanna, con applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di un anno , sul presupposto della pericolosità sociale della persona che ha ignorato la detenzione domiciliare . Su quest’ultimo punto si sofferma il legale dell’uomo, ritenendo eccessiva l’attribuzione della pericolosità sociale al proprio cliente, gravato, a suo dire, solo da alcuni lievi precedenti penali . Ogni obiezione si rivela però inutile, perché la Cassazione conferma il provvedimento deciso dal Tribunale di sorveglianza. I giudici del ‘Palazzaccio’ sottolineano, in particolare, il fatto che l’uomo ha più volte violato la legge penale e presenta una lunga storia di dipendenza da sostanze di abuso, dapprima stupefacenti, ora alcoliche . Poi, allargando l’orizzonte, viene rimarcato che la problematica della dipendenza da alcolici assume una specifica valenza criminogena, poiché non è mai stata definitivamente risolta dall’uomo, che solo in via temporanea, quando ristretto, si è astenuto dall’assunzione, ripresa non appena ottenuti maggiori spazi di libertà, che lo hanno altresì indotto a commettere nuovi reati, come provato anche dalle numerose pendenze in atto . Di conseguenza, considerando la probabile ricaduta nell’alterazione da alcolici , con annessa reiterazione di condotte criminose , è adeguata, sanciscono i magistrati, la libertà vigilata che, viene aggiunto, può anche consentire di avviare un percorso terapeutico di affrancamento dall’etilismo .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 luglio – 20 settembre 2017, n. 43114 Presidente Bonito – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 4 ottobre 2016 il Tribunale di sorveglianza di Cagliari rigettava l'appello proposto dal condannato Ca. Al. An. avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari, emessa in data 2 febbraio 2016, che lo aveva condannato alla pena di giustizia in ordine al delitto di evasione, previo riconoscimento del vizio parziale di mente e con applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anno uno sul presupposto della sua pericolosità sociale. 2. Il condannato ha proposto ricorso a mezzo del difensore per lamentare l'inosservanza dell'articolo 203, c.2 del cod. pen. con l'appello la difesa aveva dedotto che il fatto di cui all'imputazione si era concretizzato in irrilevanti divagazioni del percorso effettuato al momento del rientro verso casa dal Tribunale di Cagliari per essersi il ricorrente fermato nell'ufficio postale sito lì vicino nella via omissis per ivi acquistare una chiavetta internet e, infine, giunto a destinazione, anziché rincasare, per essersi trattenuto in un bar del paese, dove i Carabinieri lo avevano scorto alle ore 15.55. Il Tribunale, pur avendo dato atto di quanto sopra precisato, ha ritenuto di valorizzare soltanto l'intento del condannato di consumare degli alcolici e ne hanno tratto il convincimento che egli potrebbe reiterare condotte antisociali trattasi di affermazione valida per chiunque e che non rispetta i criteri legali, poiché l'articolo 203 cod. pen. richiede la probabilità della commissione di nuovi reati e ne fonda il giudizio sui criteri indicati dall'articolo 133 cod. pen Nel caso in oggetto, tali criteri davano esito positivo ad eccezione dei precedenti penali, peraltro non gravi. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, dr. Fr. Sa., ha chiesto il rigetto del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1. L'ordinanza impugnata ha esposto con chiarezza e precisione le ragioni della decisione e della ravvisata pericolosità sociale del ricorrente, soggetto che ha più volte violato la legge penale e che presenta una lunga storia di dipendenza da sostanze di abuso, dapprima stupefacenti, ora alcoliche, che non aveva esitato ad assumere anche nelle circostanze nelle quali aveva violato le prescrizioni inerenti la detenzione domiciliare applicatagli, realizzando il delitto di evasione mentre stava facendo rientro all'abitazione dopo la partecipazione ad altro procedimento penale. Ha altresì rimarcato che nel caso la problematica della dipendenza da alcolici assume una specifica valenza criminogena, poiché non è mai stata definitivamente risolta dall'An., il quale solo in via temporanea, quando ristretto, si è astenuto dall'assunzione, ripresa non appena ottenuti maggiori spazi di libertà, che lo hanno altresì indotto a commettere nuovi reati, come provato anche dalle numerose pendenze in atto. Ha concluso, ravvisando la probabile ricaduta nell'alterazione da alcolici e la reiterazione di condotte criminose e l'adeguatezza della misura applicata perché con le sue blande prescrizioni può consentirgli di avviare il percorso terapeutico di affrancamento dall'etilismo. 1.1 Resta dunque escluso che il provvedimento in verifica si ponga in contrasto col referente normativo, costituito dall'articolo 203 cod. pen., avendo i giudici di sorveglianza giustificato la prognosi sfavorevole a carico dell'An. in base alla considerazione completa della sua situazione esistenziale e criminale, al comportamento tenuto in corso di esecuzione, alle motivazioni delle condotte, come emerse anche dall'accertamento peritale condotto. In tal modo il Tribunale si è attenuto ai criteri dettati dagli artt. 133 e 203 cod. pen. senza emerga alcun profilo di illegalità della decisione. 1.2 Questa Corte con orientamento qui condiviso ha già affermato che Agli effetti penali la pericolosità sociale rilevante ai fini dell'applicazione di una misura di sicurezza consiste nel pericolo di commissione di nuovi reati e deve essere valutata autonomamente dal giudice che deve tener conto dei rilievi peritali sulla personalità, sugli effettivi problemi psichiatrici e sulla capacità criminale dell'imputato, nonché sulla base di ogni altro parametro desumibile dall'articolo 133 cod. pen. Cass. sez. 1, n. 40808 del 14/10/2010, Ca., rv. 248440 sez. 1, n. 24179 del 19/05/2010, Co.ed., rv. 247986 sez. 1, n. 24725 del 27/05/2008, No., rv. 240808 . 1.3 Per contro il ricorso considera soltanto parzialmente la motivazione dell'ordinanza impugnata ed in modo generico assume che tutti i parametri di valutazione della situazione dell'An. sarebbero positivi, tranne i modesti precedenti, ma in tal modo esprime censure aspecifiche e prive di un reale contenuto di critica del percorso motivazionale esposto dal Tribunale di sorveglianza per sollecitare un apprezzamento meno severo dei dati fattuali, il che si traduce nella formulazione di motivi di censura non consentiti nel giudizio di legittimità. All'inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella presentazione di siffatta impugnazione, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo liquidare in Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 2.000,00 alla Cassa delle ammende.