Si allontana dal luogo di lavoro per andare dalla G. di F. è evasione!

Il reato di evasione è un reato proprio a forma libera, che può essere integrato da qualsiasi modalità esecutiva, a dolo generico, integrato dalla condotta di volontario allontanamento dal luogo di detenzione, non assumendo alcun rilievo, in senso contrario, né la durata o la distanza dello spostamento, né i motivi alla base della determinazione dell’agente.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 35235/17, depositata il 18 luglio. Il caso. L’imputato ricorrenza in Cassazione avverso la pronuncia che lo condannava alla pena di 8 mesi di reclusione per il reato di evasione, per essersi allontano dal luogo nel quale era autorizzato a svolgere attività lavorativa, per recarsi presso gli agenti della G. di F. e sottoscrivere un verbale di fermo dell’autovettura, della società della quale risulta legale rappresentante, sottoposta a sospensione della circolazione stradale. Il ricorrente nel ricorso in Cassazione censura il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, pur in presenza dei presupposti ed il diniego delle attenuanti generiche. Il reato di evasione. I giudici di legittimità rilevano che la condotta dell’imputato integri il reato di evasione sia sotto il profilo oggettivo, sia sotto quello soggettivo, infatti, l’esserci recato presso gli agenti della G.di F. non integra certamente una situazione di urgenza tale da impedire la doverosa e preventiva comunicazione agli organi deputati al controllo. Per questi motivi è certamente integrato il reato in esame, potendosi respingere la tesi di inoffensività della condotta, essendosi l’imputato allontanato dal luogo in cui doveva trovarsi, se pur per breve tempo. Irrilevante, risulta, inoltre, per la Corte, la circostanza che l’imputato di fosse allontanato per recarsi presso la G. di F. essendo, questo, un organo non deputato al controllo e al quale aveva, inoltre, taciuto il suo stato di detenzione. La Cassazione richiama inoltre il consolidato principio secondo cui, il reato di evasione è un reato proprio a forma libera, che può essere integrato da qualsiasi modalità esecutiva, a dolo generico, integrato dalla condotta di volontario allontanamento dal luogo di detenzione, non assumendo alcun rilievo, in senso contrario, né la durata o la distanza dello spostamento, né i motivi alla base della determinazione dell’agente, pertanto integra gli estremi del reato di evasione qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione . Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 29 maggio – 18 luglio 2017, n. 35235 Presidente Conti – Relatore Criscuolo Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Il difensore di L.D.G.C. ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, ha confermato la sentenza emessa il 12 giugno 2014 dal Tribunale di Taranto che aveva condannato l’imputato per il reato di evasione alla pena di mesi 8 di reclusione, riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva. Ne chiede l’annullamento per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, in quanto la Corte di appello ha affermato la responsabilità dell’imputato, nonostante la condotta non integrasse il reato di evasione per inoffensività della stessa. Deduce che il comportamento tenuto dall’imputato, allontanatosi temporaneamente dal luogo di lavoro per recarsi presso gli agenti della G. di F. a prelevare l’autovettura, condotta da un suo dipendente, non denota la volontà di sottrarsi alla sfera di vigilanza, avendo egli risposto ad una richiesta degli operanti per poi far rientro presso il luogo di lavoro. Censura il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, pur in presenza dei presupposti, ed il diniego delle attenuanti generiche. 2. Il ricorso è infondato. Il ricorrente ripropone la tesi sostenuta in appello, disattesa dai giudici di merito con argomentazioni logiche, coerenti e giuridicamente corrette. I giudici hanno, infatti, ritenuto che la condotta dell’imputato, allontanatosi dal luogo ove era autorizzato a svolgere attività lavorativa al solo fine di recarsi a sottoscrivere il verbale di fermo dell’autovettura, di proprietà della società, della quale si qualificava legale rappresentante, sottoposta a sospensione della circolazione e condotta da un suo dipendente, integrasse il reato di evasione sia sul piano oggettivo che soggettivo, atteso che l’essersi recato presso gli agenti della Guardia di Finanza, che avevano fermato il veicolo - organi non deputati al controllo ed ai quali aveva taciuto il suo stato di detenzione, accertato dai verbalizzanti solo in seguito -, non giustificava l’allontanamento né integrava una situazione di urgenza tale da impedire la doverosa preventiva comunicazione agli organi deputati al controllo. A fronte di tali elementi correttamente è stata respinta la tesi dell’inoffensività della condotta, risultando integrato il reato di evasione, essendosi l’imputato allontanato, seppur per breve tempo, dal luogo in cui doveva trovarsi, così sottraendosi alla sfera di vigilanza delle autorità preposte al controllo. La valutazione è conforme ai principi affermati da questa Corte, secondo i quali il reato di evasione è un reato proprio a forma libera, che può essere integrato da qualsiasi modalità esecutiva, a dolo generico, integrato dalla condotta di volontario allontanamento dal luogo di detenzione, non assumendo alcun rilievo, in senso contrario, né la durata o la distanza dello spostamento, né i motivi alla base della determinazione dell’agente Sez. 6, 09/06/2015, n. 28118, Rapino, Rv. 263977 Sez. 6, 21/03/2012, n. 11679, Fedele pertanto, pacificamente integra gli estremi del reato di evasione qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione, in quanto lo scopo della norma incriminatrice va ravvisato nel fatto che la persona sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari resti nel luogo indicato, perché ritenuto idoneo a soddisfare le esigenze cautelari e, nel contempo, a consentire agevolmente il prescritto controllo dell’autorità. 3. Infondata è la censura relativa al mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto, trattandosi di deduzione non formulata in appello, pertanto, indeducibile per la prima volta in questa sede. Non possono, infatti, essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perché non devolute alla sua cognizione Sez. 5, sent. n. 28514 del 23/04/2013, Rv. 255577 . Peraltro, va rilevato che il fatto è stato espressamente ritenuto grave, anche alla luce della contestata e ritenuta recidiva e della dimostrata indifferenza alle prescrizioni dell’autorità. 4. Del tutto infondato è il censurato diniego delle attenuanti generiche, invece, riconosciute e persino ritenute prevalenti sulla recidiva contestata. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.